giovedì 19 gennaio 2012

Tema Non tutti i mali vengono per nuocere - A volte ritornano


Lasciata la scuola elementare saltellando da un banco all’altro, ormai bravo a scansare cassini volanti e pieni di polvere di gesso, sono passato semisconosciuto alle medie e un po’ più lesto nei movimenti, alle scuole superiori. A quel punto ho lasciato il mio paesello per un paesello un po’ più lontano e mi sentivo davvero figo.
Adesso viaggiavo. No, no, cosa avete capito, mica quella roba da hippy degli anni ‘70 anche se il capello l’ho portato sempre rigorosamente lungo finchè Lui, il capello, ha deciso di viaggiare per conto suo e abbandonarmi per sempre…ma questa è un’altra storia e non la racconto sennò esco fuori traccia e la maestra mi mette una nota sul diario che poi devo farla firmare a casa e sai che pal...ops.
Allora, viaggiavo con la corriera per andare a scuola. Pensate che il mio desiderio era quello di diventare maestro, ma il trauma dei compagnucci della mia classe è stato così forte che adesso dò i numeri….Ecco siete i soliti maligni…vi ho visti fare quei sorrisetti ironici e darvi le gomitate, dò i numeri nel senso che mi occupo di matricole, matrici, numeri seriali e numeri di telefono. La rubrica del mio BlackBerry ne contiene all’incirca duecento, tra clienti, fornitori, addetti alle vendite, capi, sottocapi, segretari e donne…e si…donne. Ne ho conosciuta qualcuna e posso dire che in qualche situazione mi sono ritrovato davvero senza parole. Ma ho imparato che… non tutti i mali vengono per nuocere e così alle parole sostituisco i fatti.
Ma devo tornare indietro di molti lustri, a quando appunto, bistrattato dai compagni maschi a causa di una zia maestra piccola brutta e cattiva, le femmine invece, erano pronte a coccolarmi, spupazzarmi, amarmi…Vi starete chiedendo cosa ci trovassero in me. Saranno stati i capelli biondi? Saranno stati gli occhi verdi? O forse questo bel nasone che mi divide la faccia? Non so, ma credetemi io non dovevo sforzarmi troppo per ritrovarmi in compagnia, e non lo dico per fare il gradasso.
Ma la mia prima vera prima volta, nel senso di primo invito ufficiale ad una ragazza, bhè quello merita davvero un racconto a parte…
Si perché, in realtà, il primo invito ufficiale fu nel suo genere un po’ particolare. Avevo quattordici anni e tornavamo in corriera da una gita della scuola…viene in mente Eugenio Finardi….. e tornando la sera dalle gite della scuola sui sedili in fondo alla corriera quando s’imparava a dire le parole dell’amore che nessuno a scuola mai insegnerà e si cantava, no, non è Francesca…scusate il vintage musicale, in effetti non era Francesca ma, eraNO Serena e Gigliola: sorelle-gemelle, biondine e con la pelle di luna. Le due, perfetta copia l’una dell’altra erano state un’allegra compagnia durante tutto l’estenuante giro a Firenze, ma nulla mi aveva fatto intuire quello che mi aspettava dietro l’angolo, anzi dietro il sedile dell’ultima fila della corriera. Tutti cantavano e anch’io cantavo e finalmente anche i professori  avevano allentato le maglie del controllo a vista di maschi contro femmine, quando all’improvviso vedo sedersi accanto a me Serena la più audace delle gemelle sorriso ammiccante e camicetta leggermente aperta davanti. Mi butto, penso. Adesso le chiedo di uscire. Il tempo di coordinare il pensiero e dire: “vuoi….”, che lei subito “sì” e con quel viso così vicino al mio che, ho perso le parole e mi sono ritrovato attaccato alla sua faccia con la sua bocca come una ventosa, sulla mia. Riapro gli occhi frastornato e mi sembra di vedere doppio, dall’altro lato del sedile c’era Gigliola solo un po’ meno audace, ma solo un poco. La guardo e sento la mia voce dirle: ”vuoi…” e, senza ricevere risposta mi riserva le stesse attenzioni del suo clone. Tornati al paesello, uscii con tutt’e due lo stesso giorno a distanza di poche ore, però fu solo un giro in motorino e qualche bacetto. Ma le cose, a volte, ritornano. Rincontrai Serena una decina d’anni dopo, lei sposata io fidanzato…che scintille…

L.L.G.

(la parte precedente di questo racconto la trovate qui)

12 commenti:

  1. ma che bel raccontino, deamicisiano nella parte iniziale, busiano nella parte finale... in mezzo non saprei che metterci....
    blavo blavo il ragazzino... e da grande ha fatto man bassa secondo il mantra "purchè respiri"?
    ahaahaah
    GD

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  2. la parte centrale è quella di transazione prima della trasformazione busiana e il ragazzino è un tipo mooolto busiano e moolto diciamo.... "curioso"
    l.l.g.

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  3. Tutta colpa di Finardi, il ragazzino avesse ascoltato Al Bano le cose non sarebbero andate così.
    Ha ragione la Chiesa, certa musica è traviante.
    GD

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  4. la musica traviante?!? di più....è del diavolo!! sarà per questo che mi è sembrato di veder spuntare forcone e fiamme mentre scrivevo con la musica sparata a tutto volume? o forse... era il vicino imbestialito? ;-))

    l.l.g.

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  5. questo blog sta involontariamente radunando anime affini! Parlavamo di finardi giusto ieri sera con VB! :)
    meis

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  6. meis grazie per l'omaggio su Fb della canzone di Finardi citata nel "temino" e per - credo sia tuo l'intervento - la possibilità di tornare alla parte precedente del racconto.
    l.l.g.

    ps. mi piace l'idea delle anime affini

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  7. In questo luogo virtuale impolverato dai gessetti oltre alle anime affini c'e uno stile sopraffino!

    Aspetto con ansia la prossima puntata!

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  8. non siamo anime affini. è che siamo tutti più o meno fighi allo stesso modo. talment fighi che ci pigliano per sfigati.
    :D

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  9. mia cara wood il ragazzino ha combinato più di una marachella e magari qualcun'altra riusciamo anche a farla passare senza censura...;)
    l.l.g.

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  10. ...acc...e io che speravo di riuscire in qualche modo a mascherare la mia sfiga :D

    l.l.g.

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  11. TRES CHIC essere "sfigati" per finta! I love to be!

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