venerdì 20 luglio 2012

Sez. Grandi Scrittori: David Grossman


Una lettura del romanzo "Che tu sia per me il coltello", 2007

Questo è un libro insopportabile, non c’è altro modo di definirlo. Mai letto nulla del genere.
L’israeliano Grossman, autore eclettico e strabordante, qui scrive di Amore. E trivella, scava, va a fondo nel baratro dell’estremità di un sentimento sulla bocca di tutti, violentato, inflazionato, banalizzato da secoli. Va a fondo senza pudori e senza paura di far male, scorticare, sovvertire. Questo non è un libro scritto per il puro piacere di scandalizzare, di inquietare e fare il figo con il “guardate quanto sono anticonvenzionale”. Queste trecento pagine sono frutto di una vera ricerca intellettuale e viscerale sull’animo umano. È scienza. Sperimentazione nel laboratorio della vita autentica. Oltre ogni convenzione e abitudine, contro ogni formalismo e così-è-e-basta. E la scienza, si sa, a volte può far molto male. Diventare pericolosa.
 L’amore totale, dove la realtà non è bene accetta
 È un libro fatto di lettere, questo. Lettere e basta. Un libro che racconta un amore tra due persone che non si vedono, non si parlano, non si toccano. Due persone che si limitano a scriversi lettere, che coltivano un amore fatto esclusivamente di fogli scritti a mano, deliri di penna, fantasie, ricordi, confidenze, confessioni. Yair nota Myriam in una riunione scolastica. La visione della donna lo sconvolge, in lei vede una scintilla di quel che potrebbe essere una persona ancora capace di abbandonarsi totalmente e rivelare la propria essenza, una persona con la quale intrattenere una relazione in cui ci si può rivelare, toccarsi veramente , denudarsi “al punto da mostrare il nocciolo bianco dell’anima”. Yair si descrive come piccolo e bruttino, dichiara che la natura non si è impegnata molto per lui, ma in compenso sommerge Myriam del suo strabordante essere. La mette a parte del suo animo che ruggisce, della sua gigantesca voglia di libertà, della sua insofferenza verso le miserie della realtà e dei rapporti sociali. Si mostra senza pudori, un bambino frenetico che – giunto a metà della vita – ancora anela di fare finalmente “lo sbaglio giusto”.
Myriam risponde alle prime lettere, scettica, sospettosa, ma curiosa. Una curiosità che man mano cresce e si alimenta, si deforma in un amore astratto e totalmente fuori dalla realtà. Viene condotta per mano dallo sconvolgente Yair, che in tutti i modi le nega ogni contatto che non sia epistolare. Niente incontri, niente telefonate, perchè anche “la voce potrebbe essere troppo reale per l’illusione che voglio creare fra noi, fatta di sole parole scritte. La voce potrebbe trafiggere quest’illusione e a quel punto vi fluirebbe dentro la realtà con i suoi dettagli, i numeri, le molecole piccole e sudate. La realtà ci incatenerebbe”.
Yair è inflessibile su questo punto.
“Cosa c’entriamo noi con la realtà? Che spazio sarebbe disposta a lasciarci?”. 
“Avrei potuto scriverti una cauta lettera di approccio, mascherare le mie intenzioni, sedurti piano piano, flirtare con te con leggerezza, incontrarti a tu per tu, secondo le leggi del tradimento in vigore nella comunità degli adulti”.
“Perchè non ho dubbi che se ci fossimo incontrati di persona, non saremmo riusciti a conoscerci nel modo in cui ci conosciamo. Io mi sarei subito sentito obbligato a sedurti, a scoprirti in quel mio modo rozzo, come se tu fossi merce in vendita. Pensa cosa ci saremmo persi, quante cose non avremmo mai saputo”.
“Dimmi se è possibile raccontare una cosa del genere a qualcuno e sperare che capisca davvero. Dimmi se un uomo può raccontare questo a una donna che sta corteggiando, o se un marito può raccontarlo alla moglie mentre prendono il caffè”. 
“Forse, nella vita di una coppia normale, non può accadere quello che accade tra noi – qualcosa che al tempo stesso ha il sapore dell’ambrosia e del sangue. Tu già lo senti, io lo sapevo fin dall’inizio”.
“Di certo ti chiederei cosa voglio da te, tutt’a un tratto. Perchè faccio impazzire entrambi in questo modo. Non lo so. So solo che ora ti desidero disperatamente. Ma sono anche sicuro che ci è proibito persino osare di porre un piede nella realtà. Tutto si scioglierebbe, perderebbe vigore, ricadrebbe nei soliti clichè. I mille fili sottili e trasparenti con cui abbiamo ricamato noi stessi – di colpo quest’astratta bellezza di materializzerebbe nella carne e andrebbe perduta in un istante”.
E quando Yair si arrabbia per una risposta stizzita di Myriam in quella che lui definisce “la tua letterina spermicida”.
“O forse fai fatica ad accettare il fatto che non ti ho mai proposto un’avventura secondo lo stereotipo, nemmeno, vorrai scusarmi, una scopata. Forse è stato questo a offendere la bambina-modello, la reginetta buona della classe che non si è mai lasciata andare, impedendo così che la sua fiamma divampasse”.
L’insistenza di Yair dapprima infastidisce Myriam, ma man mano anche lei viene sedotta dalla sua pazza idea. “E all’improvviso – scrive la donna – si riaccende in me il desiderio irrefrenabile di assecondare il tuo gioco, di incontrarti solo a parole, come proponi. Di lasciarmi andare sulla pagina, di sciogliermi nelle tue fantasie per vedere fino a dove sei capace di trascinarmi…”

  L’amore totale
L’obiettivo di Yair è il rapporto totale, la totale compenetrazione tra due anime. Dopo una vita di peregrinare, si è deciso che questo sia possibile solo portando la sfera dell’eros fuori della realtà. Solo in questo modo, è possibile amare senza calare la testa alle convenzioni della realtà esterna. Senza sentirsi in qualche modo in colpa per star approfittando di una situazione, senza le logiche miserabili del dare e avere, del gioco tra i sessi, dei giochetti pelosi e ipocriti , delle strategie e delle movenze di quel patetico Risiko che è la vita sentimentale.
“Per tutta la vita ci accontentiamo, e con te voglio toccare tutto, con gesti ampi e generosi, come se questa fosse l’ultima volta che tocco in vita mia”. 
“È l’unica storia che avrei voluto raccontarti, quella di sapersi concedere a un altro in modo totale. Non per perdersi in lui, e nemmeno per rinunciare a se stessi, ci mancherebbe, ma per provare la sensazione di essere un altro, per una volta, voglio dire, un altro, dentro di te…. 
“Per un attimo tocchi il mio dolore a mani nude e io sento che ti è caro. Vuoi sinceramente che non lo viva da sola….quando l’anima si apre così, lentamente e con dolore, verso un’altra persona. Non smettere di scrivere, aggrappati alla penna con la forza che ti è rimasta. Stai tremando per lo sforzo, ma continui a scrivere, affondando in me le tue radici. Non avere paura”. 
“Per uno strano miracolo eravamo riusciti a sottrarci al legame strategico che unisce uomini e donne, ed era come se questa nostra vicinanza e questo nostro sguazzare l’uno nell’altra ci avessero fatto imboccare una strada in fondo alla quale avremmo scoperto che, nonostante tutto, i nostri corpi sono solo un’accidente, non è così? Solo dei pezzi di carne messi insieme in un certo modo e dai quali è uscito un uomo anziché una donna”.
L’amore totale, dove due persone riescono a confessarsi realmente, senza nessun freno. Come due anime allo specchio. L’una la Verità dell’altra. Nell’altra.
“Mi fa male la mano da tanto ho scritto. La persiana è chiusa e per un attimo posso dimenticare se è giorno o notte. Non so cosa proverai leggendo questa lettera. Penserai di aver fatto un gesto di carità. Di essere stata per me come un buco nella terra dentro il quale farmi urlare questo segreto. Non l’ho raccontato nemmeno a me stesso da allora”.

 L’amore totale e l’amore normale
La famiglia come fondamento e campo di sterminio”

Se, per la prima cinquantina di pagine, il libro dà l’impressione di un’accozzaglia di lettere deliranti, pagine e pagine di voli pindarici, metafore ardite e sfilze e sfilze di paroloni che – anche se affascinanti – sembrano pure abbastanza ingenue e iperboliche, andando avanti le cose si fanno più complesse e radicate. Quando affiora la realtà, per esempio. Yair e Myriam sono entrambi sposati. Entrambi dichiarano di “amare” i rispettivi coniugi. Ma è un amore diverso. È un amore per forza di cose “mediato” dalla realtà.


Maya, la moglie di Yair, è una donna prosperosa e serena, una roccia capace di reggere un’intera famiglia sulle proprie spalle. Yair, all’inizio della relazione, pensava che la “fusione di anime” fosse, anche per lei, un bisogno naturale. Un giorno, preso dall’estasi del contatto della natura, Yair si denuda e comincia a correre, a ballare, a mostrare tutta la sua frenesia vitalistica. Ma davanti a quello sbocco dionisiaco, Maya non capisce e si sconvolge. È terrorizzata da quell’uomo capace di trasformarsi quasi in animale, più che in animale, così pronto a spezzare ogni vincolo sociale, tutto preso dalla sua immensa voglia di compiere “gli sbagli giusti”. Dopo la scenata, dopo il pianto e la lite, Yair abbraccia Maya e le promette che “non lo avrebbe fatto più”. “Decisi – racconta a Myriam – che da quel momento in poi l’avrei protetta da me stesso, perchè non poteva rimanere indifesa nel mondo in cui io mi aggiravo libero”. Perchè “non esiste in lei quella cosa maledetta, capisci? Quella fame che c’è in me e in te. In lei non c’è. Lei è pulita, pura”.


Stessa cosa per Amos, il bel maritimo di Myriam, “il migliore del gregge”, sano, forte, robusto. Quando Amos comprende che la moglie è “innamorata”, non fa scenate. “Amos mi aspetterà – scrive Myriam – senza timori e senza angosce, finchè sarò in grado di parlargli. Capisci? Non esiste l’obbligo di raccontarci sempre tutto e non sentiamo il bisogno di aggiornarci sull’intensità dei nostri sentimenti. Non dobbiamo estirpare il bulbo del fiore a ogni minuto per misurarne la lunghezza della radice….per me questo è amore”.


Qui ci sono in ballo tutti i compromessi, le logiche, le dinamiche, i piccoli stratagemmi della vita, della “realtà” tanto aborrita da Yair. Perchè la vita reale non può essere un continuo confessarsi, rivelarsi, confidarsi. L’intimità, la cosiddetta fusione di anime – nella vita reale – non può essere una condizione costante e necessaria. Alla lunga, un’intimità così intensa – com’è quella epistolare tra Yair e Myriam – risulta soffocante. Una prigione, un inferno.

 L’amore totale e impossibile
Tu vuoi essere me
Il climax del libro, il culmine centrale e finale di questa relazione astratta e pazza – decisamente oltre la pazzia, oltre ogni patologia codificata dal lessico psichiatrico, forse solo assurdamente, paurosamente, troppo umana – si manifesta quando Yair va a passare una settimana in un alberghetto di Tel Aviv. Oppresso da camere del piacere, dove gente di tutti i tipi va a scopare e battere i tasti delle proprie relazioni clandestine e vergognose, Yair tappezza la propria camera delle lettere di Myriam. Le mura della camera diventano il suo corpo, la sua anima. Le parole di Myriam, le sue confessioni, il suo lessico privato, i suoi slanci e le sue ritrosie, rimescolate secondo una mistica entropia di spazio e di tempo, diventano il paesaggio e la rappresentazione della sua immane voglia di fusione, di gettarsi a capofitto senza rete nel…nella che? Nel suo tremendo sogno di Amore. Un amore senza nessun piede in terra. Un amore impossibile portato avanti contro ogni istinto di conservazione. Fino allo schianto.
Inebriato dalle parole di Myriam, solo nella camera d’albergo, le sue lettere si fanno illimitatamente deliranti. Si fanno spezzate, morbose, agghiaccianti. Fino alla fantasmagoria finale, quando Yair racconta, descrive, praticamente crea il loro incontro amorososessuale. Due persone, due anime, totalmente scoperte, nude fino al nocciolo bianco, scarnificate, aperte fino all’inverosimile. Un rapporto sessuale dove, anche dopo l’estasi dell’orgasmo, non si placa la voglia di fusione. Dove il mito della fusione si rivela finalmente insopportabilmente falso e illusorio. Myriam lo prega di non uscire da lei, lo prega che no, Yair, non te ne andare, non uscire da me, non compiere quella crudele separazione genitale dopo di cui saremo di nuovo “io” e “te” e non più “una cosa sola”. È il culmine della disgregazione, l’esito paradossale della loro storia. Yair, che tanto era andato a fondo, giù a capofitto, buttarsi senza rete, ora Yair si ritrae.
“Questo tuo attaccamento era un po’ troppo intimo per i miei gusti…" 
“Mi fai paura, ho detto. Tu vuoi inghiottirmi e farmi sparire dentro di te" 
“Tu sei svelata e intransigente da far paura. Sai bene che che i miei sentimenti non potranno mai reggere il confronto con i tuoi, con la tua complessità, la tua profondità, la tua dedizione, e anche la muta pretesa che io sia fedele a me stesso almeno quanto lo sei tu, che io provi esattamente quello che provi tu e che soffra dall’esserti separato. Ecco quello che mi comunichi senza sosta, con queste o altre parole: tu vuoi essere me!”
Ecco il fallimento, la barzelletta ebraica. Ecco la contraddizione, il nodo alla gola, la risata pazza e geniale di un’anima che non accetta la propria condizione esistenziale, che bambinescamente non accetta di essere necessariamente sola, estranea al mondo e agli altri, incapace di penetrare veramente, assolutamente come vorrebbe e come immagina, nelle anime altrui. Fosse pure in una sola altra anima. Incapace pure di portare a termine la fusione, perfino nella propria immaginazione, che perfino lì si ritrae all’ultimo momento e capisce, all’ultimo momento, l’immane sproporzione tra pensiero e realtà. Una realtà che rientra sempre, in qualche modo, seppur dalla porta d’emergenza. Una realtà che piomba sulla testa perfino nelle fantasmagorìe mentali. Perfino nell’immaginazione che Yair pensava bambinescamente di padroneggiare.


(Siamo a metà del libro, Yair si ritrae e presto abbandonerà Myriam, che intanto impazzisce d’amore. Fino al finale drammatico, suggestivo e geniale)




NF




1 commento:

  1. non conosco questo romanzo, mai letto grossman; NF però fa venire la voglia di leggere ciò di cui scrive. la sublimazione della scrittura: la scrittura parte dalla conoscenza della realtà, dove conoscere non significa sapere tutto ma saperne abbastanza per poterne parlare; è da lì che la scrittura comincia ad indagare ed accrescere la conoscenza del mondo reale. A patto di non diventare letteraria, allora sì che non diventa più mezzo per conoscere ma il fine di sè stessa, ornare all'infinito e godere dell'ornamento. Una relazione epistolare, per come la immagino, può portare a dirsi molto più di quanto non ci si dica nel mondo reale, ma può anche creare meccanismi fictionali in cui i personaggi interpretati diventano molto più belli, interessanti, intriganti delle persone che vi stanno dietro. In un amore esclusivamente epistolare credo che ognuo degli scriventi finisce per amare più sè stesso e la sua immagine data che l'altro. Leggerò il libro, GD

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