Una parte del corpo sono i piedi. Li guardi dall'alto e loro sono lì. Imperterriti, fanno il loro dovere, sopportano il peso di gambe e braccia e testa. Sopportano scarpe troppo strette, di colori orrendi, sandali dorati di plastica puzzolente, stivali di pessimo gusto e calzini di italia '90. Poche volte sono gratificati da amici come Manolo, come Christian, pochissimi, poi, possono essere liberi su prati e spiagge e ceramiche fresche. Vengono stuzzicati mentre distratti leggiamo, vengono dipinti, strofinati o assolutamente non considerati. Maltrattati fino alle ferite, duroni, calli, talloni degni della ruvidezza della quercia. ma sono lì. e ci portano a spasso. Ci tengono a contatto con la terra. Con la realtà. A volte sono buffi come quelli dei bambini, a volte sottili e scheletrici, hanno la loro personalità sapete, c'è il ciaccio simpatico, il pelosone che suda, il secco stitico, il pacioso rotondo, insomma. I piedi sono una sineddoche. Oltre che patrimonio Unesco. E quindi io penso ai tuoi piedi. Non li ho visti mai, o semplicemente non li ricordo. Eppure mi mancano. Sono convinta che siano de piedi giocosi e intelligenti, un po' sornioni e, a volte, distratti. Vorrei sedurli, coccolarli, viziarli. vorrei convincerli che so prendermi cura di loro. Ma senza seguirli.
O meglio, vorrei accompagnarli. Vorrei dire loro che i miei piedi sono fatti per loro. Secondo me sarebbero perfetti, lì. A danzare. Lascerebbero impronte bellissime e profonde. Andando verso la stessa direzione. Spaccherebbero, cazzo. Io lo so, guardo i miei piedi e sono così tristi oggi. Sono piccoli e rotondi, curati, con lo smalto chiaro, che sta bene con tutto. Sono leggermente abbronzati, nessun dito è troppo più lungo. Calzano un comodo 37, e a volte si rifugiano in un 36. E oggi mi guardano. io cerco di ignorali, ma mi fissano. Li tengo fermi sotto il sedere, seduta immobile al computer. E li sento sospirare. Vogliono uscire, portarmi verso al stazione metropolitana, accompagnarmi verso il tabacchino a comprare biglietto e gomme americane, quindi li sento spingermi senza paura sulla prima corsa per la stazione. Frenetici correre verso la biglietteria, prendere il primo treno, battere impazienti sul pavimento durante il viaggio, e poi correre, correre ancora lì, dove sanno di trovare i tuoi piedi, nelle loro scarpe da ginnastica orrende (te l'ho sempre detto che sono da buttare, lo sai) e vogliono ballare. Come faccio a spiegarglielo che non è il caso? Come faccio a dire a queste dolci appendici che i tuoi piedi sono confusi? Che non sanno dove devono andare? Come faccio a convincerli che stanno bene dove stanno, comodi su questa sedia bianca, mentre la brezza che entra dalla finestra accarezza l'ombra di quello che scrivo? Come faccio a dire loro che devono arrendersi all'immobilità?
O meglio, vorrei accompagnarli. Vorrei dire loro che i miei piedi sono fatti per loro. Secondo me sarebbero perfetti, lì. A danzare. Lascerebbero impronte bellissime e profonde. Andando verso la stessa direzione. Spaccherebbero, cazzo. Io lo so, guardo i miei piedi e sono così tristi oggi. Sono piccoli e rotondi, curati, con lo smalto chiaro, che sta bene con tutto. Sono leggermente abbronzati, nessun dito è troppo più lungo. Calzano un comodo 37, e a volte si rifugiano in un 36. E oggi mi guardano. io cerco di ignorali, ma mi fissano. Li tengo fermi sotto il sedere, seduta immobile al computer. E li sento sospirare. Vogliono uscire, portarmi verso al stazione metropolitana, accompagnarmi verso il tabacchino a comprare biglietto e gomme americane, quindi li sento spingermi senza paura sulla prima corsa per la stazione. Frenetici correre verso la biglietteria, prendere il primo treno, battere impazienti sul pavimento durante il viaggio, e poi correre, correre ancora lì, dove sanno di trovare i tuoi piedi, nelle loro scarpe da ginnastica orrende (te l'ho sempre detto che sono da buttare, lo sai) e vogliono ballare. Come faccio a spiegarglielo che non è il caso? Come faccio a dire a queste dolci appendici che i tuoi piedi sono confusi? Che non sanno dove devono andare? Come faccio a convincerli che stanno bene dove stanno, comodi su questa sedia bianca, mentre la brezza che entra dalla finestra accarezza l'ombra di quello che scrivo? Come faccio a dire loro che devono arrendersi all'immobilità?
SS
(dedicato ad un amico)
gli alunni di questo blog guardano alle cose che succedono intorno e si arrabbiano.
RispondiEliminaW sole con questo post che parte da lontano per arrivare al nucleo di uno scoramento
gd
w tutti i miei compagni di classe, per la pazienza e la stima :) SS
Eliminamolto bello e molto delicato
RispondiEliminallg
Ammetto , prima di leggerlo ero prevenuta , pensavo la solita roba di circostanza, invece sono stata sorpresa e commossa dalle tue parole : leggere come un velo e intense come come il sapore della senape.
RispondiEliminaBello!
RispondiEliminanon sono orrende! e comunque non le butto, sono ancora buone..
RispondiElimina:-)
Smack
C.
.. tu non sei Anonimo... e le per le scarpe, poi vediamo :) (SS)
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