Non era bello, gli uomini francesi non sono belli, semmai hanno il fascino sgraziato di quei cioccolatini magari un po’ banali fuori ma che promettono voluttuose onde di consistenze diverse al loro interno.
Aveva bevuto un pastis seduto da solo a uno dei tavoli vicino al nostro, sul marciapiede davanti all’ingresso del locale sotto la copertura rossa: ma con fare nevrile, con una gamba in fuori, come uno che tema di doversene andare da un momento all’altro. Era un’inquietudine elegante, però, come i suoi vestiti e le sue mani volubili.
È incredibile quanto in fretta ci accorgiamo di essere oggetto di attenzione da parte di una persona, quanto in fretta ci lasciamo irretire dal fascino di una situazione inaspettata e in un attimo affreschiamo la parete sempre umida della nostra fantasia. Come troviamo irresistibile l’essere irresistibili per qualcun altro.
A Parigi c’ero per festeggiare il mio venticinquesimo anno di matrimonio, il che vuol dire due cose: uno, che non ero esattamente una teenager e due, che di fronte a me c’era seduto mio marito, l’uomo con cui negli ultimi trent’anni avevo condiviso un assortito campionario di passaggi di stato, il letto e due figlie. Una storia tranquilla, la nostra, bella come può essere una passeggiata al parco a fine giugno: sei immerso nella natura ma alla temperatura ideale, sai per certo che non pioverà e soprattutto sai che fuori c’è la città che ti sta aspettando con tutte le sue rassicuranti nevrosi. Che non sei in una foresta tropicale.
Non lo avevo mai tradito, ero certa che non avrei mai potuto farlo, ma ero ancora più certa che non lo avrebbe fatto lui, mai.
Non c’era nulla di male, mi dicevo, a crogiolarmi in quest’intima lusinga che mi infuocava la nuca in un tardo pomeriggio parigino, mangiucchiavo il mio panino e intanto guardavo le foto che avevo scattato quel giorno con la mia agognata Nikon nuova di zecca, sorridevo e lasciavo fare ai movimenti saccadici dei miei occhi, improvvisamente tornati adolescenti. Non c’era nulla di male.
Con la scusa di fotografare lo scorcio davanti a me, con quei tavolini così francesi in primo piano, gli scattai una foto: souvenir de Paris, per scaldarsi nelle sere invernali.
Poi il telefono cellulare dell’uomo cominciò a squillare, lui si liberò del bicchiere e rispose, lanciandomi ancora un paio di sguardi sempre meno sfuggenti prima di farsi prendere dalla conversazione.
Mio marito fece un commento sul cibo, era la seconda volta che venivamo in questo posto, l’unico locale per celiaci che avevamo saputo trovare nei dintorni dell’hotel, poi mi chiese se ero stanca, se avrei avuto voglia di girare ancora un po’, dopo. Riposi la macchina fotografica nella borsa sulla sedia vuota accanto a me, e solo allora sentii tutta la stanchezza della giornata.
Stavo per rispondere a mio marito quando l’uomo del pastis all’improvviso si alzò in piedi, con foga stava cercando di convincere il suo interlocutore a fare qualcosa, poi parve proprio arrabbiarsi e, inspiegabilmente, si avvicinò al nostro tavolo apostrofandoci a voce molto alta.
Sulle prime non capii nulla, tranne che quello pareva veramente sul punto di perdere il lume della ragione, poi sentii mio marito rispondergli.
«NoGlu. NoGlu…», il nome del locale. Voleva soltanto sapere da noi il nome del locale. Mio marito glielo disse, l’uomo lo ripeté, poi parve calmarsi. Chiuse la conversazione, ci sorrise, fece per riporre in tasca il telefono ma non so che movimento brusco glielo fece cadere sul marciapiedi insieme a una pioggia di monetine.
Mio marito si alzò per aiutarlo a raccattare tutto, gli rimise a posto la batteria del telefono, anch’io mi chinai a raccogliere venti centesimi finiti proprio contro la punta della mia scarpa. Glieli porsi e lui li prese, guardandomi dritto negli occhi. Poi, recuperato il cellulare, fece una gran cerimonia di ringraziamenti ed entrò nel locale. Almeno così credetti.
«Allora» disse mio marito sedendosi «chiediamo il conto? Ti spiace se paghi tu, io ho finito i contanti con il taxi.»
Mi girai a prendere il portafogli: ma la borsa non c’era più.
«La borsa, mi hanno rubato la borsa». Annaspavo dentro a un pianto inutile.
Mio marito si alzò, cercò, chiese, spiegò, accusò. Telefonò alla polizia.
Due bancomat, una carta di credito, i documenti e i biglietti per tornare in Italia, le chiavi di casa e della macchina parcheggiata in aeroporto. E la Nikon, millecinquecento euro di Nikon presa da due mesi.
Piangevo, ma non stavo pensando a nessuna di queste cose.
«Dai, vedrai che aggiustiamo tutto. E la Nikon ce la ricompriamo. Non ti hanno preso nient’altro di valore, no?»
Patrizia Sardisco
L'incipit è coinvolgente, una sciarpa calda o anche una corda, ti avvinghia e puoi solo continuare a leggere e, fatto stranissimo, non capisci se ti ritrovi seduto ad uno dei tavoli oppure diventi il marito o la moglie narrante, però sei uno di loro e come loro guardi l'uomo del pastis.
RispondiEliminaLa parentesi su trent'anni vissuti, sui tradimenti che non ci sono stati, notevole anche questa.
Il finale.
Scritto bene, ottima gestione della suspence, il crescendo c'è, la sorpresa pure, anche la chiusura che pone l'accento sul valore di "esserci ancora" nonostante gli ammanchi.
Però mi ha lasciato insoddisfatto. Un pochetto effetto speciale.
La narrativa ha la possibilità di raccontare anche quello che non c'è, quello che non succede, si dilungua in ipotesi, ne valuta gli effetti e poi si annulla, lasciando tutto esattamente com'era ma con un retrogusto amaro che evidenzia la fatuità della nostra esistenza: quando pensiamo di essere felici o quanto meno contenti, un fulmine ma anche una lampadina che va in corto, e tutto cambia ma senza grandi evidenze. Cambiano gli sguardi sulle cose che invece rimangono al loro posto e non siamo più quello che eravamo, e può capitare di tornarcene a casa nudi seppure siamo più che vestiti.
Al di là del mio appunto sul finale, un romanzo con questa scrittura lo leggerei in due giorni seppure fosse di mille pagine.
GD
Grazie GD, non so dirti quanto io apprezzi l'attenzione che mi dedichi e, in egual misura, le lodi e gli appunti. Riguardo al finale, sono d'accordo, è la parte debole del racconto, avrei dovuto lavorarci di più: l'idea era quella di mettere in luce il vero furto subito dalla donna, la buona fede di un animale da cortile che improvvisamente prova a sognarsi aquila. ho temuto di scadere nel didascalico, nella pedanteria della spiegazione riportando maggiori dettagli sulla ferita narcisistica subita, perciò ho provato a renderla attraverso il pianto. la chiusura affidata al marito voleva sottolineare l'assenza di comunicazione e il vuoto di attenzione che crea una iato di indifferenza tra i due, il tiepido sotto la patina della bella coppia che va a Parigi a festeggiare il venticinquesimo: quel "tornarcene a casa nudi seppure più che vestiti" rende perfettamente l'idea. Avrei dovuto avere più coraggio, ma la bilancia per le parole è uno strumento così difficile da tarare!
EliminaGrazie ancora, davvero
pat
Mi piacciono tutte le intenzioni che evidenzi in questo commento, bello quanto il pezzo. E traspaiono dal pezzo.
EliminaHai pensato che il furto, per esempio, poteva riguardare una donna seduta al tavolo accanto? In una immedesimazione nel dramma altrui i due avrebbero provato a rielaborare i danni qualora il furto fosse successo a loro.
In ogni caso, confermo che di questi due che leggono pastis io leggerei mille pagine.
GD
mignazza, il pastis da leggere! vabbuò, si capisce.
Eliminag
sì che si capisce! grazie per i suggerimenti, magari prima o poi ci rimetto mano, chissà... ma mille pagine... A parte la tua gentilissima iperbole mi domando se avrei la tenuta per farne solo cinquanta...
Eliminagrazie, ciao
pat
Gradevolissimo, bella la "storiella" che diventa storia! Perché, seppure avanti negli anni, ci sono occhi capaci di farci battere il cuore anche per un tradimento che mai avverrebbe, piacevole è la sensazione di credersi ancora desiderabili. Bel racconto davvero.
RispondiEliminaGrazie Jole, sei sempre molto cara. sono contenta che tu abbia colto queste sfumature tutte al femminile.
Eliminaun saluto
pat
La tua scrittura mi piace parecchio, lo sai e la trovo sempre molto efficace.
RispondiEliminaLa stroria è ben articolata: attira il lettore che vuole comprendere di più, vuole andare fino in fondo alle trepidazioni della protagonista interpellandosi su cosa potrà mai succedere con l'uomo del pastis ...
Certo la soluzione piomba come un spruzzo di fredda e il lettore si desta dai suoi miraggi e viene scaraventatotato nell'inumanità, la più orribile, dove ogni strumento è buono pur di arrivare al fine.
Hai la capcità di riempire la levità di sostanza e anche chi è privo di coordinate o punti di riferimento con te riesce ad andare oltre: oltrepassa il limite!
Per me è un bel post davvero, solo che lascia in bocca il gusto amaro della fine di un sogno.
Braverrima Pat (cito la Wood) .
L.I.
Luce, grazie, tengo tantissimo al tuo parere, sono contenta di esserti piaciuta, di essere stata capace di farti avvertire quell'amaro, era proprio il mio intento! che dirti: ti offrirò un pastis, magari a Parigi, prima o poi...
Eliminaahahahah
un bacio
pat
E' una bevanda all'anice se non sbaglio: a me nn piace, ma per un caffè si può fare. Sei brava e so quello che dico. L.I.
RispondiEliminaHo letto il pezzo di corsa, non so forse cercavo una risposta; non avrei pensato mai ad un finale così - il furto della borsa. Ci vedo dei correlativi così sorprendenti. Brava Pat!
RispondiEliminap.s. andiamo insieme a comprare una borsa nuova, se ti va!
Nina
Grazie Nina! Ma certo che ci vengo, a comprare la borsa nuova con te! ricordo che porta bene, oltretutto... ahahaha
Eliminaun bacio
pat
In ogni caso è stata una bella avventura!
RispondiEliminaIl tema scorre e mai avrei pensato finisse cosi', immaginavo gli facesse scorrere il numero di telefono in qualche modo. l'unica cosa che stona secondo me è questa frase " locale per celiaci che avevamo saputo trovare nei dintorni dell’hotel" nulla aggiunge e nulla toglie.
cia ciao a rileggerti
Grazie per il tuo commento Anna. In effetti è proprio quello il punto, volevo dire qualcosa a proposito della vita che spiazza, che insegna senza andarci tanto per il sottile, effetto tegola. quanto al locale per celiaci, è vero, non aggiunge nulla, è poco più di un vezzo, come una specie di distrattore, e poi mi piaceva chiamare il locale NoGlu, più per il suono che per altro... non farci caso!
Eliminagrazie ancora,
pat
Any case: L'accendiamo!!!
EliminaPat, commento solo ora perchè sono stato incasinato causa esame, chiedo perdono.
RispondiEliminaIl finale è grandioso, cavolo, dentro ogni parola pare ci siano dieci altri mondi tutti interiori.
Complimenti, Pat!
Fede!
Eliminami aspetto il tuo commento e sono contenta quando arriva, ma da qui a chiedere perdono! non esagerare, ahahahha
Sono molto contenta che ti sia piaciuto spero che l'esame sia andato bene, o se ancora dovrai sostenerlo in bocca al lupo...(attento alla risposta, non è politically correct, ahahahhah)
grazie per i complimenti, ciao
pat