
Svolgimento

Fare il sostenuto come sempre, del resto, a che serve.
Stavolta non mi perderò a straziarti e ti ritroverò, come sempre, con un
sorriso spaventata. E’ San Valentino, Claudia, per San Valentino non ci sono
ostacoli; perché hai paura?
Lo hai detto: “non c’è catena che trattiene i nostri
respiri”.
Ho risposto: “Non voglio perderti!”.
Lo hai detto: “Sono semplicemente fatti, Alfredo. Sveglia!
Uno più uno non sono mai una strada, ma parallele che non s’incontrano. Devi
capirlo!”.
Ti ho guardata. Non ho risposto. Non dovevi parlare.
Ma cosa devo capire, Claudia, se siamo pelle sopra pelle che bruciano di vita? L’inverno sui nostri desideri non è arrivato, come dici. E questa smania di nuovi spazi, da quando t’è arrivata? “La medicina giusta per riemergere entrambi”, hai detto, e per andare dove, poi?
Mentre ho ripreso a camminare l’acqua della pioggia scorre
sotto ai marciapiedi putridi. Foglie di platani fradici e legni spogli
vorticano sopra alle grate ostruite. Questo deve rimanere di noi? E’ San
Valentino, Claudia. A San Valentino passa il caicco della nostra luna di miele
che ci aspetta nuovamente per riprenderci.
Lo sai dov’è la lettera nascosta nel cassetto degli intimi e
dei collant di pizzo? E’ andata a perdersi in piccoli pezzi tra le rapide
gonfiate dalla pioggia.
Volevi la medicina, per riemergere entrambi? Eccola! è il
fiume. Ora lo avrai capito, Claudia. Non ci sono ostacoli a San Valentino.
Ho prenotato Al Pagani, stasera, al nostro solito tavolo: il
venticinque. Non lasciarti fermare da tutta quell’acqua bevuta dai tuoi abiti.
Ora puoi raggiungermi.
Al Pagani sei stata tu a portarmi la prima volta. Ridevamo.
Sedemmo al tavolo 25 e lo adottammo fin da subito. Guai a toccarcelo.
M’è sempre piaciuta la pioggia, l’aria delle nostre prime
scoperte insieme. Adesso svolto l’angolo e sono Al Pagani.
Mentre mi aprono la porta esce un soprabito scuro a
braccetto con una pelliccia. Ridono beffardi. Non sanno loro che uno più uno
non sono mai una strada, ma semplici passi fino a molestarsi e poi distruggersi
del tutto. Ridono a San Valentino! Quando saranno sopraffatti dalla corsa,
stanchi dal tanto superarsi, si ritroveranno gli anni ingrossati come la
pioggia. Saranno gonfi e putridi. Poveri illusi! Mi volto e li riguardo il
soprabito scuro e la pelliccia. Dentro alla macchina. Che Dio vi accompagni.
Nell’atrio d’ingresso del Pagani in genere noi non ci si
ferma. Non ce n’è bisogno. Siamo di casa, Claudia. Ricordano sempre quando
prenoto per telefono. Alla piccola reception, a forma d’imbuto, il maître di
sala, non guarda il leggio delle prenotazione e ci accompagna: tavolo 25.
“Buonasera, Ingegner Carli”. La voce del maître di sala mi
giunge come da una caverna. Guarda come stupito, ma non con la solita
deferenza Ha qualcosa di strano stasera.
Guarda il leggio e indugia. Non faccio una piega. Chissà perché guarda il libro
delle prenotazioni. Non l’ha più fatto dopo la nostra luna di miele sul caicco.
“Sono desolato Ingegnere, ma è certo che ha telefonato
oggi?”.
Lo fisso, tra quelle sue labbra strette nell’attesa e il
centro della fronte ampia. Chi mi contraria non lo reggo. Non mi scompongo.
Solo sento un forte calore ai palmi delle mani che di istinto apro di scatto.
“Mi scusi Ingegnere Carli, ma oggi la tempesta, i ritardi in
cucina, le consegne mancate. Provvedo subito, comunque, a soddisfarla. Intanto
si accomodi, la faccio aiutare col soprabito”.
Con destrezza fa un cenno con due dita. Dal guardaroba
escono due mani, raggiungono le mie scapole. Poi si scusa e viene ingoiato
dalle tende di velluto che separano l’imbuto dell’ingresso dalla sala da pranzo.
Sono al centro della piccola reception e vengo sfilato dal soprabito inzuppato.
Poco distante la guardarobiere più anziana mi saluta con un
segno della testa. Anche lei è perplessa, come il maitre di sala mi guarda. Una
macchiolina mi scivola dalla manica destra. “E' solo ruggine. Ruggine ed
acqua”. Resta ammutolita, di sbieco mi guarda e infine inforca le spalline
sulla gruccia e mette in disparte il soprabito gocciolante. Il maître di sala
torna sui suoi passi.
“Ingegnere Carli mi scusi per l’attesa. Sono costernato, ma
non potremo offrirle il solito tavolo 25. La Signora ritarda, forse? Sono
stranieri, imprenditori russi suppongo. Sa com’è di questi tempi.”.
Lo fisso ancora, Claudia, in un punto indefinito oltre il
contorno degli occhi. Non lo sopporto e questa è una sera molto importante. A
San Valentino non ci possono essere ostacoli.
“Alberto, ma si rende conto!”
“Un increscioso errore, Ingegnere. Certamente lei ha
telefonato. Vista la serata è bene farci perdonare. Le riserveremo un
trattamento speciale. Vedrà, resterete contenti lei e la sua gentile signora.
Devo però chiederle rispettosamente di farsi accompagnare al tavolo 24 anziché
al 25”.
Non lo fisso neppure, Claudia. Non ho scelta per amore tuo
soprattutto. Stringo i pugni.
Vengo ingoiato anch’io dalle tende di velluto e faccio la
mia apparizione in sala. Mi muovo come un automa. Attraverso sguardi che mi
incrociano. Sorrisi deferenti. Qualcuno saluta. Il maitre di sala mi farfuglia
qualcosa che mi perdo, percepisco soltanto: “Ingegnere abbia fiducia. Il tavolo
24 è di fronte alla stessa vetrina. La strada dietro vostri ai giardinetti;
dov’è l’ansa del fiume”. Non rispondo neppure. Scivolo a fianco del tavolo 25
dove brindano chiassosi.
Prima di sedermi, punto lo sguardo all’acquerello del muro
che disegna l’ombra di un cappello. Il cappello vola da un ponte e una mano
maschile non l’afferra. Quel fiume taglia i giardinetti oltre alla vetrina. Il
caicco viene coperto sul fondo dalla melma.
Lo so che sono stati ematomi dolenti, ma a San Valentino non
esistono gli ostacoli.
Mi seggo, come una clessidra rallentata. Una bolla si svuota
mentre l’altra si riempie. Poggio i pugni stretti, sopra alla tovaglia
immacolata. Mi perdo. Coperto dagli occhiali m’incupisco. Gli altri del tavolo
25, che sghignazzano. La tempesta ricomincia.
Ti giuro, Claudia, sulla Santa Vergine, mai più li aprirò
questi pugni a palmo nudo su di te.
Tommaso Gambino
Tommaso il racconto è impeccabile. C'è una parte che mi convince e una parte meno. Va benissimo fin dall'inizio ci conduci con curiosità fino alla fine. L'indole del'uomo è perfetta vuole riconquistare una donna che ha perso o quasi nella sua quasi maturità e va bene tutto. Ma arrivato al ristorante ossevando il soprabito e la pelliccia che si allontanano ha un momento di pensieri ( e questa è la parte più bella, descritta in maniera impeccabile) che fa volare. Ma verso un altro uomo. Non quello che ci stai raccontando. E' l'uomo che sta ripensando alla propria storia, e a quella della sua Claudia, ammettendo la perdita, Il disfarsi delle cose e la fine. Questa parte vale 100. Ma è un uomo diverso, non quello che stringe i pugni e poi li apre sul volto di una donna.
RispondiEliminaCLA Grazie 1000 del 100 che mi hai attribuito. Tom
EliminaIl cambiamento a volte voluto, a volte sperato, altre volte promesso. È possibile che ci sia una sorta di straniamento che aleggia su tutto il testo? Saranno tutte le domande che la voce narrante si fa? Non lo so, e però è una sensazione strana!
RispondiEliminaComplimenti, Tommaso!
(Tu avevi già pubblicato con TCDM quindi non ti dico "benvenuto" ma "bentornato"!!)
bella la scrittura di tommaso, piena di tutte le anse che il fiume che si vede dalla vetrina poi materializza, crudele la descrizione di ciò che avviene al tavolo 25. Inaspettato il finale che tratteggia un uomo violento.
RispondiEliminaQuasi un noir dei sentimenti...
W Tommaso! (che è zito di Monica e fa parte di quello spazio prima descritto)
Giorgio D'Amato
proprio perché coinvolta in prima persona, non commento, ma giuro, la Claudia non sono io... monica gentile
EliminaA me è sembrato che già dalla telefonata non fatta (o non registrata dal) finisce tutto niente tavolo 25 niente sarà recuperato. Sì quel paragrafo (forse due) della pelliccia stona un po'.
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