venerdì 26 aprile 2013

Tema: Insoluto

Svolgimento


Mio padre si è perso nel bosco da un po’ di tempo. Aveva detto non mi sento tanto bene, poi si era seduto in macchina, aveva messo in moto ed era sparito.

Mia madre me lo racconta ogni volta che combino dei guai.

- Se ci fosse tuo padre - dice. Poi si gira e continua le sue faccende, soprattutto spolverare, che è la cosa che le riesce meglio. Ha sempre avuto una particolare inclinazione per lo straccio mangiapolvere, accompagnata da una spietata avversione per gli acari. Gli acari, misteriosi minuscoli mostruosi, pare che zampettino sopra le lenzuola e tra le pieghe di qualsiasi divano di famiglia. Completamente inutile spolverarli via, tanto poi tornano.

Mio padre non è più tornato, neanche dopo che la mamma fece un appello su RaiTre, pregandolo di fare ritorno a casa e di finirla con queste sceneggiate. Pensava fosse scappato, ma da solo. Di mariti che vanno via di casa con una ballerina, è piena la storia. Lui se n’era andato, senza uno straccio di amante, magari anche straniera, che almeno avrebbe giustificato tutto.

Quando mio padre si è perso, io non ero ancora nato. Poi nacqui lo stesso, ma con addosso un segno indelebile del dubbio, trasmessomi dal genitore scomparso, una specie di punto interrogativo, inciso sul mento. Non molto grande e vistoso, non abbastanza da farmene un complesso. “Che hai da guardare?” sembro dire quando qualcuno mi guarda in faccia. Mio padre, anche lui aveva questo segno, dice la mamma. “Cosa ci faccio qui?” sembrava dicesse a chi lo guardava in faccia.

Certo, nel corso degli anni, adesso che ne ho trentadue, ho capito che mia mamma sul divano forse apprezzava più la presenza degli acari che quella di papà.

Poi ho cominciato ad avere una curiosità, un prurito sul mento. Gli acari provocano prurito, stavo sempre più tempo sul divano a guardare mia madre che spolverava le mensole i ninnoli i cigni di cristallo. Mi grattavo il mento, osservando una vecchia foto di mio padre a cavallo. Non aveva mai posseduto un cavallo e dallo scatto si percepiva benissimo che si trattava di una di quelle sagome per le foto finte. Ma che gli piacesse la campagna era un fatto inequivocabile. Girando per i fondi dei cassetti, mi imbattevo in vecchi pacchettini sgualciti con semi di zucca, ceci secchi, un coltello da innesto, manuali sull’allevamento della chiocciola e sulla potatura. La mamma non gli avrebbe mai concesso di possedere e accudire un orto, un frutteto. Per che cosa poi, per introdurre terriccio germi e parassiti sotto il tetto coniugale, e soltanto per soddisfare un egoismo, che poi le verdure marciscono pure e non si fa in tempo a consumarle tutte e bisognerebbe avere una casa-frigorifero.

- Casa nostra, non si compravano mai verdure - dice la nonna mentre prepara la sua minestrina. Non ci vado spesso a trovarla e quando mi vede mi riconosce poco, ricorda meglio le cose molto antiche, di quando era bambina, di quando era sposina.

- Scusi, ma lei chi è? - mentre mi guarda sul divano accanto a lei.

- Il figlio di tuo figlio Antonio, quello piccolo.

- Ah, - dice lei - io ne ho uno solo figlio piccolo. Ma quando ero bambina io, non se ne compravano, verdure. Cavoli, lattughe, pomodori, piselli, fave, cipolle, aglio e melanzane. Poi il basilico, la salvia, la menta, il prezzemolo, il rosmarino. Poi, i conigli, i polli, il maiale, i tacchini e le oche.

Quando ha finito, il suo pentolino si è bruciato sul fornello, ma tanto lei voleva il latte, non la minestrina.

- Ti ricordi, nonna, tuo figlio Antonio, quello che non si trova più.

- Ce ne ho uno di figli, uno solo - mi guarda seccata. 

- Ma sei sicura?

- Sicura… sicura è solo la morte - risponde dubbiosa, e si gira a sistemare il pentolino bruciato dentro il frigorifero. Esco dal portoncino con il dispetto di chi non ottiene udienza, malgrado tutti gli sforzi, e poi la nonna ogni tanto tira fuori questa storia del figlio unico.

Lo zio Piero nel suo studio buio di pittore fuma e strizza gli occhi. Non si vede bene quello che c’è intorno, né quello che sta dipingendo.

- Entra entra che devi abituare gli occhi - mi invita senza guardare. È un po’ trasandato, con barba e capelli troppo incolti, poco loquace, ma mi vuole bene. Mi mostra le ultime opere, scure, fumose, nebbiose, nere.

- Tutti i quadri rappresentano questa stanza che è il mio mondo - dice.

Infatti da quella stanza semibuia non esce mai. La mamma mi ha sempre scoraggiato a frequentarlo troppo spesso, questo posto ricettacolo di polvere e di chissà quali parassiti inestirpabili.

- Lascialo nel suo brodo, ha scelto così, ognuno fa quello che vuole.

La nonna adesso nega pure la sua esistenza. Non si vedono da troppo tempo e forse non si sono mai visti. Sulle foto che ho trovato lui non c’è mai. Solo mio padre sul cavallo, sul camion, sul trattore, al mare. Mi viene da grattarmi. Dov’era lo zio Piero quando mio padre si è sposato, dov’era quando la guerra era finita e tutti festeggiavano, e quando si guardavano le partite di pallone tutti insieme al bar?

Lui nella penombra del suo studio ci sta bene, ha gli occhi abituati, ma io con questo prurito sul mento non resisto un minuto di più.

Ha ragione mia madre, militante anti-acaro, chissà a quali malattie infettive allergico-respiratorie innominabili vado incontro se rimango ancora qui dentro.

Ha avuto ragione mio padre, cavaliere represso, che alla mangia-polvere forse ha preferito una mangia-uomini.

Ha ragione la nonna, bambina rifiorita, che sostiene di avere un figlio unico, ma non sa chi sia dei due, perché fra poco non riconoscerà neanche sé stessa.

Ha ragione lo zio, pittore neofunereo, a volere rappresentare sulle tele la stanza caliginosa, di sicuro ormai la conosce meglio del proprio volto.

Adesso glielo chiedo, diretto in faccia, nella lama di luce bassa che filtra dalla finestra chiusa, ma lui mi anticipa.

- Allora, domani me le porti le sigarette? - e mi guarda, aspirando una boccata profonda dalla sigaretta con il bocchino, ruota gli occhi, come per dire Cosa ci faccio qui?.

- Certo, certo, - rispondo io - come ogni giorno.

Torno a casa di corsa, con il mio punto interrogativo sul mento.  

 Raimondo Quagliana

19 commenti:

  1. Sembra facile scrivere in questo modo: RQ riesce a trasmettere un'idea di leggerezza attraverso le parole (non solo le situazioni, perchè durante il laboratorio ho visto che la sua scrittura funziona anche con argomenti più seri), ed è un pregio, grandissimo valore aggiunto. Si dovrebbe prendere esempio da scritture come queste..

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    1. FO ti ringrazio per sviolinarmi più di quanto saresti tenuto a fare da contratto, mio malgrado dovrò valutare un aumento di parcella.
      Detto in confidenza, non è che non mi piace scrivere di argomenti seri, il problema è casomai che vengono fuori sempre dei pezzi semiseri. (emoticon insoluto)

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  2. Quagliana, più ti leggo e più mi piaci. Ti riconosco ormai dopo la prima frase, e questo mi piace tanto. Questo tema è una delizia, vado a fargli pubblicità ;)

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  3. Bellissimo bellissimo questo post! Raimondo, ma quanto scrivi bene? Mi hai catturato completamente, i tuoi scritti possiedono una grande magia.
    Adesso vado che mi prude il punto interrogativo sul mento

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  4. Avrei voluto scrivere qualcosa tipo Federico, ma non ho la sua eleganza.
    Resta il fatto che Raimondo ci sta abituando a delle vere piccole opere d'arte. Grazie.

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  5. davvero delizioso, lieve, curioso, simpatico.....mi piace molto :)
    Meis

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  6. Argh, mi avete spiazzato tutti. Ringrazio e arrossisco e gongolo.
    (emoticon red pepper)

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  7. Questo è il pezzo migliore che abbia letto di Raimondo. I personaggi sono ben calibrati, nessuno soverchia sull'altro ognun possiede una sua identità ben definita.
    Gradevolessima scrittura sembra davvero scritto senza fatica, ma Dio solo fa quanta fatica si faccia a tirare fuori un pezzo simile. Bravissimo Raimondo
    P.s. Lo sai che non mi faccio scrupoli e se qualcosa non mi torna critico senza nessuna difficoltà, ma questo pezzo mi piace veramente.

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    1. Grazie Jole per le critiche sempre attente e minuziose, lo so che non ti fai scrupoli, ma ti preferisco quando mi dici bravissimo. (emoticon insoluto)

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  8. Raimondo , IO VOGLIO ED ESIGO che il prossimo anno ci sia tu sul palco del Premio Calvino !

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    1. Non è facile, i Lettori non credo di piacere a tutti, ma quasi quasi ci riprovo, anche solo per riuscire ad assaggiare i famosi gianduiotti del buffet. grazie del sostegno anticipato. (emoticon risoluto)

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  9. Bravo Raimondo. Vago dopo un bel pò su queste pagine e vengo intrappolata da questo bellissimo scritto. Ti ho letto fino in fondo senza preavviso, mi ha trasportato la scrittura e il racconto. Malinconia, memoria, personaggi scarificati e offerti con leggerezza: credo sia la parola che dipinge e che in molti hanno usato e in generale ti contraddistingue.
    Non sapevo fossi tu: qui sei meglio di sempre. Meglissimo e grazie di esserci!

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  10. Grazie a te CLA per il commento, si vede che con l'età sto migliorando. Poi scopro or ora che hai vinto con l'incipit di Pavese, soffiandomi via dal podio, quindi i complimenti devo farli io a te. Bravissima. (emoticon insoluto)

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    1. Grazie per i tuoi complimenti e congratulazioni ma avremo modo di festeggiare a Torino!! vedrai!

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  11. AZZ, bellissima via di mezzo tra RQ che coglioneggia magnificamente e RQ che invece fa sul serio... ottima formula per uscire da un genere e crearne uno nuovo
    GD

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    1. Grazie GD, possiamo dire allora che se finora ho coglioneggiato, adesso coglioneggio sul serio. (emoticon interrogativo)

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  12. Bravo Raimondo, più scrivi e più scrivi bene !
    Questo è, a mio avviso, il tuo post più riuscito !

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