Gli
tirai una bella zampata proprio su quel suo grugno da professore di lettere. Un
diretto da Cassius Clay, avrei detto da Primo Carnera, ma io sono solo un
tappetto, non sono grosso come quel Carnera là che fu campione dei pesi
massimi.
Il
professore di lettere cadde per terra, trascinandosi il tavolino con sopra il
suo drink acerbo e la scodellina di patatine. Fece un bel botto, non c’è che
dire. Io mi limitai a guardarlo dall’alto mentre tutta la clientela del locale
si limitava a guardare me. Ecco, avevo richiamato l’attenzione di tutti, ancora
una volta. Tutti gli occhi puntati su di me e sul mio braccio da picchiatore,
come un gladiatore all’interno di una vecchia e chiassosa arena. Ma alla fine
del mio braccio non c’era una spada, o un gladio, o una rete, c’era un mohito.
Venuto fuori anche discretamente.
Il
professore di lettere si era rialzato, aveva sistemato il tavolo e si era
risieduto di fronte a me. Mi risiedetti anch’io e lo guardai dritto nel
faccione. Il suo zigomo sinistro si stava gonfiando un po’, poco male, avrebbe
smesso di leggere Sepulveda.
Ci
sono tre cose che mi fanno imbestialire nella vita: quando non ho soldi per
farmi un drink, quando qualcuno legge della paccottiglia e cerca di convincermi
che non lo è, e quando qualcuno mi dice che siamo tutti soggetti a entropia.
Entropia un paio di palle, dico io. Non sono soggetto a quella cosa lì, io. Mi
sento dentro ad un disegno divino, un bel progetto venuto fuori direttamente
dalla mente di Dio. Non stiamo tendendo verso una forma caotica dell’universo,
nossignore, tutto va come deve andare. Il migliore dei mondi possibili? Eccolo
qui, ora e adesso. Non c’è spazio per l’entropia.
Avevo
conosciuto quel professore di lettere nel locale, avevamo degli amici in
comune. Si vedeva lontano un miglio che aveva voglia di parlare con qualcuno e
cominciò ad attaccar bottone con me,
forse perché in quel momento ero l’unico che se ne stesse zitto e non stesse
già parlando di qualcosa; bla bla bla, sono un professore di liceo, bla bla
bla, questo autore scrive bene. Ci poteva anche stare un bel discorso così, ma
poi ha cominciato a parlare di Sepulveda, il libro sulle balene, sulla
Patagonia e tutto il resto di quella produzione latinoamericana. Voleva
convincermi a finire di leggere un vecchio libro di Sepulveda che avevo
iniziato e lasciato a metà, però era facile che non ce l’avessi nemmeno più,
facile che l’avessi riciclato come un regalo a terzi. Beh, il tipetto insisteva
con me, fresco di studi e di verità letterarie. Ci poteva stare anche questo,
lo lasciai correre. Mi presi allora un mohito e dissi al barista di non fare il
taccagno e di non esagerare con il ghiaccio. Il professorino mi chiese perché
avessi preso un mohito e io gli dissi che era perché mi sentivo un po’ Hemingway,
ma senza spiaggia, senza donnine in bichini e soprattutto senza fucile. Beh, fu
allora che fece traboccare il vaso.
Mi
disse che Hemingway era sopravvalutato un casino e che ormai il suo momento era
passato. Che “Morte al pomeriggio” e “Verdi colline d’Africa” non erano poi
tutto quel granché. Non ci vidi più e cosa avvenne poi lo conoscete già, gli
tirai un diretto e le luci sul suo palco si spensero per un po’. Lo sapevo
anch’io che quei due libri non erano un granché, ma sentirmelo dire da uno che
diceva che Sepulveda era il meglio, proprio no.
Non
volevo litigare con un professore di lettere, in fin dei conti non era proprio
malaccio come persona, faceva solo delle letture sbagliate. Volli rifare subito
pace con lui, in fondo al mio cuore sono anch’io per l’amore cosmico e sono anch’io
un buon Samaritano che ascolta i Beatles.
Ordinai
un secondo mohito e glielo porsi mettendoglielo sullo zigomo, speravo che il ghiaccio
lenisse il gonfiore. Il professorino afferrò il bicchiere con entrambe le mani
e ne bevve un sorso. Era la prima volta che beveva un mohito, facile che era
per quello se non aveva ancora capito Hemingway.
Il pezzo mi piace, (scanzonato e rissoso come Hemigway), ma di sicuro c'è qualcosa che mi sfugge. Volevi dirci qualcosa ed io non ho capito, oppure non volevi dire altro che questo ed io mi faccio problemi inutili? Forse ha raggione Anna, a volte, si deve leggere basta senza farsi troppe domande. Alla luce di questo ti dico che la tua scirttura "suona" molto bene.
RispondiEliminaBoh, penso che volevo dire solo questo... una "tranquilla" serata in un bar ahahah
EliminaAndrea, giurami che se trovi qualcuno in un bar che ti dice che i libri di Paolo Giordano sono meravigliosi e che lui scrive da Dio , gli tiri non uno ma bensi' 2 pugni e non gli offri un bel niente!
RispondiEliminaSempre in gamba sei!
scrittura veloce ti leggo sempre con piacere!
ciao wood! Stai tranquilla, non frequento chi legge Giordano, o Moccia o la E. L. James... si tengono alla larga! :D
Eliminaancora qualcosa si muove questo pezzo è amico di cheever
RispondiEliminati riferisci ad Eddi Cheever?
RispondiEliminaAndrea, devo farti i miei complimenti un'altra volta. Mizza, proprio bravo sei.
RispondiEliminahttp://svolgimento.blogspot.it/2012/12/tema-chever.html#more
RispondiEliminajohn cheever
appena ho letto Sepulveda, ancor prima che il tuo tipo gli desse un pugno, già mi ero crucciato in posizione da combattimento.. meno male che c'hai pensato tu... (ho a casa "Diario di un killer sentimentale", lo vuoi spedito? ahhaaha)
RispondiEliminaGD
Bravo Knulp! Mi piacque, ma mi allontano perché non vorrei ricevere un pugno. ciao ciao eh! ;D
RispondiEliminaAG