La luna si è levata da un po’, una bella falce crescente con la sagoma tondeggiante che guarda verso destra. Era ora di accendere il braciere, quello grande e pesante di ottone; lo riempì con nove tipi di legno diverso, come vuole la tradizione. Si sedette, lasciò ai ragazzi il tempo di mettersi comodi sui cuscini attorno al fuoco e accennò quasi distrattamente: “Oggi vi racconterò una storia”.
- Tanto tempo fa, in India, c’era un giovane dio di nome Ganesha: è un ragazzo simpatico e paffuto, ha una testa di elefante, cavalca un topolino di nome Mushika, ed è Colui che rimuove tutti gli ostacoli, il Maestro di tutti gli esseri, il Signore delle schiere celesti. È molto amato da tutti ancora oggi, e i suoi fedeli sanno che le sue offerte predilette sono dei dolcetti fritti che si chiamano modak: sono fatti con farina di riso e ripieni di cocco grattugiato. Il Signore Ganesha è molto goloso, ha un appetito immenso, e si dice che quel bel pancione che gli vale il nome di Lambodara possa contenere non solo il nostro universo, ma interi universi; una sera divorò una quantità enorme di modak e, siccome si sentiva un po’ appesantito, pensò di andarsi a fare una passeggiata a cavallo del suo topo per muovere un po’ la digestione. La notte di luna piena era piena di profumi di fiori, una brezza leggera soffiava, e Ganesha si stava divertendo molto quando un cobra si eresse impettito davanti a lui, col cappuccio aperto e soffiando minaccioso. Mushika si spaventò terribilmente, povero topino, e cercando di scappare disarcionò Ganesha che rotolò a terra, battendo proprio la pancia. Fu un disastro: lo stomaco esplose e i modak si rovesciarono dappertutto, come i semi di una melagrana spaccata. Che fare? Di sicuro Ganapati è un dio troppo intelligente per arrabbiarsi per una sciocchezza, e con grande senso pratico si rimise i dolci nella pancia, agguantò per il collo il cobra e se lo annodò in vita facendone una cintura. Riprese la sua passeggiata notturna, ma udì una grande risata venire da dietro le sue spalle.
Era Chandra, il dio della Luna, che si era goduto la scena dall’inizio alla fine. Ganesha decise di punire la sfacciataggine di Chandra e la sua mancanza di educazione: si staccò una zanna e la lanciò in faccia alla Luna, spaccandola a metà, poi decise di maledirla decretando che la sfortuna avrebbe perseguitato chiunque l’avesse guardata. Chandra si accorse di avere sbagliato e chiese perdono a Ganapati, domandandogli di annullare la maledizione; ignorava che non si può fare in alcun modo: una volta che se ne lancia una è impossibile revocarla, si può solo cercare di smorzarne gli effetti. Ganesha ci pensò un momento, quindi decise che la Luna sarebbe stata condannata per sempre a calare e crescere di intensità, riuscendo a riavere la faccia intera solo per brevissimo tempo; aggiunse infine che sarebbe stato colpito dalla sfortuna solo chi l’avesse guardata durante la festività di Vinayaka Chaturthi, che è una festa dedicata alla nascita dello stesso Ganesha e che cade tra la fine di agosto e quella di settembre.
Un ragazzino era pensieroso, e con una voce carica di dubbi, chiese:
- Nonnina, dimmi: come mai Ganapati si è arrabbiato tanto perché la luna rideva? Tu dici sempre che ridere fa bene.
- Sì, è vero. Solo che Chandra sbagliò perché rise di qualcun altro, e dovette subire le conseguenze della sua leggerezza. La risata è come lo squillo di una campana di cristallo, spazza l’oscurità pesante e vischiosa con un lampo d’argento; devi sapere che i colori possono curare e guarire, ma anche far diventare tristi e fare ammalare se non si sanno usare bene. Nello stesso modo funzionano i suoni perché sono solo un’altra forma dei colori, un altro modo di percepirli. Tutti i rimedi possono diventare molto pericolosi quando non sono usati nella maniera giusta, e succede anche con la risata. Tu puoi ridere assieme a qualcuno, o ridere grazie a qualcuno, puoi ridere per qualcuno anche, ma non devi ridere "di" qualcuno: è usare male il potere della risata, creare delle ferite che possono sì essere piccine, ma più spesso sono molto profonde e rischi di rendere infelice una persona se la tua risata sbagliata è andata a incrinare la fiducia che quell’essere aveva in sé stesso. Il suono crea, paperotto, ricordalo bene; la parola crea perché un suono, per giunta strutturato. Suoni e parole possono anche creare distruggendo quello che c’era prima, o distruggere senza costruire: tutto dipende da come uno ne fa uso. L’essenza di Dio è Amore, e il riso usato bene crea gioia perché anche Dio nelle sue diverse forme ride. Non aver paura di ridere e di far ridere gli altri. Mai. Non dare peso a chi ti dice che non si può sempre ridere: delle volte lo fanno anche loro, devono solo saper ricordare come.
Mauro Melon
Che bello! Vado subito a twittarlo. Bravo Mauro, sembra scritto per me.
RispondiEliminaGrazie Lepri! Ti senti molto indiana oggi? :D
EliminaMa sai che ieri sera sono stata a cena dalla mia amica Rita che è una grandissima viaggiatrice e mi ha fatto provare un sacco di spezie che ha riportato dall'India? Ci ha cucinato una zuppa di lenticchie al cardamomo che faceva cantare gli angeli :)
EliminaIo vado matto per la cucina indiana. Il mio aloo gobi ha riscosso diversi successi ogni volta che l'ho messo in pignatta
EliminaMolto saggio, ci sono persone che non ridono mai, peccato, perché ridere è una vera medicina. Vorrei aggiungere che spesso è molto salutare anche saper ridere di se stessi. (emoticon ridarello)
RispondiEliminaMauro, una nota a margine, scusa l'ignoranza, perché Ganesha alcune volte nel racconto lo chiami Ganapati?
È fondamentale saper ridere di sé stessi, Raimondo.
EliminaGanapati è solo uno dei molti nomi di Ganesha. Letteralmente significa Conduttore delle schiere celesti, riferito alle schiere degli dei minori che seguono Shiva, i Gana. Ma la radice di Gana, Gan, indica anche gli esseri in generale
Grazie, stamattina sono contento. (emoticon ma che c'avrò da ridere?)
EliminaBravo Melon, è proprio così ogni cosa può avere effetti diversi secondo l'uso che se ne fa. Chi vuol ridere degli altri farebbe meglio a piangere per se stesso.
RispondiEliminaUn'altra, un'altra, un'altra... mi piacciono queste storie
RispondiEliminaHo qualche cosa in cantiere, mi serve solo l'ispirazione giusta
EliminaSembra un racconto uscito direttamente dal Mahābhārata.
RispondiEliminaBello, grazie!
Melon! io adoro le storie indiane! ne voglio subito un'altra come Grilletto!
RispondiEliminapero' quanti Melon sei? ogni volta ci regali qualcosa di completamente diverso stupendoci con effetti speciali!
Io sono sempre io. Forse ho più di una faccia, ma sono tutte uguali ;)
EliminaMizza, maledizioni proprio durante il mio mese di nascita? Ahahah che fortuna..
RispondiEliminaMelon, Ganesh è la rappresentazione indiana di dio che più mi piace. Leggo che rappresenta la perfetta unione tra energia maschile e femminile e viene anche chiamato "distruttore degli ostacoli" (ecc...), insomma, bello Ganesh e BRAVO Melon!
Ganapati è carico di significati, per esempio è anche l'unione tra il macrocosmo (elefante = animale più grande) e il microcosco (topo = animale più piccolo), e per lo stesso principio è l'unione degli opposti. E si potrebbe andare avanti per un pezzo.
EliminaÈ bello notare il tema della maledizione: ritroviamo l'impossibilità di annullarla anche nelle fiabe che conosciamo meglio, come La bella addormentata nel bosco; la versione di Charles Perrault o in quella dei fratelli Grimm (che sono quelle che ricordo) presentano l'ultima fata che smorza gli effetti dell'incantesimo mortale della vecchia Carabosse. Giusto per fare un esempio.
Le atmosfere indiane ci sono tutte. Si respirano nelle parole che creano suoni per creare benessere o malessere. Un mondo e una filosofia per andara nel mondo vestiti solo di luce. Non occorrono molte cose per stare bene nel mondo: è quanto ci hanno convinto che senza tutte quelle cose che pensiamo necessarie non potremmo vivere
RispondiEliminaPErfettamente d'accordo: da quanti anni, se non secoli, ci raccontano che dobbiamo avere un sacco di cose per campare felici, mentre in realtà proprio la maggioranza di quelle cose e tutto il casino che facciamo per procurarcele è una fonte di disagio e di insoddisfazione?
Eliminavero è, mauro è poliedrico, scrive di corti francesi, di gatti, di soap opera e di favole indiane. ho apprezzato questo racconto ma penso che melon sia più abile a mordere e tagliare, preferisco il melon della cattiveria sottile
RispondiEliminagd
Mae West disse a Cary Grant: "When I'm good I'm very good, but when I'm bad I'm better".
EliminaMi stai dicendo che sono come lei? :D
Bello bello bello....anche io voglio un'altra storia indiana !!!
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