La Nonna sedeva a tavola attorniata da un nugolo di nipoti, figli, nuora, ed io le stavo di fronte. Divertita, incredula, oltremodo soddisfatta, vedeva il quinto piatto di gnocchi fatti in casa scomparire nella mia epa con una ghiottoneria degna di Ganapati, la divinità indiana dalla testa di elefante il cui ventre può contenere infiniti universi.
Nonna e la nuora sedevano in posizione strategica, accanto alla porta della cucina; a capotavola troneggiava la figlia, in un abito di ratina rosso carminio con disegni di spirali d’oro che sarebbe stato d’incanto in un quadro di Salvador Dalì. La figlia prese la parola alzando un bicchiere di sauvignon e ci chiese se volevamo sentire una storia, guardandoci attraverso il vetro del bicchiere; ingenuo, un po’ appesantito dal cibo e dal vino, incurante dei diversi modi di sviarla adottati dagli altri commensali, io accennai un invito muovendo la testa e sorridendo mentre l’anaconda che c’è in me ingoiava il secondo piatto di vitello arrosto con le patate.
La signora è un personaggio singolare, ed è universalmente nota col soprannome di Oseàra perché aveva una piccola bottega di animali, e vendeva uccelli (passeracei e simili) e attrezzi per giardinaggio; il suo stesso marito la chiamava Oseàra, mentre lei lo chiamava solo per cognome. Strana coppia, ma a quanto pare c’era una buona intesa, e non è peggiorata dopo che lui è morto.
Un giorno, iniziò a narrare l’Oseàra, era andata dalla parrucchiera perché quella sera dovevano uscire, e aveva lasciato il marito a casa da solo che faceva un riposino. Quando rincasò lui era sulla porta, con le mutande in mano che le faceva girare attorno al dito indice, e le chiese, guardandola con occhio scintillante:
- Beh, Oseàra, che facciamo?
- Stai buono, che sono appena stata a farmi i capelli.
- Ma dai, qui sul divano non ti succede niente.
- Ti ho detto di no, fermo.
- Dai, dai… tu ti metti qui sull’angolo del divano, e lo facciamo a sbianzacolombo. Vedrai che non ti si scompone niente.
Non sono mai riuscito a capire la meccanica dello sbianzacolombo, che suppongo lecito ritenere ignota anche a Vatsyayana e al Kamasutra; mentre l’Oseàra raccontava ho avuto visioni del marito che le planava addosso saltando dal tavolo della sala, o di loro due che sbattevano le aluccie tutti felici e garruli in una fontanella del parco. Ero deciso a domandarle dettagli, ma mentre stavo aprendo la bocca ho intercettato lo sguardo di un’altra commensale, la figlia della nostra gagliarda voce narrante: mi sono servito una bella fetta di dolce per impedirmi di parlare, intanto che lei terminava la storia:
- Sicché son dovuta tornare dalla parrucchiera per forza, che quando mi ha visto mi ha chiesto che cosa fosse successo, ma io le ho detto “Lascia stare e pettinami”… comunque, el risultato de quea pinciadina a sbianzacolombo xé qua con noialtri.
MM
La parola sbianzacolombo mi richiama a un'altra, tipo "sventrapapere".
RispondiEliminaEcco io immaginavo che il crescendo del racconto sfociasse in una carneficina o quantomeno in una specie di orgia oseàra.
Diciamo che mi è piaciuta di più la prima parte, soprattutto "c'era una buona intesa, e non è peggiorata dopo che lui è morto." (emoticon ahahah)
RQ
Infatti secondo me Melon non ha approfondito la parte dell'"intesa dopo che lui è morto" ..in che senso?? Una morte seria o morte riferita all'apparato riproduttore?
EliminaL'Oseàro è proprio morto, non ricordo come fu ma è morto.
EliminaPoi, il seguito ci sarebbe stato ma non è cosa da orecchie civili. E soprattutto non sarebbe stato nemmeno per le orecchie della figlia del colombo sbianzato, che poveretta stava cercando un badile per seppellirsi dalla vergogna
ho sentito parlare della posizione "RUOTA A RAGGI" e
RispondiEliminama di quella che si fa come i PICCIONI mai :)
e tutto questo sbianzare di colombi succedeva molto, ma molto, tempo prima che ci pensasse una canzone inutile sanremante.
EliminaRoba che nemmeno Uguccione ci pensava