Quarantacinque! – e la mano
pelosa dello zio Giovanni ritorna dentro il sacchetto di plastica
biodegradabile della Conad a cercare un altro numero, la mano ce l’ha sotto il
tavolo e si capisce che sta ravanando dal rumore dei dischetti. Lo zio Giovanni
è un tipo simpatico, è scapolo, la mamma dice ancora non si vuole accasare
perché non vuole responsabilità; ci deve cadere nelle mani di una femmina, che
la nonna sarebbe veramente contenta di sentire che suo figlio più piccolo si è
sistemato, niente, ‘stu cosa inutile non gliela vuole dare questa soddisfazione
alla nonna prima che muore. Lo zio Giovanni si dovrebbe trovare una bella
femmina, che poi non è neanche così brutto, boh, io non lo capisco.
Che numero ha detto? – mi chiede
la nonna mentre si avvicina con l’orecchio sinistro, l’unico che ci sente quasi
bene (che poi ogni volta che si avvicina, io non riesco a distogliere lo
sguardo da tutti i peli che ha nell’orecchio, gli escono pure di fuori, la
mamma l’ha portata da un sacco di specialisti ma questi non l’hanno capito che
il problema sono proprio i peli). La nonna Nina, comunque, è una donna che
quasi non parla mai, ogni tanto dopo aver preso la pensione sgancia qualche
banconota a noi nipoti ma senza farsi vedere dal nonno che, al contrario, per fargli
sganciare i soldi, prima lo devi baciare e poi gli devi dire pure “grazie!”.
Il quarantacinque, nonna! – urlo contro i peli che si avvicinano alla mia faccia, e mentre lei posiziona il pezzettino di buccia di mandarino sul numero 78 mi racconta – eh, nel quarantacinque io mi ricordo ero giovane, una bella fimminazza che tutti i masculi guardavano a me e io ho scelto a ‘stu capruni – e indica il nonno – ma tanto ti ho scelto solo perché c’avevi la proprietà, che fa non lo sai? – e il nonno non la ascolta neanche e continua a guardare la televisione, che stasera c’è Raffaella Carrà ancora va saltando sulle braccia dei ballerini che la sollevano, la fanno girare, la sbattono, la tirano e la strizzano, la arrotolano come un cannavazzo e lei continua a ridere – secondo me questa è scema – dice la zia Rosetta – chissà quanti anni ha e ancora si veste con questi vestitini attillati, ma vatti a fare la calza – e guarda la figlia Rosy, quella che studia fuori, che probabilmente non le ha detto altro – mamma, sto portando il mio fidanzato, Marco Aurelio, mi raccomando non mi fate fare malafiura e cercate di parlare tutti in italiano. Se non ce la fate, non parlate proprio. Marco Aurelio è un ragazzo timido, Rosy dice che ha venticinque anni. Per tutta la sera Marco Aurelio ha riso alle battute che fa papà e a ogni portata dice alla mamma che il cibo è buonissimo (noi cugini, per scherzare, abbiamo messo una scatoletta del cibo di Lidia, la gatta, su un piatto, abbiamo preso un po’ d’acqua del bicchiere che la nonna tiene sul comodino, poi c’abbiamo messo un poco di olio e di sale e gliel’abbiamo passato a Marco Aurelio, così, per vedere se dice che è buono, ma Rosy ci ha fermati e ci ha detto che siamo dei cani da mandria, anzi disse – canazzi i mannara, unn’avitichiffari? – dimenticando presto l’accento del nord che ha preso mentre si trovava in Trentino.
In tutto, a tavola, siamo più di
trenta. Prima il cotechino, lo sfincione, gli involtini di prosciutto, le
patate al forno, quelle fritte, la parmigiana di melanzane, i cannelloni, la
pasta al forno, il gateau, il coniglio, l’agnello, l’insalata russa, e poi i
dolci con tutte le varianti per la ricotta: la cassata, i cannoli, gli sfinci,
le cassatine e anche i bignè. Tra questi dolci, se ne inserisce uno timido timido;
quando fa capolino dalla scatola, cala il silenzio e tutti i presenti, con gli
occhi sgranati, continuano a guardare quella specie di torta ricoperta di
frutta secca: lo Zelten – lo ha portato Marco Aurelio. Marco Aurelio solleva il
vassoio e lo mette al centro della tavola, in mezzo a due cassate e proprio di
fronte alla nonna Nina (si toglie la dentiera e la pulisce con un tovagliolo).
La vecchia Nina trova davanti a sé il dolce e non riesce a capire di che si
tratta.
Mamma, c’hai il diabete – gli dice
Tanino, il figlio più grande (marito di Rosetta e padre di Rosy) – e che ci fa?
– risponde Nina – ogni tanto me lo posso permettere! – e ne mangia un pezzo.
Nel silenzio che si è creato dall’uscita della torta, ascoltiamo il rumore
delle noci e delle mandorle che la nonna schiaccia con la dentiera appena
pulita, poi ingoia e posa la forchetta sul piatto, lo allontana e dice – è vero
c’ho il diabete.
La mamma e la zia Rosetta si
guardano e con gli occhi si chiedono – chi se lo deve prendere questo dolce
appena finisce la serata? Tu pigghi tu! Io non lo voglio! – poi entrambe
sorridono perché contemporaneamente sono arrivate alla stessa soluzione: lo
butteranno nel sacco dell’immondizia di nascosto da Rosi, in mezzo alle teste
di pesce e alle ossa di coniglio.
In effetti lo zelten è un po' pesantuccio... tutta l'atmosfera mi ha smosso dei ricordi.
RispondiEliminaSe posso farti un appunto, Fede: gli a lui e le a lei. I peli della nonna le escono dall'orecchio, e "Mamma c'hai il diabete" le dice il figlio.
Melon, grazie dell'appunto, mai stato in Sicilia, vero? ahahahaha...qui non esiste il "le" per "a lei"...è stato fatto apposta proprio per rendere il siciliano, azz!
EliminaPerò che occhio, bravo!
Mai portare dolci nordici su un tavolo siciliano. Minchia! :)
RispondiEliminaProprio oggi ho proposto una torta vegana alla solita cassata costosa e pesante...! Ovviamente la risposta è stata NO!
EliminaFede , perche' io mi sono ammazzata dalle risate nel leggerlo con piu' attenzione?? ahahahhaa!
RispondiElimina"nel quarantacinque io mi ricordo ero giovane, una bella fimminazza che tutti i masculi guardavano a me e io ho scelto a ‘stu capruni" Mi impazzire sta frase come la storia dei peli nell'orecchie della Nonna, ma come ti è venuta?
SazioZero..nattimo io sono di Torino ma lo ZELTEN non sappiamo cosa sia! Noi andiamo di Torta di Nocciole tonde e gentili delle langhe con lo ZABAJONE!
Auguri a TUTTI!!
Grazie Wood...se ti dicessi che quella dei peli l'ho visto veramente mi crederesti e non faresti domande? eheheh...allora ti dico che l'ho inventato!
Eliminafimminazza e 'stu capruni valgono molto molto molto, bella scelta lessicale
Eliminagd
Bravo Federico, un pranzo di Natale come si deve, con una scrittura fluida e piacevole.
RispondiEliminaMooolto accattivante l'immagine della nonna con le orecchie pelose. Veramente divertente.
(emoticon alkaseltzer)
RQ
Grazie RQ, non è difficile farsi crescere i peli nelle orecchie...eheh
Eliminain ogni italiano, a qualunque latitudine, alberga un po' di Monicelli :) bravo Fede...mi piacque assai...con pure tutte le sottili allusioni psicanalitiche oserei dire eh eh eh eh
RispondiEliminaMeis
racconto bello bello: in riscrittura avrei tentato di togliere i termini dialettali e trovare italiani che diano la stessa resa
RispondiElimina(FO non è convinto di avere scritto una gran cosa, e invece in questo racconto realizza il tuttotondo dei personaggi, non un semplice un bassorilievo)
gd
mizza spione!
EliminaSono d'accordo sul trovare i termini italiani che diano la resa ...