Il giorno di Natale che cadde il 25 dicembre del 1981, io che santifico le festività alle ore undici in punto stavo mescolando il sugo di carne: mi ero alzata che ancora era notte per mettere il tegame sul fuoco, deve cuocere assai lui, così stringe; e quel giorno mi successe una cosa che mai in trent’anni che faccio ragù e falso magro: la cipolla non si voleva imbiondire - ha buttato l’acqua, pensai, e ora gli porta sapore amarostico, giornata segnalata! – e invece, tutta in una volta, si stava bruciando che meno male che avevo l’occhio pronto: subito misi i pezzi di carne e poi l’estratto di pomodoro, due boccali di acqua calda e finalmente mi affacciai, che gli occhi mi andarono subito sulla 127 azzurrina di quello che sta a primo piano che parcheggia sempre a malo posto: con tutto lo spazio che ha l’aveva messa proprio davanti lo sbocco della via Trento nella via Lanza, e per me fu fatale questa posteggiata davanti le saracinesche, che verso le undici, quando arrivò la macchina bianca di quelli che furono ammazzati - misericordia di Dio scappava come una gatta pregna inseguita dai cani, che pure che si salva, i figli gli muoiono dentro lo stomaco -, si andò a scaraventare sulla fiancata: il rumore! - pareva quando cadono le pentole dello stipetto, ma le pentole cadute non erano due o tre, erano almeno cento e con il coperchio. Io fui costretta ad affacciare, che potevo fare?, ma non riuscii a vedere tutta la scena perché succedevano troppe cose contemporaneamente – ci volevano dieci occhi, due non bastavano. Quello che guidava aprì lo sportello e si mise a correre, due passi fece che si trovò per terra: lo presero di spalle, forse in pieno.
E poi ce n’era uno che rimase in macchina perché non arrivò ad uscire, non lo so se era intrappolato tra i sedili oppure, secondo me, si voleva nascondere, macché, quelli aprirono lo sportello che erano furbi – si capisce che erano professionisti - e ci spararono pure, senza pietà, che gli rimasero i piedi di fuori: aveva delle bellissime scarpe a polacchino messe manco da una volta. Poi il terzo, che brutta fine avrà fatto! – così mi ha detto la signora che abita al piano di sotto, ma di più non si è aperta, noi per natura cerchiamo di essere persone riservate, buongiorno e buona sera, poi ognuno si tira la porta di casa e così stiamo in pace per cent’anni e altri cento.
E poi ce n’era uno che rimase in macchina perché non arrivò ad uscire, non lo so se era intrappolato tra i sedili oppure, secondo me, si voleva nascondere, macché, quelli aprirono lo sportello che erano furbi – si capisce che erano professionisti - e ci spararono pure, senza pietà, che gli rimasero i piedi di fuori: aveva delle bellissime scarpe a polacchino messe manco da una volta. Poi il terzo, che brutta fine avrà fatto! – così mi ha detto la signora che abita al piano di sotto, ma di più non si è aperta, noi per natura cerchiamo di essere persone riservate, buongiorno e buona sera, poi ognuno si tira la porta di casa e così stiamo in pace per cent’anni e altri cento.
Che ansia mi hai fatto venire.Per un atimo ho pensato di essere la donna che preparava il ragu'
RispondiEliminaMi spiego: ho avuto paura,mi sono immedesimata,mi sono chiesta cosa avrei fatto al posto suo. Indecisa se tacere o parlare.
Eliminabeh, W, succede di peggio, leggerai nel seguito di questo brano....
EliminaGD
La cronaca di una morte, annunciata dalla cipolla che non vuole fare il proprio dovere! Belli i modi e i tempi, i paragoni e lo stridore tra la vita che scorre e la morte che corre.
RispondiEliminaIl realismo magico, stupirsi di fatti banali, grz ROB!
EliminaGD
Il realismo magico. Si. Che io adoro. Non posso farci niente!!! Tanto da lasciarmi coinvolgere e usarlo come se fosse il mio stile. Qui la cipolla che non dora e che poi brucia è una giornata storta che si annuncia. Ma non credo che il nostro tessuto (intendo siculo) sia lontano da quel modo di intendere la vita.
EliminaForse l'origine comune spagnola, la fede, e altro ancora ci fanno sentire i morti che tornano e gli spiriti che muovono gli oggetti, o i dispetti...Io sento ancora mia nonna accanto mentre preparo il ragù!
"...misericordia di Dio scappava come una gatta pregna inseguita dai cani, che pure che si salva, i figli gli muoiono dentro lo stomaco"
RispondiEliminaE' un'immagine che rende bene l'idea della situazione ma, soprattutto, che non dimenticherò facilmente...grande GD
grz
EliminaGD
Cent'anni e ancora tanti altri ancora per bearci della nostra sacrosanta, ineluttabile solitudine...
RispondiEliminaInsomma: ma a noi se ci tolgono la solitudine ci perdiamo per troppa confusione!!!
Bellissimo Giorgio, stile, finestra aperta sulla strada, appena appena come è solito da noi. Linguaggio: direi che (e su questo sei molto preciso) non tralasci mai di metterci il termine in tono, la fuga di pensieri dopo i trattini che creano quella pausa pensatoria che avviene altrove e verso cui porti.
Direi grazie. Si grazie di leggere una pagina così.
ti avevo chiesto di scrivere bene del mio post, ma non così tanto!!!
Elimina(Grazie Cla, e adesso tocca a te cimentarti con i sudamericani!)
GD
"Non voglio avere un amico che si guardava "Topazio" ...!"
RispondiEliminaAntonella Tarantino
bel pezzo, azzeccatissimo.
RispondiEliminamagnifica resa del linguaggio parlato.
ma, a mio parere, se un tributo si deve a Marquez, lo si deve per i racconti più visionari da lui scritti. è questa che oggi lo caratterizza e lo distingue.
ti riferisci ai Dodici racconti raminghi?
EliminaGD
Marquez è in assoluto il mio scrittore preferito, questo post rende bene l'atmosfera, anche se non si svolge a Macondo !
RispondiEliminaBello, bello, bello !
Sono in ritardo per commentare questo bellissimo post. Domanda: Ne ho sentito un altro stralcio recitato da una bravissima "attrice" alla libreria Garibaldi quando ci siamo presentati? Ricordo il pane inzuppato nel ragù, dunque era tuo il pezzo! Quella sera non avevo capito di chi fosse. Bravissimo. Mi piace " persone riservate" pronte a guardare dalla finestra e poi a richiudere la porta per stare tranquilli. Ancora bravo e alla prossimaaaa!!!
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