Giacomino Leopardi diceva che le persone abituate a pensieri elevatissimi, le menti capaci di complicatissime operazioni mentali, si trovano poi a disagio nelle piccole cose pratiche. Tanto che, per determinate cose, è meglio essere uno scemo che un genio. Probabilmente un sofisma con cui il gobbetto di Recanati, morto vergine a 35 anni, voleva giustificare la propria inettitudine.
FedericoGuglielmo Nietzsche, da qualche parte, scrive che tra corpo e anima è sempre meglio scegliere il corpo. Per una semplice ragione: il “corpo”, nell’evoluzione umana, è nato prima della cosa chiamata “anima”. Lo spirito dunque non è altro che una ghiandoletta cresciuta dopo.
Una parte (meno evoluta, meno sviluppata) del tutto.
Nietzsche d’altronde col corpo non aveva un ottimo rapporto. Debole e malaticcio, congedato dall’università ad appena 35 anni, una pensioncina che gli permise la sua sfibrante vita contemplativa, doveva stare attento al clima e all’alimentazione per non essere affossato dal proprio organismo. Poi, chissà perchè, impazzì e morì dopo dieci anni di insania.
Negli ultimi tempi mi è capitato di leggere tre splendidi romanzi di Saul Bellow, romanziere ebreoamericano morto novantenne nel 2005. “Herzog”, “Il dono di Humbolt”, “Il pianeta di Mr. Sammler”. Tutte brillanti variazioni su un unico tema, su cui Bellow batte e ribatte con particolare insistenza. L’intellettuale nella società contemporanea.
O meglio, come l’intellettuale si è ridotto nella società contemporanea. Perchè, digerita la baudelairiana perdita dell’aureola, la sopravvivenza dell’uomo di pensiero – il persistere di questo ferrovecchio – offre perlomeno innumerevoli spunti comici.
I personaggi di Bellow sono tutti saggi, tutti eccessivamente acculturati. Sono scrittori, professori, studiosi. Pensano molto, scrivono molto, fanno astrazione continuamente. Sono contemplativi. I loro ragionamenti, partendo da un evento particolare, giungono necessariamente all’universale, alle considerazioni di carattere generale, alle massime e alle perle di saggezza. È il loro modo di essere, gli viene naturale.
Il giochetto di Saul Bellow è semplice. Da un lato ascolta i turbinii di pensiero dei suoi protagonisti, li asseconda e dà pieno sfogo alla loro logorrea celebrale. Dall’altro li mette faccia a faccia con la vita reale. La concretezza. L’arido vero. Così i suoi intellettuali si trovano alle prese con prime e seconde mogli, liti, tradimenti, soldi, debiti. Nel Dono di Humbolt, credo, il protagonista ha un problemino con un mafiosello locale, che gli manda i suoi scagnozzi a sfasciargli la macchina. In Mr Sammler, pagine e pagine di dialogo altamente intellettuale vengono interrotti da una tubatura che scoppia e allaga la casa.
Tra un’astrazione e l’altra, i personaggi di Bellow si fanno il caffè in casa, si sporcano le mani, vanno in banca a incassare assegni, guardano la ragazza in minigonna che incrociano per strada.
Si grattano la testa per i soldi, il sesso, il potere. Come tutti, o forse con qualcosa in più.
Emerge infatti un fascino particolare, forse morboso, per le cose “anti-intellettuali”.
Le piccole rogne della vita quotidiana.
I dettagli prosaici.
La celiniana “ossessione della pagnotta”.
I particolari erotici.
Ne Il Dono di Humbolt, l’intellettuale di turno subisce il fascino del mafiosello locale. Volgare, grezzo, involuto, ma pieno di iniziativa. Mr Sammler invece resta incantato da un borseggiatore di colore che colpisce sugli autobus. Un giorno il maestoso negro lo insegue in un vicolo, lo blocca e gli mostra il pene. Simbolo anti-intellettuale per eccellenza.
Poi ci sono eccezionali figure femminili, traboccanti sensualità, come Ramona di Herzog oAngela de Il Pianeta di Mr. Sammler. Ecco come viene presentata Angela (Ah, dimenticavo, Saul Bellow scrive da Dio): “Accavallava le gambe su una sedia troppo fragile per accogliere quelle cosce, troppo diritta per quelle anche. Apriva la borsetta per prendere la sigaretta e Sammler offriva del fuoco. Lei adorava i suoi modi garbati. Il fumo le usciva dal naso, e quando si sentiva in forma, guardava Sammler allegramente, con un briciolo di malizia. La bella vergine. Lui era il vecchio eremita. Quando, con lui, diventava cordiale, espansiva e rideva, le si scopriva una gran bocca, una gran lingua. Dentro la donna elegante lui scorgeva quella volgare. Le labbra erano rosse, la lingua, spesso pallida. Quella lingua, di una donna – evidentemente svolgeva un ruolo sorprendente nella sua vita libera, lussuosa”.
NF
Citazioni di Saul Bellow:
Io sono più stupido in certe cose che in altre;non sono egualmente stupido in tutte le direzioni;sono una persona mal distribuita.
Un cervello ebreo, un cazzo nero e una bellezza nordica –aveva detto Angela –è questo che vuole una donna.
povero Leopardi eh eh eh eppure circolano voci che non proprio vergine morì! :)
RispondiEliminaal di là di questo evviva Nino, mi è piaciuto molto questo post
Meis
GM, ho seguito una lectio di Matteo Di Gesù (uno che merita, scrive su L'analfabeta 2, ha scritto su Giudizio universale, su Alias etc - ed è stato il mio primo teacher di scrittura creativa): ebbene, Leopardi se la spassava alla grande alla corte di Napoli, e quanto a Recanati, ci stava veramente poco perchè si annoiava. La legenda del mostro gobbo la creò il cognato per invidia; il Leopardi vero è quello che si piglia gioco dei costumi e della società, quello delle Operette morali (lì si scopre un Giacomino spiritoso pure....)
RispondiEliminaGD
Saul Bellow è lo scrittore che da tempo vorrei leggere e che, per un motivo o per un altro, rimane sempre il primo della lista dei non-letti.
RispondiEliminaIl tuo post fa venire una gran voglia di leggerlo.
Mi sono divertito molto a leggerti, c'è il giusto mix tra registro alto e stile medio, mai pesante. E questo pezzo poi ha il gran pregio di partire da lontano per arrivare ad un centro dove ci sono piacevolissime sorprese.
Capita spesso di leggere biografie in giro, quelle di NF sono le migliori in assoluto
GD
Io adoravo Philip Roth, e Bellow è il suo maestro e antenato. L'ho letto forse con troppa attenzione, troppa voglia di "capire", e con poco piacere spensierato.
EliminaNon è mai tra i miei "consigli di lettura".
Di certo leggere Bellow, adesso, è un pò strano. è un tipo di letteratura che sviluppa tutti i caratteri dell'autore, la sua libertà, il suo ego. E dunque o la si odia o la si ama. O ti fai coinvolgere dagli interessi culturali dell'autore, oppure arranchi - e ti annoi - dietro alle sue cose.
Però ci sono pagine stupende, narrazioni fortissime, e un gusto per la divagazione che fa guardare il mondo con occhi diversi.
NF
Leggendo la tua bio, SB assomiglia un po' a Woody Allen, che poi sempre di intellettuali ebrei si tratta; per motivi di lavoro ho trascorso una giornata con un rabbino e parlando abbiamo toccato diversi argomenti: il loro sense of humour sull'Olocausto è tremendo, va al di là delle battutacce che potrebbero tirar fuori quelli che sono rimasti esenti dal genocidio.
EliminaGD
Woody Allen è il Philip Roth del cinema, la cui letteratura a sua volta parte proprio da Saul Bellow. Ossessione su pochi temi, morte, sesso, ebraismo, ateismo, senso di inadeguatezza e humor ferocissimo.
EliminaTremendi.
NF
In effetti su Giacomino anch'io avevo il dubbio. Tempo fa c'era un discendente che parlava di bordelli e donnine che allietavano il celebre avo. Ma sarà che il Leopardi curvo sulle proprie sudate carte, sempre a casa a struggersi e intristirsi, è una figura del mio immaginario adolescenziale, allo stesso modo di Dylan Dog o Spider Man.
RispondiEliminaNon studiare troppo che diventi come Giacomino! E via, chiudi il libro ed esci!
NF
Adoro Saul Bellow.L'ho letto in gioventù e ricordo che divoravo i suoi romanzi.mi dava un godimento pari a quello che provavo leggendo Hemingway, uno dei suoi padri letterari e verso il quale provava un misto di invidia, odio e amore ....Pensate che in un intervista ha dichiarato che secondo lui H. non er un grande romanziere!!!
RispondiElimina"I don't think of Hemingway as a great novelist."
(http://www.theparisreview.org/interviews/4405/the-art-of-fiction-no-37-saul-bellow)
BA
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