La brezza spirava verso l’entroterra di Chioggia, e lei sedeva olimpica su una vecchia seggiolina pieghevole da campeggio in tessuto di plasticaccia pura; il suo viso sferzato dagli spruzzi della risacca dimostrava circa un’ottantina d’anni, aveva due occhioni neri vivi e intelligentissimi, la sua fisionomia era pervasa da una dolcezza antica mista a tristezza, come se il destino le avesse dato tutto ciò che desiderava ma giurando di farglielo rimpiangere. Lei amava passare le mattinate pescando piccoli molluschi negli anfratti delle pietre della diga, e poi li rivendeva, direttamente sul posto, ai turisti dicendo che le serviva per arrotondare, in realtà perché si sarebbe annoiata solo con le sue opere benefiche fatte col club delle pie dame: erano care donne, ma lei amava il contatto e lo scambio verbale con le persone, sempre diverse. Soprattutto amava raccontare la sua storia, ma lo faceva come per gioco: a chi avesse saputo trovare la domanda giusta avrebbe raccontato tutto, ma nessun segreto avrebbe oltrepassato la chiostra dei suoi dentini bianchi ancora perfetti se lei non avesse deciso che tu te lo meritavi.
- Fio, vusto caparossoi? Mi chiese in uno sgangherato dialetto con inflessioni che non avevo mai udito.
- No, grazie. Sono vegetariano.
- No ti magni gnanca pesse?
- Signora, no. Anche il pesce ha una mamma e un papà, non crede?
- Se è per quello ce li hanno anche le pantegane… siccome che non vuoi le mie vongole offrimi un caffè: oggi non s’è ancora visto nessuno, e ho una gran paura che sarai la sola anima ad avventurarsi in passeggio sulla diga.
Entrammo in un vicino bar, un posto molto ordinario (per non dire lercio) e ci sedemmo davanti a due caffè: il mio macchiato, il suo corretto rum; “correzione” per modo di dire: il suo caffè era trasparente come quello tedesco.
Guardai meglio il suo viso, aveva qualcosa che non riuscivo a definire, era come se la conoscessi da sempre ma era impossibile; cercavo invano di ricordare a chi poteva assomigliare. Mi disse di chiamarsi Henriette, ma che tutti la chiamavano Minette, non le piaceva molto perché lo considerava inflazionato e infantile. Dopo il secondo caffè trasparente accennò a un uomo col quale era fidanzata da anni, senza mai essersi voluta sposare: “Se me lo chiedesse come si deve, magari”. Bella tempra di dama, pensai. Quando le chiesi come mai parlasse il dialetto locale mi disse che in realtà lei parlava tutte le lingue e nessuna perché aveva viaggiato molto, e quindi aveva assorbito un po’ di questo e un po’ di quello, ma che di origine era del sud degli Stati Uniti, vicino alla Florida… “ma si, hai presente la Calidornia, no? Tutte quelle arance…”. Il terzo caffè scomparve rapidamente, e Minette mi parlava di Michele, e di come la loro storia fosse scritta in ogni minimo dettaglio. “Scritta nelle stelle?” azzardai, preso da uno squarcio romantico. No. Scritta e basta. Lui è sempre perfetto, ordinatissimo, intransigente, puro come il ghiaccio dell’Himalaya, sempre nel posto giusto al momento giusto anche quando ci arriva per sbaglio, la legge fatta a persona. Lei sempre vestita di tutto punto, col tacchetto e il fiocco nei capelli come quando aveva vent’anni. Vanno a teatro e all’opera: lui si addormenta sempre e lei si vergogna del suo russare sommesso, ma siccome hanno un’immagine da mantenere non mancano mai a una prima. Sono sempre a tutti i ricevimenti di beneficienza, ma lui si annoia anche lì, e non si preoccupa che a lei pesi. Hanno diversi amici, ma alla fine lui è sempre a far danni solo con uno, buono affettuoso e un po' ingenuo: Michele lo tratta come un lobotomizzato, anche se non ha mai capito che è un genio poco legato alla nostra realtà, lei sospetta che se lo tenga sempre vicino per far risaltare la sua perfezione odiosa. Del resto, l’altro con cui va sempre in giro è il suo maggiore datore di lavoro e non si azzarderebbe mai a fargli fare la figura dello stolto. La vita con Michele oramai la annoia, la distrugge a volte: la sua facciata di perfezionismo nasconde un despota, un depravato. La sola salvezza è che ognuno dei due possiede la propria casa, e lei si vendica facendogli spostare i mobili di continuo; Minette ha imparato a ritagliarsi una piccola oasi di calma, con gli anni: gli dice che va a fare un soggiorno in una beauty farm e invece gira il mondo con due spiccioli, vivendo come una barbona alle volte, o facendo mestieri immaginari come la vongolara. Ha bisogno di incanaglirsi ogni tanto per attutire tutta quella perfezione posticcia. Michele è talmente guasto dentro che le fa mettere le stesse mutande da settant’anni, e mentre me lo dice alza leggermente l’orlo della gonna a bolli bianchi e rossi per far sporgere il pizzo delle culottes. Le chiedo che cosa farà quando usciremo dal bar. Mi risponde allegra: “Montagna, mi sposto verso Udine e la Slovenia. In quel paesino mi sento sempre a casa”. “Dove, se posso chiedere?”. “A Topolò!”
MM
Questo pezzo mi ricordava qualcosa mentre lo leggevo, qualcosa che mi era piaciuto tanto e che aveva una situazione simile; ho continuato a leggere e me lo sono goduto sino alla fine.
RispondiEliminaSolo adesso, dopo quindici minuti circa, ci sono arrivato: mi ricorda "Musica per camaleonti" di Truman Capote e tu, anche negli altri pezzi che hai scritto sino ad ora, qualcosa di Capote ce l'hai.
(Hai letto "A sangue freddo"?)
GD
Non ho mai letto nulla di Capote, confesso. Ti dirò di più, fino a quando qualche anno è uscito un film che immagino fosse una sua biografia credevo fosse solo un giornalista, una specie di Costanzo o di Biagi: ossia uno di quei personaggi che sono sempre sulla bocca di tutti ma che non si sa bene che cosa facciano. Il mio campo di letture è nel complesso abbastanza limitato, anche se ha cambiato aree nel corso dei secoli: se mi piace qualcuno o qualche cosa cerco di leggere ed approfondire il più possibile, poi appena mi passa il vezzo spesso mi cade nell'oblio (il fatto di essere un po' rinko aiuta il processo, da noi si dice "avere la teresina").
RispondiEliminase vuoi sbirciare il mio scaffale di aNobii ti puoi fare un'idea, anche se i libri della mia gioventù non sono censiti per forza di cose.
http://www.anobii.com/snefru/books
argh che scaffalone!!!
Eliminabeh, la prox volta che ti trovi da Feltrinelli, dai una sbirciata a Musica per camaleonti, èuna racconta di racconti e di interviste a personaggi famosi rese in chiave narrativa (la Monroe tra gli altri).
Ho visto il film, tratta la genesi del romanzo A sangue freddo. Il libro è bbbello proprio.
(sbirciato lo scaffale.. che tu fossi un esperto di nobiltà francese me lo disse il meis)
gd
La cosa mi intriga molto, Musica per camaleonti sarà la prossima lettura pirata (da bravo PdP, prima li leggo a sbafo da Feltrinelli, poi casomai faccio lo sforzo di allungare il braccino verso la tasca e comprarli!).
EliminaP. S.: si, possiamo affermare che sono uno che scava molto nel passato (o, per dirla in altri termini, faccio parte di quella schiera che ama farsi i cazzi di gente morta da secoli).
ahahaha, non sei il solo a leggere a sbafo.
Eliminaio leggo a sbafo da Feltrinelli e poi compro nelle librerie indipendenti.
GD
Veramente un gran bel post. Mi sono piuttosto immedesimata nella vongolara :) chissà perchè.
RispondiEliminaGrazie :)
EliminaDevo dire che Minni stimola, forse perché trovo odioso Topolino, questa imitazione scialba di Alfredo Germont con le orecchione.
Anyway, non sono il solo a farsi stimolare da Minni:
http://lalucedellavita.wordpress.com/2009/09/07/tramonto-di-unimperatrice/
mauro, beccato il racconto su SAGARANA:
RispondiEliminahttp://www.sagarana.net/archiviolavagne/lavagne/61.htm
gd
Letto. ok, compro il libro :D
EliminaCosì dicendo sparisce nel suo fresco salotto caraibico, un locale immerso nell'ombra con ventilatori al soffitto, che girano lentamente, e si accomoda a un piano perfettamente accordato. Io mi trovo ancora sulla terrazza ma posso osservarla, questa donna chic, anziana, il prodotto di stirpi diverse. Comincia a eseguire una sonata di Mozart.
RispondiEliminaIn breve i camaleonti si affollarono: una dozzina, un'altra dozzina per lo più verdi, alcuni scarlatti, lavanda. Attraversarono saltellando la terrazza per precipitarsi nel salotto, pubblico sensibile, assorto nella musica aleggiante. E poi interrotta perché d'un tratto la mia ospite si alzò e batté il piede, e i camaleonti si dispersero come scintille da una stella esplosa.
Adesso mi guarda. "Et maintenant? C'est vrai?"
vi porto il tè? state comodi? altri cuscini?....e nessun commento sul damascato....filò!! :))
RispondiEliminaMeis
Mauro, ci sono brutte zanzare in questo blog, hai lasciato qualche finestra aperta sul sito www.palude.it?
EliminaGD
@Gianluca: se magari ci fossero anche dei biscottini oltre al tè credo che sarebbe perfetto, grazie molte.
Elimina@Giorgio: no, è che qui è pieno. Val padana ovunque, io abito sull'argine del Brenta e lui acccanto ad un lago artificiale: giusto perché quelle già c'erano dappetutto non ci bastavano, eh!
Un post molto gradevole. Direi proprio bello. Trovo veramente interessante lei che che per scrollarsi la perfezione ossessiva del compagno scappi. E faccia la vongolara e altri mestieri, ma la barbona è il più interesante.
RispondiEliminaTrovo i tuoi ultimi post stimolanti e scritti molto bene!
Complimenti!
Odio Topolino,ho sempre sognato che Minnie diventasse zoccola e si facesse Gambadilegno alla facciazza sua!
RispondiEliminaAhhhh! Mi hai fatto ridere,bravo Melon!
Pero'che diavolo centra la foto che hai allegato al post?
Eliminabape hoodie
RispondiEliminanike max
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