I bianchi in vacanza.
I muezzin rincorrono la preghiera nella sera. La luna copre tutto Istanbul si avvolge di paschimine. Irene e Marco salgono sui tetti.
La cena viene servita con routine, Allah al bar. Marco annota sulla Moleskine l’equazione della valuta con le lire turche.
I bianchi in vacanza sono antropologi, alloggiano in un hotel cinque stelle dato dalla compagnia area e si lamentano di continuo di quanto sia un non- luogo: aeroporto accanto hotel lucido spersonalizzante.
I bianchi sono antropologi: usano lo scalo a Istanbul per riprendersi dalla modernità. Le donne turche indossano il chador, le più sexy il burqa. Gli uomini sono liberi di vestire all’occidentale. Profumano di grigliata questi turchi.
Irene segna sulla agenda:
“Istanbul, luglio duemiaedodici.
Sarà perché è il periodo del ramadan ma questi turchi puzzano proprio di grigliata. E poi non smettono mai di cantare. Le donne arabe non sono emancipate, inizio a vedere un settore di schismogenesi. La modernità in Turchia non ha abolito la pena di morte.”
Marco, macchina fotografica come terzo occhio, cattura la preghiera nella moschea blu. Silenzio e clik.
Clik e silenzio.
Che ne sarà di noi. Gli uomini pregano da un lato, i bambini corrono. Nemmeno Allah li fermerà.
Clik e un passo, uno sguardo in alto, la moschea si spoglia tassello per tassello.
Marco si piega e respira il tempo ingessato. Irene sale le scale, è il posto riservato alle donne. Solo con il velo la moschea si vede dall’alto.
Marco: «Era da tanto tempo che non mi prendevo una vacanza. Rashid, carica il narghilè.» Fuma e respira lentamente come se nulla fosse. Una donna si addormenta al tavolo, famiglie tornano satolle dal ramadan. I gatti turchi presiedono la situazione saltando sui tetti.
M:«è bello concedersi uno snack al profumo d’oriente. Il fumo del respiro attutisce i narghilè. Non dovresti respirare? »
Irene : «cosa mi succede? »
M: «non lo vedi il genio? »
I: «mah se vedo un genio l’unica sono io. »
M: «come fai a non vederlo, è dentro! Dico là, quell’anello più colorato » Irene ride «ma è là, proprio là! Non è vero Rashid?»
Rashid: «Allah l’ha detto: lo vedono solo i giusti, quelli che andranno in paradiso. La vedi la blu moschea là?»
I: «Sì »
M: «Lo dice l’insegna luminosa. »
I: «Se è largamente pubblicizzato ci posso credere allora.»
M: «lo vedo sfumare. Aspetta che chiediamo bene come è la leggenda del Corano»
R: «Quello che avete visto è il genio blu, compare solo ai giusti ovvero a quelli che stanno facendo cose buone nella loro vita, è un segnale, una promessa. Ma tu sei credente intendo. Sei un buon musulmano? Lei non lo vede perché è una donna che fuma svestita.»
M:credo di essere credente, oggi ho solamente respirato e fotografato la moschea blu. Uomini chini in preghiera. Li ho contemplati. Mi sono sentito vicino a loro riflesso.»
Irene annota sull’agenda la sequenza di burqa e chador e i poliziotti turchi in pausa.
Rashid: «Tenete il thè alla mela noi lo beviamo in questi casi, quando succede che si vede oltre. Se hai visto un genio vuol dire che sarai fortunato nella tua ricerca interiore. Hai fatto buone cose, sei oltre. Cura questa giovane come tua sorella e avrete la benedizione di Allah.»
I: «Ci chiameresti un taxi? Oggi niente lavoro. »
Sento la mancanza dei flussi elettromagnetici, ho l’esigenza di internet. Mi manca internet. Il battito cardiaco sta tornando rilassato. Non ho più male agli organi.
«Marco stanno finendo, sta finendo tutto»
«Cosa?»
«I vaccini. »
«Il pancreas non mi fa più male, è venerdì, ho preso la malaria. Dovrebbe, è troppo regolare. » Due venticinquenni sbarbatelli in tenuta vacanza.
«Tu quante pastiglie hai preso? »
«Due, forse tre. »
«Guarda il bugiardino, nel marsupio Quechua». Apre la zip, estrae in buste suddivise per ordine: la busta dei permessi di ricerca, la busta delle cose da fare, il kit base di soccorso culturale , la busta dei vaccini.
«Cosa dice il bugiardino? »
«Che in caso di sovradosaggio può dare effetti allucinogeni.»
La strada è piena di gente che rincasa, i muezzin non cantano. Un’enorme insegna luminosa della coca-cola spicca più luminosa della Heinken nella penombra della notte crepuscolo. Yes! Miliardi di bollicine sembrano esplodere dall’alto sotto forma di pioggia scintillante.
Istanbul offuscata da un’afa pregna di luce elettrica. Osservare questa folla mi fa ribrezzo. Luci e navi nel porto. Scie di neon si susseguono, è impossibile distinguere i volti delle singole persone, dà l’idea di uno sciame d’insetti; la distanza e la quantità sono fattori determinanti perché un dato individuo possa riconoscere appieno di essere un altro individuo. Quando si è soli davanti ad una moltitudine è difficile che gli altri appaiano come nostri simili.
Ho le vertigini. Il senso della realtà si fa evanescente woWw.
L’hotel. La periferia, i jumbo che atterrano.
La sicurezza e la certezza del vuoto spalmato in dodici piani di colata di cemento e lusso.
Dolce suono quello dei jumbo che atterrano e il ticchettio delle hostess di passaggio. Lande desolate sono i corridoi. Nessun profumo.
«Sterile, clinico, preciso: è così che dovrebbe essere il nostro lavoro » mugugna Marco.
«Come stai?»
«Mi sento designificato.»
Irene Dorigotti
Capolavoro!
RispondiEliminaMi hai portata lì con voi, ho guardato e visto, annusato e respirato con voi. Hai uno sguardo potente e sai trovare le parole per raccontare quello che vedi. Grazie Irene!
Manubirba
davvero fantastico :)
RispondiEliminaMeis
Perche?
Eliminaperchè mi piace lo sguardo distaccato ma "dal di dentro" di questa scrittura per annotazioni e suggestioni concatenate...mi piace lo stile della Dorigotti che aggiunge riflessioni personali e generali partendo da un contesto antropologico ...è abbastanza come motivazione "Anonimo"?
EliminaMeis
questo brano sembra ciò che resta di mezzo romanzo qualsiasi dopo aver tolto tutte le parole inutile (e dopo averne aggiunto una paio belle).
RispondiEliminagd
yes! Si. Turchia e narghilè istambul che non è Turchia. Un Turco mi disse: Istambul non è la Turchia: è una cosa a parte. Ma insieme ha le donne, il cibo e gli abiti della Turchia. Ha due cose che sono impossibili insieme: Agia Sofia e la Moschea Blu. Ha il Bosforo e i mosaici bizantini più belli del mondo. Il tesoro dei sultani con il diamante secondo solo a quello della regina d'Inghilterra e i bazar di ALadino. Ci racconti Istambul delle periferie delle colate di cemento, della modernità confortevole, ci racconti delramadan e del burca. Le più eleganti lo indossano. Il tuo occhio è un grande occhio, ma loro non si sono resi conto che il tuo contrasta il loro: insieme di superstizioni e bisogno di essere nell'occidente. Brava Irene, a parte che la tua scrittura è come dice Giorgio: ci delizia senza le parole inutili. Anzi la tua scrittura ci delizia... Ma quegli uomini che si lavano alla Moschea Blu mi hanno portato nel loro mondo incomprensilbile per noi.
RispondiEliminaGrazie id
RispondiEliminaAcc complimenti Irene!
RispondiEliminaCon le parole ci fai delle cose bellissime, riesci a creare delle immagini molto vivide e a trasmettere sensazioni, a far sentire il lettore assorbito da quello che sta leggendo.
Ci sono delle frasi che mi sono piaciute moltissimo, come "se è largamente pubblicizzato ci posso credere allora", "i muezzin rincorrono la preghiera nella sera", "le donne turche indossano il chador, le più sexy il burqa", "la moschea si spoglia tassello per tassello".
Il contrasto tra vecchio e nuovo lo descrivi benissimo, e il simbolo di questo sono le luci al neon che spiccano. Di questo brano,dopo averlo letto, rimangono gli aloni dei neon impressi sulla retina.
Allora. Non vi resta che leggere la seconda puntata pet avere della polvere nel naso.. id
Lo metto subito su fb per un mio amico che adorerà questo pezzo come lo adoro io.
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