Forse qualche volta ti sei chiesto cosa stesse cercando di dirti Amleto e perché occorre sempre usare mezzi termini e un eccesso di lirismo. Non c’è dubbio che queste domande così problematiche si risolverebbero facilmente se Amleto fosse registrato a Twitter. (retrocopertina “Twitterature” di A. Aciman e E. Rensin) Se trentamila tweet vi sembran pochi, provateci voi a sollevare un popolo di quattromila appassionati lettori di libri, sollecitandoli a commentare per cinquantacinque giorni (un tempo infinito) “Le Città Invisibili” di Italo Calvino, un testo del 1972.
Tutta colpa della twitteratura.
Cerchiamo di sciogliere i nodi attorno a questa nuova parola nata nella forma inglese come twitterature (e così anche in francese) e in spagnolo twitteratura (idem in italiano).Il neologismo circola su Twitter almeno dal gennaio 2009. Precisamente dalle 13.30 di quel giorno. Ho fatto una ricerca con l’hashtag #twitterature e l’ultimo anzi il primo tweet sembra essere quello di una ragazza brasiliana che ne posta uno – obbligata per forza, dice lei - che rimanda all’articolo del suo blog con un link e che a sua volta rimanda a un altro blog (il gioco degli specchi dal barbiere è sempre presente cfr.), anzi un microbloguezinho che nel sottotitolo si presenta così:
“140 caratteri senza riempire o buraco do dente, ma ci proviamo, forse sono io che non capisco?”.
Nell’articolo del blog linkato la ragazza racconta di un premio legato a questa forma di scrittura e paragona la twitteratura agli haiku giapponesi. Nel blog cui rimanda – il microbloguezinho chiamato proprio TWITTERATURA e scritto da un’altra brasiliana che si firma Prolixa – ho trovato un primo inserimento datato dicembre 2007, intitolato Barbara. “La bocca aperta dell’uomo seduto era come il traffico bloccato quella mattina. Chi pensa all’anestesia in un momento simile?” Un componimento piccolo piccolo, poco più di un aforisma che sembra già twitteratura. Prolixa si presenta così:
“Parlo molto. A volte dico stupidaggini. Scrivo ogni giorno. Non sempre su quello che mi piace. Accetto la sfida dei 140 caratteri. Qui ne ho usati solo 137.” Non voglio farla troppo complicata o criptica, un linguaggio per iniziati (ma chi legge i temi della Maestra è abituato a questi argomenti), quindi andiamo per ordine. La storia del primo tweet che usa l’hashtag twitteratura è emblematica per capire di che cosa stiamo parlando.La parola nasce unendo twitter a letteratura e coniata da due studenti diciannovenni nel 2009 dell’Università di Chicago, anno della diffusione massiccia di Facebook e Twitter sul web. “Twitterature, the World's Greatest Books Retold Through Twitter”, titolo e sottotitolo spiegano lo scopo della pubblicazione: i libri più famosi della letteratura raccontati, condensati, chiosati, smembrati nei classici 140 caratteri di un tweet. L’ agile volumetto fu edito in quell’anno dalla prestigiosa Penguin Usa, la branca americana della casa editrice inglese che ha inventato i tascabili.
Un esempio di twitteratura a proposito dell’Amleto: My royal father gone and nobody seems to care (il mio regal padre è morto e nessuno sembra preoccuparsene).
“Non penso che stiamo cercando di creare una nuova forma di letteratura”, sosteneva in un’intervista Alexander Aciman, uno degli autori. Infatti sembra trattarsi niente di più di un gioco. Uno dei tanti che si fanno su Twitter, usando la parodia, il calembour, quelle che possiamo chiamare “scritture brevi” (su cui torneremo tra poco). Il libro è tradotto in Italia da tre60, il nuovo marchio di TEA che pubblica novità assolute di autori italiani e stranieri a prezzi molto bassi. Un gioco però maledettamente serio e coinvolgente rilanciato a Bordeaux in Francia addirittura con un festival, giunto alla seconda edizione, che contempla premi relativi ai migliori tweet.
Arranchiamo ancora nei territori della pedagogia (il concorso è rivolto alle scuole), dell’ interpretazione, del punto di vista, della sottolineatura e non della creazione di narrazione. L’iniziativa parte dall’ Istituto di twitteratura comparata, con una sede anche nel Quebec. Nel 2011 l’Istituto Nazionale messicano di Belle Arti si è avventurato nel genere twitterario (ancora non codificato) con intenti di produzione più propriamente letteraria. E’ stato anche scritto un romanzo in forma collettiva. E in Italia? Uno dei primi a occuparsene è stato il sempre attento inserto culturale domenicale del Sole 24 Ore che chiedeva ai suoi lettori di mandare storie minimali in 140 caratteri. In tre giorni nel novembre del 2011 vennero spediti al giornale più di cinquecento mini-racconti. L’anno dopo Serena Danna (collabora con La Cultura del Corriere della Sera) ne parla al Festival della Letteratura di Mantova.Utilizza il neologismo ma sottolineando il concetto di fondo che “su Twitter più che produzione culturale, c’è discussione sui temi culturali. Twitteratura diventa il rapporto tra Twitter e la letteratura”. All’inizio del 2012 la parola si diffonde e l’hashtag viene usato parafrasando titoli di libri. Non si sottrae @AsinoMorto a cui non sfugge mai nulla e scrive: niente da twittare sul fronte occidentale oppure Harry Twitter. Anche Beppe Severgnini non si tira indietro. «Guido, i’ vorrei che tweet e Lapo ed io / fossimo presi per incantamento...» (qui arriva ufficio-stampa Fiat: chi è Guido?)
L’hashtag #Twitteratura vive il suo espace d’un matin, ma coinvolge moltissimi in pochi giorni.Nel 2012 iniziano gli esperimenti della Fondazione Cesare Pavese, che ha sede nella città natale del tormentato autore, Santo Stefano Belbo, sulle Langhe, ma che è come se fosse dappertutto in epoca 2.0. Tutto nasce dagli scambi di tweet tra Pier Luigi Vaccaneo, direttore della Fondazione e il blogger Hassan Bogdan Pautàs che si sta occupando di Queneau e dei suoi esecizi di stile, rileggendo il libro e rimandandone le suggestioni con un’intensa attività sul suo account e sul blog che scrive (“almeno un articolo al giorno”, afferma). Hassan aveva parlato di Twitter come flusso già ai primi di gennaio prima ancora che l’hashtag vivesse quel momento di gloria. Cominciano le collaborazioni con la Fondazione. Inizialmente l’intenzione è quella di riscrivere il romanzo di Pavese “La luna e i falò”. In trentadue tweet raccontare di nuovo – riscrivere – il ritorno dell’anonimo protagonista (soprannominato Anguilla) e il tentativo di ritrovare una propria identità e un senso alla sua esistenza, dopo aver fatto fortuna come emigrante in America, senza però riconoscere più né i luoghi, né le persone, che sembrano mutati e ormai lontani dalla sua vita. Missione impossibile ricostruire in poche battute la complessità dei sentimenti espressi nel romanzo di Pavese. Le migliaia di tweet per lo più giocano sulle suggestioni, i rimandi, le immagini. Certamente in modo originale e inconsueto e con una forte venatura pop, ma messi insieme i trentadue tweet faticano a diventare scrittura. Lo stesso avviene con l’analoga operazione sui “Dialoghi con Leucò” sempre di Pavese. Stavolta il meccanismo è leggermente differente (decine di utenti a turno “conducono” il gioco). L’intento si sviluppa in modo ludico e ozioso (in senso letterario), scatenando quelli che partecipano, a centinaia, la loro passione per la letteratura.
«Si può pensare quel che si vuole del risultato finale del nostro esperimento, - dice Pier Luigi Vaccaneo, intervistato da “Il Giornale” che ironizza su questo tipo di esperimenti, parlando di sfide ai limiti dell’enigmistica- ma su una cosa non si discute: abbiamo fatto leggere o rileggere i Dialoghi con Leucò ad almeno 400 persone. In tre mesi di attività l'hashtag #Leucò è entrato per ben tre volte nei trending topics e una follower ha perfino scritto che, come gioco, #Leucò era più appassionante di Ruzzle!”
Nel frattempo – nel 2012- esce negli Stati Uniti il romanzo di Jennifer Egan “Black Box”, una spy story, usando come forma e mezzo di diffusione proprio Twitter e in Italia la Mondadori pubblica un piccolo libro curato da Mafe De Baggis, una sprintosa consulente di comunicazione e di progettazione di ambienti sociali on line- con i tweet raccolti sulle cose da fare prima della fine del mondo annunciata per dicembre. Siamo al 2013. La fondazione Pavese non demorde e lancia la riscrittura degli “Scritti Corsari” di Pier Paolo Pasolini. Vaccaneo è sempre coadiuvato dal blogger torinese Hassan Bogdan Pautàs. Si aggiunge Paolo Costa, un ex-giornalista che insegna comunicazione digitale e multimediale al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Pavia. I tre aprono un blog chiamato proprio Twitteratura, “impossessandosi” sul web del nome. Così il cerchio si chiude e si può cominciare a pensare di produrre narrazioni a partire da Twitter, anche se la chiosa con Pasolini continua a essere protagonista. Pasolini non permette altro che interpretazioni e opinioni contrastanti, il sale di Twitter. Si ripete l’exploit di Leucò e l’hashtag #corsari entra numerose volte nei trend topics (la classifica dei tweet più citati con lo stesso contenuto) della piattaforma di microblogging.
Nel marzo 2012 compaiono le “99 idee per l’editoria” a cura di gallizio editore (bisogna scriverlo minuscolo per suo espresso desiderio) Nel maggio 2013 arriva invece in libreria “Tweet di un discorso amoroso”, postato in tanti tweet poi rielaborati dallo scrittore e giornalista Roberto Cotroneo, per venti anni responsabile delle pagine culturali dell’Espresso, ora al Corriere della Sera. "Avevo scritto migliaia di tweet. Li ho riletti, ne ho cancellati 2700, quasi un libro di 250 pagine. Non serviranno a nulla, non lasciavano niente", scrive Cotroneo.
“I tweet nel libro di Cotroneo restano nella parola utilizzata per il titolo. Poi spariscono. Della rete mantengono una genesi scremata. Ma sulle pagine diventano altro. Frasi illuminate da una luce esterna e non più da quella interna che proviene da un monitor”, ha scritto Katia Riccardi su La Repubblica. Quindi non propriamente twitteratura, perché il libro di Cotroneo racconta poco ma molto riflette, ma un qualcosa che molto ci si avvicina. Finora non ho detto che sono direttamente coinvolto negli esperimenti della Fondazione e forse uno dei primi esempi di letteratura generata su Twitter è proprio il mio “Alfabeto privato”. “Il compito dello scrittore diviene riempire spazi interstiziali, occludere i vuoti in cui la parola manca per impedire la voce assordante del nulla, come se alla fine del Novecento non restasse che il dovere di coprire l’agonia della parola televisiva con un canto disamorato e vomitante. Alfabeto privato è perciò una sovrapposizione di immagini evocate attraverso i media, fino al punto di raccogliere frammenti di conversazione su twitter per trasformarli nella parodia di un verso.” Sono parole di Hassan che introducono il mio testo (pubblicato a puntate settimanali come un feuilleton). Tutto questo lavorio rientra in qualche modo nell’iniziativa accademica di Francesca Chiusaroli dell’Università di Macerata, anche lei del Dipartimento di Lettere di Studi Umanistici, come Paolo Costa, che brillantemente ha chiamato con l’espressione generica ma omnicomprensiva del fenomeno “Scritture Brevi”. Due semplici e efficaci parole unite e rigorosamente precedute dal cancelletto che le trasformano in un link. “L’etichetta “Scritture Brevi” –scrive Francesca -è proposta come categoria concettuale e metalinguistica per la classificazione di forme grafiche come abbreviazioni, acronimi, segni, icone, indici e simboli, elementi figurativi, espressioni testuali e codici visivi per i quali risulti dirimente il principio della “brevità” connesso al criterio dell’”economia”.
L’intento accademico non consente la forma letteraria ma sicuramente all’interno delle #ScrittureBrevi (il cancelletto è d’obbligo ormai) la twitteratura trova un posto di rilievo e forse una sua definizione teorica verrà proprio da lì. Anche se in fondo parlare di twitteratura come genere letterario è solo un vezzo. Per ultimo, così il cerchio si chiude, ritorniamo ai trentamila tweet della rilettura/riscrittura delle Città Invisibili di Italo Calvino.
Tutta colpa della twitteratura.
Cerchiamo di sciogliere i nodi attorno a questa nuova parola nata nella forma inglese come twitterature (e così anche in francese) e in spagnolo twitteratura (idem in italiano).Il neologismo circola su Twitter almeno dal gennaio 2009. Precisamente dalle 13.30 di quel giorno. Ho fatto una ricerca con l’hashtag #twitterature e l’ultimo anzi il primo tweet sembra essere quello di una ragazza brasiliana che ne posta uno – obbligata per forza, dice lei - che rimanda all’articolo del suo blog con un link e che a sua volta rimanda a un altro blog (il gioco degli specchi dal barbiere è sempre presente cfr.), anzi un microbloguezinho che nel sottotitolo si presenta così:
“140 caratteri senza riempire o buraco do dente, ma ci proviamo, forse sono io che non capisco?”.
Nell’articolo del blog linkato la ragazza racconta di un premio legato a questa forma di scrittura e paragona la twitteratura agli haiku giapponesi. Nel blog cui rimanda – il microbloguezinho chiamato proprio TWITTERATURA e scritto da un’altra brasiliana che si firma Prolixa – ho trovato un primo inserimento datato dicembre 2007, intitolato Barbara. “La bocca aperta dell’uomo seduto era come il traffico bloccato quella mattina. Chi pensa all’anestesia in un momento simile?” Un componimento piccolo piccolo, poco più di un aforisma che sembra già twitteratura. Prolixa si presenta così:
“Parlo molto. A volte dico stupidaggini. Scrivo ogni giorno. Non sempre su quello che mi piace. Accetto la sfida dei 140 caratteri. Qui ne ho usati solo 137.” Non voglio farla troppo complicata o criptica, un linguaggio per iniziati (ma chi legge i temi della Maestra è abituato a questi argomenti), quindi andiamo per ordine. La storia del primo tweet che usa l’hashtag twitteratura è emblematica per capire di che cosa stiamo parlando.La parola nasce unendo twitter a letteratura e coniata da due studenti diciannovenni nel 2009 dell’Università di Chicago, anno della diffusione massiccia di Facebook e Twitter sul web. “Twitterature, the World's Greatest Books Retold Through Twitter”, titolo e sottotitolo spiegano lo scopo della pubblicazione: i libri più famosi della letteratura raccontati, condensati, chiosati, smembrati nei classici 140 caratteri di un tweet. L’ agile volumetto fu edito in quell’anno dalla prestigiosa Penguin Usa, la branca americana della casa editrice inglese che ha inventato i tascabili.
Un esempio di twitteratura a proposito dell’Amleto: My royal father gone and nobody seems to care (il mio regal padre è morto e nessuno sembra preoccuparsene).
“Non penso che stiamo cercando di creare una nuova forma di letteratura”, sosteneva in un’intervista Alexander Aciman, uno degli autori. Infatti sembra trattarsi niente di più di un gioco. Uno dei tanti che si fanno su Twitter, usando la parodia, il calembour, quelle che possiamo chiamare “scritture brevi” (su cui torneremo tra poco). Il libro è tradotto in Italia da tre60, il nuovo marchio di TEA che pubblica novità assolute di autori italiani e stranieri a prezzi molto bassi. Un gioco però maledettamente serio e coinvolgente rilanciato a Bordeaux in Francia addirittura con un festival, giunto alla seconda edizione, che contempla premi relativi ai migliori tweet.
Arranchiamo ancora nei territori della pedagogia (il concorso è rivolto alle scuole), dell’ interpretazione, del punto di vista, della sottolineatura e non della creazione di narrazione. L’iniziativa parte dall’ Istituto di twitteratura comparata, con una sede anche nel Quebec. Nel 2011 l’Istituto Nazionale messicano di Belle Arti si è avventurato nel genere twitterario (ancora non codificato) con intenti di produzione più propriamente letteraria. E’ stato anche scritto un romanzo in forma collettiva. E in Italia? Uno dei primi a occuparsene è stato il sempre attento inserto culturale domenicale del Sole 24 Ore che chiedeva ai suoi lettori di mandare storie minimali in 140 caratteri. In tre giorni nel novembre del 2011 vennero spediti al giornale più di cinquecento mini-racconti. L’anno dopo Serena Danna (collabora con La Cultura del Corriere della Sera) ne parla al Festival della Letteratura di Mantova.Utilizza il neologismo ma sottolineando il concetto di fondo che “su Twitter più che produzione culturale, c’è discussione sui temi culturali. Twitteratura diventa il rapporto tra Twitter e la letteratura”. All’inizio del 2012 la parola si diffonde e l’hashtag viene usato parafrasando titoli di libri. Non si sottrae @AsinoMorto a cui non sfugge mai nulla e scrive: niente da twittare sul fronte occidentale oppure Harry Twitter. Anche Beppe Severgnini non si tira indietro. «Guido, i’ vorrei che tweet e Lapo ed io / fossimo presi per incantamento...» (qui arriva ufficio-stampa Fiat: chi è Guido?)
L’hashtag #Twitteratura vive il suo espace d’un matin, ma coinvolge moltissimi in pochi giorni.Nel 2012 iniziano gli esperimenti della Fondazione Cesare Pavese, che ha sede nella città natale del tormentato autore, Santo Stefano Belbo, sulle Langhe, ma che è come se fosse dappertutto in epoca 2.0. Tutto nasce dagli scambi di tweet tra Pier Luigi Vaccaneo, direttore della Fondazione e il blogger Hassan Bogdan Pautàs che si sta occupando di Queneau e dei suoi esecizi di stile, rileggendo il libro e rimandandone le suggestioni con un’intensa attività sul suo account e sul blog che scrive (“almeno un articolo al giorno”, afferma). Hassan aveva parlato di Twitter come flusso già ai primi di gennaio prima ancora che l’hashtag vivesse quel momento di gloria. Cominciano le collaborazioni con la Fondazione. Inizialmente l’intenzione è quella di riscrivere il romanzo di Pavese “La luna e i falò”. In trentadue tweet raccontare di nuovo – riscrivere – il ritorno dell’anonimo protagonista (soprannominato Anguilla) e il tentativo di ritrovare una propria identità e un senso alla sua esistenza, dopo aver fatto fortuna come emigrante in America, senza però riconoscere più né i luoghi, né le persone, che sembrano mutati e ormai lontani dalla sua vita. Missione impossibile ricostruire in poche battute la complessità dei sentimenti espressi nel romanzo di Pavese. Le migliaia di tweet per lo più giocano sulle suggestioni, i rimandi, le immagini. Certamente in modo originale e inconsueto e con una forte venatura pop, ma messi insieme i trentadue tweet faticano a diventare scrittura. Lo stesso avviene con l’analoga operazione sui “Dialoghi con Leucò” sempre di Pavese. Stavolta il meccanismo è leggermente differente (decine di utenti a turno “conducono” il gioco). L’intento si sviluppa in modo ludico e ozioso (in senso letterario), scatenando quelli che partecipano, a centinaia, la loro passione per la letteratura.
«Si può pensare quel che si vuole del risultato finale del nostro esperimento, - dice Pier Luigi Vaccaneo, intervistato da “Il Giornale” che ironizza su questo tipo di esperimenti, parlando di sfide ai limiti dell’enigmistica- ma su una cosa non si discute: abbiamo fatto leggere o rileggere i Dialoghi con Leucò ad almeno 400 persone. In tre mesi di attività l'hashtag #Leucò è entrato per ben tre volte nei trending topics e una follower ha perfino scritto che, come gioco, #Leucò era più appassionante di Ruzzle!”
Nel frattempo – nel 2012- esce negli Stati Uniti il romanzo di Jennifer Egan “Black Box”, una spy story, usando come forma e mezzo di diffusione proprio Twitter e in Italia la Mondadori pubblica un piccolo libro curato da Mafe De Baggis, una sprintosa consulente di comunicazione e di progettazione di ambienti sociali on line- con i tweet raccolti sulle cose da fare prima della fine del mondo annunciata per dicembre. Siamo al 2013. La fondazione Pavese non demorde e lancia la riscrittura degli “Scritti Corsari” di Pier Paolo Pasolini. Vaccaneo è sempre coadiuvato dal blogger torinese Hassan Bogdan Pautàs. Si aggiunge Paolo Costa, un ex-giornalista che insegna comunicazione digitale e multimediale al Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università di Pavia. I tre aprono un blog chiamato proprio Twitteratura, “impossessandosi” sul web del nome. Così il cerchio si chiude e si può cominciare a pensare di produrre narrazioni a partire da Twitter, anche se la chiosa con Pasolini continua a essere protagonista. Pasolini non permette altro che interpretazioni e opinioni contrastanti, il sale di Twitter. Si ripete l’exploit di Leucò e l’hashtag #corsari entra numerose volte nei trend topics (la classifica dei tweet più citati con lo stesso contenuto) della piattaforma di microblogging.
Nel marzo 2012 compaiono le “99 idee per l’editoria” a cura di gallizio editore (bisogna scriverlo minuscolo per suo espresso desiderio) Nel maggio 2013 arriva invece in libreria “Tweet di un discorso amoroso”, postato in tanti tweet poi rielaborati dallo scrittore e giornalista Roberto Cotroneo, per venti anni responsabile delle pagine culturali dell’Espresso, ora al Corriere della Sera. "Avevo scritto migliaia di tweet. Li ho riletti, ne ho cancellati 2700, quasi un libro di 250 pagine. Non serviranno a nulla, non lasciavano niente", scrive Cotroneo.
“I tweet nel libro di Cotroneo restano nella parola utilizzata per il titolo. Poi spariscono. Della rete mantengono una genesi scremata. Ma sulle pagine diventano altro. Frasi illuminate da una luce esterna e non più da quella interna che proviene da un monitor”, ha scritto Katia Riccardi su La Repubblica. Quindi non propriamente twitteratura, perché il libro di Cotroneo racconta poco ma molto riflette, ma un qualcosa che molto ci si avvicina. Finora non ho detto che sono direttamente coinvolto negli esperimenti della Fondazione e forse uno dei primi esempi di letteratura generata su Twitter è proprio il mio “Alfabeto privato”. “Il compito dello scrittore diviene riempire spazi interstiziali, occludere i vuoti in cui la parola manca per impedire la voce assordante del nulla, come se alla fine del Novecento non restasse che il dovere di coprire l’agonia della parola televisiva con un canto disamorato e vomitante. Alfabeto privato è perciò una sovrapposizione di immagini evocate attraverso i media, fino al punto di raccogliere frammenti di conversazione su twitter per trasformarli nella parodia di un verso.” Sono parole di Hassan che introducono il mio testo (pubblicato a puntate settimanali come un feuilleton). Tutto questo lavorio rientra in qualche modo nell’iniziativa accademica di Francesca Chiusaroli dell’Università di Macerata, anche lei del Dipartimento di Lettere di Studi Umanistici, come Paolo Costa, che brillantemente ha chiamato con l’espressione generica ma omnicomprensiva del fenomeno “Scritture Brevi”. Due semplici e efficaci parole unite e rigorosamente precedute dal cancelletto che le trasformano in un link. “L’etichetta “Scritture Brevi” –scrive Francesca -è proposta come categoria concettuale e metalinguistica per la classificazione di forme grafiche come abbreviazioni, acronimi, segni, icone, indici e simboli, elementi figurativi, espressioni testuali e codici visivi per i quali risulti dirimente il principio della “brevità” connesso al criterio dell’”economia”.
L’intento accademico non consente la forma letteraria ma sicuramente all’interno delle #ScrittureBrevi (il cancelletto è d’obbligo ormai) la twitteratura trova un posto di rilievo e forse una sua definizione teorica verrà proprio da lì. Anche se in fondo parlare di twitteratura come genere letterario è solo un vezzo. Per ultimo, così il cerchio si chiude, ritorniamo ai trentamila tweet della rilettura/riscrittura delle Città Invisibili di Italo Calvino.
Antonio Prenna
link :
http://ww.twittexte.com
http://www.slideshare.net/mafe/99-idee-per-leditoria
http://mafedebaggis.it/
http://mariopischeddainmovement.blog.tiscali.it/
http://www.gallizioeditore.com/
Bibliografia :
- R. Queneau – Esercizi di stile – Einaudi
- C. Pavese – La luna e i falò – Einaudi
- C. Pavese – Dialoghi con Leucò – Einaudi
- P.P. Pasolini – Scritti Corsari – Garzanti
- S. Levy – Rivoluzione Google – Hoepli
- E. Morozov L’ingenuità della rete – Codice
- G. Lovink – Ossessioni collettive – Ube
- R. Cotroneo – Tweet di un discorso amoroso – Short
- AA. VV. 2012 cose da fare prima della fine del mondo (a cura di Mafe De Baggis – Mondadori
- I:Calvino Le città invisibili
Qualcuno ha ancora qualche dubbio che la Twitteratura possa essere un valido strumento per far conoscere la letteratura e per produrne di nuova? Io no. Ringrazio Antonio Prenna per essere stato così esauriente e meticoloso nella sua bellissima analisi, e saluto tutti gli amici menzionati nel post (tra cui il Presidente della Fondazione Pavese Pieluigi Vaccaneo, amico di lunga data della Maestra) da oggi impegnati in uno splendido progetto di twitteratura con i Promessi Sposi. Se volete, potrete seguirlo su Twitter con #TwSposi e dire anche voi la vostra, capitolo per capitolo.
RispondiEliminaGrazie, Antonio, per questa descrizione dettagliatissima della twitteratura. Io ho un rapporto conflittuale con twitter, in realtà, però a leggere il tuo pezzo viene la voglia di provare (hanno provato più volte a farmi partecipare a Leucò & co. ma sono proprio duro ahah).
RispondiEliminaGrazie per essere passato di nuovo a trovarci!
Federico (@carattereinutile)
Sono impazzita per la #Twitteratura nel momento esatto in cui mi sono imbattuta in #Leuco' . Ancora non sapevo cosa stessi facendo ma era un gioco che mi divertiva parecchio, io sono la follower che twitto' : #Leucò è piu' divertenete di #Ruzzle.
RispondiEliminaAttraverso il gioco della #Twitteratura mi sono ritrovata a legegre libri che altrimenti MAI e POI MAI avrei preso in mano, primo fra tutti "I dialoghi con Leucò, Paesi Tuoi, Invisibili.
La #Twitteratura mi ha " imparata" la considero il futuro, l'unico modo possibile per appassionare gli studenti a testi famosi e noisosi come i Promessi sposi ..esempio..che a questo punto dovro' leggere ;)
Grazie ad Antonio Prenna per questo post cosi' esauriente sulla #Twitteratura. e ora scappo che mi aspettano ad un Matrimonio..forse :)
#TWSposi
Mi sento una vecchina perché proprio non riesco a usare Twitter, la Maestra mi ha invitato tante volte a farlo eppure per me questo mondo rimane ancora un mistero. Anche come fare letteratura su Twitter lo era, invece tu sei stato chiarissimo. Capisco che è il futuro, il modo di fare cultura, se non letteratura, si evolve e quello che mi piace di ciò è che arriva sempre a più persone, non solo in virtualmente, basti vedere le letture delle Città Invisibili a Venezia. Quindi grazie Antonio per il tuo post così esauriente!
RispondiEliminaInteressantissimo. Io ho il mio twitter, ma non riesco ad entrarci, il tempo è tutto ciò che manca. Scrivere testi brevi sarà veramente il futuro. Testi veloci, da prendere ed usare come una compressa. Grazie Antonio, sie stato illuminante.
RispondiEliminaQuesto pezzo mi ha ricordato i baci Perugina e i suoi pensierini che, per molti, sono stati il primo e forse ulitmo contatto con la poesia o con gli aforismi, per altri l'impulso a saperne di più di un autore.
RispondiEliminaLa cosa che mi piace tanto è scoprire come la letteratura riesca a farsi un varco in ogni riquadro dove si possono digitare caratteri.
GD
Non sono su twitter, mi sembra complicato, non mi oriento, ma questo pezzo rende intrigante il mezzo e fa venire voglia. Scrivere in sintesi di un tema quando si è costretti dal numero delle battute non è cosa da poco (ecco visto? ho già sbordato).
RispondiEliminaGrazie Antonio Prenna, penso non ce la farò mai, ma prima o poi ci provo. (emoticon twitter lungo)