Halloween Writing Contest
Svolgimento
Greta sollevò la mano a proteggersi gli occhi dal sole forte che picchiava caldo a mezzogiorno. Guardava la barca alla fonda poco distante dalla battigia. Era una nuotata da niente per lei. Ripensò alla sera prima, era stato come sempre un incontro piacevole. Era in albergo da quasi una settimana, si era sentita addosso gli sguardi di Nicola sin dal primo giorno. Era un tipo affascinante, alto, spalle larghe, denti perfetti, belle mani, tutte caratteristiche che le facevano notare un uomo. Ma questo non sarebbe bastato se non fosse stato interessante anche nel parlare. L’approccio era stato banale, in piscina. Nuota bene, le aveva detto, ha stile, aveva continuato. Grazie, era stata la sua risposta asciutta. Lei è di queste parti, aveva insistito lui. Non do informazioni personali agli sconosciuti, aveva ribattuto lei con un mezzo sorriso. Solo mezzo, ma a lui era bastato per cominciare a parlare in modo educato e raffinato, tanto che sarebbe stato scortese non rispondergli. Dopo alcuni giorni di piacevoli conversazioni e qualche cena condivisa allo stesso tavolo, lui le chiese se avrebbe gradito fare un giro in barca. La mia “Diletta” è ormeggiata alla boa di fronte alla spiaggia dell’isolotto, potrei venire a prenderla col gommone domani mattina, mi dica di sì, la prego, aveva insistito. La sua barca ha una scaletta immagino? chiese lei. Beh, certo, ce l’ha, fu la risposta prevedibile di lui. Allora non le dico né si né no, lasci la scaletta fuori bordo, se deciderò per il si, verrò da sola. Non vorrà mica farsela a nuoto, è lontana, concluse lui. L’ha detto lei ricorda, nuoto bene, me la caverò, rispose allontanandosi.
Lasciò cadere il telo da mare sulla sabbia e tolse i sandali. L’acqua era il suo elemento, anche se, come sempre, prima di buttarsi ci mise un tempo infinito. In piscina si tuffava e basta, ma il mare era cosa diversa, lei lo accarezzava, entrava lentamente quasi chiedendo permesso, lasciava che fossero i suoi passi a farla bagnare millimetro dopo millimetro, solo quando l’acqua raggiungeva la vita, si lasciava scivolare allungando le braccia davanti a se, le distendeva, le allargava in grandi cerchi per farle tornare alla posizione primitiva. Dopo essersi goduta tutte le liquide carezze, cominciava a nuotare con bracciate vigorose, aveva il pieno controllo del respiro, lo misurava ripetendo il suo mantra: mare io ti amo, mare io ti temo, scandendo le parole come un orologio. La barca, una dodici metri a vela, bianca, col suo nome tutto svolazzi scritto in rosso sulla fiancata di dritta, beccheggiava silenziosa con la sua scaletta penzolante, l’afferrò sicura e vi si issò leggera e agile come un pesce volante. Tutto era silenzio. Provò a chiamare Nicola. Nessuna risposta. Le sembrava un comportamento curioso, fare prima un invito e poi non farsi trovare. Forse era giù in cabina. Scese le scalette che dal ponte portavano al living, l’ambiente era confortevole, il tek e l’acciaio si sposavano perfettamente coi colori naturali delle stoffe dei divani. Sul piano da lavoro, come dimenticato, era appoggiato un grosso coltello da cucina. Forse Nicola aveva cucinato ed era andato a farsi una doccia. Non era probabile, nessun rumore veniva dalle cabine e nessun profumo di cibo veniva dalla cucina che, a parte il coltello, pareva asettica come se qualcuno avesse disinfettato tutto per non lasciar né disordine, né un granello di sale. La nuotata le aveva fatto venire una gran sete, avrebbe voluto bere un po d’acqua ma non voleva essere maleducata e frugare in giro come fosse stata a casa sua. Fece per avvicinarsi al lavandino per bagnarsi la bocca con l’acqua del rubinetto, ma un improvviso beccheggio, ce la spinse con forza, senza darle il tempo di afferrarsi a qualcosa, fu in un istante che la sua mente registrò due cose, il contenuto dell’acquaio e il fatto che la barca si stesse muovendo.
Con gli arti paralizzati e le nocche bianche per la forza con cui stringeva il bordo del lavandino guardava le due falangi umane e femminili in fondo all’acquaio, erano immerse nel sangue come in un piatto sporco. Cercò di riprendere fiato e indietreggiò senza riuscire a voltarsi urtando qualcosa. Con una reazione del tutto fuori luogo, si girò per raccogliere quel che era caduto e solo allora vide la foto appesa alla parete. Era una donna come lei, la stessa età, gli stessi capelli, gli stessi occhi. Ma non era lei, questo lo sapeva con certezza, la donna nella foto abbracciava Nicola in una nuvola di veli e organza.
Ebbe un conato e lasciò che un fiotto acido sporcasse il pavimento immacolato. Non doveva fare rumore. Si asciugò gli occhi e cercò tra le lacrime di trovare la scala per tornare sul ponte. Nicola le dava le spalle, era tranquillo, al timone. Hai dormito bene cara? Le disse. Poi, senza aspettare risposta aggiunse, allontanando il braccio dal timone e mostrandole il piccolo cerchietto dorato che teneva in mano, tieni, hai dimenticato la fede giù in cucina.
Greta non riusciva a staccare lo sguardo dalle sue spalle e dalla sua mano. Si svegliò improvvisamente dal torpore e mise a fuoco l’orrore che le stava intorno. Si voltò indietro e vide le persone sulla spiaggia piccole come formiche. Non pensò all’altezza nè alla velocità della barca, lui era solo, non poteva governarla più veloce della sua paura. Salì sulla fiancata e si buttò in acqua. L’impatto fu duro, andò a fondo scompostamente ma non risalì prima di essersi spostata, a suo giudizio, sufficientemente dai gorghi della barca. Sapeva trattenere il fiato a lungo lei. Salì in superficie e cominciò a nuotare come non aveva mai nuotato. Sentiva alle sue spalle qualcuno che urlava un nome che non era il suo. Era una voce furiosa, disumana, torna qui, diceva, torna qui è inutile, non ce la farai mai, poi un ultimo urlo strozzato, ti ritrovo, vengo a prenderti.
I polmoni sembravano non riuscire più a pompare aria, il cuore aveva superato tutti i gradi di tachicardia che conoscesse, le braccia ad ogni spinta sembravano di piombo ma lei continuava a nuotare, senza tregua, senza guardarsi una volta indietro, senza guardare una volta avanti per vedere quanto mancava alla riva. Doveva nuotare, solo questo sapeva, più forte di quanto avesse mai nuotato. Solo quando senti la sabbia tra le dita si rese conto di essere arrivata. Si voltò di fianco e vide due bambini con l’acqua alle ginocchia, continuarono a giocare senza badare a lei.
Non seppe mai quanto tempo restò lì ferma, sentendosi protetta dalla presenza dei bambini che giocavano nell'acqua bassa. Dovette camminare a lungo per tornare verso l’albergo, seguì il bagnasciuga, si fermò di fronte a un capannello di persone. C’era la polizia e al limitare della spiaggia un’ambulanza. Guardavano tutti il corpo esangue adagiato sulla sabbia. Il livore della pelle rovinava le sembianze di una donna altrimenti bella. La guardò attonita, osservò la mano sinistra a cui mancava l’anulare.
Le sfuggì un singhiozzo muto.
Solo quando si inginocchiò per guardare meglio il suo stesso viso, si accorse che, nessuno, vedeva lei.
Grilletto Salterino
questo racconto mi ha ricordato un film..." A letto con il nemico" ..Ottimo Grilletto direi che il pezzo è riuscito perfettamente, non dico altro o si perde la sorpresa finale!
RispondiEliminaBello!
RispondiEliminaAdele
Bello si. Ma nel film che ricorda Anna alla fine la lei non muore. Qui già non c'è più...
RispondiEliminaAlchimie della morte!
Brava Grill!
RispondiEliminaAnche qui c'è un colpo di scena interessantissimo.
Grazie!
Racconto davvero angosciante... Con sorpresa finale. Brava!
RispondiEliminaSì questo finale rende perfetto questo racconto. Bravissima Grilletto.
RispondiEliminaMi è piaciuto.
RispondiEliminaBrava.
L.I.
(PS: non so come, ma questo commento è andato a finire nel post della Musso!)
Mammamia!!! Che bravura...Una suspense alla Cape Fear. Molto ritmo e davvero angosciante!
RispondiEliminaChiedo scusa a tutti per la mia assenza, il primo di novembre ero a lavoro e ritorno al pc per diletto solo ora, grazie a tutti, ho un sacco di raccontorrori da recuperare...
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