venerdì 20 dicembre 2013

Tema : La Mangiatoia

Sez. In fuga dal Presepe
Svolgimento




C’era il sole quando sono nata e mi hanno esposto fuori ad asciugare. Le tavole che erano servite per costruirmi avevano ancora il profumo dell’olivo. Quel giorno ero fuori e fantasticavo. Sapevo come mi chiamavo. Il falegname lo aveva ripetuto più volte mentre mi levigava.”Ma guarda che fatica per questa mangiatoia. Ho spuntato tre volte la pialla e ancora non ne vuole sapere.” Lui si arrabbiava ma lo sapevo che in qualche modo mi voleva bene. Lo sentivo quando con le sue mani ruvide mi accarezzava, quasi mi solleticava ed io godevo di quella piccola intimità che mi regalava. 
Fuori al sole fantasticavo sul mio futuro. Una mangiatoia. M’immaginavo ricoperta di succulente primizie a ricchi ricevimenti nel centro di una reggia. Oppure sognavo di essere posta in stalla dove ero rispettata e osannata come una regina, dispensatrice di foraggi per saziare dolci bestiole che venivano riconoscenti alla mia tavola.
Quando ho conosciuto il mio padrone, ho capito che qualcosa nel mio quadro idillico non andava. Il ragazzotto mi aveva preso in consegna caricandomi su un ciuchino e ballonzolando per due giorni e due notti, piena di polvere e acciacchi, eravamo arrivati in un posto sperduto. Una grotta freddissima dove l’asinello finalmente si era riposato ed io ero stata messa nel centro. C’era anche un altro ospite in quel posto sperduto, un ruminante, che mi aveva guardato torto, continuando a biasciare qualcosa d’indefinibile.



Poi è arrivato il resto della banda. Oche, paperi, pecore, galline di tutto e tutti a mangiare da me. La loro mangiatoia, sempre piena di erba e foraggi, era diventata il punto di raccolta di tutti questi animali. Il ragazzotto, con un bastone incurvato e con la compagnia di un cane, era sicuramente un pastore. Usciva la mattina presto con il gregge e tornava dopo qualche giorno per lavorare il latte delle pecore.
Così nei giorni che lui non c’era facevo da balia al resto della marmaglia che viveva nella grotta. Niente banchetti lussuosi o stalle curate. Ero lì fra decine di animali che starnazzano fra loro sotto lo sguardo, attendo del bue e dell’asinello, che comunque si facevano i fatti loro.
Una mattina però successe una cosa strana. La gallina da qualche tempo non raspava più intorno alla stalla, se ne stava buona in disparte, pensierosa. Il pastore era da poco partito con il gregge e mi aveva lasciato piena di paglia fresca. Appena il pastorello si era allontanato la gallina aveva fatto un balzo andando ad accoccolarsi nel mio centro. Si era aggiustata le piume e dopo aveva cominciato ad aspettare. Gli altri animali gli giravano intorno curiosi, fino a quando ha cominciato a spingere facendo uscire tre cose ovali. Adesso va via, pensai, invece rimase lì per diversi giorni, fino a quando da quelle strane forme non uscirono dei pulcini, bruttini all’inizio, ma ben presto diventarono bellissimi, con piume dorate e occhietti furbi. Ero così emozionata che avrei voluto piangere. Non durò molto, ma mi sono sentita un po’ madre anch’io.
Comunque la mia vita era abbastanza noiosa, sempre nel centro della stalla, con tutti i miei animali intorno, il pastorello che portava il fieno fresco, il bue e l’asinello che a volte erano anche utili, perché il loro fiato nelle notti fredde era l’unica cosa che riusciva a scaldarmi.
Le notti erano veramente lunghe. Gli animali dormivano. Il pastore appoggiato al suo bastone sorvegliava sonnecchiando le pecore ed io guardavo le stelle pensando che i miei sogni potevano ancora avverarsi.
Quella notte, il firmamento era di uno splendore unico. Faceva freddo nemmeno il fiato dei miei compagni riusciva a scaldarmi. Il pastorello era andato via la mattina, dopo aver sistemato del fieno fresco e profumato. Era notte fonda, quando un uomo e una donna si avvicinarono alla grotta. Lei aveva un volto bellissimo, emanava una luce che non avevo mai visto. Ma soffriva. Si lasciarono andare sulla terra della grotta e lui l’abbracciò, fino a quando lei non lanciò un urlo di dolore. Non riuscii a vedere quello che succedeva, ma ero tranquilla, del resto come lo erano i miei due amici, stranamente silenziosi.
Il silenzio fu interrotto da un vagito e da quel momento i miei sogni si avverarono. La donna mise delicatamente il piccolo dentro di me. Il piccolo dormiva, sereno. Non riuscivo a fare altro che custodire quel neonato, infatti, non capii cosa stava succedendo. Il cielo si riempì di angeli, e un poco alla volta arrivarono tutti: i pastorelli, le pecore, le galline, le oche. Silenziosi si misero intorno a me che vigilavo quel dono. La donna non aveva occhi per quel piccolo che adesso non dormiva, ma sorrideva a tutti. L’uomo silenzioso guardava la sua famiglia. La stalla era diventata una reggia. C’era l’amore. Ed io piccola mangiatoia, avevo coronato il mio sogno. Avevo in me un tesoro e lo proteggevo come una madre difende suo figlio. Ora potevo ritornare a dispensare foraggi e fieno. Nulla sarebbe stato uguale a prima. Nel mio grembo avevo un piccolo re, lo sentivo. E ne fui sicura quando il cielo s’illuminò e una stella cometa si pose sopra di noi.

Cinzia Giuntoli

10 commenti:

  1. Ciao Cinzia il tuo pezzo mi pare molto carino nella prima parte, la tua "nascita" è descritta con originalità, sei stata bravissima, ma nella seconda, sinceramente,(da Quella notte...) mi pare ti sia adagiata troppo sulla tradizione. Avresti dovuto osare di più (non mi riferisco a cose per forza divertenti o ironiche) intendo dire più potenti, più forti, più gridate... più non so dirti. Ho l'impressione che il racconto non abbia la giusta evoluzione. Magari è solo una mia impressione. Auguri

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    1. Adelaide il mio problema è che spesso nei miei racconti sono un po' più cattiva. QUesta volta non me la sono sentita, forse è questo che hai rilevato. Grazie, starò attenta a essere più me stessa.

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  2. Il primo racconto buono della sezione!!!
    Applauso a Cinzia,
    GD
    (sei sei d'accordo appena non servirà più la tua mangiatoia la utilizziamo per la brace su cui cuocere i gioielli di cammello..ahahahhaaa)
    GD

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    1. Povero cammello! Già lo vedo mentre rimira la mangiatoia che viene smembrata e dopo.. tocca a lui. Ma siamo proprio cattivi ragazzi!!!

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  3. C'è qualche ripetizione e qualche errore di digitazione, ma sono piccole cose che non tolgono nulla alla poesia e alla bellezza di questo racconto. Cinzia sei sempre più brava,complimenti!

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  4. A me è piaciuto a prescindere! Brava.
    L.I.

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  5. Poetico. La mangiatoia da il senso della accoglienza, si trasforma da dispensatrice di cibo a grembo avvolgente . A me e' piaciuto molto.
    Adele

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  6. Concordo con Adele,non era facile scrivere della mangiatoia in maniera tradizionale e 'buonista' senza scadere nel banale. Brava!

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