«La mia ideologia, o se volete la mia utopia, consiste nell’oppormi al potere, nel combattere con l’arma della scrittura - che è come la fionda di David, o meglio come la lancia di don Chisciotte - le ingiustizie, le sopraffazioni, le violenze, i mali e gli orrori del nostro tempo». Così Vincenzo Consolo chiudeva quell’autobiografica intervista che è Fuga dall’Etna (1993). Lui che avrebbe cesellato l’epigrafe del suo ultimo romanzo, Lo spasimo di Palermo (1998), su queste parole di Prometeo: «Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore». Lui che - fin dal romanzo d’esordio del ’63, La ferita dell’aprile – aveva voluto essere narratore di memorie perdute, obbedendo ad una ferrea volontà di smascheramento delle imposture della storia e della politica. Lui che – oscillando tra Piccolo e Sciascia, Pasolini e Buttitta, e sulla scia di Daniello Bartoli – quelle memorie ha affidato al canto della sua prosa. Ad una scrittura razionalista e barocca, forgiata in una peculiare officina: dove, da finissimo artigiano qual era, in una sorta di felice complicità tra incanto e ragione, era scivolato (da scrittore, più che da filologo) lungo l’antica e feconda verticalità della nostra lingua, tra le pieghe del dialetto, gli innesti stranieri, gli esempi letterari della tradizione. Per invenire parole ancora dotate di intrinseca purezza, ancora non consumate, non mercificate; e sedurre così verità nascoste, nel tentativo di restituire il senso delle azioni degli uomini.
Una scrittura che è un brulichio di alchimie sintattiche, di fermentazioni lessicali, di eccitazioni prosodiche: nel segno di un abbandono al primato del giudizio conoscitivo e morale della letteratura. Una prosa che ha spesso i toni e la cadenza della tragedia. Una «metrica della memoria», come lo stesso Consolo l’ha definita. Da cui non di rado affiora un ironico sottofondo: ora grottesco, ora parodistico. Una metrica, una cantilena: piacevolmente udibile in un capolavoro come Il sorriso dell’ignoto marinaio (1976), o in Nottetempo, casa per casa (1988), che con Lo spasimo di Palermo forma una splendida trilogia romanzesca dell’autore di Retablo (1987) e di Le pietre di Pantalica (1988). Un volume di racconti ed un romanzo, questi ultimi: un viaggio fisico e insieme metafisico, per ridare un necessario ordine al caos. E ne Lo spasimo di Palermo (la vicenda di uno scrittore che rischia di non scrivere più, nell’Italia delle stragi di mafia), Consolo racconta il capitolo forse più vero e attuale del nostro Paese: che sempre di più somiglia a una sorta di «materno confessionale di assolvenza», in cui tanti fanno peccato, ma nessuno è colpevole. Sarebbe poi uscita quella straordinaria partitura di saggi, sulla Sicilia e i suoi scrittori, che è Di qua dal faro (1999). Dopo, il silenzio: perché anche Consolo, come l’ultimo Sciascia, oramai temperava una matita dalla punta sempre più fine, ma che non scriveva più.
Oggi l’autore di Lunaria (una fiaba del 1985, che significò il rifiuto della forma romanzo) non è più con noi. Ma restano le sue pagine: un originalissimo polittico, nel panorama letterario italiano; che presto rivedremo in libreria. A cominciare da un Meridiano, a cura di Cesare Segre (assai caro a Consolo) e Gianni Turchetta. Una ragione in più, questa, per continuare a raccogliere le confidenze che questo grande scrittore, dal sorriso fuggevole e un po' amaro, ci ha lasciato: in difesa dell’uomo, e della sua dignità.
Giuseppe Giglio
Un mio piccolo omaggio a Vincenzo Consolo - La Sicilia - 21 febbraio 2012
La maestra oggi ha l'onore di avere in classe un professore, che si è seduto tra i banchi e ci ha regalato le sue parole. Ed è davvero un grande piacere.
RispondiEliminaRoberta, il piacere è tutto tuo, per me nessun onore di averlo in classe.. ahahahha
Eliminacerto scrive benino, non si può negare, le alchimie sintattiche che brulicano meritano.
GD
(benvenuto don Gigghio... poi ce lo scrivo quello che penso)
Grazie, signora maestra! E grazie anche a lei, don Giorgio! Vi ringrazio per l'ospitalità, ed il piacere è tutto mio. Anche se questa è la prima volta che vi scrivo, seguo da tempo "Tutta colpa della maestra": un blog ove vivacità e leggerezza felicemente convivono col pensiero, con lo stile, restituendo tanta vita vera, vissuta. Un'ultima cosa: non sono un professore, ma semplicemente un lettore. E mi piace scrivere di ciò che leggo, cercando di invenire la vita che dentro questo o quel libro scorre. Sono un alunno. E cerco di svolgere i miei temi. Spero la maestra non sia troppo severa...
EliminaGD, porcello, sputa la perla!
RispondiElimina"La convoluzione è una polarita' ellittica le cui coniche fondamentali sono immaginarie"
RispondiEliminaHo sempre pensato che questa frase, che ha messo in seria difficoltaì le mie sinapsi ai tempi dell' Universita', fosse il TOP del TOP per la difficolta' di comprensione, Oggi con Giglio scopro che non è finita... AIUTATEMI!
Benvenuto tra Noi Giuseppe! Un piacerissimo davvero !! , sono " prosodicamente eccitata!"
I carpiati lessicali dell'addensamento abetico mi sorprendono... ahahahaa
Eliminagd
A me i "carpiati" ricordano un tipo di pesce d'acqua dolce!
EliminaOggi Carpriati con le patate..
No Maestra non mi sospenda, mi basta una nota :)
Grazie Anna! Non eccitarti troppo, però. Prosodicamente, s'intende!
Eliminache bello quando una scrittura "critica" assorbe e restituisce la bellezza di quello che racconta e se ne fa specchio (brulichio e fermentazioni comprese).
RispondiEliminaBentrovato :))
Meis
Il romanzo è come uno specchio portato lungo la strada, diceva un certo sig. Henri Beyle...
Elimina"Venite pure avanti, voi con il naso corto,
RispondiEliminasignori imbellettati, io più non vi sopporto;
infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio,
perché con questa spada vi uccido quando voglio."
Questa é la prima strofa di "Cirano", di Francesco Guccini. Credo vada bene.
SID
Siddiolo, tu mi sorprendi sempre, non so se decidere di non scannarti o se scannarti il doppio! ahahhahaha
EliminaGD
D'Amato, quanto sei alto? Ahahah
EliminaSputo la perla: a me don Gigghio mi piace come scrive perchè va al di là del commentare o approfondire cose della letteratura, la sua scrittura non è sovrastruttura all'opera di qualcun altro, che se togli l'opera, la sovrastruttura cade. Provate ad immaginare che Consolo non sia mai vissuto, che le opere citate non esistano...ebbene, il suo pezzo continuerebbe ad essere piacevole e questo dipende dalla scelta delle parole - la potenza sta nel significante -, vibranti e liriche, e non tecniche o di maniera. Per questo mi piace, e per questo i suoi "pezzulli" sono in linea con i modi di questo blog.
RispondiEliminaDon Gigghio, benvenuto!
gd
La bestia dell'ultimo banco si inchina e ringrazia. Ora nel lungo elenco degli autori "da leggere" ho aggiunto anche Consolo. Ma come si fa? Sono sempre di più!!!!
RispondiEliminaE' un piacere leggere un uomo colto che parla di cultura, anche se dopo cotanta grandezza il mio prossimo post vedrà la luce tra almeno un paio di mesi. Ho vergogna!
Manubirba
birba, sappi che la prox torta è per te!
Eliminagd
Manubirba, Consolo è anche nel mio elenco degli autori da leggere! Grazie mille Giuseppe Giglio, forse sei stato proprio tu (o è stata CLA? non ricordo) ad avermi consigliato, tempo fa, di cominciare con "Le pietre di Pantalica", sbaglio? Beh, il tuo pezzo, che dire?
RispondiElimina"Una scrittura che è un brulichio di alchimie sintattiche, di fermentazioni lessicali, di eccitazioni prosodiche: nel segno di un abbandono al primato del giudizio conoscitivo e morale della letteratura."
E' una grande lezione. Grazie e Benvenuto!
Riconosci che ad introdurti al Consolo sia stata la mia ossessiva presenza! Che ti abia consigliato Le pietre di Pantalica no. Lasciamo questo onore al maestro.
EliminaAhahahah CLA hai ragione, ma in questo periodo (non che negli altri io sia migliore) i miei pensieri si mescolano, i ricordi si sciolgono e diventano margarina fusa (Infatti dammi la possibilità del dubbio!)
EliminaMi sono perduta il Giglia che inneggia al mio Consolo. Consolo è di tutti. A Giuseppe grazie per la sua scrittura e riscrittura di Vincenzo Consolo. Abiamo solo messo una pulce dentro l'orecchio a quanti ci sono stati ad ascoltare. Ecco. Diffondere una buona scrittura non è mai troppo. Parlare di Consolo una bellezza che mi vince sempre. I frammenti che mi piace diffondere dei suoi scritti mi tentano più che diffondere i titoli dei suoi libri...
RispondiEliminaIl Consolo privato, più che il Consolo che punta il dito sui danni e disastri della nostra società, mi tenta e mi vince.
Il dolore che nasconde e che se scarnificata la sua scrittura rivela. Propro come tu dici in quella tu frase:«Il racconto è dolore, ma anche il silenzio è dolore», citandolo e con lui il Prometeo.
Ho avuto il piacere di parlare tre volte con Vincenzo Consolo. E di ascoltare anche il suo silenzio. Che negli ultimi anni era sempre più doloroso...
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