Tema proposto da "anonimo"...ma lo stesso a lui dedicato
Il kobra non è un serpente
Ma un pensiero frequente
Che diventa indecente
Quando vedo te
Quando vedo te
Quando vedo te
Quando amo ... da da da da
Lo ammetto: la prima cosa che mi è venuta in mente pensando ai rettili è il refrain di “ Kobra”, una canzone di trent’anni fa cantata da quella pazza scatenata di Donatella Rettore, una specie di David Bowie “de noantri” che ormai è entrata di diritto nell’almanacco delle icone gay in qualità di Befana onoraria.
Da quando è riemerso serpeggiando dai meandri del passato, questo tormentone non mi lascia più in pace e la mia corteccia cerebrale non fa che vibrare al ritmo infernale dello ska psichedelico degli anni ottanta.
Batto il tempo e canticchio. Il corpo fluttua e dentro cresce una frenesia cieca. Mi ritrovo a seguire a ritroso una bava lucente di ricordi e il filo torto del pensiero incomincia a vibrare, come una lingua biforcuta davanti alla preda.
Il kobra si snoda, si gira, m'inchioda
mi chiude la bocca, mi stringe e mi tocca.
Wow! Wow! Il kobra! Ah! Wow! Wow! Il kobra! Ah!
Prendo a dimenarmi come una furia nella stanza. Ossessiva. Da quanto quel Kobra non danza più? Mi muovo alla ricerca di una coreografia dentro i miei spasmi passati, quando lottavo per trovare un senso al mio malessere. Ecco, ora mi vedo:
Sono seduta in un’anticamera buia. Rimugino pensieri confusi e ce l’ho col mondo intero. L’ultima volta che me ne sono uscita di qua, ero un fascio di nervi e piangevo. Nemmeno dopo l’ennesima seduta ero riuscita a venire a capo di nulla. Entro e, senza guardare il mio analista, mi allungo sul lettino. Si era deciso durante l’ultima seduta di adottare la classica posizione freudiana perché non riuscivo proprio a parlargli guardando quei suoi occhietti inespressivi trincerati dietro lenti da speziale dell’Ottocento. Non sopportavo quella supponenza e quella totale mancanza di empatia. Ogni volta, mi fissava assente, seduto alla scrivania in attesa di perlustrare il mio cervello.
- Ha qualche sogno da raccontare?
- Mi tolgo gli occhiali e il mio sguardo comincia a fluttuare come una bolla di sapone. Faccio resistenza. Non ci riesco a cambiare pelle. A togliere le inibizioni e a vivere finalmente la mia vita o, perlomeno, a enunciarla. Parto con le solite esitazioni, giro intorno a me stessa alla ricerca di un approdo e non trovo che accessi sbarrati. I pensieri si fanno intricati e le mie parole, come becchini, a scavare badilate e badilate di caos, dissotterrando il loro nulla. E più parlo più mi accorgo che le parole davvero ti uccidono. Poi un silenzio prolungato e insopportabile. Eccolo il teschio, una folla di vermi.... Vago nell’ombra e non sento che un fetore di morte.