Sez. Gli amici della Maestra
Svolgimento
Poi nacque Lei
Il corpo della madre si aprì per farle strada alla vita. I vagiti furiosi trapassarono la porta di lamiera della capanna e giunsero fino al cortile gremito. Una nascita era sempre un evento che coinvolgeva l’intera comunità dell’isola di Ukerewe; un fazzoletto di terra pianeggiante con un tripudio di sfumature dal verde mela al verde smeraldo, incorniciata dal blu intenso del Lago Vittoria.
Il nostro spicchio di cielo a terra, pensò Sefu, il padre della neonata, in attesa che la porta di casa si aprisse.
Il tempo passava, e la porta restava ostinatamente chiusa. Si era nella stagione delle piccole piogge, quando il tempo è volubile e capriccioso. Era quasi il tramonto, e l’aria fresca s’imbeveva della luce rossastra degli ultimi raggi di sole; tuttavia Sefu respirava l’odore inconfondibile della pioggia. Presentiva che il buio delle prime ore della notte avrebbe generato, con l’aiuto dei venti monsonici, i grossi grappoli di nubi che all’alba avrebbero riversato a terra l’acqua proveniente dall’Oceano Indiano.
A un tratto la porta della capanna si aprì e una donna fece cenno a Sefu di entrare. Sul cortile scese la quiete. Lui oltrepassò la soglia di casa e il sorriso gli morì sulle labbra. Vide sua figlia dormire nuda su una stuoia. Sbarrò gli occhi e si afferrò i capelli con entrambe le mani. Il corpo paralizzato, gli occhi ipnotizzati dal corpicino che volle toccare con un dito auspicando fosse una sua fantasia. Era invece indiscutibile. Benché fossero trascorse alcune ore dalla nascita, la pelle di sua figlia era lattea come quando dalle acque del ventre di sua madre era venuta alla luce. È un’ombra bianca, continuava a ripetersi e a negarselo.
Nella capanna l’aria era impregnata di un silenzio mortale.
Come ho fatto a procreare un essere simile? Sono stato posseduto da spiriti malvagi mentre mi univo con Juma? O forse quel demonio è frutto del seme di un altro uomo? Deve essere così. Una maledizione scagliata dagli Spiriti del lago in seguito al tradimento della mia seconda moglie.
«Dovrà morire» sentenziò Sefu. Poi si voltò e uscì.
Juma era alla sua prima gravidanza portata a termine. Ripensò a quando, nelle stagioni passate, aveva avuto due aborti, seguiti da emorragie che pareva volessero prosciugarle l’anima, oltre che il corpo. Quando era rimasta di nuovo incinta aveva sentito nel profondo delle sue viscere che quella creatura sarebbe vissuta. Le pareva di vederla aggrappata con le piccole dita al suo grembo, ostinata, decisa a sopravvivere.
Ricordava come la notizia del concepimento si era diffusa sull’isola di Ukerewe come il fuoco su un manto d’erba arida. Chiunque era stato felice. Aveva visto i torrenti e il lago rallegrarsi e gonfiare le acque oltre le sponde. Gli alberi avevano prodotto germogli vigorosi e formato ombre più lunghe. Aveva sfiorato e calpestato l’erba diventata più verde e fitta. Aveva udito gli uccelli cinguettare più forte che mai e la pioggia cadere violenta come colpi d’arma da fuoco.
Quel fervore di vita si era adesso trasformato in sdegno e disprezzo.
Sdraiata sul letto, intontita dal vociare delle donne nella stanza, Juma si rese conto che quel parto e la sua morte erano una cosa sola. Non riusciva a spiegarsi quella figlia. Aveva seguito con scrupolo ogni raccomandazione delle donne del clan: per ingraziarsi gli Spiriti del lago aveva evitato litigi e maldicenze. Si era astenuta dai rapporti sessuali col marito durante gli ultimi mesi di gravidanza; aveva evitato di trasportare l’acqua dal fiume per scongiurare il pericolo che suo figlio nascesse con l’acqua nella testa. E sapeva di essere stata fedele a Sefu.
La piccola s’agitò e pianse. Se la madre non l’avesse vista uscire dal suo ventre, con i suoi occhi, l’avrebbe creduta figlia di un’altra donna, di un altro clan.
Prese la neonata con le due mani e la porse a braccia unite alla levatrice per farla calmare. L’anziana la rifiutò con un cenno del capo. Juma volle tapparle subito la bocca, annientarle la voce e, se gli Spiriti l’avessero desiderato, anche il respiro. In un gesto di stizza le premette al viso l’estremità del panno nel quale era avvolta. Il senso materno fu però più forte di lei e la strappò di prepotenza dalle mani della follia, addomesticandola alla legge della natura. Forzò lo sguardo alla sua destra, avvicinò la figlia al seno sinistro e la sentì succhiare con forza. Con la coda dell’occhio scrutava la creatura attaccata al capezzolo. Vide il contrasto fra la pelle candida della bambina e quella scura della sua mammella. È successo di nuovo, pensò. Ho partorito un figlio morto. Se vive, mio marito mi lascerà.
Le voci s’intrecciavano e si scavalcavano, risuonando nell’angusto spazio della capanna come gracchi di corvi affamati.
«Le verranno gli occhi rossi come il demonio.» «È uno zeruzeru1! Ha poteri magici.» «È contagiosa. Porterà maleficio e sciagura nella comunità.» «Dacci ascolto prima che sia troppo tardi. Abbandonala nella foresta.»
Staccò la figlia dal seno e la poggiò a terra, sopra un groviglio di stracci, nell’angolo della stanza più lontano dal letto. Poi ricadde sulla stuoia, stremata dalla fatica e dal dolore. Fissò il vuoto davanti a sé con un’espressione come di stupore, poi,finalmente, scoppiò in un pianto convulso, stringendo le lenzuola nelle mani a pugno. Quell’angolo della stanza, il più distante dal suo giaciglio, per lei significava foresta. Le donne le si strinsero attorno in cerchio, e una le afferrò i pugni, mormorandole parole di conforto.
Nkamba era rimasta immobile a osservare. Da quando aveva aiutato a estrarre con le sue mani la nipote dal grembo della nuora, si era chiusa nel silenzio. Pian piano i commenti delle donne si erano insinuati nel suo cuore come un veleno, risvegliando il ricordo di quello che le era accaduto decine di stagioni della pioggia addietro. La vista le si oscurò, perse l’equilibrio e cadde appoggiandosi a uno sgabello.
Due donne si accorsero del malore e si affrettarono ad aiutarla, facendole vento con un lembo del vestito. Nkamba si riprese con prontezza, si alzò e si affrettò a raggiungere la nipote. La fissò qualche istante, poi si chinò, la prese in braccio e se la strinse al petto. Si disse che a quella bambina sarebbe successo l’esatto contrario di ciò che suggerivano quelle donne. Era sicura di poter far cambiare idea al figlio, sebbene l’avesse delusa per essere sfuggito alle responsabilità di padre.
Sefu non era ancora nato quando era successo ciò che le aveva cambiato la vita per sempre, era all’oscuro del suo segreto. A quel pensiero accostò le mani al ventre, provò vergogna, e subito dopo un’immensa forza. Quella necessaria per domandare al figlio grazia per la bambina; o, meglio, per convincerlo a chiederla alle bestie. Con la piccola stretta al petto uscì dalla capanna, sotto lo sguardo attonito delle donne; l’uomo stava parlando con i membri del clan. Per nulla intimorita l’anziana si portò alle spalle del figlio e gli afferrò un braccio.
«Voltati Sefu, sono tua madre.»
L’uomo si girò di scatto, imbarazzato da tanta intraprendenza.
«Concedile un’ultima possibilità» disse l’anziana con voce ferma. «Se sei l’uomo che hai dimostrato d’essere nel corso degli anni, il mio primogenito, figlio del grande uomo che fu Kheri, non abbandonare questa creatura nella foresta.»
«Fai come i nostri vicini Masai» continuò lei, sostenendo lo sguardo dell’uomo. «Domani, al levarsi del sole, metterò la piccola a terra di fronte al recinto della mandria. Lascia che le bestie siano artefici del suo destino: se, all’alba, uscendo, la calpesteranno a morte, significherà che doveva finire così. Se invece vivrà, la crescerò io, Nkamba.»
Sefu distolse lo sguardo, lo lasciò vagare verso le cime degli alberi e scendere sulla folla riunita davanti a casa. Infine guardò ancora sua madre.
«Questo spirito malvagio non può essere mia figlia.» Le voltò le spalle e riprese la conversazione con gli anziani del clan. «Invece sì.» La madre si portò di fronte a lui e lo obbligò a guardarla. «Ancor prima d’essere tua figlia, è figlia di Dio e degli Spiriti del lago. Ogni bambino lo è.» La nonna dubitava della tradizione Masai di lasciar decidere la sorte di un neonato, nel dubbio della paternità, al bestiame. Come altri della tribù, credeva agli Spiriti del lago, ma anche alle parole di padre Andrew, che alla messa della domenica raccontava di un Dio che amava tutti i viventi. La tradizione Masai rappresentava in quel momento, però, l’unica alternativa alla morte nella foresta per la nipote. Il solo appiglio alla vita per una bambina lasciata, da un Padreterno distratto, sulla punta di una palma al sole equatoriale, invece che su quella d’un abete all’oscurità sconfinata.
«Devo pensarci» concluse Sefu.
Cristiano Gentili
Dedica dell'autore:
Cara Maestra,
C'é una forza motrice più forte del vapore, dell'elettricità e dell'energia atomica: la forza di volontà. Credo nelle parole di Einstein e le metto in pratica tutti i giorni... Però oggi non mi interroghi, per favore!
Conoscere Cristiano è stata una di quelle cose piuttosto strane e magiche, che capitano raramente. E' veramente difficile spiegarvi tutte le cose di cui si occupa! Ha lavorato in tutto il mondo e perciò ha conosciuto personalmente la realtà dei neri albini in cui parla nel suo bellissimo romanzo. Al ritorno dai suoi viaggi (che non sono ancora finiti) ha fondato la casa editrice Ota Benga (non vi svelo niente, andate e cercate chi era costui) al fine di pubblicare e pubblicizzare questo unico libro. Poteva tentare altre strade, compresa quella della pubblicazione a pagamento, invece ha intrapreso un cammino di ferreo impegno personale, dedicando al libro ogni risorsa e momento della sua vita. Tutti quelli che hanno letto il libro lo hanno apprezzato (un nome su tutti: Elisabetta Sgarbi). Io l'ho trovato appassionante e scritto benissimo. E, anche per la causa che sostiene, non posso che augurargli tutto il successo che merita.
RispondiEliminaGrazie mille Maestra! sono lusingato dalle tue parole e dall'opportunità di essere un vostro allievo da oggi in poi!
EliminaDire che questo inizio premette bene è dire poco. Conosco ( se pure solo per accenni) la terribile verità di cui parla Cristiano Gentili, molti bambini in quella terra tribale vengono abbandonati nelle foreste se solo hanno gli occhi di un colore strano, se hanno dei difetti fisici... Basta una piccola stranezza e il bambino è ritenuto figlio del diavolo e abbandonato ad una morte sicura.
RispondiEliminaQuesta storia ha già uno scenario suggestivo, sono sicura che nell'evolversi non potrà deludere. Un grosso in bocca al lupo a Gentili e al suo libro
Grazie Adelaide per come hai interpretato l'incipit! Se lo leggerai vedrai che non parlo solo di questo, parlo anche di noi, bianchi in Africa.
EliminaMi sembra un incipit promettente e ben scritto, da cui traspare il fatto che l'autore conosca a fondo e ami queste culture così distanti e diverse dalla nostra. Piacere di leggerti, Cristiano. (emoticon d'africa)
RispondiEliminaGrazie a te Raimondo! Sì, l'Africa è la mia seconda terra.
EliminaAppena letto. È bello da svenire
RispondiEliminaUna lettura incredibile da non riuscire a smettere di staccare gli occhi dalla pagina da sentirmi male per il sentimento con cui è stato scritto.
Pensa Cristiano che proprio ieri mattina mentre attrraversavo , la periferia di Moncalieri ( dove ora vivono tantissime persone di colore),al semaforo in attesa di attraversare sulle strisce per andare a scuola, ho notato un uomo nerissimo che teneva per mano una bimba con il grembiulino bluette lo zainetto e un grosso paio di occhiali da sole. Era bianca come il latte.. albina.
Nello stesso momento ho pensato che una bambina come lei se fosse rimasta a vivere nella terra dei suoi genitori avrebbe avuto un destino terribile e una vita durissima senza riuscire a farsi accettare.
Ho ripensato anche al libro di Philip Roth "La macchia umana"
e ora questo post.
tutto cio' è incredibile trovo
Grazie per essere l'amico della Maestra!
Che fortuna ha avuto questa bambina e che incredibile coincidenza che tu l'abbia vista dopo aver letto il libro! Grazie a te per questa condivisione
Eliminagrazie per la tua presenza e per questa scrittura così carica di passione...
RispondiEliminaMeis
grazie a te per avermi dato fiducia acquistando il libro di uno sconosciuto.
EliminaIl trattamento riservato agli albini è tremendo; in tanti ambiti persino le donne mestruate venivano sospese dal terreno perchè non lo infettassero (Il ramo d'oro - Frazer). Ricordo un venditore di acciughe che diceva di essere in grado di capire se un'acciuga era stata sfilettata da una donna mestruata oppure no. Siamo nel campo delle superstizioni...e questo racconto trova, nella soluzione della vecchia madre, uno spiraglio. Potenza delle donne.
RispondiEliminaRiguardo alla scrittura, l'ho trovata molto emotiva e trascinante, molto potente, rende benissimo la natura lussureggiante dell'Africa.
Bravo Cristiano!
GD
Ho trattato questo argomento per molti motivi. Uno per il fatto che il pregiudizio nei confronti degli africani con albinismo è carico di metafore. Certo, noi del cosiddetto mondo sviluppato non arriviamo ad uccidere e/o mutilare una persona ma se ci pensiamo bene sappiamo essere, sempre per le superstizioni, "bestiali" con le persone. Pensiamo alle persone che sono state messe da parte perché si dice "portino male".
EliminaOps, ho dimenticato di ringraziarti per il tuo parere sul libro. felice che ti sia piaciuto.
EliminaMolto bello, questo semplice scrivere (intendo fluente e accattivante) che giunge al cuore in un soffio, è una splendida scrittura che fa tanto pensare e riflettere. A scatenare i diavoli della foresta basta poco in quelle terre. I bimbi sono una preziosa risorsa, purtroppo muoiono e in tanti e per tanti futili motivi che i potenti della terra non hanno ancora capito. Io spero che si ponga maggiormente all'attenzione dell'umanità intera il problema dell'infanzia e dello sviluppo dei popoli.
RispondiEliminaGrazie profondamente, con inchino come in oriente, grande Gentili
Simuliamo d'essere in oriente...quindi ricambio l'inchino. A te come agli altri ringrazio per aver dato fiducia a prescindere. Sono inoltre lusingato che tu abbia associato il "semplice scrivere" al "fluente e accattivante".
EliminaGrazie!
Mi hai fatto venire voglia di leggere questo libro...
RispondiEliminaMeno male... oggi avevo pure studiato poco... :à)
EliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaCristiano sarei felice se tu mettessi il link per poter ordinare il libro (anche in formato e book)
RispondiEliminaIn ebook si trova su tutte, ma proprio tutte le librerie online. Qui ad esempio Amazon http://urlin.it/4e752
EliminaPer la versione cartacea invece oltre alle librerie della Maremma Toscana...solo su www.ombrabianca.com
EliminaComplimenti Cristiano! Bellissimo brano che ho apprezzato ancora di più venendo a conoscenza del tuo impegno, dei tuoi viaggi e della storia di questo libro. La tua scrittura fa parlare la natura potente dell'Africa, che esprime anche sentimenti e sensazioni del tutto umani, penso sia qualcosa che si sente in quelle terre, anche se non ci sono mai stata. Grazie per avermici portato per un po' e per averci regalato questa storia così interessante.
RispondiEliminaGrazie! Beh, allora spero che tu ci vada presto e che il libro faccia il suo lavoro. è un romanzo d'Africa e il suo obiettivo è quello di avvicinare le persone a questo stupendo continente.
EliminaOps , sono BV e non VB
EliminaIncipit scritto molto bene, bello, mi ha incuriosito molto anche il segreto della nonna....credo che anche io lo comprerò !
RispondiElimina:-)
E pensare che ho scritto questo Incipit...alla fine :-) Grazie per l'interesse.
EliminaNon so se è meglio dire ho letto "solo" oppure " per fortuna" le prime 83 pag. "Solo" perché ho voglia di finire questo libro che mi ha rapito, per il modo in cui è scritto, per il tema trattato e per le emozioni che mi sta trasmettendo. "Per fortuna" perché non vorrei finirlo, vorrei assaporarlo ancora per un po' di tempo, due ore di treno per le prime 83 pag e domani purtroppo già lo avrò finito. E' scritto davvero bene e il messaggio è chiaro sin dalla prima pag. , e sento anche i profumi, i rumori, e vedo i paesaggi, la capanna della nonna, l'albero di baobab e vedo la piccola, la nonna, Sefu, Jama . Ti devo dire grazie per avermi mandato quel messaggio su aNobii e per avermi fatto conoscere questo libro. Ti devo dire grazie, ancor prima di terminare la lettura, perché era da tanto tempo che non leggevo un libro così bello. Ti devo dire ancora grazie perché mi hai regalato un po' della mia Africa, anche se attraverso questa dura realtà. E' un vero peccato finirlo, vorrà dire che aspetterò che tu ne scriva un altro, nell'attesa rileggerò questo in forma cartacea poiché per me è il libro che deve essere fisicamente presente nella libreria. Complimenti e in bocca al lupo per tutto
RispondiEliminaSusanna, sono toccato dal tuo messaggio così come Ombra Bianca è riuscita con te. Anzi, quasi sicuramente io di più! Grazie e ancora grazie. Buona continuazione con la speranza che la parte rimanente sia all'altezza di queste prime 83 pagine.
EliminaIn Mozambico più volte ho visto ragazzini albini ma non mi sono mai informato sulle credenze che ruotano intorno a loro da quelle parti, ma credo sia cosa accettata tranquillamente (dovrei chiedere).
RispondiEliminaHo apprezzato tanto la tua scrittura carica emotivamente. Spesso mi hanno detto che la cosa più difficile, quando ci si trova in un paese africano, è l'impatto con la cultura e le credenze locali. E' vero.
Nella buona scrittura, secondo me, l'obiettivo è non far trapelare un minimo di giudizio sulle credenze, accettarle, e questo tuo incipit fa proprio questo: ad un certo punto ho avuto l'impressione che lasciare il bambino albino in mezzo al bosco fosse una cosa assolutamente accettabile. La forza della scrittura!
Grazie Cristiano, a presto!
Federico
Ciao Federico, onestamente non saprei cosa risponderti in relazione al Mozambico. Ho affrontato questo "tema" per la sua importanza "metaforica". Inoltre, è solo un esempio di una delle più grandi piaghe che affligge l'Africa, l'uomo, anche qua in Occidente: la superstizione. L'albinismo in Africa in questo romanzo è uno strumento per guardare dentro di noi, osservarci nei nostri piccoli gesti quotidiani. Non arriviamo a tanto (intendo assassini e mutilazioni) ma lo abbiamo fatto in passato e non escludo lo possiamo fare di nuovo. Grazie a te, Federico! Cristiano
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