lunedì 23 luglio 2012

Tema: Un giorno son finito sott'acqua - Terza e ultima puntata

Svolgimento


Il centro di permanenza temporàgnea era collocato in una cavità con un altare al centro e decorazioni floreali in plastica. Ebbi  la sensazione di esser già morto, che mi stessero facendo un salmastro funerale. Guadagnando il fondo della grotta venni spogliato dei miei oggetti personali, tranne il mio filtro Brita salvavita. Al polso mi venne messo un riccio di mare. Se avessi tentato la fuga il riccio mi avrebbe fatto sentire le sue pungenti battute. 
Proviamo a reagire, pensai, se sento dolore vuol dire che sono ancora vivo. Tentai di spinnare via, il riccio mi serrò il polso e incominciai a sanguinare. I was still alive e il grazioso peluche mi martoriava allegramente. 
Notai che una squadra di ragni velenosi presidiava l’esterno. Nell’antro oscuro scorsi un paio di lucine intermittenti e strani movimenti. Erano prigionieri umani che gesticolavano, un gruppo 
di sub che si faceva luce con i cellulari. Mi fecero capire che facevano parte di un’associazione di diving dell’Alto Adige e che la mamma aveva detto loro, sin da piccoli, di preferire gli sport invernali, ma loro non l’avevano ascoltata e quello era il risutato! 
L’ameno loco, mi raccontarono, era una grotta che alcuni  divers utilizzavano per celebrare matrimoni in acqua, quelli col velo che fa gluglu che si vedono ogni tanto al Tg ad agosto. 
Bella storia! In più non ero ancora riuscito a recuperare neanche un caffè... Coi ragni non si poteva parlare, gli altoatesini avevano preso a disegnare piste da sci sulla sabbia, mettevano pure i paletti con le conchiglie e studiavano i curvoni per redimersi e raggiungere la salvezza. 
Dopo 3 giorni di scassamento già vedevo le baite e avevo la sciolina alle pinne. I ragni un bel dì decisero di liberarci in mare aperto. Ci accorgemmo quasi subito, tuttavia, che non si poteva andare da nessuna parte: eravamo finiti in una grande rete. I carcerieri si erano presi gioco di noi, forse ci volevano torturare o aspettare che ci finisse l’ossigeno. Il mio filtro non sarebbe durato più di una settimana e i Loackers avevano succhiato bombole a manetta per sparare le loro minchiate. 


Nella notte la rete si strinse, ci sollevò e ci fece affiorare. 
Eravamo stati raccolti da un motopeschereccio di Lampedusa. Ci chiesero cosa fosse successo. Io gli raccontai del nonno del maiale delle sarde dell’oracolo dèlfino dell’Affondazione dello squalomissario dei ragni delle baite e i marittimi fecero: 
— Va bene ragazzi, abbiamo capito, se continuate così vi rigettiamo in mare. 
Dopo un po’ pensai: meglio parlare un po’ di calcio e di figa, ché va sempre bene, così la gente pensa tu sei normale. 
— Come butta l’Inter di Muriño? E la Manuela Arcuri si vede ancora in tv? che gnoccolona, che pezzo di sgnacchera da fuoribordo! 
Quando nominai la Arcuri il volto dei marinai si distese ed entrarono in monacale raccoglimento. Avevano capito che ero uno dei loro, mi gettarono un asciugamano e mi allungarono un thermos di caffè. 
Al porto ci aspettavano centinaia di persone, furgoni con le orecchie, telecamere e fotografi. La voce del rientro dei dispersi in mare si era diffusa e ci avevano già paracadutato i contratti per un reality intitolato  Sotto il livello del mare  son cazzi da cagare. Mezzo milione di euro a testa se avessimo litigato per una settimana dentro ad un acquario, masturbandoci nel tempo libero con una noce di cocco. Questo con la clausola di non far vedere troppo il membro per non turbare la sensibilità religiosa dei telespettatori. Cento metri e sarei sceso a terra, dentro di me era un logorante pullulare di immagini, portavo ancora il segno del riccio sulla pelle. 
— Ragazzi, faccio io, qui se diciamo la verità è un casino. Dicono che ci siamo fottuti il cervello, ci affidano ai servizi sociali e saltano tutti i contratti… 
— Iavol, tu afere racione, noi riskiare crossa inkulata, rispose un Loacker che bontà. 
— Propongo, aggiunsi, di dire che siam stati rapiti da un gruppo di pirati, che ci volevano far la pelle e che siamo riusciti a fuggire grazie al nostro coraggio. Avete presente Mac Giver? L'A-Team? 
— Iaaa! 
— Ecco, noi abbiam agito allo stesso modo, un cacciavite, quattro bulloni, un’esplosione e ci siamo salvati. 
— Ceniale, tavvero ceniale!, fecero i compagni di viaggio abbracciandomi calorosamente. 
Fra la gente assiepata sul molo intravidi Marina, alta mora occhi verdi. Ero felice, stranamente felice, di rivederla. Mi strinse forte,indossava un vestitino leggero che faceva intravedere  le sue forme. 
Spintonando sotto i flash che mi piovevano addosso rientrai a casa. Ritrovai il mio appartamento pulito, le bollette erano state pagate, vasi di fiori, articoli di giornale, t-shirt con la foto dello scomparso, dvd di “Chi l’ha visto?”. 
— Se ti raccontassi tutto non ci crederesti, feci io, e quello che hai sentito è una bella storiella che abbiamo pensato per raggirare i media. 
— Capisco, disse Marina, spogliandosi.
Intanto la guardavo e mi pareva rifulgere di una tremenda beltà, si muoveva come quelle ammalianti creature che avevo incontrando sotto i mari. 
— Quel giorno ho caricato il maiale del nonno su un camioncino e son partito per Rapallo. L’ho messo a bagno e là è incominciato tutto. 
— … 
— Le sarde l’oracolo dèlfino l’Affondazione lo squalomissario i ragni i Loackers le baite i marittimi… 
— Ho presente. 
Marina incominciava a scodinzolare sotto le coperte. Si scoprì mostrando il suo seno sodo. Abbassando la mano fra le sue gambe la sentii più scivolosa del solito. Rabbrividii, poi palpandola non trovai più le sue gambe. Erano sparite. Il cuore mi sfarfallava. 
— Hai un travelgum?, le chiesi deglutendo. 
Poi scoperchiai il letto di colpo: Marina era un pesce, sì insomma, un mezzo pesce, una sirena. Mi confessò la sua doppia cittadinanza.  Si trasformava in sirena solo all’una piena, e io a 
quell’ora dormivo come un relitto. L’effetto durava un paio d’ore e svaniva in assenza di salsedine. 
— Brutta puttanazza d’alto mare!, la apostrofai, potevi almeno risparmiarmi il maiale e tenerti i ricci per la permanente! Vai a dare via il culo ad una motovedetta! 
— Avrei dovuto regalarti un filtro Brita ammuffito, bipede puzzone, replicò lei. Hai pure un brufolo sul naso, cos’hai mangiato là sotto? Alghe fritte? T’avessero avvelenato! 
— E tu, che hai fatto col tuo meteorismo? Hai ossigenato i baffi ai pesci gatto? 
Dopo una serie di confronti culturali terra-mare, sputi, lacrime e singhiozzi ci ritrovammo. Marina mi spiegò che aveva escogitato tutto questo per farmela pagare, per tutte le volte che mi ero ritratto davanti alle sue richieste di matrimonio. Inoltre mi confessò che il meteorismo era dovuto ad un tremendo incidente che le capitò da piccola: ahhh ingoiare la bombola d’ossigeno d’una bambina sommozzatrice! Ma ora son guarita, mi disse, grazie ad uno sciroppo a base di limoni d’Amalfi e carboni ardenti, i primi han corroso il metallo, i secondi han bruciato l’odue in eccesso, splendido, no? 
Abbiamo deciso di sposarci proprio nella grotta dove ero stato fatto prigioniero. Al posto del riso, gli amici, ci hanno lanciato una rete per prendersi gioco di noi. 
Dopo nove mesi si sono rotte le acque ed ora son qui, con gli occhiali da sole, che passeggio. Ho fatto tre reality e sto spingendo una vaschetta a rotelle. 

Max Ponte

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