mercoledì 29 maggio 2013

Tema: La città d'oro di Leonardo Gori, Giunti Editore

Sezione: Gli amici della Maestra
Svolgimento




Il visitatore della notte

Il morbo piegava Firenze.
Chi era fortunato moriva nel suo letto, altri cadevano fulminati per le strade, mentre si liberavano dell'incessante flusso che ne asciugava il corpo, togliendo loro ogni forza. Ombre infernali che camminavano febbricitanti, rasente ai muri.
In certi quarteri del popolo, a san Zanobi o intorno alle torri del Mercato Vecchio, in quel rigido inverno la morte prendeva con sé famiglie intere e nemmeno i bambini la commuovevano. Come due secoli prima, ai tempi della peste nera, i birri riempivano le case di paglia e fascine secche e in un lampo il fuoco divorava le mura e brillava nella notte, purificando nel fumo l'oscena maledizione che ormai da settimane divorava la città.
Il Segretario aveva cercato in ogni modo di contrastare l'epidemia. Ai primi morti, si era rivolto ai medici più autorevoli, e ben fuori città aveva fatto scavare le fosse comuni che avrebbero accolto le migliaia di cadaveri. I Fratelli della Misericordia andavano e venivano dal cuore di Firenze a porta San Gallo e a Porta Romana, e ancor di più la processione di cadaveri prendeva la via del Prato, sempre di notte, al lume dei ceri, verso l'immonda Sardinia, ricettacolo di rifiuti e carogne.
Ora il gelo potente aveva dato una tregua al contagio e, mentre camminava per la stretta via che portava al palazzo dei Signori, il Segretario osservava, rischiarata dalle torce, la fascia di sterco che dalla strada copriva i muri fino all'altezza del ventre. Eppure in quel momento non pensava al morbo. Aveva con sé qualcosa di più importante, un terribile segreto, un sogno indicibile, un'opportunità unica per la Repubblica, schiacciata dai nemici interni ed esterni: un piccolo libro poco più di un quaderno, che per qualcuno valeva come la perduta biblioteca di Alessandria e anche di più. Superò l'ultimo canto della via e una folata di vento gli tagliò il viso. Evitava con orrore i mucchi di sterco infetto e di urina ghiacciata, buttati nella notte dalla finestre. Gettò sopra un cumulo di neve nera i frammenti di una fiala di vetro: quell'ampolla era il suo demonio personale. Aveva ancora nelle orecchie l'eco di grida e lamenti che non avrebbe voluto provocare. Ma ricadeva sempre nella medesima debolezza e maledì i cerusici tutti e in particolare uno speziale senza scrupoli di sua conoscenza. Giurò che quella volta sarebbe stata l'ultima.

Titolo: Calore Umano

Svolgimento


Lo dice il TG parlando dei fatti che accadono, soprattutto all’ interno delle famiglie medio-borghesi insospettabili, in occasione delle giornate più calde dell’anno, sembra che l’aumento delle temperature favorisca l’accumulo di tossine nel sistema nervoso umano. Le proteine si aggregano, coagulano in grovigli sempre più inestricabili, si mettono in mezzo e disturbano le sinapsi, i comandi non rispondono. Il tuo cervello dice Fermo e la mano si muove, il cervello dice Cammina e invece appoggi il culo sulle auto parcheggiate e ti scotti. Mio padre, che era del sud, comprava e guidava esclusivamente automobili bianche, che non assorbono il calore.

Questi fatti succedono perché mangiamo troppo cibo, ingurgitiamo tante di quelle calorie che già ne sarebbe sufficiente solo la metà per mantenerci vivi e a temperatura costante. 
In inverno va bene, con molte calorie si resiste meglio al freddo e agli sbalzi. Conviene quindi mangiare anche il grasso del prosciutto e accompagnarlo con un buon bicchiere di vino rosso. Nei mesi invernali si può essere peccatori capitali di gola, l’inverno si sa è la stagione del mal di gola. 
In estate tutto cambia, ci sentiamo più fiacchi, già la mattina trasciniamo i piedi sul pavimento del corridoio infinitamente lungo, seguiamo la scia del caffè alla maniera dei varani con la lingua penzoloni un po’ bavosa che sentono l’odore della preda a distanza di chilometri.

Mai vista un’estate così calda e afosa come quest’anno, l’estate più calda degli ultimi cinquant’anni. Ogni volta scopriamo un vecchio che dice Io non avevo mai visto un’estate così calda da quando ero bambino. Anche della neve dice la stessa cosa, mai c’è stata una nevicata così abbondante, lo stesso dicono per la grandine troppo grande.
Il caldo di quest’anno è veramente micidiale, viene dal sud del mondo, ma non troppo da sud, perché anche lì fa freddo. Questo mito del sud arido e deserto, con sole montagne brulle e sole palme dritte nel mezzo delle dune e sole case di calce bianca per respingere l’afa. Sono le sole cose che si dicono del meridione, dimenticando che è pieno di gente che arranca, che suda, infiacchita dal calore, con le sinapsi bloccate da quei grumi di materia tossica che non riesce a smaltire, quindi anche un po’ abbrutita, incattivita in misura sufficiente da poter essere in qualsiasi momento soggetto attivo o passivo di un raptus omicida.

martedì 28 maggio 2013

Tema: Rumore

Svolgimento 

Franca non dorme da un mese, ogni piccolo rumore la sveglia: lo sciacquone del vicino di casa, un’automobile che parte, un cane che abbaia .
Non ce la fa più, ha due profonde occhiaie nere, il viso tirato e l’umore irritabile.
Ha provato di tutto: tisane, melatonina, ansiolitici, sonniferi, antidepressivi. Nessun risultato.
Le hanno consigliato di farsi fare i tappi su misura, assicurandole che sono miracolosi .
E’ andata oggi a ritirarli, guarda questi minuscoli pezzi gialli di un materiale nuovo, dal nome impronunciabile.
Vale la pena provare, li modella con le dita e se li infila nelle orecchie prima di andare a dormire, poi prende la solita pastiglia di sonnifero con un gesto meccanico e la butta giù senza acqua.
Si addormenta ed è isolata dal mondo.


lunedì 27 maggio 2013

Tema: Black Sam

Svolgimento


Eravamo tutti sul ponte del nostro vascello, sotto di noi c’erano una sessantina di pezzi d’artiglieria: roba che graffiava parecchio. Era l’alba e avevamo visto a due gradi a dritta il culo di un grosso mercantile che batteva bandiera spagnola. Adoravo assalire mercantili spagnoli, avevo perso tre capitani grazie ai loro ammiragli, quello che stavo facendo mi sembra il minimo per ringraziarli a dovere.
Avevamo già spiegato tutte le vele e guadagnavamo due miglia ogni mezz’ora su quel mercantile lento come la fame. Stavo abbisciando un po’ di sartiame in avanzo, quando vidi sul ponte un gran movimento. Lasciai perdere il sartiame e mi avvicinai anch’io verso il cassero. 
La porta di legno del castello si aprì con un calcio dall’interno, un calcio dato dal nostro capitano. Uscì all’aria di mare con i capelli neri al vento, capelli che gli avevano fatto guadagnare il nome di “Black Sam”. Portava una camicia di lino bianca e una larga fascia di stoffa rossa avvolta alla vita dove trovavano posto due belle pistole col manico di sandalo tutto intagliato. La spada in mano e il mantello azzurro bordato d’oro che gli arrivava fino alle caviglie.
Non guardò nessuno, mentre noi dell’equipaggio avevamo occhi solo per lui, Black Sam. Percorse tutto il ponte con passo deciso e salì con un salto sopra il bompresso guardando l’orizzonte compiaciuto. Il culo di una nave mette il buon umore a tutti, soprattutto ai capitani. 
Il capitano si rigirò verso di noi, con un piede sul bompresso e uno sulla murata, la mano destra che si teneva aggrappata ad una sartia. 
Ci guardò tutti, dal primo all’ultimo, e anch’io ebbi il mio secondo di sguardo intenso. Ci guardò tutti e, con la spada levata alta e il vento che gonfiava la vela maestra e il mantello svolazzante, ci urlò: “Ciurma di Bellamy, siete pronti? Avete fame? Là, la vostra preda!”
Trecento spade si alzarono nell’aria e la bandiera nera venne issata all’albero maestro. Tra quelle spade c’era anche la mia. Il capitano Bellamy ci guardò tutti compiaciuti, eravamo i suoi diavoli e lui ne era contento, anche se era pur sempre il Principe gentiluomo. 

sabato 25 maggio 2013

Tema: Scrivi un pensierino (seconda parte)

Pubblichiamo la seconda parte dei "pensierini" raccolti al salone del Libro di Torino
Molti hanno seguito le indicazioni circa "un pensierino sulla tua maestra", altri no e si sono dati al tema libero





*La mia maestra è una persona fantastica: peccato che ha la mania dell'igiene. Usa troppo alcool per lavare le mani.

*La mia maestra mi voleva un sacco di bene e aveva delle tette gigantesche. Probabilmente erano piene del bene che provava per me, pensavo. Poi un giorno mi ci ha spiaccicato la testa e ho pensato: no, no, credo di essermi sbagliato.

*La mia maestra era una balena insicura che cercava conferme nei suoi poveri alunni. Mi è toccato studiare psicologia.

La mia maestra aveva i capelli rossi e quando si arrabbiava diceva: "Roba da far rizzare i capelli". Ed io la immaginavo proprio così, con i capelli dritti!

*I bimbi piccoli quando ridono sono bellissimi perché non ridono ma mangiano. Aprono la bocca per la felicità e ingoiano tutto quello che hanno davanti, compreso me, papà, che mi perdo in questo sorriso grande quanto l'universo.

*La mia maestra era altissima, purissima e anche un po'...stronzissima!

*Ricordo con affetto la mia maestra. Era molto severa ma mi ha insegnato molto. A mia volta sono diventata una maestra grazie anche a lei.

*Per adesso mi sono divertito al salone del libro. Ho già comprato due libri.
Io ho una maestra di nome Valentina, talmente bella che ti innamori. Bionda come il sole e brava come..come non lo so, che è la maestra più brava al mondo.

*Viaggiare: sarebbe bello aver la possibilità di viaggiare spesso. Visitare e conoscere posti meravigliosi e sconosciuti.

*Se ci penso troppo il mio pensierino diventa brutto. Allora lo scrivo di getto così sarà un pensierino bellissimo!!

*Io non avevo maestre cattive.

venerdì 24 maggio 2013

Tema: L'abbraccio verrà

Svolgimento


Anche le nuvole bianche erano carta buona per scrivere, lo sapeva bene. Le parole, come anelli, le si erano infilate al dito, le aveva sposate con una cerimonia durata trent’anni. 
A celebrare le nozze era stato suo padre con racconti che somigliavano a fiabe, con aforismi e detti popolari. Così le aveva insegnato la vita e il dialetto.
Adesso atterrava sopra un tramonto color zafferano, all’aeroporto, ribattezzato da poco, Falcone-Borsellino. Respirando dentro i colori di quel cielo mai visto riconosceva già i racconti di suo padre conservati nell’anima insieme a limpide foto. 
Nell’attesa delle pesanti valige, tra tante mani protese, guardava la gente che le stava intorno; erano facce pallide, come la sua, scolorite da un sole ingannevole, ma piene delle attese migliori. 
A Palermo non si viene per il viaggio della speranza, la guarigione si cerca altrove, pensava Giovanna, eppure in quelle facce le sembrava di riconoscere la voglia di guarire, magari con una vacanza, magari riabbracciando gli affetti più cari. 
Osservava con avidità. Aveva capito quante parole c’erano dentro ogni sguardo e quanto sentimento dentro ogni parola. 
“Deformazione professionale” avrebbe detto chi avesse saputo. Scriveva da anni. Ma lei, che sapeva rintracciare un’emozione perfino nel vuoto dell’aria, non avrebbe abbracciato nessuno. 
Morto suo padre, aveva deciso d’intraprendere quel viaggio in cerca dell’ispirazione, di un luogo che la riavvicinasse a lui o che le regalasse qualcos’altro che ancora le sfuggiva.
Aveva tirato giù la prima valigia con un gesto goffo. Un omone, che aveva misurato ad occhio lo scompenso di forze tra le sue braccia e il bagaglio, l’aveva aiutata.
Aveva compiuto trent’anni sotto la pioggia incessante di Ratisbona. 
La Germania le aveva dato un ospedale pulito per nascere, l’aveva sfamata e cresciuta. Nient’altro. 
Non le aveva dato un orizzonte verso il quale guardare, solo un muro di nuvole, nere d’inverno, bianche d’estate. Un muro di pioggia battente, da chiudersi in casa senza voglia di uscire. Non le aveva dato un mestiere se non una penna con la quale fuggire. Non le aveva dato neppure un amore importante per il quale rinunciare al resto del mondo. 
E lei era rimasta lì, nell’attesa di concludere il suo ruolo di figlia, figlia di un questuante di sogni, un lavoro e una vita migliore.
Quella terra le sembrava nemica, forse, per via dello zio Totò ucciso da un soldato tedesco nell’ ultima guerra. Un soldato che, magari per sorte, era anche padre di quell’ altro tedesco che, per amore, si era portato sua madre. 

giovedì 23 maggio 2013

Tema: Scrivi un pensierino

Pubblichiamo una prima parte dei "pensierini" raccolti al salone del Libro di Torino
Molti hanno seguito le indicazioni circa "un pensierino sulla tua maestra", altri no e si sono dati al tema libero



* La legherei e butterei nel Po

*La mia maestra si chiama Clara ma forse è morta e allora si chiamava.
Ero la sua cocca ma una volta mi sgridò perché dovevo mettere il timbro sul quaderno con la lettera L di luna per fare una pagina di elle a casa ma chiacchieravo e arrivai tardi alla cattedra. 

*Quest'anno abbiamo vinto il secondo scudetto consecutivo, il prossimo vinceremo il terzo . W Juve

*Mi piace molto leggere e penso che sia tutta colpa della maestra

*Alla mia maestra ho portato un tema sulla famiglia, ma copiato da un libro di temi pronti. Ancora mi adora e mi ha detto di averlo ancora conservato

*La vita è talmente breve

*Carta penna e calamaio, i primi strumenti di scrittura. Adesso word Fb internet e chat ma l'emozione della Maestra è sempre la stessa

mercoledì 22 maggio 2013

Tema: Io se fossi luna, luna nei cieli di notte

Svolgimento

Io, se fossi luna di cieli di notte, non mi andrebbe proprio per niente a condividere lo stesso cielo con un sole sbruffone e invadente che taglia pezzi regolari di me e se li mangia. Che ad essere luna a metà, a un quarto o a spicchio io non potrei. Avrei la stessa sensazione di chi subisce un'amputazione, sentirei il formicolio della parte mancante e correrei ad avere certezza con la mano e mi ritroverei a toccare puntualmente un arido moncherino. Io se fossi luna a metà, a un quarto o a spicchio, farei un grande fagotto mettendoci dentro giusto cinque o sei stelle, anche quelle più bruttine e che brillano poco e che nessuno dice - guarda che bella stella. Con il fagotto in spalla abbandonerei i cieli di notte e lascerei questo sistema solare. Vagherei per mille e ancora mille anni luce fino a che troverei un nuovo sistema solare. Il sole di questo nuovo sistema solare non sarà sbruffone e invadente che taglia pezzi regolari di me luna a metà e se li mangia.

martedì 21 maggio 2013

Tema: Un uomo am(v)aro

Svolgimento


Seduto nel banco della mia classe al liceo, ho sedici anni, ma sembro già vecchio, compunto diritto come un fuso, e come strumento antico tesso la mia tela. 
Ho un sogno, sta tutto dentro la mia testa ormai candida, dei miei capelli mi faccio vanto in un mondo di calvi. 
Anche se sogno ad occhi aperti non smetto di puntarli verso l’insegnante, so di essere il suo orgoglio e il suo gioiello, sono tutto per lui.
Vedo già la mia vita e il mio futuro essi non stanno sulle ginocchia degli dei, ma su quelle di Dio ed io sarò per lui scalpello e cesello.
Come ogni buon pastore immagina il suo gregge io, vedo il mio numeroso e docile. 
E’ un crescendo il domani, una spirale di nubi diradate, di dubbi messi a tacere. Dal mio piccolo paesello di montagna dove l’aria è buona, raggiungo altre vette, dove l’aria è strana e spesso rarefatta, ma si respira lo stesso ed io creo la mia bolla di componenda.
Il mio sogno adesso è cattedrale, il mio desiderio di adolescente è carne e pietra, alla vecchia stretta e soffocante parrocchia ho sostituito questa cittadella di azzurro cielo, di giardino invidiato e di linee sottili. Moderne.

giovedì 16 maggio 2013

Tema. IPAZIA vita e sogni di una scienziata del IV secolo di Adriano Petta e Antonino Colavito, La Lepre edizioni

Sezione: Gli amici della Maestra
Svolgimento


La biblioteca e il Serapeo

Alessandria d'Egitto, I° luglio 391 d.c.

"Devo intendere che non avete più papiro da vendermi?" .
Bella come il sole, Ipazia è rimasta ad occhi spalancati.  
Ritiro il rullo senza la necessaria pressura, inchiodato dal suo sguardo...miscuglio di sorpresa e delusione.
Mio padre Isidoro scuote lievemente il capo, i suoi occhi scrutatori sembrano addolcirsi: " La faccenda, mia signora, è molto più seria. La siccità di questi ultimi anni ha quasi distrutto la pianta. E le poche scorte di fogli di papiro, sono finite".
"Allora non mi resta che rivolgermi all' altro fornitore".
"E' quasi un anno che ha chiuso la sua attività...e, comunque, era specializzato in cordami, stuoie e vele. Noi siamo riusciti a lavorare fino adesso grazie alle scorte che avevamo. Mi spiace, se suo padre me l'avesse chiesto in tempo, avrei riservato per voi quel poco che abbiamo prodotto ultimamente".
E con il volto serio e incupito, accenna un sorriso di comprensione.
Ipazia è rimasta come folgorata, un lieve rossore le ha incendiato le gote: "Per le forniture si è sempre interessato Teone. Ma questa... questa è un'emergenza!" Scruta intensamente mio padre: "Dimmi come posso fare".
"Qui in Egitto per adesso non troverete neanche un foglio di Augusta. Se vi occorre una fornitura, potete tentare a Siracusa: è l'unica possibilità che vi rimane. Hanno imparato abbastanza bene e il foglio è di discreta qualità".
"In Trinacria?"
"Proprio così, mia signora".
"Occorrerà tempo...". E sfiora, con una mano, il tavolo da lavoro di mio padre. Poi siede su un banchetto d'olivo.
"Quanti rotoli vi occorrono?"
"Un minimo di centomila". Voce tremula che non riesce a celare frammenti d'ansia.
"Per tutte le costellazioni! Volete aprire un'altra biblioteca?"
"Quanto tempo potrebbe essere necessario?". Gli occhi accennano a liberare briciole di speranza,
"Per una quantità simile...almeno dodici mesi". Mio padre posa il piccolo batacchio con cui stava pestando i petali di ginestra secchi.
"Isidoro, a chi hai venduto le scorte che avevate? Ti prego".
"Non è un segreto: al patriarca".
Ipazia rialza la testa in modo fiero "A Teofilo? E che deve farci lui? E quanti rotoli ha comprato?".
"Cinquantamila: tutto quello che avevamo". Mio padre volge lo sguardo verso di me. "Mio figlio Shalim voleva conservarne un centinaio, ma il patriarca ha preteso anche quelli".
La giovane volge il capo, mi fissa stupita. "A che ti servono, Shalim?".
Come per incanto i segni della delusione e dell'amarezza svaniscono e il volto s'accende di una nuova luce.

mercoledì 15 maggio 2013

Tema: Domenica in maglia rosa

Svolgimento:


E’ primavera. La natura si risveglia florida e gioiosa. Il canto melodioso della tortora ci annuncia il mattino. La rondine innamorata fa il nido sotto la grondaia e ci caga sul balcone. Le formichine laboriose ci entrano in casa. I petali dei gerani ci macchiano il cofano lucente dell’auto. Le giovani mamme sputano veleno dal parrucchiere per l’imminente chiusura delle scuole. Evviva. Il ciclo vitale della inebriante stagione pulsa forte e chiaro. Ma c’è un altro segnale vitale e pulsante che ridesta le gesta eroiche di noi cicloamatori. Noi che pedaliamo per un anno intero al vento ed al gelo, combattendo tifoni, grandinate, tir impazziti, pedoni stonati e pulmini di suore laiche ubriache d’amore, ci allieta il ritorno del portentoso celeberrimo…giro d’Italia. Di solito adoro godermi la sintesi della tappa la sera satollo e comodamente divanato. Puntualmente ogni sera all’esaltante telecronaca segue di sottofondo il commento della mia amata compagna – “Ma sono dei pazzi! Ma guarda come vanno in discesa! Ma poi sono asciutti-asciutti-asciutti! Dei grissini su ruote! Invece tu…guardati!” – mi tocca con la punta del piede la mia impercettibile pancetta – “Pedali e pedali e non sei asciutto come loro. Perché mai?” – “Amorino bello, ma loro sono dei professionisti, con una nocciolina scalano il Pordoi! io con duemila noccioline scalo tutt’al più la tazza del cesso! “ – lei sorniona come una lince moldava e viscida come un capitone partenopeo, mi prospetta l’inesorabile – “Domani c’è bello. Dai usciamo in bici io e te? Voglio tenermi un po’ in forma” – “Ma quando? Domani? domani lavoro mannaggia” – “Domani è domenica!!!” – “Uhhh…e da quando?” – “Da sempre! Dopo il sabato viene la domenica! Stronzo!”– e mi ficca una fragola amorevolmente su per il naso.


martedì 14 maggio 2013

Tema: Filipino Fast Food.

Svolgimento

In via Stromboli a Milano c’è il consolato filippino.
Lo so perché ci passo una volta la settimana, all’ ora di pranzo, per una ragione che non vi voglio dire.
Filippini che aspettano in coda a ogni ora del giorno.
Nell’ angolo con piazza Vesuvio c’è un furgone fucsia.
The Filipino Fast Food.
Coda anche qui.
Oggi è una giornata splendente, i colori tolgono il fiato, e il rolling filipino fast food fucsia sembra messo lì per un film.
Mi fermo.
Due donne, forse madre e figlia, cucinano.
Guardo cosa c’è sui vassoi e decido senza un perché.
Un piattino di bulanglang, carne di suino saltata, soia, zucca, cipolla.
Una coscia di lechon manok, pollo fritto.
Un longsilog, involtino con salsiccia.
E una banana fritta.
4 euro in tutto. Più due di coca light.
Penso che mi piacerà tutto.
Metto su due piattini traballanti e mi sistemo su una panchina nel centro del parchetto nel centro della piazza.
Mi piace tutto.
In Viaggio Sola c’è l’antropologa tedesca che dice a Irene ‘Qui negli hotel a cinque stelle è tutto finto, domani andiamo in un posto turco che è un casino ma si sta bene e si mangiano cose meravigliose con dieci euro’.
Non ci andranno mai perché lei, nella notte, muore.

lunedì 13 maggio 2013

Tema: Acidedica

Svolgimento


Questa la dedico a quel signore della fila alle poste – è in fila allo sportello per pagare dei bollettini, non ho notato altro, se avesse baffi, o capelli, cappello, cosa non si fa per distrarsi quando si è in fila, conosco gente che analizza le piombature a vista delle persone che parlano, chi legge tutti gli avvisi del muro comprese le crepe, le fughe, allinea mentalmente le file delle lampade, conta le viti dei pannelli del controsoffitto, conta le scanalature e le percorre ruotando il capo fino a che si confondono con le righe della camicia dell’impiegato allo sportello, conta i dentelli dei francobolli e le pietruzze scure del pavimento di graniglia, ne controlla e cataloga tutte le forme e i colori, tenendole ben distinte da quelle più chiare, impara a memoria il codice del conto corrente postale di tutti i bollettini che aspetta di pagare, e intorno baffi, occhiali, gonne lunghe e corte, pantaloni a cavallo basso, permanenti, ciuffi, conosco gente che riconosce altra gente in fila dalla volta precedente, la riconosce benissimo, con sicurezza, e la saluta, ma quella gente non risponde perché non si conoscono, eppure si sono incrociati mille volte, sono quasi conoscenti, ma fondamentalmente estranei, conoscenze di mezzora che nascono e si disperdono, piccole onde di risacca che spariscono subito dopo aver pagato il dovuto all’impiegato, piegato la ricevuta con cura, curato che il resto ricevuto sia quello giusto, intanto dietro si accalcano altri baffi, borse, cartellette, scarpe comode, scarpe strette, non sempre c’è da sedersi, si sta in piedi come numeri, chi è l’ultimo non può negarlo e dice Sono l’ultimo, e lì si compie il miracolo, perché nello stesso istante in cui pronuncia questa frase diventa automaticamente penultimo, in compenso c’è sempre qualcuno che si lamenta - quel signore per esempio, in fila allo sportello si sta lamentando perché c’è una coda più lunga di lui.



Raimondo Quagliana

venerdì 10 maggio 2013

Tema: Future generation

da Budda sporco  (titolo provvisorio)
Svolgimento:

Rosa’, ci aspetta una cosa grande, una cosa che ci realizziamo per tutta la vita: io ti porto dal notaio e costituiamo una srl, avviamo una scuola privata, la presidenza deve essere tua, solo tu ne sei capace: ti occuperesti della didattica, dei testi, della biblioteca, io no che queste cose non le so fare, baderei agli aspetti commerciali e amministrativi - fifty fifty!  – , è lì il futuro, una barcata di soldi ma noi lo dobbiamo fare per il prestigio, perché non sarà solo una scuola qualsiasi, sarà il centro da cui partirà una corrente rivoluzionaria di pensiero, noi lo dobbiamo fare per cambiare il mondo – tutti quelli che abbiamo visto sino ad oggi, dal primo all’ultimo, da quell’onorevole socialista ai quattro dirigenti della regione, ai due che si occupano di manutenzione stradale, e non parliamo di marescialli, sono fango immischiato con fango -, le nuove generazioni si formeranno sui nostri valori, le famiglie ricche e prestigiose manderanno i loro figli da noi, perché i ricchi la prima cosa che vogliono è dare una bella educazione superiore ai figli, e noi creeremo una scuola di pensiero, gli diamo un nome che deve lasciarti stonato, che ne dici, la chiamiamo Future Generation, noi tracceremo il solco per creare la società del prossimo secolo (o forse disse “Genera il tuo futuro”?), suona di tromba, non è vero? - con le parole sperava di convincermi, con il suo entusiasmo di circuirmi: Germano ci sapeva fare - una scuola manageriale d’eccellenza, esperti di settore per ogni materia, un corso diurno e uno serale, organizzeremo stage nelle aziende private e nel settore pubblico, i migliori cervelli e le nostre nozioni per sfornare professionisti, dirigenti, analisti, revisori, politici; nell’arco di un anno, non di più. Rosa’, grazie ad un amico di mio padre che è alla Regione e che con il provveditore è tutta una cosa, avremo il riconoscimento e diventiamo sede di esami – tu organizzi i programmi, la docenza, in prima persona terrai un corso di retorica.


giovedì 9 maggio 2013

Tema: Closer

Svolgimento

"Don't come closer or I'll have to go
Holding me like gravity are places that pull
If ever there was someone to keep me at home
It would be you..."
Eddie Vedder - Guaranteed


Aeroporto Malpensa: una donna con il cappotto viola mi passa davanti inciampando sui miei piedi allungati - sono disteso e ho la testa appoggiata allo schienale - e questo riesce a distrarmi da quello che osservo da un momento imprecisato subito dopo aver superato i controlli; scusi, le dico, alzando una mano, o forse lo penso soltanto e glielo dico con gli occhi e non me ne rendo conto, dopotutto è lei quella distratta, perché dovrei scusarmi io, e poi è stata lei a fare in modo che mi distraessi da quello che stavo osservando con insistenza, sono felice di non averle chiesto scusa; comunque sia, lei si volta verso di me e non dice niente, non fa neanche una smorfia, un’espressione, qualcosa che mi faccia capire che è infastidita dalle mie gambe troppo distese, niente, e il nostro rapporto si conclude così, con uno sguardo distratto, indifferente,  ognuno può tornare a fare quello che stava facendo prima; ormai, però, ho perso il mio punto di riferimento (o forse non ne avevo uno), sono stanco, il viaggio da Madrid a Milano è stato lunghissimo, vuoto, come se avessi lasciato i miei pensieri su una poltrona della sala d’attesa dell’aeroporto spagnolo, che aspettavano il volo successivo al mio, magari arrivano da un momento all’altro, tornano al loro posto dentro la mia testa, tornano ad essere quelli di sempre. In ogni caso tornano a casa con me.
Dallo zaino tiro fuori il mio diario di viaggio, il secondo da quando sono partito sei mesi fa, e scrivo “Mi trovo a Malpensa, finalmente sono su suolo italiano!”, già, finalmente, e mentre lo scrivo mi rendo conto di non averlo detto per me ma per gli altri, per tutti quelli che mi chiederanno quali sono stati i pensieri arrivato in Italia – beh – risponderò - quando sono arrivato in Italia ho avuto uno shock: tutta questa ricchezza, i modi di fare delle persone, nessuno che mi guardava in maniera strana – chissà per quanto tempo ripeterò queste parole, e allora mi guarderanno e mi faranno un'altra domanda – sono più civili di noi, vero? – e io non risponderò. Confeziono questi discorsi da fare una volta tornato a casa, quando tirerò fuori foto e ricordi di fronte a parenti, amici, conoscenti di ogni tipo, e poi di fronte a domande risponderò con le solite parole – shock, ricchezza, diversità – in un circolo noioso e logorroico. 
Dal mio posto vedo la donna col cappotto viola indaffarata: prima parla al cellulare, si sposta fuori per fumare una sigaretta, rientra e si lascia cadere esausta su una poltrona. Tra le mani ho ancora il mio diario di viaggio, ho voglia di aprirlo e leggere tutto ciò che ho scritto durante i sei mesi passati, ho voglia di capire, cercare, sapere, vedere, rivivere. Sfoglio qualche pagina iniziale, leggo la prima frase di ogni giorno, salto qualche passaggio ancora troppo vivo per essere riletto subito, ignoro crisi emozionali, momenti di solitudine, pensieri altalenanti riportati su ogni pagina, scritti a matita oppure a penna – spesso di colori diversi – prima cinque, poi sei pagine alla volta, sfoglio sempre più rapidamente fino ad arrivare a metà e rileggo la frase appena scritta, tiro fuori una penna e copro la parola “finalmente”, poi ci ripenso e la riscrivo sopra lo scarabocchio appena fatto.

mercoledì 8 maggio 2013

Tema: Biancospino

Svolgimento


L’uomo attempato, con una saggia barbetta sale e pepe, sedeva su una panchina soleggiata del parco. Osservava. Due bambini giocavano nella sabbia, un altro si dondolava sull’ altalena producendo un rumore cadenzato di ferraglia arrugginita, poco distanti le mamme chiacchieravano gesticolando in modo animato. Nel vialetto una donna camminava lentamente, era giovane, aveva un’aria seria e preoccupata, stringeva qualcosa nel pugno e veniva verso la sua panchina. Lei lo guardò prima di sedersi, affondò la faccia nelle mani e scoppiò in singhiozzi. Lui non disse niente ma dopo qualche minuto le porse un fazzoletto di stoffa, lei lo prese e cominciò a parlare. Mi ha lanciato addosso il piatto del riso, era insipido, ha detto. L’uomo non diceva niente, però le poggiò una mano leggera sulla spalla. Si è alzato da tavola e mi ha detto di pulire, continuò, io vado a lavoro, mi spacco la schiena, lui non fa niente, sta tutto il giorno in casa, e in dieci anni non mi ha mai fatto trovare un piatto di pasta caldo al mio ritorno. Vuole primo e secondo a pranzo e cena, la biancheria stirata, la casa pulita. Non mi vuole, però conta i minuti che passo in bagno prima di andare a lavoro, mi insulta se mi trucco, non vuole che indossi una gonna e poi mi dice che non lo attraggo perché sono sempre vestita come un uomo. E nonostante abbia raccolto chicchi di riso da ogni angolo della cucina fino a poco fa, a me pare di amarlo ancora. 


martedì 7 maggio 2013

Tema: Le ginocchia sul tappeto

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L'anno scorso di questi tempi mia mamma, in un tipico spleen di shopping femminile, ha deciso che proprio no, non poteva più fare a meno di un tappeto persiano. Trattasi di acquisto importante, che ha un significato iniziatico, prima pedina di un irrazionale e grottesco domino: va da sé che dopo avere acquistato il prezioso tappeto non potrai più fare a meno di una casa a Cortina e in effetti questa è un po' una scocciatura. 
Famiglia riunita al gran completo, soprattutto io che, in virtù di un viaggio di qualche anno fa in Marocco, e a mia volta vittima dei venditori di tappeti, sono assurta a ruolo di gran-visir del tappeto famigliare. Così si è palesato l'omino dei tappeti,  il quale, sebbene trapiantato a latitudine nord del 45° parallelo da diversi anni, non aveva ancora perso il gusto della vendita e ci ha srotolato i suoi tappeti sul pavimento di marmo. La tecnica è comprovata: il primo o il secondo tappeto srotolato è quello che comprerai e lui lo sa già; magicamente, anni prima di aver visto la tua casa ha portato i colori giusti e, psicologo del suk, te lo legge negli occhi che non te ne frega niente di quelle altre alternative, a te che già pensi a Cortina. Il tappeto così acquistato, un tripudio di uccellini e fiori sui toni del cipria e del blu, è diventato la star del salotto. 
Le sue frange vengono spazzolate e pettinate una volta a settimana, manco si trattasse di un purosangue da corsa. E tutti noi ci beiamo nel camminarci sopra mentre parliamo al telefonino, solo per il gusto di esercitare coi piedi una lieve pressione sulla lana morbida e sentire sotto i piedi l'altrettanto morbida resistenza elastica che il tappeto per qualche anno restituirà. Solo al bambino Alessio è consentito giocarci a palla sopra e, con grande gusto teatrale, mimare i tuffi dei calciatori grandi. Ora il punto è questo: ogni volta che lo guardo non posso fare a meno di pensare all'altro tappeto, senz'altro meno prezioso e sicuramente meno morbido che si tiene fra la lana svariate viti di orecchini femminili, tracce meritevoli di un'indagine alla CSI e, cosa più importante, le orme invisibili delle mie ginocchia. 

lunedì 6 maggio 2013

Tema: Lettera di Lady Gaga

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17 aprile 2013, New York.

Carissimi Monsters,
Oggi e il resto dei giorni mi avete dato molta forza. Avete reso possibile il mio sogno: quello di essere sentita in radio dal mio ex e che lui potesse tutte le volte impallidire pensando cosa avesse lasciato. Siete la cosa più dolce che io possa dire di avere. Tuttavia devo darvi un annuncio che vi spezzerà il cuore: tutto è successo così in fretta, ma quando è arrivato il momento di affrontarlo ho riflettuto sulle tante storie ed esperienze che avete condiviso. Una grave malattia mi sta mangiando il seno. Ieri ho convocato la stampa; ma quella cagna di Laurieann Gibson ha voluto prendere il sopravvento e non mi ha lasciato parlare, poi voi lo sapete come non mai quanto io non ami parlare in pubblico. Io e il mio talento ci siamo sentiti minacciati dalla sua presenza. Questo fa parte dell’ipocrisia dell’industria musicale contro cui mi trovo a combattere tutti i giorni. Ieri ho inaugurato la mia mostra personale dove ho esposto la mia collezione di vestiti e i migliori artisti, le loro performance più grandi. Durante questo vernissage ho osato, come mai prima nella mia carriera artpop: mi sono liberata con un rutto e loro mi hanno tacciato di maleducazione. Mi sento inutile umiliata. Ursula mi vuole sempre di più, si sta prendendo la mia anima pezzo per pezzo. Non ho più voce per dire quanto vi ami, e non so come esprimere il piacere degli incontri nel backstage, nel leggere le vostre lettere, nel vedervi condividere la triste notizia. Mi sto chiedendo ancora come ho permesso ad Ursula di vincere.

sabato 4 maggio 2013

Tema: So che da queste parti si fa tanta cultura e ne sono totalmente estraneo

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So che da queste parti si fa tanta cultura e ne sono totalmente estraneo. E non mi stupisce che ne sono totalmente estraneo perché quando mi è stato passato uno dei primi libri che ho letto – lo Spaccio de la bestia trionfante di Giordano Bruno – io non l’ho capito. Vi confido che ho degli amici molto colti che si prendono gioco di me perché non capisco questo tipo di letteratura. Amano farmi ubriacare e rendermi molesto, mi fanno leggere le opere di importanti filosofi e scienziati e ridono del mio disgusto e della mia faccia perplessa. Ed è proprio durante uno di questi pomeriggi che mi sono trovato fra le mani un libello minuscolo, con le pagine sottilissime e la rilegatura flessibile. *** mi ha detto che l’aveva rubato a ***, la sua vecchia scopa-amica, che a sua volta l’aveva preso da ***, il nostro pusher di fiducia, che come ogni rumeno che si rispetti è analfabeta. Analfabeta ma non stupido e, come ogni rumeno che si rispetti riesce sempre a distinguere le cose che hanno valore da quelle che non ce l’hanno, ragion per cui è stato il primo oggetto che ha intascato durante il sacco a casa di un suo cliente vecchissimo, che non conosciamo e che secondo noi è massone perché i massoni possiedono questi libri vecchi e strani. Ho provato un forte interesse per quel libello minuscolo ed ho subito chiesto a *** di passarmelo. Il giorno seguente ho iniziato a leggere, sennonché dopo un quarto d’ora scarso mi è passata la voglia di pensare e sono andato a cercare *** per farmi fare una sega. L’ho finito con calma nell’arco di quattro mesi al ritmo dei fantastici pompini di ***, le lezioni di semiotica e le scorribande con quel branco di maniaci dei miei amici. Non è che l’abbia capito proprio bene bene e da oggetto di culto si è trasformato presto in inutile soprammobile. So che da queste parti si fa tanta cultura e che spesso il lettore medio è una persona istruita, così ho deciso di darlo via al miglior offerente. Non accetto esclusivamente soldi. Anzi una bella scopata è molto meglio di dieci euro. Contattare a questo indirizzo: la.scrivania@gmail.com
Segue un frammento che ho ritenuto importante e decisivo.

mercoledì 1 maggio 2013

Tema: Undercover di Roberto Riccardi edizioni e/o

Sezione: Gli amici della Maestra
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1.

Calabria, 1985

La lattina di birra rotola veloce lungo la strada scoscesa. Il suo fragore fa voltare le vecchie sulle seggiole, davanti agli usci delle case. Sono l’anima del paese queste donne dai volti scavati, tutte uguali nei loro fazzoletti neri, nelle vesti lunghe fino ai piedi, affacciate sul mondo come se lo guardassero  dal ponte di una nave, come se non fossero mare anche loro. Quegli occhi scuri hanno visto tutto, ma di fronte a una domanda si voltano altrove, e se lo trovi strano vuol dire che sei un forestiero, la gente del posto sa bene come vanno le cose sotto la barba dell’Aspromonte.  
I due bambini rincorrono l’improvvisato pallone sino a perdere il fiato, gli sguardi ebbri di vita che spera. La lattina arranca, ha incontrato una pendenza, poi un piede la blocca. La figura possente nasconde il cielo, è l’apparizione di un dio. Nino non ha bisogno di alzare gli occhi: riconosce l’uomo dalle scarpe, che pulisce ogni sera prima di coricarsi.
«Papà!».
La figura si china e gli parla sottovoce, con un tono di lama affilata.
«Quante volte ti dissi di non giocare coi figli degli sbirri?».
Il bambino vorrebbe piangere, invece si gira verso l’amico con un’aria corrucciata.
«Rocco, devo andare a casa».
L’altro, fermo a venti passi, accenna un saluto. Forse ha capito e forse no. Non sa ancora tante cose, alla vita bisogna dare il tempo d’insegnare.
  

Tema: L'arte del Marioni

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- Scusi, ma lei dove vuole andare con questo sole giallo? – chiese il Dottor Li Manni. Aveva la voce di un attore di teatro. La sua barba era bianca, corta e ben pettinata. Sembrava il migliore fra tutti i “padreterni”.
- Non ho capito! – disse il Marioni che, al contrario, pareva un impiegatuccio statale!
Il dottor Li Manni con le mani giunte, disse: - È difficile vendere un quadro con un sole giallo.
- È un buon lavoro, non crede?
- Ma cosa c’entra il buon lavoro adesso. Questa è una galleria d’arte contemporanea! Ha presente?
- Certo! Il quadro l’ho finito giusto ieri sera, più contemporaneo di così!
- Scusi Marioni, ma lei ci è o ci fa?  Su, via, la gente vuole cose nuove, cose strane. Chi spenderebbe mai due o tremila euro per un sole giallo. Guardando il cielo si trova gratis, Marioni!
- Ma è un sole bellissimo, lei non ha idea di cosa non ho fatto per trovare il colore giusto.
Ci aveva perso quasi gli occhi a furia di cercare. 

- Lei non capisce, qui parliamo di arte con la A maiuscola. La gente, guardando un’opera, ha bisogno di stupirsi, entusiasmarsi, eccitarsi! Scelga lei la parola, ma la sostanza è questa.
- Io mi sono emozionato dipingendo.