domenica 30 giugno 2013

Tema : Viva l' IKEA 2


Lettera aperta a tutti gli uomini che la propria amante una domenica pomeriggio gli chieda, “amore andiamo all’Ikea?”

E’ come un accecante lampo di luce nelle buie noiosissime domeniche pomeriggio, tra figli che non vogliono fare i compiti assegnatogli per il lunedì da maestre acidissime e mogli predicanti al telefono con amiche inguaiate. Divanato, telecomandato, faccio zapping. Obnubilato dal pranzo pantagruelico domenicale. Sconsolato mi afferro a due mani il canotto che mi si è gonfiato da anni sullo stomaco. Catanazzo si è piazzato lì e non si sgonfia nemmeno se provo a dargli due coltellate! Un eterno Zodiac, messo lì in rimessaggio da anni.
Di tanto in tanto emetto suoni gutturali privi di significato, utili solo a tenere sotto controllo la situazione disciplinatoria dei pargoli. “Marcello! Stai facendo i compt...grulltk...” e mi rispengo. Guardo di tanto in tanto il cellulare nella vana speranza di un segnale di vita da parte della mia amata amante.
Ho una splendida amante! Una meravigliosa straordinaria giovanissima creatura, caduta dal cielo in questa valle di lacrime! Telecomando, cellulare e suoni gutturali a rimbrottare sempre i pargoli...”Silvia!...non disturb...aaargre  tuo frate...sfrotorosk...”


venerdì 28 giugno 2013

Tema: Egregio autore

Svolgimento

Egregio autore,
da quella sera di giugno dell’anno scorso, in cui ho avuto in mano, per la prima volta in vita mia, il tuo libro: “Mi compro una Gilera”, io da quella sera lì che l’ho letto tutto in una notte, non ho più avuto pace.
Da quella sera di giugno, che ho preso in mano in libreria quel libro lì, che se ti devo essere sincera, ho notato più che altro per la copertina e per il titolo, perché di nome io no, non ti conoscevo affatto, non ti avevo mai neanche sentito nominare, io comunque da quella sera lì, di giugno dell’anno scorso, io ho sentito come una specie di urgenza improvvisa di dover leggere quasi per forza, tutti gli altri libri che avevi scritto, anche quelli che non si trovavano più, ma che ordinandoli in una certa libreria che conosco io, che ti trova anche le cose introvabili, e aspettandoli pazientemente per settimane, poi alla fine arrivavano, e così, egregio autore, io posso dire tranquillamente senza che nessuno possa smentirmi, che i tuoi libri me li sono letti quasi tutti, me li sono letti avidamente, senza saltare nessuna pagina, neanche quelle più noiose, ché qualcuna ce n’è, non troppe ma qualcuna noiosa si c’è: te lo devo proprio dire.
Egregio autore, da quella sera lì io poi, cercando sulla Rete ho scoperto le letture dei russi che ti piace registrare per farle sentire a tutti (perché si vede che non sei così schivo come ci vuoi far credere), e adesso quando ho un attimo di tempo, me le ascolto una dopo l’altra, col risultato che la tua voce a furia di sentirla, con quella tipica cadenza di Parma (e secondo me tu ci marci un po’ su, con quella cadenza la calchi un po’, mica è normale averla così marcata), io adesso a furia di ascoltarla, la tua voce non me la tolgo più dalla testa, mi risuona nelle orecchie come una giaculatoria religiosa, anzi mi ronza in testa come il rumore che fa il moscone quando sbatte sulla finestra.
 

giovedì 27 giugno 2013

Tema: La canzone del bambino scomparso di Giovanni Pannacci Giulio Perrone Editore

Sezione: Gli amici della Maestra
Svolgimento



Raffaella Carrà si librava nell’aria cristallina di una mattina di giugno. 
Le gambe, tornite e dritte, spuntavano da un body luccicante.
Le braccia erano abbandonate lungo i fianchi. 
Neanche un capello fuori posto, a parte il lungo filo che le usciva dalla testa.
Pochi centimetri dietro di lei, Loretta Goggi scivolava a sua volta leggera nel vento. Era vestita di chiffon e anche lei aveva un filo conficcato nella testa.
Ultima era Mita Medici, volava male, più lenta e più in basso delle altre. 
Questo perché Vincenzo odiava sudare, così correva piano e la foto stentava a prendere quota. 
Che gioco cretino. E poi lui Mita Medici non la voleva. Lui voleva la Carrà. Ma la Carrà l’aveva rubata Boris, che s’era intromesso solo perché non aveva niente di meglio da fare. Vincenzo aveva passato due ore a ritagliare le tre show girl da una vecchia copia di Sorrisi e Canzoni, voleva giocare da solo e il suo sarebbe stato tutto un altro gioco. Poi era arrivata Mariella, che aveva avuto l’idea di attaccare i fili. Probabilmente pensava di creare qualcosa di simile a delle marionette. Invece Boris, tanto per ridicolizzare il loro gioco, aveva arraffato la Carrà e s’era messo a correre. Quella scema di Mariella aveva subito trovato la cosa divertente e lo aveva seguito, trascinandosi dietro la Goggi. A Vincenzo non restò che seguirli, più che altro perché voleva recuperare le sue foto. Si sentiva abbastanza a disagio a correre in quel modo, soprattutto perché gli era toccata Mita Medici. Chi era Mita Medici, si domandava sull’orlo del pianto. Una che aveva fatto Canzonissima in un teatro piccolo, con pochi ballerini e una sigla bruttissima. Quelli della televisione avevano deciso di trasmetterla la domenica pomeriggio, così la gente stava a casa a guardare la tv invece di andare in giro con la macchina, che tanto con la macchina non ci si poteva andare perché c’è la crisi e la benzina è finita. Questo, almeno, gli aveva spiegato confusamente sua mamma l’inverno scorso, promettendogli che, se faceva il bravo, gli avrebbe comprato i pattini per pattinare lungo la statale le domeniche che non circolavano le macchine. Invece le macchine avevano ripreso a circolare e lui niente pattini.
Intanto, mentre Mita Medici perdeva sempre più quota, Raffaella e Loretta, inarrivabili come due comete, svoltarono l’angolo della casa e scivolarono – una di qua, l’altra di là – ai lati delle orecchie di Rino Vanarosa, babbo di Vincenzo.

martedì 25 giugno 2013

Tema : Goran il violinista



Svolgimento

La discarica nei pressi della periferia della città era un posto pieno di anime. Giravano,ogni tanto si specchiavano negli occhi di chi incontravano e poi, vedendo un volto che non conoscevano, si voltavano e girovagavano da un'altra parte. Goran era un abitante di quella discarica, a tempo perso raccattava qua e là qualche cianfrusaglia e la faceva sua: la sua baracca era un museo.
La vita di Goran passava lenta, ma comunque in modo piacevole, aveva il suo vino, il suo fuoco e il suo violino. Però ogni tanto quella vita tranquilla era rovinata dai volontari di qualche associazione benefica, soprattutto cristiani, che gli imponevano di lavarsi, di non mangiare porcherie per un pezzo e di andarci piano con il vino. Che si fottano, pensava Goran, non sistemeranno l’immondezzaio che hanno nell’anima con qualche buona azione da quattro soldi, e lasciate una brava persona a bere il suo vino in pace.
Era scesa la sera e Goran aveva acceso un fuocherello bruciando qualche pezzo di legno e il copertone di una vecchia macchina. Il fumo del copertone dicevano che fosse tossico e che uccidesse, ma cosa in questa cazzo di vita non uccide? Anche starsene fermi per un ora in casa senza fare niente, ti toglie un ora di vita. Quindi lasciatemi bruciare ciò che più mi piace, pensava Goran.



domenica 23 giugno 2013

Tema : Delizia

Svolgimento 


Delizia e suo fratello sono soli al mondo, abitano in una casa ai margini della periferia, abusiva tutta quanta, calcinacci al posto del marciapiede, liquami in ruscello che scorrono lungo la cunetta della strada. Qui non c’è nemmeno l’illuminazione pubblica, la sera. C’è il buio, non va bene uscire di casa dopo il tramonto e c’è una sensazione di foschia che pervade tutta la storia. 
Ma ecco Delizia che, ricordandosi del suo nome niente male, si fa bella di rossetto e calza scura, con tacco alto e va a lavorare. Il fratello, da buon parente comprensivo, le fa un’ultima raccomandazione, Sta’ attenta, non fare tardi e altre frasi. Lei non lo sente e richiude la porta immergendosi nell’oscurità densa un po’ umida. 
Possiamo a questo punto inserire il latrato di un cane randagio inselvatichito che vaga per le discariche del quartiere, di giorno fruga tra gli avanzi, di notte si sente solo e randagio come un cane. Infatti latra e delizia le orecchie di chi vorrebbe dormire, anche da abusivo, Delizia non l’ascolta e sbatte le palpebre più volte per abituarsi alla mancanza di luce artificiale. 
Potrebbe essere un agosto nuvoloso, con poche stelle dietro il profilo dei palazzi. Lei va a lavorare proprio lì vicino, dietro l’angolo, sulla strada di servizio parallela alla circonvallazione, non è un buon posto, ma di questi tempi è meglio accontentarsi. 
Si ferma sul limite segnato dal guard-rail, si guarda intorno in completa solitudine. Tutta questa solitudine non è gradita a nessuno, infatti in lontananza cominciano a farsi strada in coppia i fari di un’automobile di piccola cilindrata, vengono vicini con lentezza, per un paio di righe ancora.

sabato 22 giugno 2013

Tema: Tutti nudi

Svolgimento

Meno ce n’è e più diventa importante. 
In tempi in cui guardi i tg e i giornalisti sembrano quasi imbarazzati nel dover snocciolare tutte quelle cifre, quelle formule astruse, quei calcoli e ricalcoli, tutti a dire in soldoni – si si, proprio “in soldoni” - che siamo nella merda, e che il futuro prossimo è buio, in tempi così risicati e austerizzati, in tempi di Crisi così evidente, pronunciata e rimbalzata dai mass media alle bocche dei vecchietti sul bus, in tempi così simpatici e caratteristici – sapori forti, gente, nessuna raffinatezza! – l’ossessione dei soldi e delle comodità e della vita materiale e del tenore di vita e della scala sociale diventa sempre più grande. Sempre più preoccupante.
Ossessione.
Soldi ce n’è sempre meno e quindi i soldi diventano sempre più importanti. Sempre meno mezzo e sempre più fine. Denaro e progetti di vita basati sul denaro, casa macchina farsi una famiglia, la sicurezza economica. Non dover pensare più ai soldi. Più certe cose diventano lontane e disperate più le si sogna e più diventano valori in sé, Valori e basta.

venerdì 21 giugno 2013

Tema : Salvato'

Svolgimento

Sabato mattina fuga al mare. Equipaggiamento leggero ed essenziale. Zainetto, telo da mare, borraccia, occhiali da sole, costumino d’ordinanza e rigoroso mp3 carico. La scelta musicale questa volta è per l’immenso Toots Thielemans. Ok, si parte destinazione “secret place” ovverosia lunga spiaggia isolata con soffice sabbia dorata per completo ed assoluto relax. Adoro quel posto di prima estate. Sublime. Tardo mezzogiorno son lì. Il sole picchia già come un fabbro. Mi posiziono a pochi metri dal bagnasciuga per godere al meglio la leggera brezza del maestrale in arrivo. Toots mi accompagna dolcemente con le sue lievi note. Lo ascolto a volume basso affinché possa sentire il respiro del mare e le urla incantate dei gabbiani. Anche l’amichevole immancabile “Ciao Cumpà!” di qualche venditore colorato di passaggio. Godo del creato. Se ci fosse qualche cherubino a farmi aria con le alette e la dea Kalì a scecherare un cocktail analcolico sarebbe paradisiaco. Ma so accontentarmi.


Ma proprio in quel momento di pace assoluta, di puro contatto con l’estremo, alle porte del Walhalla, che il beffardo destino si fa gioco di me. La puntina, sul 33 giri della vita, graffia l’intero lato A spezzando inesorabilmente il magico incantesimo. Il gabbiamo cade giù a piombo. Toots ingoia l’armonica. Odo un grido lungo e lacerante: “Papààààààààààààà….papààààààààààà…mettimmec’ andò stà o’ signoreeeeeeee!” dalla duna scorgo un barilotto pallone munito in canottiera rossa e berrettino di due misure più piccolo calzato a forza su di un capoccione nero riccioluto. Circa sei anni. In possesso di regolare foglio rosa di killer da spiaggia. Prossimo alla patente. Dietro di lui spunta anche il padre, sicuramente sotto l’effetto di psicofarmaci, carico come un dromedario transahariano. Infine la madre, sui quaranta chili, trascina un baule su ruote. Sicuramente cibarie al fresco. 

Se solo avessi una lampada di Aldino, di quelle in maxiofferta, desidererei tre sole cose. Primo. Che gli esplodesse il pallone tra le mani. Secondo. L’imminente ritorno di Erode. Terzo. Che si materializzasse così dal nulla un portentoso recinto elettrificato a 100.000 volt intorno a me e che carbonizzasse all’istante chiunque osasse penetrarvi. Ci sono trenta chilometri di spiaggia libera, ma potente Nettuno, ma perché devi venire nel mio secret place? Perché? Perché? Perché? Serro i pugni semisvenuto sul telo. Immobile. “Salvatò statt’ accuort’ cu sto pallone!” ecco si chiama Salvatore il killer spiaggifero. Parcheggiano a pochi metri da me. La pace è finita. Amen. “Salvatò mi raccomando il signore” lo catechizza il dromedario. La madre assorta tace. Salvatore invece rimbalza in perfetta sintonia con la palla. Tendo l’orecchio nella speranza di cogliere un improvviso pzooot dal recinto. Ma niente. Sento solo i colpi sordi al pallone.

mercoledì 19 giugno 2013

Tema: La lepre bianca

Svolgimento

Dettagli, solo quelli riusciva a vedere. Dettagli minimi senza nessuna importanza, che si affastellavano nella sua testa, come covoni disordinati, mentre guardava la scena da quel tratto di strada che si perde tortuosa tra mais e menta, in ordine anche per alfabeto . “La linea della strada è il segno delle sconfitte o delle vittorie” pensava “una strada diritta, una napoleonica, è il segno di una dittatura, l’imposizione sulla carta della volontà di ridurre tempi di percorso, tempi di attesa, volontà di annullare il viaggio per l’urgenza del raggiungere, per la premura del fare. Un viottolo storto, un po’ sghembo, tortuoso, riluttante a raddrizzarsi anche in vista della meta, era il segno del sacrificio, del non dover chiedere attraversamenti, riduzioni, spostamenti, cessioni di parti. Apparentemente una sconfitta contro il tempo e la natura, anche quella umana che non sa privarsi di quello che gli pare proprio e che invece  è solo occasionale; in realtà è la più solenne delle vittorie. Per percorrere questa strada dovevi averne di tempo e non facevi torto a nessuno”. Questo a Ettore piaceva.
Gli piaceva pedalare piano per quella strada che costeggiava poche cascine e un paio di fontanili. Ettore ne conosceva tutti i dettagli, sapeva i mattoni sull’angolo della cascina rossa. Ricordava esattamente la buca dopo l’olmo, che veniva dopo il ponte, sull’unico fosso attraversato. Quella buca per quanto si facesse, restava sempre. Veniva coperta ad ogni elezione, riempita di asfalto e promesse come tante altre strade, ma bastavano già i primi grossi temporali estivi, quelli che facevano tracimare i fossi, come le prime difficoltà della giunta alle prese con un bilancio sempre più smilzo, per lavare la stradina e levare i grumetti di asfalto, gettati li a palate, che non si erano amalgamati, come le parole delle campagne elettorali. Buttati li ma non cementati da nessun processo di coesione. Coesione gli faceva venire in mente l’uovo aggiunto alla farina, se non ci fosse, la pasta sarebbe friabile. “Ecco la volontà politica è l’uovo, che poi è vita, se no restano frammenti, promesse buttate li… devo ricordarmelo per il prossimo discorso”.  Si ma il prossimo discorso di uno sconfitto da poco non sarebbe stato vicino, forse solo alla prossima campagna.


martedì 18 giugno 2013

Tema: Elementi di calcolo delle probabilità

Svolgimento


In matematica si definisce “funzione” quella relazione che associa uno ed un solo elemento x di un qualsiasi insieme di partenza X non vuoto ad un elemento y di un altro insieme non vuoto Y.
Osserviamo un fenomeno empiricamente, in modo da vedere se esista per il detto fenomeno una funzione di ripartizione e se sia possibile stabilirla con certezza.
Prendiamo ad esempio la variabile stocastica definita dalle precipitazioni atmosferiche in una data zona, dandole valore zero in caso di assenza di precipitazioni e valore 1 in caso di pioggia. La variabile è discreta, e può quindi essere retta da una funzione di distribuzione discreta.
Analizziamo la possibilità che un qualsiasi evento esterno possa influenzare la possibilità delle precipitazioni, che sappiamo ruotare attorno ad una media stagionale: la funzione che cerchiamo, ammesso che sia applicabile, sarà una distribuzione di Poisson. La distribuzione di Poisson esprime le probabilità per il numero di eventi che si verificano in successione ed indipendentemente in un dato intervallo di tempo, sapendo che mediamente se ne verifica un numero N.

lunedì 17 giugno 2013

Tema: M.M.I., ovvero prospettive ezioPATOgenetiche sulla mascolinità

Svolgimento

Partiamo da un necessario presupposto.
Lo sviluppo individuale dell’M.M.I. (Maschio Medio Italiota) è determinato dal ruolo sessuale che la cultura si aspetta che lui assuma: uomo beaudelairiano medio, berlusconiano medio o tariconiano medio – pace all’alma sua – a seconda dell’estrazione sociale, ma in ogni caso tutto muscoli o cervello, ego, pene et Ego. (Ops, tautologia).
Che poi l’M.M.I. sia full optional, con accessori chic come la smart o gli occhiali a montatura spessa e nera che vanno di moda oggi o una reflex-prolungamento del suo fallo o ancora solo un’affascinante borsetta post-sessantottina… beh, questo è opinabile.
Ciò che conta è che egli trovi un modo per sedimentare e rigonfiare non solo ciò che ha in mezzo alle gambe, ma anche ciò che crede di avere dentro il cervello.
Ed è ancora una volta opinabile che per farlo egli sfoderi:
a) un fascino che ammazza le lumache in inverno;
b) un cervellone da narciso einsteniano;
c) il solo ben celato desiderio di comandarti senza che possieda nessuna particolare dote per farlo.
Perché in ogni caso, purtroppo, è questo che lui, per cultura, sarà tendente a fare, sentendosi tremendamente umiliato se tu-donna hai più amici, se tu per caso lavori e lui no (o se, malauguratamente, guadagni più di lui), se parli più di lui, se tu sei più puntuale, organizzata e responsabile di lui, o se – per tua sfortuna – hai più 30 di lui nel libretto. Maledetta vulva.

Ma partiamo dalle origini del male.

sabato 15 giugno 2013

Tema: Io e la mia Scuola. Cosa faresti per migliorarla?

Svolgimento

Mi namo Emma, ajo sei anni a frequenzo la classe quinta del Liceo Linguistico “Gige D’Alessio”.
La mia scola è la più granne de Milano: ci sunno tante sezioni e moltissimi iscritti. Solo nella mia classe (quinta A) semmo in 7.320.
Ricordo con nostalgia il primo anno, quando eravamo in 12.000… Troppi compagni non erano rolati per lo studio, quindi lascianno scola e dedicarsi a other.
Io appartegnio al gruppo di fortunati che non ha mai avuti pobblemmi con i voti.
Sò sempre stata promoxa, anche se a mia insaputa.
Oggi è stata ‘na giornata fantasticha, il profe d’Immoralismo ci ha portati al nuovo Parco (lì dove prima c’era il Duomo Cotico) perché l’aula de Filosofia è crollata all’improviso e semo dovuto uscire.
L’aria fora era danvero pulitissima: per cinque minuti, addirizura, ci siemo tolti la bummola d’ossigeno e abbiamo inalato la breza che veniva dalla lontana palude.
Adoro correre nella mea città, annando in decompressione. Al termine della lezione di Inglese lo faccio sempre, perché ho un’ora buca prima della section de Relijone.

giovedì 13 giugno 2013

Muses. La decima musa. Francesco Falconi. Mondadori

Sezione: Gli amici della Mestra
Svolgimento


prologo
PASSATO REMOTO

L’oscurità si squarcia. Veli di tenebre si diradano.
È come se fossi stata trasportata lontano. In un luogo e un tempo remoti. Il mio corpo si riflette sul marmo lucido del pavimento. Un alone che non riconosco. Non sono io. Non sono i miei lineamenti. È un uomo.
Poggio il violino sulle ginocchia, sopra la veste. Sfioro la cassa armonica, dalla bombatura accentuata e dalla verniciatura bruna, fino a lambire le corde. Batto le nocche della mano sul legno d’acero, e ascolto l’eco del suono che svanisce nel silenzio.
Sorrido. La mia opera d’arte, l’unico capolavoro degno di me. Io, il Padre delle Muse. Apollo.
Mi alzo in piedi e poso il violino a terra, vicino alla poltrona. Cammino lungo la sala immersa nella penombra, appena rischiarata dai candelabri ai quattro angoli della stanza. In fondo, la statua che mi raffigura spunta dall’oscurità. La osservo per un istante, seguo le curve del marmo. Ho lasciato che la scoprissero ad Anzio, cento anni fa, perché la considero il modello assoluto di perfezione estetica. La copia dell’opera di Leocare, che ha immortalato l’istante in cui ho ucciso Pitone.
Raggiungo la finestra e scosto la tenda. Guardo di sotto. Scorgo il piano delle logge e, in lontananza, il molo.
La notte ha inghiottito ogni angolo di Venezia. L’acqua dei canali è scura e densa come olio, nessuno si avventura per le strade a quest’ora così tarda. Il tempo, del resto, non è dei migliori. Il cielo, coperto da nuvole scure come antracite, è crepato da una ragnatela di lampi. I tuoni, in lontananza, rimbombano cupi.

mercoledì 12 giugno 2013

Tema: lettere dal Mozambico

Svolgimento

Cari amici e care amiche, torniamo a scrivervi dopo un po’ di tempo per condividere con voi la nostra vita qua a Taninga. 
Stiamo uscendo da un periodo piuttosto difficile, ma ora ci sentiamo pronti per raccontarvi. Luca si e’ preso la malaria due volte in quindici giorni, o forse la seconda era solo la ripresa della prima che non era passata del tutto, pero’ la ricaduta e’ stata piuttosto forte. 
Si e’ rimesso bene e in fretta, ma subito dopo l’ha presa Emilia, e’ stata molto male i primi due giorni, poi come normalmente succede se il trattamento funziona, il terzo giorno le si e’ abbassata la febbre ed e’ tornata ad essere l’energia allo stato puro di sempre. 
Riguardo a me (Giulia), beh, io nel frattempo ero rimasta incinta ed ero alle prime settimane, ma non appena Emilia si e’ rimessa ho iniziato ad avere delle perdite di sangue e ho perso il bambino. 
Se fossimo stati mozambicani avremmo pensato che qualcuno ci ha voluto male, vittime della “feitiçaria”! Per non parlare del cobra che ci siamo trovati in casa al nostro risveglio l’altra mattina, arrotolato alla maniglia della porta… si si, chiara e evidente presenza di spiriti maligni!
Stiamo scherzando, ovviamente, anche se da queste parti su queste cose non ci scherza nessuno. Comunque stiamo tutti bene ora, compresi Samuele e Stefano, padre Pepe e la famiglia Cento che in questi giorni e’ fuori per un corso, ma che aspettiamo per sabato.
A volte ci sono periodi difficili da affrontare, ma fanno parte della vita e ci ricordano la nostra fragilità, davvero niente e’ nelle nostre mani, siamo un soffio, dice il Qoelet!
Quello che e’ importante e’ saper affrontare ogni giorno con tutto quello che contiene, sempre ringraziando. Perché dove c’e’ il bello il Signore e’ presente, e dove c’e’ il brutto, Lui e’ presente lo stesso per affrontarlo con noi e darci la forza di superarlo.
Girando pagina, qui le attività pastorali continuano a pieno ritmo, siamo tutti piuttosto presi, ognuno secondo i propri impegni e responsabilità. 

martedì 11 giugno 2013

Tema : Piccoli passi

Svolgimento:


Se dovessi raccontare tutta la mia vita, non basterebbero i giorni del mondo. Così come non basterebbero per descrivere i miei compagni di viaggio. Certo è che fra me e loro l’unica cosa certa era la verità. Ma andiamo con calma.
Il mio primo amico non aveva capito bene quale era la mia forza. Nemmeno lui si era accorto quando abbiamo cominciato a viaggiare insieme.
Certo ha faticato molto a capire perché non poteva fare a meno nella mia compagnia, ma dopo aver sopito parte dei suoi istinti ha dovuto, si fa per dire, fare i conti anche con me.
Ha iniziato a tracciarmi nella polvere, con mezzi rudimentali, e molto spesso ricominciava da capo, come se non capisse il senso di quanto lui stesso lasciava sulla terra.
Forse è per questo che ha preferito segnarmi sulle pareti delle caverne lasciando tracce con un pezzo di legno bruciato dal fuoco.

lunedì 10 giugno 2013

Tema: Per sempre

Svolgimento

Ci sono poche cose che mi fanno piangere senza controllo: i matrimoni e i funerali. Riflettendoci bene sono arrivata alla conclusione che è il "per sempre" ad aprire le dighe dei miei dotti lacrimali. Sì, il giurarsi qualcosa che sia per sempre, o mettersi sdraiati a mani giunte. In entrambi i casi si cerca di farlo con l'abito buono! Quello che ha smesso l'odore di ammorbidente a favore della canfora o dell'antitarme. 
Morire, di questi tempi, è più semplice che sposarsi. Bisogna essere onesti. Morire non costa nulla. I vicini, quando iniziano a vedere il via vai di preti, infermieri e addetti delle pompe funebri, iniziano pure ad abbassare lo stereo in cucina e a tenere i bambini in casa, affinché non facciano casino in cortile. La mia amica Gina poi, gratuitamente, si mette sempre a disposizione per guidare i rosari e le novene. Da giovane recitava in una filodrammatica e ha sempre avuto dimestichezza col parlare in pubblico. 
Sposarsi invece è roba da commercialisti! Far quadrare i conti tra pranzo, abiti, viaggio di nozze e cigni in peltro con spruzzi di tulle e nastrini, non è impresa da poco.
Una donna, per il giorno del proprio "sì", non sente ragioni di bilancio. Vuole l'azzurro oltre mare sulle palpebre e almeno qualcosa da strascicare sul sampietrino malfermo. A costo di rubare il mestiere ai netturbini, portandosi poi in chiesa cacche di piccioni, gomme da masticare e cicche di sigaretta!

domenica 9 giugno 2013

Tema: Di un grande falco che volava alto nel cielo, di una femmina nera e di avvoltoi che di carne facevano carogna

Svolgimento

C'era un grande falco che volava alto nel cielo. Questo grande falco che volava alto nel cielo combatteva sempre la femmina nera che teneva prigionieri tutti gli animali del bosco. Il grande falco che volava alto nel cielo scendeva in picchiata e beccava la femmina nera e le pizzicava ora il braccio, ora l'occhio, ora il piede. E la afferrava coi suoi artigli potenti di grande falco che volava alto nel cielo. Ma la femmina nera che teneva prigionieri tutti gli animali del bosco era protetta da tanti avvoltoi che le giravano intorno. Gli avvoltoi che giravano intorno alla femmina nera che teneva prigionieri tutti gli animali del bosco dicevano al grande falco che volava alto nel cielo che anche loro volevano ucciderla. Il grande falco che volava alto nel cielo lo sapeva benissimo che gli avvoltoi, anche se dicevano che lottavano con lui, erano sempre avvoltoi e degli avvoltoi non ci si può fidare.


sabato 8 giugno 2013

Tema: Babà Papà

Svolgimento

A Sua Maestà la Regina

Madame ma très chère fille,
la vita qui a Luneville migliora di giorno in giorno, amo la Lorena e i Lorenesi mi tributano un affetto incondizionato. C’è stato qualche disagio all’inizio, quando abbiamo dovuto essere ospiti del principe di Craon perché la reggia non era arredata giacché il duca mio predecessore l’ha vuotata completamente andando a raggiungere l’arciduchessa Maria-Teresa. Mi rendo conto che le preoccupazioni della Francia abbiano impedito al Re mio genero di prestarmi qualche mobile del gardemebule della Corona, ma per un uomo che è stato due volte re di Polonia e due volte è riparato in esilio sono quisquilie, poi Vostra Maestà stessa ricorderà che a Wissembourg vivevamo come dei postulanti qualsiasi.
Passo il tempo seguendo grandi progetti, ma très chère fille: ho intenzione di creare una Biblioteca Reale, un’Accademia a Nancy, aprire scuole e nuovi ospedali, e soprattutto voglio che in Lorena chiunque possa godere della più grande tolleranza: non c’è al mondo che una religione, ossia quella delle persone oneste, poiché costoro pensano ovunque allo stesso modo, quale che sia la loro religione, patria o lingua.
Vi è solo una cosa che mi rattrista e mi esaspera, Madame: la gola. Vostra Maestà mi conosce bene, sa che pecco e sono goloso, financo epicureo; sento la mancanza dei dolci della nostra terra natale. Sembra sia impossibile ottenere dei pasticceri lorenesi che sappiano fare dei dolci apprezzabili. Nulla che si avvicini al piernik al miele, al mazurek con la frutta secca, allo jablecznik… sempre e solo il sempiterno kugelhupf. Non che sia cattivo, Madame, ma è sempre quello, sempre quello. Secco, senza un sapore deciso, la sola cosa che gli dia un guizzo di vitalità è forse lo zucchero a velo.

venerdì 7 giugno 2013

Tema: Fiore di campo senza scampo

Svolgimento

Perché il fuoco, quest’elemento primordiale che riduce tutto in cenere e che non lascia via di fuga?
E’ il momento di agire: togliamo le erbacce. Ecco cosa ero divenuta per te: una malapianta, di quelle che crescono nei campi e che s’insinuano tra i fiori più belli, resistono alla siccità e nutrono gli armenti, quelle che se le calpesti ci provano a rialzare la testa, un poco maltrattate ma caparbie.
Ma non è stato sempre così. All’inizio ero un fiore, un fiore di giardino con lo stelo snello e i petali dal profumo stordente, dai colori forti e vermigli, e attenzione tenete bene a mente questo colore è l’ultimo che indosserò.
Poi d’improvviso sono divenuta malerba ai tuoi occhi e tu hai cominciato la tua guerra contro di me. Non l’ho compreso con immediatezza, e questo mi ha fregato, sai noi fiori vediamo il mondo a colori e ci incantiamo come i girasoli, e come a loro tu hai piegato a me la testa.
All’inizio ho perso qualche petalo, qualche altro si è strinato come se mi avesse sorpreso la brina di una stagione fuori tempo, ma poi mi chiedevi perdono ed io ti perdonavo e ancora rifiorivo.
Per qualche settimana sono andata in giro zoppicando sullo stelo e vedendo mezzo cielo e mezze facce, forse per questo non riuscivo a cogliere l’espressione interdetta e stupita dipinta sui volti di chi non mi gridava il suo amore, ma mi amava in silenzio.
Perché l’amore è veramente cieco e spesso anche sordo, è furia e violenza che scatena tempesta ed io mi ci trovavo in mezzo.
-“ma cosa dici mamma, lui mi ama, sai è un momento difficile non riesce a trovare lavoro, ma passerà”.
“Figlia mia un uomo che picchia una donna non merita nulla, è un animale, ho paura per te!” Fuggilo!”


mercoledì 5 giugno 2013

Tema: Molla l'incipit (romanzo di Sicilia sarà)

Svolgimento

Lo scirocco entra nella Panda verde con la violenza di una fornace incazzata in espansione. I finestrini dell’automobile sono abbassati e questo non aiuta l’abitacolo a rinfrescarsi, anzi, lo trasforma in un piccolo microonde sfondato con dentro un ciclone bollente. Il litorale è sgombro, alle sedici del pomeriggio con quella calura c’è poco da fare. Stare in casa diventa l’unica salvezza. Alla sua destra il mare è calmo e sa di fresco. La sabbia è maculata da banchi di alghe secche che nessuno si è preso la briga di togliere. Il mare avrebbe inghiottito tutto alla prossima marea. Pigramente Ariete aziona la freccia per svoltare a sinistra ed immettersi nel quartiere popolare Cappuccinelli, ma un motorino scassato lo sorpassa ad una velocità da Gran Premio sfiorando lo specchietto retrovisore e facendo inchiodare la Panda sull’asfalto rovente.

martedì 4 giugno 2013

Tema: Ti posso amare?

Svolgimento

- Ti posso amare?
- non  lo so
- Te l’avevo già detto?
- no
- Perché dici sempre no?
- non è vero
- Mi stai prendendo in giro?
- no
Fuori sta piovendo. Il vento improvviso muove con violenza la finestra e la chiude. Tutti e due pensano. Lei immagina il vetro della finestra che si frantuma, chiude gli occhi e tira su il lenzuolo per evitare le schegge. Lui cerca di ricordare il momento esatto in cui l’ha aperta e l’ha lasciata socchiusa, e il motivo per cui s’è interrotto e non ha completato l’azione. Il vetro non si rompe e il vento riapre la porta verso la pioggia, più di prima.
Un lampo bianco per via dei muri sfrigola su ogni oggetto. Per un secondo tutto diventa enorme. Il tuono segue quasi immediato: uno schianto che fa buio. Letteralmente. Manca la corrente. Lei non può vedere gli occhi di lui, era già sotto il lenzuolo, non vuole nemmeno. Lui non solleva il lenzuolo per guardarla, allunga la mano a memoria e segue a curva, piano, sopra, la sua forma intuita.  S’interrompe un attimo prima di toccare il lenzuolo che la copre. Poggia la mano ma poi si ferma, non sa dove.
Vibra ancora il letto quando lui chiede:
- Non è mai stato così vicino?
- ho pochi ricordi come questo
- Sei sempre così attenta ai tuoi ricordi?
- mi hanno insegnato a proteggerti da loro.
Lui è deluso, non è la risposta giusta, è vera, non ha fantasia, non mente come sarebbe giusto. Ha provato ad accenderla con tutte le domande che pensava potessero servire. Lei ha sempre risposto. Mai un silenzio, mai un’altra domanda.


lunedì 3 giugno 2013

Tema: Cane e pecore

Svolgimento


Il ragazzino che non vuole studiare, arranca, suda sui libri, addirittura sembra li legga e non li capisca, si sforza, più li sfoglia, più si svoglia. Dai libri non esce niente di buono per lui, la sua formazione scolastica è disorganica, incompleta, potrebbe fare di più ma non s’impegna, con una predisposizione notevole per il vagheggiamento, per lo sconfinamento oltre i margini dei libri, sempre teso a inseguire la forma delle nuvole. 
Il padre lo avvicina rare volte, soprattutto per rimproveri, sostenendo che siano la migliore arma in possesso del genitore, dopo la cintura di cuoio e la mano aperta. Questa volta è per dirgli che non lo manda più a scuola anzi, prima che riprenda sonno sul tavolo della cucina, ha già parlato con il vicino. 
Allevatore di pecore, pecore in gregge, cioè all’aperto, allo stesso modo che si usava nei tempi passati. Pecore felici impegnate a sconfinare oltre i limiti del prato, libere inseguitrici di nuvole. 
Il ragazzo è la prima volta che prova riconoscenza, guarda il padre e gli s’illuminano gli occhi. Non sa dire grazie, né altro, Questo voglio fare, pensa. Invece abbassa la testa e risponde Vabbé e subito dopo si gira a chiudere il libro sul tavolo. 
Un gregge tutto per lui, bastone, tracolla, scarponcini. Il primo giorno, solstizio d’estate. Niente ansia da storia e geografia, basta con l’angoscia del problema di aritmetica, finita la vergogna della lettura delle poesie in classe. Un gregge di animali ricciuti, che cammina sbandando ai lati della trazzera, raccogliendo germogli con le labbra e capolini spinosi con la lana. 
Quando svoltano la collina e si allontanano dal paese, il ragazzo conta le pietre che affiorano lungo la strada battuta, le conta e subito le dimentica. Salgono insieme lentamente verso il montagnone. 
C’è pure un cane in dotazione, ma la sua presenza si limita all’ansimare veloce vibrante della lingua canina. Non è mai riuscito a comunicare con le pecore, né con il suo padrone e questo lo rammarica molto, facendolo ansimare in continuazione, anche se non è stanco. Sta in posa come se avesse qualcosa da dire, proprio sulla punta della lingua umida, ma una pecora ogni tanto lo urta e gli fa dimenticare quello che stava per esporre. Ecco che subito ripiomba nella depressione dell’incomunicabilità, di certo questo cane è più triste delle pecore che accompagna. 

sabato 1 giugno 2013

Tema: Verde

Svolgimento

La scala a chiocciola verde si è arrugginita dopo tutti questi anni e tutta questa pioggia. Ventisette gradini, che quando ero bambino mi facevano più paura dei mostri sotto al letto, perché mi sembrava sempre di cadere, tutte le volte che le facevo per andare dentro alla piscina di plastica montata su, in terrazzo. La nonna si lamentava sempre del fatto che questa piscina, prima o poi, avrebbe sfondato le mattonelle per ritrovarsi di sotto, tra la cucina e l’ufficio di mia zia. La scena era proprio inverosimile e per questo ridevo e lei si incazzava. Ma che cosa potevo farci io? Ero un bambino e me ne fregava poco di sbucciarmi un ginocchio, immaginate della piscina, in piena estate siciliana professional quaranta gradi plus, che “forse” poteva sfondare il terrazzo e allagare il piano di sotto.

Una volta quella scala era bianco vecchio e a casa stavano facendo dei lavori di ristrutturazione. C’era un manicomio di muratori in casa. Gente che conoscevo perché padrino o cugino di tizio, e gente che avevano di certo preso ad un circo, perché io non sapevo mangiare il cibo in quel modo e ignoravo come potessero assumere forme così strane alcune bocche ruminanti. Successe un pandemonio: genitori e relativi fratelli decisero di uscire per una passeggiata in macchina, vicino al mare. Io fui lasciato a casa, unico figlio e unico nipote, annoiato a morte. Nonna lavorava a macchina e mi offriva gelati; nonno fumava le sue sigarette “MEN” secche e lunghe, nel magnifico pacco bianco/nero che presagiva di morte. Mi misi sulla bicicletta a girare per il giardino. La caccia alle lucertole non aveva stagioni, quindi ne approfittai ed andai in giro ad accopparle una per una o, almeno, quella era l’idea. Infatti non vidi uno scalino e urtandolo in velocità caddi dalla bici dritto su una mattonella. Mi diedero due punti e il dottore, bastardo, disse che non mi avrebbe fatto male per niente. In più mi sgridarono perché non mi si poteva lasciar da solo per una volta. Cornuto e mazzìato.