mercoledì 27 febbraio 2013

Tema: Isabella De Gulli e Manuelito De Gor il Pornodivo

Svolgimento

Finalmente è in ferie! Si fa beffe della sveglia che squilla, può farla tacere con un dito soltanto, ma decide di alzarsi lo stesso. Si lava, si veste con calma e sulle guance mette il solito velo di fard.  Dalla finestra guarda il cielo, il tempo potrebbe cambiare da un momento all’altro. 
Decide di fare colazione al bar, ha tutta la giornata davanti e qualcosa da fare già in mente. 
Come ogni mattina, intanto che beve il caffè, apre il giornale seduta ad un tavolo appartato. Cerca le notizie di cronaca, le altre le sono noiose, sono sempre le stesse; cose che non cambiano mai. La tazzina resta a mezz'aria. In una fotografia le è sembrato di vedere un volto somigliante al suo. Lo fissa più a fondo, sente il cuore in subbuglio. Legge il titolo, sillaba per sillaba.
Riguarda lei!
  Da quando anche la favola di Grace Kelly si è spezzata sulla Gran Cornice di Montecarlo, Isabella ha capito che qualunque posizione, economica, sociale, sentimentale, è solo a scadenza come i pelati dell’hard discount. 
Quella mattina, la prima delle sue ferie, l’avrebbe voluta spendere per organizzare un viaggio, fosse stato solo nel paese del niente con il signor nessuno. 
Stanca fino allo sfinimento era arrivata a quel 25 luglio con un ammanco di due cicli mestruali in quattro mesi e la storia con Roberto scaduta, come i pelati dell’hard discount.  
“Scandalo a Corte” era l’attacco dell’articolo, poi “Il Giudice della Corte Suprema Isabella De Gulli fotografata con il porno-divo Manuelito De Gor – Notte brava a Barcellona per la lady di ferro”. Isabella non crede ai suoi occhi! E’ stata a Barcellona il fine settimana precedente per accompagnare un’amica. Due giorni senza nè capo nè coda alla ricerca della figlia squinternata di Angela (l’amica di sempre). Infine l’avevano trovata in una discoteca, ubriaca come un marinaio in licenza. All’ amica aveva promesso silenzio assoluto.
Nell’attraversare la pista, zeppa di una massa scalmanata che puzzava di sudore e di alcol, qualcuno aveva afferrato Isabella per un braccio. Non era neppure riuscita a guardare in faccia il “ballerino”, mezzo giro e si era liberata dalla presa senza nessuna fatica. Quella foto, invece, sembrava il fotogramma di un film vietato ai minori. La scollatura della maglietta s’era scapricciata dando ampio sfogo alla sua quinta di seno. 


martedì 26 febbraio 2013

Tema: Aspen

Svolgimento


Fa buio presto in inverno. La stradina che fiancheggia l’argine del fiume fa una curva a gomito verso sinistra, poco prima di casa. Nella luce del crepuscolo hai sempre l’impressione di non sterzare e proseguire entrando nel tronco del grande albero che blocca il rettilineo. È un gigante centenario, ha un tronco che in due riusciremmo ad abbracciare a malapena. Un altro albero ti aspetta nell’aia, ti saluta facendo stormire le foglie. Ti accoccoli in poltrona, una tazza di tè profumato accanto, e la mente vaga, alla ricerca di qualcosa d’indefinito. Ricordi fatti d’immagini nette, colorate, calde e palpabili si susseguono. Due alberi gemelli, in un parco. Quando stavi in piedi tra di loro potevi toccare ambedue i tronchi allargando le braccia, la prima volta che li hai visti hai notato che il sole dietro di loro creava una cortina di luce nella bruma del mattino. Jachin e Boaz. La scena della curva. Ancora, e ancora, e ancora.

lunedì 25 febbraio 2013

Tema: una serata indimenticabile

Svolgimento

Mentre stende il rossetto sulle labbra, guardandosi nel luminoso specchio del suo bagno, Maricetta si chiede ancora come possano essere riuscite, le sue colleghe, in una impresa che con lei ha quasi del miracoloso: farla uscire dall’ isolamento nel quale sempre più spesso, ultimamente, ama rifugiarsi. Nel lavoro professionista ineccepibile e inappuntabile, al di fuori, la nostra eroina non è mai stata donna particolarmente incline agli svaghi, ma negli ultimi tempi, la sua natura tendenzialmente solitaria e riservata, ha assunto i pericolosi contorni della scontrosità e del rifiuto pressoché totale dei contatti umani. Soprattutto se i  contatti in questione hanno sembianze maschili. Non a caso, Maricetta è una single per vocazione, anche se qualcuno (ovviamente sposato e chiaramente invidioso) preferisce definirla “zitella”.  Soltanto ad un uomo è concesso di entrare nel suo ordinato gineceo: al suo Luca, il figlio adorato, frutto di un matrimonio manco a dirlo naufragato, che con la sua bravura e la sua diligenza, compensa ampiamente i piccoli strappi alla quiete che le procura, saltuariamente, con la sua giovanile irruenza. Come quando le scaraventa in casa un piccolo drappello di amici che le svuotano la dispensa solo per “fare lo  spuntino di mezzanotte”.  Ma se certo è facile giustificare con l’amore materno certe condiscendenze di Maricetta nei confronti del suo “bambino”, soltanto, invece, con l’approssimarsi dei 50 anni e il  rincoglionimento che ne consegue, può spiegarsi il successo ottenuto dalle sue colleghe nell'avere concretizzato un pensiero che la mente di Maricetta non aveva mai nemmeno formulato: assistere ad UNO SPOGLIARELLO MASCHILE L’8 MARZO! In pratica festeggiare con badilate di insulsa volgarità, l'insulsa inutilità di una pseudo festa. Infatti, mentre si imbelletta per l'evento, per una frazione di secondo la mente di Maricetta torna a questo agghiacciante pensiero, con il risultato di farle provare l'impulso di alzare il telefono per porre fine a questo scempio. Sfortunatamente al suono stridulo del citofono il suo  “sano”proposito svanisce come una nuvoletta di fumo. 

venerdì 22 febbraio 2013

Tema: Finché morte non vi separi


Sez. Your Fetish
Svolgimento

È notte fonda, non so dove io sia e per quale strada io stia  camminando. Nonostante faccia freddo mi sento calda e sporca. Ancora fremo mentre cammino, le gambe che si contraggono convulse. Mi sento sfinita e colpevole.
Dicevano che ci si fa il callo, che la coscienza pian piano smetta di controbattere, di rimproverare e di tormentare. Invece mi sta uccidendo, mi morde sempre di più ogni volta che pecco. Sì, perché io commetto peccato ogni volta che tradisco mio marito. Ero convinta di essermi liberata dal concetto di peccato e di tradimento, di questi enormi mostri che le nostre madri ci hanno inculcato a forza nella testa. Così come la verginità. Dovevamo arrivare tutte vergini al matrimonio. E perché? Ci avrebbe garantito un matrimonio felice e spensierato? Non credo che saremmo state insultate, maltrattate, picchiate o ignorate di meno. Non penso che mio marito si ricordi che ero vergine mentre fa sesso con la troia di turno (e sono sicuro che lo faccia, magari facendole vestire da maestrine o conigliette, o da entrambe: sì, con due alla volta lo farà).
Mia nonna era vergine, e ogni giorno mio nonno le dava la consueta porzione di botte. Eppure non ha fatto che ripetermi che il segreto di un buon matrimonio è arrivare “intonse” all’altare. E anche quando le faceva sputare sangue, lei mi ripeteva che mai si dovrebbe tradire il proprio marito. Dio è grande e buono, ma anche vendicativo: vede tutto e al momento opportuno darà ad ognuno la giusta ricompensa.
Allora Dio poco fa mi guardava? Andrò all’inferno come mio marito? E insieme a lui? Non ci avevo pensato. Maledetto parroco: mi avevi giurato "finché morte non vi separi" invece me lo troverò pure là. E lo vedrò mentre si scopa le altre assatanate.
Io non sono come loro. No: io non sono una troia. Cosa mi rende tale? Chiunque mi conosca sa che sono una donna per bene, che amo i miei figli, che aiuto il prossimo e servo mio marito. Perché su una tela bianca si deve guardare sempre quell’unica macchia rossa? Io non amo mio marito, e se non lo amo non ci faccio sesso. Neanche lui mi ama, visto che neanche mi tocca più. Io non lo amo! 

giovedì 21 febbraio 2013

Tema: Una tipica serata sbagliata

Svolgimento

Una tipica serata sbagliata, come mille ne avevo già passate. Avevo mille pensieri in testa, uno più inutile dell’altro, e quando ho la testa immersa nei miei cazzo di pensieri, di sicuro, c’è solo che non gioco bene a biliardo. Non giocare bene a biliardo voleva dire principalmente una cosa: non portare a casa i soldi per mangiare. Odio avere pensieri per la testa, sbagli a tenere la stecca tra le mani, le palle non entrano dove dichiari che debbano andare e tu fai la figura del novellino che non si è ancora rasato la faccia per la prima volta. 
Una serata sbagliata. Non giocando bene a biliardo, ho speso tutto il resto dei miei soldi in birra.  Tutto fino all’ultimo centesimo pur di far smettere a quelle voci di parlare dentro la mia fottutissima testa. Farle smettere per almeno un paio d’ore. Allontanarle da me e rispedirle dal profondo dal quale provenivano. Io so una cosa, la so fin dal primo momento che ho pomiciato con la mia prima ragazza alle superiori: siamo cadaveri. Siamo solo dei fottutissimi cadaveri ambulanti, ignare scatolette di carne che i vermi attendono solo di aprire e di mangiarci. 
Tenni quella prima ragazza tra le mie braccia, la baciavo in modo serio per la prima volta, io baciavo per la prima volta in maniera seria. Pensai al calore che il suo corpo mi trasmetteva, che il mio trasmetteva a lei. Pensai alle sue mani e alle mie, le nostre mani che entravano sotto i vestiti e cercavano altra carne da esplorare. Le labbra, le lingue, la pelle, la saliva, tutte mescolate assieme. Ma alla fine non mi restò niente, sapevo perché. Lei era un cadavere, un cadavere ancora caldo, ma destinato a putrefarsi.
Così fu con la seconda ragazza e poi con la terza e poi con la quarta. Non capivo perché si dovesse ricercare dell’altro calore umano. Il bacio, la carezza, l’abbracciarsi ci fa stare bene e siamo alla ricerca di queste cose perché sostanzialmente è solamente un passaggio di calore. Niente di più e niente di meno. Calore. Calore che riscalda dal freddo dell’inverno, dalla freddezza delle altre persone, dal terrore della morte. Cerchiamo scampo rifugiandoci in sogni romantici, in viaggi lontani, nei capelli di chi amiamo. Il nostro rifugio è solamente un cadavere. Come noi. Come ciascuno di noi. 
Con la quinta ragazza con cui mi misi insieme, vidi il suo scheletro. Il teschio ghignante, le orbite cave, le braccia tremolanti. Io l’abbracciavo, ma non sentivo altro se non le sue ossa, il suo sangue, la sua carne, le sue cellule che stavano morendo. La scopata riscaldava alla stessa maniera di un fuoco di paglia. Tenue e veloce, e il freddo che c’è fuori è troppo grande.
“Sono al sicuro solo con te” vuol dire principalmente una cosa: che a morire sarete in due, che le difficoltà vi schiacceranno in due, che sarete in due a soffrire e il dolore non si espande in maniera aritmetica, è un’espansione esponenziale. 

mercoledì 20 febbraio 2013

Tema: Come essere vegani e vivere felici

Dagli Archivi della Maestra
Svolgimento


Con le notizie di questi giorni, 
in merito a dei tortellini che "nitriscono" 
o delle lasagne che vanno al "galoppo", 
mi è tornato in mente un post 
del settembre 2011 che vi ripropongo.
La Maestra

Essere vegani non è complicato, anzi è piuttosto facile. Per esempio quando sono in ufficio e carico dati nel computer, essere vegano non mi costa niente, digito i tasti e tutto scorre. Anche quando faccio la doccia essere vegani è semplicissimo, apro il diffusore, regolo la temperatura dell’acqua, poi mi posiziono sotto il getto dell’acqua e uso un bagnoschiuma non testato sugli animali, sebbene sia un po’ difficile trovarli. Anche vestirsi  è fattibile, basta asciugarsi prima – onde evitare che mutande, pantaloni e camicia si appiccichino addosso – e poi ci si veste, esattamente come facevi prima quando non eri vegano (evito giusto le giacche di pelle e le scarpe di cuoio). Camminare da vegani è una delle cose più banali: un piede avanti e uno indietro, e poi quello che rimane dietro lo porto in avanti.. i due piedi si alternano e si realizza lo spostamento nello spazio - basta fare un po' di esercizio, per una spiegazione migliore ci sono persino i tutorial su youtube. Se la distanza da attraversare è vasta allora, anche se sono vegano, prendo l’auto (una fiat qualsiasi va bene, ma anche le renault o le citroen assolvono a questo ruolo), ed è semplicissimo guidare – anche quando si è vegani -, basta ruotare la chiave, l’auto si accende e poi le solite cose, frizione, marcia, acceleratore (il freno!!!)…ah, bisogna fare benzina, ma tanto quella è vegana.
Respirare è veganissimo, soprattutto da quando ho imparato a inalare aria senza infastidire mosche, tafani, moscerini e altri insetti.
Ora, mi chiedo, perché tutti non diventano vegani come me?

GD

martedì 19 febbraio 2013

Tema: Black hole

Sez. Your fetish
Svolgimento
“you have gone you move to fast 
running for things to happen 
like you play the game you need to play“
Claudia Gerini – Black Hole


Le coperte erano fredde, trasmettevano brividi lungo le spalle i fianchi e le natiche, e lui riusciva a distinguere perfettamente le scie che il freddo trasportava attraverso i suoi arti, da una parte all’altra, sempre più lente, deboli, fino a quando il corpo non si adattò alla situazione e smise di sussultare, quindi decise di non fare altri movimenti: il dubbio e la sensazione di trovarsi dentro un gioco - senza avere alternativa - lo terrorizzavano, eppure la situazione lo eccitava e si accorse che i brividi di freddo erano, una volta arrivati in superficie, di piacere; aprire gli occhi era inutile, era stato bendato, e di parlare non ne aveva voglia, preferiva ascoltare i rumori dell’ambiente per aggrapparsi a qualche certezza che cominciava a perdersi nel buio e nel silenzio della stanza in cui si trovava, quella che lui chiamava “stanza onirica” per via dell’atmosfera che si creava a ogni incontro: di sogno o di incubo, ma poco importava;  l’immobilità della situazione creava tensione, tensione che si accumulava, tensione che destabilizzava, che rendeva l’aria pesante, tensione che entrava dentro il corpo, si amalgamava al sangue e dilatava i polmoni, tensione che creava inquietudine nella sua ricerca, sperando di trovare uno sbocco, uno sfiatatoio nervoso, era tutto ciò che cercava: un modo per distruggere quel momento placido e angoscioso.


lunedì 18 febbraio 2013

Tema : Conosci i cardilli?

Svolgimento

Jacopo  camminava  per strada,  la teneva per mano, poco  convinto ma mosso  da una tenerezza estrema. Cassandra  si aggrappava a quella mano come colei che aveva ottenuto una preda  di una magra selvaggina. Le strade,  quell’alba  sembravano   sempre nuove e  tortuose avevano il potere di  cambiare ogni   vicolo una  città diversa un altro stato ma  lo stesso profumo.
Colori ambrati, albe infocate, orizzonti incerti. Gli edifici si aprivano a  tratti per  proteggere con la  stessa  ombra. 
Jacopo tremava  freddo o piuttosto inadeguatezza. Si era promesso  di  tornare a casa  sempre con la stessa  ragazza e possibilmente alla stessa ora: né alba né giorno.
Oggi  eccolo così come un cervo  spaventato, non aveva scelto si era lasciato scegliere.
Cassandra i suoi occhi cattura timidezza sparsa.
Le strade  adesso profumavano  di foresta  tropicale lei  aveva paura si sentiva protetta da lui.  Quel freddo di gennaio l’avvolgeva  con la sua inquietudine.
Esodati nei viali d’inverno le betulle brillano.
Cosa ne è della ferocia delle organizzazioni suburbane.
Decidiamo di essere ancora una  volta Cardellini quando  non vogliamo essere cardini.
lo volo.

Tema : Giochi di coppia

Sez. Your Fetish
Svolgimento

La prima volta che le aveva viste era stata durante una gita di classe : Parigi, quartiere Pigalle, quello a luci rosse.

Si erano persi, l’insegnante si era fermata a chiedere indicazioni e loro ne avevano approfittato per guardare le vetrine di un sexy shop.
Si era accalcata con le compagne, ridendo indicavano i completi in latex e le fruste, ma un oggetto in particolare l’aveva incuriosita.
Eccole lì in bella mostra, in ogni materiale e colore: le manette.
Anni dopo, con il suo primo fidanzato, erano andati al luna park; tra le varie attrazioni avevano visto un contenitore con un braccio meccanico che pescava gli oggetti sul fondo, dopo vari tentativi erano riusciti a prenderne uno : le manette di Batman.
All’inizio si era chiesta se lui l’avesse fatto apposta, fingendo di puntare al peluche a forma di cuore, ma dopo un primo momento di imbarazzo si erano messi tutti e due a ridere.
Avevano anche provato ad usarle, erano in plastica leggera e si aprivano senza bisogno di nessuna chiave, ma si erano rotte quasi subito.
Non ci aveva più pensato per anni fino a quando, la settimana prima, aveva festeggiato l’addio al nubilato con le sue amiche
Era arrivato il momento del regalo, aveva aperto il pacchetto con trepidazione e curiosità: chissà cosa mi avrà regalato questa banda di pazze, pensava tra sé.
Aveva tolto la carta lucida rossa ed ecco apparire una scatola fucsia con la scritta “ per la futura sposa” .

domenica 17 febbraio 2013

Tema: L'amore è cieco, e anche un po' mona

Sez. Tutta colpa di Sanremo 
Svolgimento

Spesso mi chiedo quale sorta di strano scherzo del fato mi abbia segnato: ho cercato a lungo nella mia carta natale qualche aspetto singolare, una configurazione di pianeti insolita ma non c’è nulla che mi dia indicazioni precise. Solo una, forse: si vede chiaramente che, incarnandomi, ho scelto un destino pesante. Nulla però lascia immaginare gli effetti della massiccia purificazione del karma che ho voluto in questa vita. 

Sono nato alla fine dei '60, cresciuto nei '70 e mi sono letteralmente perso gli '80 perché ero in pieno periodo “Piccolo Lord Fauntleroy” e mettevo il blazer anche per lavare i piatti. Ho passato le nottate degli anni '90 a guardare il Maurizio Costanzo Show e Magazine 3 con De Fornari e la De Antoni, per aspettare Hollywood Party con i Broncoviz. In tutto questo tempo ho vissuto nell'innocenza beata dell’anima candita stillante miele, Ambrogio e Famiglia Addams: un’anima tutta adorna di Endora, Lady Oscar e Irina Skassalkatsaja. Ah, sì: e anche giarrettiere per calzini e papillon blu oltremare a piccolissimi pois bianchi. 


sabato 16 febbraio 2013

Tema: Cena in piedi

Sez. Tutta colpa di Sanremo
Svolgimento

Era stata una giornata molto dura, perché oltre al normale lavoro di tutti i giorni, aveva dovuto organizzare il tanto atteso evento: “Cena in piedi più gruppo di ascolto e discussione per Sanremo”. Aveva dovuto sgomitare molto al supermercato, in mezzo a casalinghe con marmocchi putridi di succhi di frutta, rovesciatisi sui vestiti, e a single imbranati. Aveva dovuto fare uno slalom in mezzo ai carrelli per fare presto, arrivare a casa, preparare la cena e poi andare in palestra e tornare docciata, asciugata, pettinata per la tanto attesa “Cena”. 

Era tutto pronto sul tavolo: burro, salmone, tartine, caviale, tartufo (mica roba da niente)…Teglie di lasagne con ragù alla bolognese (da scaldare), gamberetti, pizzette, salatini, dolcini, biscottini, spumante, champagne, vini rossi, acqua, bibite gasate. 

Il profumino di tutto questo “bendiddio” si sentiva già mentre saliva la scala tutta trafelata al ritorno dalla palestra. Provava un languorino allo stomaco, stuzzicato dai profumi, misto all’eccitazione per le voci che sentiva provenire da casa sua. 
Apre la porta e “zac” la prima sorpresa. 
La tavola era stata cambiata, non più cena in piedi ma un gruppo riunito attorno al tavolo. 
Matteo le legge un vaffa***** dipinto sul suo volto e le dice: “Ciao Maria, ti presento Rocco il mio amico di cui ti avevo tanto parlato. Lui conosce tutti ma proprio tutti, produttori, radiofonici, conosce anche le vallette di quest’anno, la mora e la bionda, e potrebbe darmi una mano per l’anno prossimo, gli ho fatto sentire il mio pezzo e gli piace; vero che te ne ho tanto parlato Maria?” 
Maria ha un’espressione fra l’arrabbiato e il pietrificato e non risponde. 

venerdì 15 febbraio 2013

Tema : La parola agli esperti

Sez. Tutta colpa di Sanremo
Svolgimento

Sanremo, provincia di Imperia, non ci sono mai stato, anche se sono ligure di nascita, conosco infatti solamente la Riviera di Levante, e più precisamente da Chiavari a Sestri, passando per Rapallo e Santa Margherita. Questo perché sono andato via da piccolo, e ancora non avevo iniziato a muovermi in modo autonomo, mia madre lavorava nella cucina di una trattoria a Zoagli, prendevamo insieme l’autobus ogni mattina presto, mi accompagnava all’asilo di Zoagli poi mi riprendeva a fine giornata, e questo è quello che ricordo della Liguria. 
Quindi non posso dire niente della città di Sanremo, né tantomeno dei suoi cittadini che, per quanto mi riguarda, sono brava gente ligure che ama i suoi fiori e la sua “sardenaira”, non posso parlarne male o bene, mentre questo è un malcostume che si è diffuso negli ultimi decenni, di parlar male di una città, e in particolare della città di Sanremo nel periodo del mese di febbraio di ogni anno. 
Tipi di fiori ne conosco pochi, mio padre qui in Sicilia coltivava un grande aranceto e anche alberi di albicocco e ulivi secolari, alberi sacri che c’erano già quando ancora Pippo Baudo non era neanche nato, e coltivava anche l’orto con tutte le verdure e gli ortaggi per la casa. Fiori non ne coltivava, forse perché li considerava inutili, per la verità solo qualche pianta di crisantemi, da portare al cimitero, poi in Giappone ho scoperto che li mangiano, che se l’avesse saputo mio padre, non so. 

giovedì 14 febbraio 2013

Tema : Teorema

Sez. Tutti colpa di Sanremo
Svolgimento



Anche quest’anno, come da tradizione, sono andati a casa di sua suocera a vedere il festival di Sanremo. Ha provato a convincere suo marito a evitare questo tormento ma non c’è stato verso : “Mamma ci tiene tanto”, le ha risposto. 
Dopo cinque serate di noia mortale finalmente il festival è finito, al ritorno a casa Clara ha solo voglia di litigare . 
“Sei un egoista, ogni anno la stessa storia, non lo sopporto più”, ha rinfacciato appena rientrati. 
Suo marito la guarda stupito, non vuole ribattere. 
“Hai presente Teorema, la canzone ? Ecco, è fatta su misura per te !”, insiste lei “Cosa c’entra Marco Ferradini con il festival di Sanremo ?” 
“C’entra, c’entra, vai a cercare su google. Comunque non stiamo parlando del Festival, stiamo parlando di noi.” 
Silenzio. Forse lasciandola parlare lo sfogo passerà più in fretta, pensa suo marito. 
Errore, Clara ormai è un fiume in piena.

mercoledì 13 febbraio 2013

Tema: Quaresima

Svolgimento

Quello che le capitò, a Feliche la figlia dell'Almirante di Spagna, non fu una cosa che la creatura lo capì subito. Come poteva figurarselo, lei che era solo una bambina, che il figlio che poi partorì le sarebbe entrato nel ventre così? Capitò una notte che come un angelo dormiva in cella, nel monastero. Perché Feliche deve farsi Abbadessa. Non monaca come tutte le altre, ma di diritto Abbadessa, per la ragione della nobiltà. Perché Feliche c'ha la disgrazia. La pena d’essere nobile e ricca, e lo dico io, la balia, che la bimba la crebbi, e che sono solo una poveraccia. 
Una notte di luna, diosaccome passando sopra i tisici corpi di cellarie novizie, quel lestofante nella natura le entrò e Feliche provò terrore e dolore. Mentre il picciotto le trafficava di sopra, Feliche buttò l'occhio alla cinta, che quello svelto aveva sguainato e lanciato incurante in un canto. E disse Ah. La biscia. Ah, è quello il serpente. Lo stesso per cui Eva si perdette per sempre e lo stesso che il cuoco le cucinò in quaresima per guarirla dalla concupiscenza. 
Che Feliche avesse occhi di zucchero, il cuocomonaco se n'era accorto. E quel peso non lo portava, non trovava ricetto nel sacramento, le penitenze che si infliggeva più a fondo del fondo lo precipitavano. Quello sguardo di favo stillato lei glielo poggiava sul collo peloso, e lui si faceva appiccicoso di voglia. Credeva Feliche avidissima d'uomo, mentre lei era solo perplessa. Che un maschio assomigliasse tanto a un verro. E il cuoco sudato e risudato. E chi gli passava accanto imbarazzato. 

martedì 12 febbraio 2013

Tema: Peccato non vestirmi da scarpa

Ultimo di Carnevale
Svolgimento


Avevano beccato proprio il giorno giusto, i miei amici. Avevo cominciato a bere dalle dieci di quella mattina e quando mi trovarono mi ero già lavorato una mezza dozzine di bottiglie. Dissi più volte che non li volevo accompagnare, che stavo bene dove stavo e che ci saremmo potuti anche vedere quando sarebbero tornati, ma no, niente, dovevo andare con loro. Pagarono il mio conto, neanche troppo grosso, mi caricarono in macchina e mi portarono con loro in un negozio specializzato in maschere. Maschere per il carnevale, per il teatro e per qualsiasi altra buffonata per la quale servisse cambiarsi la faccia.
Mi misero nel sedile posteriore, non mi lasciarono guidare, in fondo perché mai avrebbero dovuto rendere la cosa divertente. E così facemmo un viaggio noioso in macchina.
 Entrammo in questo grandissimo negozio e tutti ci disperdemmo tra gli scaffali, ognuno con la propria idea di divertimento, tranne il sottoscritto, che lì non ci volevo nemmeno andare. Mi misi lo stesso a guardare ciascuna di quelle maschere, non avevo niente di meglio da fare. Presi in mano quella di “V”, con le sembianze di quel vecchio dinamitardo di Guy Fawkes. Gli Anonymous l’avevano presa come loro simbolo. Era una maschera troppo anarchica e, come tutte le icone anarchiche, era finita per diventare troppo comune.


domenica 10 febbraio 2013

Tema: Mulholland Sanremo Drive

Sez. Tutta colpa di Sanremo
Svolgimento


Mi ritrovai così. Legato ad una specie di sedia elettrica senza elettricità, praticamente era una sedia di legno normale. Polsi e caviglie legate ben strette. Davanti a me c’era un televisore, uno di quelli vecchi e scrausi, con l’antenna che spuntava da dietro, forse per non dare nell’occhio con una grande e non pagare il canone. Non capivo bene come e perché ero in quelle condizioni, facile che di mezzo ci fosse una dose di rufis o di qualche altra droga pesante messa a mia insaputa nel bicchiere dove bevevo del White Russian. 
Si aprì una porta ed entrò un pezzo di figliola niente male, il suo corpo aveva delle curve che mi facevano pensare che da un momento all’altro sarebbero entrati quattro achei incazzosi pronti a riportarla al re di Sparta. Il suo volto era coperto da una maschera veneziana.
La guardai e con aria strafottente le dissi che questo non era un racconto per la sezione “Your fetish”, che arrivava tardi e che era fuori luogo. Le conveniva slegarmi e subito. Ma in realtà, le mie, erano solo le minacce di un panda fatte davanti ad una tigre del Bengala: inutili e da ridere. Però non rideva nessuno.
Lei si scoprì il volto e mi mostrò la sua graziosa faccina. Era una mia ex, non la vedevo da un po’. Non ci eravamo lasciati troppo bene e dovevo supporre che avesse covato vendetta, una di quelle terribili, talmente brutta e tragica che sicuramente qualche americano ci avrebbe rigirato un remake con grandi attoroni. Se fosse quello il caso, vorrei che la mia parte fosse interpretata da Steve Buscemi, ma forse è chiedere troppo.

venerdì 8 febbraio 2013

Tema: Per pura fatalita'

Sez. Tutta colpa di Sanremo
Svolgimento


Sanremo. Dal vostro inviato. 

L’ennesimo tragico incidente durante la visione del festival di Sanremo tronca la vita a quattro persone. Palmiro Vinile, 64enne esperto conoscitore della canzone festivaliera, per pura fatalità, stermina la sua amata famiglia durante la pacifica visione della serata conclusiva della famigerata kermesse. Al momento resta agli arresti domiciliari per sospetta strage.
I fatti. L’arzillo Vinile con l’approssimarsi dell’ora di cena, mentre era intento a condire mezzo chilo di bucatini per la consueta carbonara, per pura fatalità, durante la straordinaria esibizione dei Cugini di Campagna, imbracciava il suo fucile da caccia, tra l’altro regolarmente denunciato, e faceva partire accidentalmente un primo colpo che c’entrava in pieno petto l’ignavo cognato. Inavvertitamente, spaventato dalle grida della moglie del malcapitato, esplodeva il secondo colpo del suo micidiale sovrapposto colpendola in piena fronte mentre si prodigava nel soccorrere il povero marito morente. A questo punto, l’esperto canzonettiere sconvolto dal dolore ricaricava con cura l’arma fumante e accecato da copiose lacrime faceva partire due colpi in rapida successione uccidendo sul colpo, per pura fatalità, la suocera e la devota moglie. In preda al panico e scosso da un’improvvisa crisi asmatica si avventava contro l’opulenta badante macedone, impegnata in quel momento a consumare un succulento panino con abbondante frittata, e la colpiva furiosamente, per pura fatalità, con un grosso martello da carpentiere.


giovedì 7 febbraio 2013

Tema: Inconcludente

Sez. Your Fetish
Svolgimento

Ho frequentato una ragazza per qualche tempo, molti anni fa, non ricordo esattamente se ci stessi bene, con questa ragazza, di una cosa però mi ricordo con precisione, aveva una specie di codino, dietro la schiena. Un codino fatto di peluria sottile biondina adolescente, che si incanalava lungo il solco della schiena e arrivava giù, proprio all’apice dell’osso sacro, lì terminava la sua corsa e si sporgeva quel tanto che bastava per non precipitare di sotto e perdersi tra le due mezze sfere dei glutei. Io non lo so perché mi ricordo soltanto di questo particolare, probabilmente la ragazza non era neanche tanto bella o appariscente o intelligente, ma quel codino me lo sono sognato tutte le notti. Si può chiamare feticismo? Allora tutti i codini che incontro dovrebbero turbarmi? 
Prendi la coda del maiale, così carina, involtolata che sembra un viticcio, su tutti i salvadanaio-porcello in tutte le case che frequento, non mi fa nessun effetto, quella coda lì. Il cane della vicina quando mi incontra per le scale, prima ringhia, poi mi scodinzola, dovrei esserne eccitato? E la coda dei pesci? il codino a spirale dei camaleonti? brrr dovrei vibrare di piacere, invece niente.
Non ho capito bene come funziona, questa storia del feticcio, intanto se penso a quel ciuffetto di peluria chiara chiara, mi sale un brivido sulla schiena, fin sopra le spalle, e da lì prosegue e si perde dentro le due mezze sfere del cervello.
Allora ho deciso di fabbricarne uno simile, in modo da averlo a portata di mano ogni volta che mi fosse scattata la voglia. Ho provato a riprodurlo con i capelli, ma si sa i capelli hanno uno spessore diverso, diversa consistenza e brillantezza. L’ho tenuto da parte per un po’, in un cassetto, ogni tanto lo tiravo fuori, lo lisciavo, lo avvicinavo, lo allontanavo, lo guardavo in controluce e sistemavo i peletti fuori posto, i primi tempi mi piaceva, ma mi sono stufato presto. 

mercoledì 6 febbraio 2013

Tema: Il messaggio più bello del mondo

Svolgimento

Il vecchio Tim, il buon vecchio Tim, il vecchiaccio di merda che stava vicino ad uno dei parchi giochi della città. Tutto il giorno a poltrire alla finestra, tutto il giorno a dar fastidio. Il vecchio Tim era una delle persone dimenticate dal mondo, prese e gettate in una casa qualsiasi, aspettando che giungesse la sua cazzo di fine, aspettando che avesse la compiacenza di liberare la società dalla sua presenza ingombrante, aspettando che se ne andasse per lasciare la casa ad un altro vecchio di merda. Ma il buon vecchio Tim aveva la pellaccia dura, stramaledettamente dura e non accennava ad andarsene. Così si fa, Tim, resta per dar fastidio a tutti, io farò lo stesso come stai facendo tu.
Tutto il giorno alla finestra lassù al quarto piano, tutto il giorno affacciato tranne che per dormire, mangiare e andare in bagno. Tim aveva deciso che per tutto il tempo che gli restava della vita, avrebbe fatto aeroplanini di carta e li avrebbe lanciati fuori nel mondo, a dire “ci sono” agli altri. Tim faceva aeroplani di carta prendendo i fogli direttamente dalla sua libreria, la quale conteneva libri che ci aveva messo una vita intera a collezionare, gli dispiaceva lasciarli a qualche ignorantone o a qualcuno che non aveva la carta per farsi i filtrini delle sigarette rollate o a famiglie piene di mocciosi che erano intenti solamente a far raccogliere monetine a Super Mario. Tim si sarebbe portato dietro i suoi libri, con sé, ma in una maniera meno appariscente di quella del professore Peter Kien, non avrebbe dato fuoco a niente.
Il primo libro che prese fu “Romeo e Giulietta” testo italiano e testo originale a fronte. Se lo mise sulle ginocchia, accarezzò la copertina e lo aprì. Prese la prima pagina del primo atto, uno strappo secco, senza pensare di far male ad un vecchio amico e cominciò a piegare quel foglietto in cui c’erano un paio di veronesi che si trovavano da dire con un altro paio di veronesi. Venne fuori un bell’aeroplano. Tim ci alitò sulla punta e poi lo gettò fuori dalla finestra, nel vento. Volò un po’ e poi s’impigliò nei rami di un albero sottostante. Tim strappò un’altra pagina, la piegò e gettò fuori anche quella. Di sera aveva finito tutte le pagine del libro e da basso c’erano aeroplani di carta ovunque, nel parco, sulle macchine, in strada, nei tombini, sugli alberi, ovunque. In mezzo a tutta quella carta, erano contenti solo i bambini e due tipi che si baciavano e che gli era capitato, guarda caso, il dialogo del balcone tra Romeo e la sua puttanella.


martedì 5 febbraio 2013

Tema : Pappagalli

Svolgimento

Pappagalli psichedelici io non li ho mai chiesti.  Ci sono  parti  del corpo  che  si  incorniciano nel sole.
Mi pettino i  capelli.
Avete  mai pensato al vostro futuro?  Quale è il limite fra immaginazione e realtà?
Quando eravamo all’università mi piacevi da morire, non ci siamo mai presentati. Dobbiamo stabilire delle regole per stare bene.
Sono la regina dell’intimità.
Sono preoccupata per il mio futuro. Indosso  una gonna anni  settanta.
Se facessi  della mia vita un quadro?
Potrei nascondermi ancora una  volta in una pelliccia raso  sintetica di  pelo: è facile essere fragili, tuttavia non è la stessa cosa  quando  si tessono  trame altrui.
L’orologio ticchetta compulsivamente segnando scenari altrui.
La paura più profonda è  quella di se stessi.
Sei tu il mio dio fallimentare.
Le talee degli avocado spuntano sulla finestra. Segnali del tropico vicino.
L’uomo si ammala della  stessa socialità.
Siamo   tutti nati  storti  chi più  chi meno.
Non  è  facile uscire alla luce del sole con piccoli passi uscire distesi.
Prendo lezioni dalla  carta.

Irene Dorigotti

lunedì 4 febbraio 2013

Tema: L'ora delle Dee

Sez. Your fetish
Svolgimento


Il fatto che al suo cane avesse messo il nome Blog, forse, avrebbe potuto far presagire qualcosa.

Con la lampada da tavolo accanto al pc e il cane ai suoi piedi stava in religiosa concentrazione tutte le notti, ma anche tutte le mattine e tutti i santi giorni. Certo non poteva confessarlo apertamente, ma era contento di essere in cassa integrazione. Per due anni avrebbe avuto il sussidio statale e dunque poteva starsene lì a fare ciò che voleva: conoscere il mondo e tutte le sue novità. 

Escluse le ore che per necessità quel dannato corpo richiedeva per il sonno, rimaneva inchiodato a quell’aggeggio. Strimpellando sopra l’alfabeto consumava cibo per lo stomaco cercando cibo per la mente, con le briciole che finivano per incastrarsi in mezzo alla tastiera. Le notizie gli arrivavano a tratti, rifilate dentro piccoli riquadri colorati. Testi brevi come telegrammi, ma efficaci come fucilate. Ci cliccava sopra e gli si spalancava l’universo. Ogni cosa gli arrivava da Twitter, dalla prima pagina della mail, dalle fonti più disparate, trascinandolo fin dentro cunicoli che né occhio né mano avrebbero mai potuto raggiungere. Scivolava così dentro il cavo, nel tunnel che attraversando montagne, azzerando chilometri, lo portava al di là del suo piccolo “dove”.

Nessuno gli avrebbe più detto ”ma dove vivi?” Adesso, lui era ovunque nel mondo. E come un uccello provvisto di ali smisurate andava lontano, lontano … lontano!

domenica 3 febbraio 2013

Tema: Mollette

Sez. Fetish
Svolgimento


La spia che avrebbe dovuto mettermi in allarme fu il drastico calo delle mollette da bucato. Ero sicura d'averne il solito cestino pieno, ma d'improvviso un giorno, quando ancora avevo diversi calzini da stendere, mi ritrovai senza.
Che fine potessero aver fatto lo scoprì presto: una domenica mattina, di ritorno dalla messa. Mio marito era voluto rimanere a casa. "Va da sola Ermelinda" mi disse, "Mi sento lo stomaco gonfio, è meglio che resti a casa". Per carità, dissi io, è meglio sì. I soffitti della nostra Chiesa son belli alti, ma le correnti procedono solo in orizzontale. Era un attimo che mi toccava vergognarmi pure con le ragazze che stavano in prima fila per i canti! Lo lasciai a leggere un libro sulla solita poltrona. Credevo di ritrovarmelo lì al ritorno, appisolato con gli occhiali sul naso e un braccio penzoloni. Il soggiorno invece era deserto. Gli scuri delle finestre accostati. Sarà diligentemente andato a sprofondare sul cuscino in camera, pensai. Ma quel buio in piena mattina mi metteva ansia. Girando per far tornare la luce tra la cucina e il tinello fui allarmata da strani rumori. Il primo pensiero corse a dei ladri. Ecco, han visto le finestre chiuse, hanno creduto fossimo fuori casa e stan tentando il colpo. E quello stupido di mio marito a letto, pacifico e sordo. Afferrai il mattarello, con cui la sera prima avevo steso la pasta e che ancora era sul porta piatti ad asciugare, e mi feci coraggio.

Tema: Neve

Svolgimento

L’estate di quest'anno è iniziata con una lunga nevicata. Ogni volta che nevica, tutti i bambini si tirano su dal loro lettino o dal pavimento, quelli che stanno piagnucolando per i loro capricci quotidiani, tirano su con il naso e si avvicinano alle finestre. La neve d'inverno qui non cade quasi mai, poi quando nevica di sera è più magico, ma qualsiasi orario va bene. Se nevica d’estate al mare, però, ci si trova impreparati. Accade così all’improvviso, e non si è mai abbastanza coperti e riparati. Sulla spiaggia c’è chi corre a tuffarsi in acqua per non prendere freddo o si nasconde sotto l’ombrellone, sulla spiaggia dopo un po’ si scivola. I bambini sono arrivati tutti insieme, con buoni propositi, giocano alla guerra tirandosi le palle di neve, mentre altri costruiscono un pupazzone.
La neve è stata prevista dai meteorologi anche se non ci credeva nessuno, hanno detto che si tratta di un problema di alta e bassa pressione. è difficile abituarsi all’idea che nevichi d’estate, così la gente va al mare lo stesso, da luglio a settembre, con il costume e le infradito e con il telo sulla spalla, la solita processione che ci porta al cospetto del dio Nettuno. Io, che non so nuotare, mi sento un poco blasfemo a scomodare il dio del mare, soltanto per sdraiarmi a leggere un libro neanche tanto serio.

sabato 2 febbraio 2013

L'odore dei pomeriggi (quando li butti via) - Parte tre

Svolgimento
31 dicembre 1990

/gorgheggi/
Il capodanno mi annoia a morte. Non c’è mai un pomeriggio del 31 dicembre in cui qualcosa di miracolosamente interessante si spalmi addosso alla mia voglia di fare. Sembra tutto troppo calcolato: vedi la spesa, vedi la cena, vedi il dopo-cena, vedi dove dormire, vedi se invece te ne torni a casa, vedi l’ultimo che arriva perché ha deciso da meno di un minuto che questa sera merita d’essere passata insieme a te. Io invece questa sera ho qualcosa da fare e non passerò nemmeno un momento insieme a qualcuno, o meglio, così sembrerà.

/risciacquo/

Una brezza leggera zampilla sull’asfalto malandato fuori da casa mia. Il balcone zampilla anche lui e provoca scrosci d’acqua più ferro. Questo tempo mi affascina e mi fa venir voglia di bere tè o caffè, comunque sia qualcosa che mi dia la carica. Il letto era ancora caldo, ma era troppo tardi e Irene era lontana. Una leggera malinconia mi teneva inchiodato al pavimento. Le diciotto e quaranta ed ero ancora in mutande. Dovevo fare assolutamente una doccia prima di andare. Drin. 


venerdì 1 febbraio 2013

Tema: Lenzuola

Sez. Your Fetish
Svolgimento


Sul letto c’erano ancora i segni dei loro corpi, nell’aria i loro respiri. La camera era piena di sole quel giorno e le lenzuola quasi brillavano, si erano ritrovati abbracciati su quel letto di finissimo cotone egiziano. Ci si erano avvolti come una crisalide nel bozzolo. Avevano riso e si erano stupiti, avevano parlato e fatto l’amore e si erano coperti quando erano rimasti muti a fissarsi e a sentire i loro corpi attraverso quel sottilissimo telo. L’aveva spogliata piano. Seduta ai piedi del letto lo guardava muta, il suo sguardo febbrile le faceva mancare il respiro, ogni tocco era come una lama passata lungo la schiena. La camicetta era scivolata lungo le spalle bianche e magre, mentre le mani di lei si erano intrecciate alla sua cintura. Eccole quelle gambe lunghe e nervose sopra di lei e le mani, sapevano come muoversi, cosa esplorare.

Poi era stato un unico respiro, un solo movimento, un’unica esplosione di cristalli nel suo cervello. I muscoli erano così tesi che quasi le facevano male, sentire la sua bocca, risalire tra le sue gambe portando allo spasimo quel guizzo di nervi, le dava stordimento. Le loro mani si erano cercate e i loro corpi uniti, quel gesto lento e ritmato era la loro musica e lei aveva stretto ancora più forte un lembo di quel lenzuolo, per tirarsi su e ricadere su di lui persa in quel grembo, prima di ritornare  ad accoglierlo.