martedì 29 maggio 2012

Sez. Salone del Libro, i temi proposti da Voi - "I tuoi viaggi più belli"

Questo tema è stato proposto da quattromura


Sicuramente gli ultimi. O forse i primi.
Quando un viaggio è bello? A me di guardare la torre Eiffel dal basso mentre ritagliava il cielo in rombi non me ne fregò molto, e manco di arrivare al primo ring di Vienna partendo dalle montagne e giungendo al centro della città solo dopo aver goduto di diversi panorami che intercettavano gli spigoli del campanile di Santo Stefano dai quattro punti cardinali. E Sidney la prima volta mi parve Londra d’estate mentre Londra – d'estate – mi sembrò Blow up, di Antonioni, ma senza gli attori. Di NY apprezzai i barboni che dormivano nelle aiuole, di San Francisco la furberia con cui un amico, dando 30 dollari al cameriere, riuscì ad ottenere un tavolo da Scoma’s scavalcando una fila enorme, dell’Hertfordshire i pomeriggi quando uscivo con le matite e gli acquerelli. O le sere, di ritorno dalla lavanderia a gettoni, quando il cielo era sangue di bue.
Nei viaggi sono contento di trovare qualcosa di me che non sapevo fosse lì, e lo sono doppiamente se lì lascio una persona con cui ho scambiato dei pensieri senza poi chiederci l’indirizzo di casa.
I più bei viaggi sono quelli che, quando li ricordi, si appannano di nebbia e si formano tante stelline come se qualcuno te li rielaborasse con gli effetti speciali di Photoshop.
E ci sono viaggi che apprezzi per la bellezza dei luoghi o per l’afflato della compagnia – tanto da diventare il cast di un film in cui tutti conoscono la sceneggiatura ma non il finale; e i viaggi nei libri.


Tema: Scrivi dieci frasi nel tuo idioma e traducile in italiano

Svolgimento



1. Ea mama magna ea cotoetta coi pisacani. 
La mamma mangia la cotoletta con contorno di denti di leone. 

2. Ti ga el moreto drìo?
Non comportarti come se fossi la tua serva, ingrato nullafacente che non è in grado di chiudere una porta da solo. 

3. Mi a ea to età saltavo i fossi par longo!
Voi delle nuove generazioni non avete nemmeno una virgola della voglia di lavorare che avevamo noi alla vostra età. 

4. Xè mejo che te scampi con tute e gambe che te ghè.
Ti consiglio di toglierti il più celermente possibile dalla mia vista.

5. Come che te go fato te desfo!
Sono tuo padre/tua madre, e pretendo il rispetto che mi è dovuto.

6. Ma no ti gà na casa, ciò?
Sarebbe molto più opportuno che ti dedicassi ad un impiego maggiormente proficuo del tuo tempo in un luogo più consono di questo e che ti sia proprio. 

7. Se no ghe fosse el ponte el mondo sarìa un’ìsoea.
Se non ci fosse il Ponte della Libertà che collega Venezia alla terraferma il resto del mondo sarebbe un’isola.

8. Va ramengo ti e chei cani de to morti. 
Possa tu vagare in eterno assieme alle ombre dei tuoi trapassati, peraltro canini.

9. Un alto e un basso fà un guaìvo. 
Nella vita una cosa bella e una cosa brutta si compensano. 

10. Ciava un casso! 
Dal mio umile punto di vista ciò di cui parliamo non riveste la benché minima importanza nell’economia della situazione contingente.

MM

venerdì 25 maggio 2012

Tema: Leopoldo

Mi sono svegliata con l’orologio in mano l’avevo stretto  tutta la notte.   Uno strano gioco di riflessi  dentro. Incavi  ho corso tutto il tempo eppure ero in ritardo.  I mesi sfilavano come il grasso dell’agnello.  Con la tavola al centro e il piatto vuoto mi abbuffo di te.  Sono  stata alla galleria arte con i miei due gemelli biondi. 
L:  cosa è quello? kandiski

M:  e quello con i fiori gialli? Van Gogh

L:  e quei pagliacci? Depero

M:  mamma e quello? Monet

L:  posso toccarlo?
     Vai.

giovedì 24 maggio 2012

Tema: Placida Terra

Ripubblichiamo oggi questo post per commemorare Placido Rizzotto, 
sindacalista ucciso nel 1948, nel giorno del suo funerale dopo che i suoi resti sono stati ritrovati solo nel marzo scorso.

La Maestra


Svolgimento




Uscì quella mattina che sentiva ancora il sapore di caffè nella bocca e si leccava le labbra ancora calde della tazzina. E si aggiustò i baffi prima di tirare la sigaretta mattutina. Di lavoro ancora ce n’era e non poteva fermarsi. Certo due orette ancora poteva dormire ma c’era abituato lui a dormire poco. Tutte le aveva passate e la cicatrice sul braccio glielo ricordava ancora. Liberare le terre da quei crucchi bastardi non era stata una passeggiata. E non si fermava perché da liberare c’era ancora la sua di terra. Quella che calpestava sotto coi suoi piedi, che gliela avevano rubata a lui e alla sua gente. I Borboni furono, lui lo sapeva. E quella femmina nera, la draga, valeva più di tutti gli eserciti crucchi che poteva immaginare. Una mano che gli stringeva la gola era quello che sentiva ogni santissimo giorno della sua vita. La terra doveva essere coltivata, strappata di mano a quella femmina nera, nata perché lo Stato laggiù non c’era ancora stato e se c’era stato era per starsene con quella femmina nera, la draga. Neanche i colpi di mitra erano serviti per farlo calmare, con quei morti innocenti in quella vallata la prima mattina di maggio. Camminava ancora a testa alta attraversando la piazza e sputando ai piedi di quelli seduti alla villa. Quella villa, rideva solo quando ci pensava, sulle inferriate lo aveva appeso e lui di tutta risposta si presentò alla manifestazione e a colpi di mitra ne fece fuori un poco. Non propriamente lui che le mani non se le macchiava, aveva i suoi scagnozzi lui. Così imparava la lezione. Ma lui duro era, i crucchi li aveva cacciati e quella femmina nera, la draga,  pure se ne doveva andare. Se le terre erano abbandonate e nessuno le va a coltivare dovevano andare ai contadini. Con le zappe, mica coi fucili. Fame di pane c’era e non di potere. E sognava con la sua donna di vivere in una terra libera e di crescere tanti bambini in mezzo alle campagne che amavano. Tutti glielo dicevano di lasciare stare che tanto le cose non cambiano. Se li avesse ascoltati forse quei figli li avrebbe visti. Ma la femmina nera, la draga,  se lo mangiò una notte di primavera spuntando tre colpi nel buio tra le rocce. 

Tema: Il mio ritorno all'isola.

Svolgimento



Il treno mi porta via da tutto questo: dai ponti delle ferrovie per l'accesso al mare, le mareggiate, i vicoli che degradano dolcemente in lungomare.  Tramonti dorati, rosati, talvolta violenti.

Il treno mi porta via e subito dopo la ferita non sanguina più.
Devo andare via, là dove vorrei restare.
Ci sono nuove case, nuovi approdi, nuove piastrelle rivestono piazze e passaggi.
Lì apre un ristorante, vanno veloci, vanno lenti.
Si fermano, poi ripartono, tolgono piatti, mettono piante.
Intanto sudano.
Vado via da sale ove mostre di dipinti, nei secoli o negli ultimi anni, affollano i ricordi delle volte antiche. Rifatte, restaurate come si doveva o come meglio si poteva. Per ricavarne profitto, dare lavoro alle maestranze locali.
Cemento, calcestruzzi e infiltrazioni di mafia.
Ma non qui, non qui. Orgoglio e miseria. Onestà.
Accordi si, tra ceti  gemelli.
L'arte si mescola al denaro rimanendone illesa: nessuno la compra.

martedì 22 maggio 2012

Tema: "A Kinsey non far sapere"

Svolgimento


Tutto quello che conosco del sesso non me l’ha detto nessuno, sono un autodidatta: l’ho imparato da solo, soprattutto leggendo il vocabolario. Quando si era bambini negli anni ‘70 non c’erano molti mezzi d’informazione su cose del genere; però c’era sempre il bambino più scafato in classe con te che conosceva certe parole: le parolacce, da maleducato, che uno per bene non deve nemmeno aver sentito in vita sua, figurarsi pensato o detto. Quando si sentivano a scuola si pigliava il vocabolario, chiaramente sempre a scuola, per non rischiare che a casa ti cogliessero in flagrante mentre leggevi certe cose, o magari che il vocabolario potesse in qualche modo far la spia; ogni parola aveva dei rimandi ad altre, e alla fine riuscivi a crearti un quadro approssimato ed un po’ fumettistico della cosa, ma sapevi che non era l’ape a portare le cicogne, e che le foglie del cavolo non erano pannolini per i Puffi.

Io non sapevo neanche la storiella delle api e dei fiori.


Tema: Il Cadavere


È arrivato!”
Gianluca spegne il cellulare per evitare disturbi in un momento catartico.
Devo andare, devo andare.”
Insiste come se qualcuno lo trattenesse dal compiere un improrogabile dovere.
Finite voi le mie paste.”
Lo dice, alzandosi con un braccio per metà dentro la giacca e l'altro che si allunga sul vassoio per ingollarne un'altra.
Hai bisogno di una mano?” Chiede Sandra per mera educazione, con un boccone ancora in bocca e due dita davanti per non farsi scorgere, mentre la mano destra aleggia sul cabaret di dolci alla ricerca del nuovo prescelto.
No, no - Gianluca sta pagando la sua quota alla cassa - è già tutto predisposto. Manuel, Giorgio! A casa mia alle tre!” Ordina perentorio in un piano prestabilito con i due, mentre già supera la soglia della pasticceria per infilarsi in macchina.
Caspita, che fretta! Cos'ha comprato di tanto delicato da lasciare a metà la colazione? Non lo riconosco più!” Osservo io, che, più metodica, ho precedentemente selezionato la mia quota parte, riponendola su un piattino che mi tengo vicino.
Sono le undici, ma, essendo domenica, è questa l'ora canonica per ritrovarsi per il primo e più importante pasto della giornata. I due complici intanto nicchiano sorridendosi, nemmeno dovessero tradire un segreto di Stato. Ma noi ragazze siamo superiori: non domanderemo oltre. Alle tre, puntuali più dei due compari reticenti, mettiamo piede nell'ingresso dell'appartamento di Gianluca.

lunedì 21 maggio 2012

Tema: Genova


Svolgimento

Genova di sole e mare, di puzza di pesce e di pescatori che partono di mattina presto con le loro barche vuote, di personaggi unici che si incrociano tra le vie del porto antico, venditori di libri usati, musicisti, bambini e passanti diretti in chiesa. Genova che sa di vecchio e di nuovo, Genova grigia con le nuvole e rosa con il sole, Genova rumorosa e confusionaria.
I capelli gli cadevano continuamente sugli occhi - non riuscivano a stare fermi – e quindi decise che non li avrebbe più rimessi a posto, avrebbe inclinato la testa per non trovarseli davanti. Giorno di pesca grossa la domenica, e al porto non vi era quasi più nessuno che armeggiasse con barche, corde e casse di pesce vuote; salutò con un gesto timido due ragazzi che litigavano su una lancia, pronta a salpare se avessero deciso chi avrebbe dovuto sciogliere gli ormeggi.
Sistemati i capelli – con la promessa di non farlo più – si sedette su una panchina ed estrasse dalla tasca dei pantaloni un taccuino piccolo e dalla copertina nera, erano rimasti pochi fogli e lui decise che quel giorno li avrebbe utilizzati tutti, alle undici il porto si sarebbe riempito di genti: uomini e donne con una storia, bambini pronti ad ascoltare ed essere ascoltati, animali, luoghi, periodi. Poco lontano dalla panchina su cui era seduto, credendo di essere isolato, un prete parlava con dieci giovani che gli ponevano domande sulla vita e sulla religione che il vecchio praticava – Non capisco il quarto comandamento, perché dovrei onorare mio padre quando mi picchia col bastone? E come posso evitare di innamorarmi di una donna se questa è già occupata con un altro? – e l’uomo di chiesa non riuscì a trovare una risposta sufficiente a soddisfare quella voce che avrebbe continuato a porre domande su un Dio che non c’è e non ci sarebbe stato nemmeno per una morte ingiusta.


venerdì 18 maggio 2012

Tema: “Le parole tra noi leggère”

Scende di corsa le scale mobili e piazza veloce l’abbonamento davanti al tornello. Affrettandosi riesce a salire sulla carrozza un attimo prima che si chiudano le porte. C’è posto in piedi contro il finestrino. Appoggia la schiena al vetro freddo, sistema la borsa per terra e la incastra bene  tra gli stivali. Con un sospiro chiude gli occhi.
- Ping. Prossima fermata: Dante- Gisa sono così preoccupata per mia nipote la granda – dice una voce querula.
- e cosa l’è successo? – risponde un vocione roco.
- Ma c’ha un moroso che va a vivere con lei. Brau l’è brau ma ha le braccine un po’ corte, vuria nen che quello le si piazza in casa e si fa mantenere.
- Ping. Nizza.Le porte si aprono. Annusa una scia di profumo vagamente noto che entra assieme all’aria fresca. Gli occhi restano chiusi.
- Ping. Prossima fermata: Dante - tunz tunz tunz tunz tunz tunz parataratunz tunz tunz tunz tunz
- Dì ma te ci vai al concerto?
- Cheee???
- E togliti ‘ste cuffie. Dico, al concerto? Ci vai?

Sez Grandi Scrittori. Tema: Vincenzo Consolo. Ritorno all'isola

Nottetempo, casa per casa, assoporando l'isola. 
Rosa, Rosaspina, profumata di basilico e tutta, tutta, prima o poi affonderà. 
Con i mosaici bizantini delle basiliche, l'architettura araba, le scogliere nere di tufo, quel Mandralisca, che tenne chiuso, nelle chiuse stanze, il sorriso dell'ignoto marinaio.
Quell'Antonello, celato al mondo, ripercorre nuove strade saltellando sul lastricato, da una pietra all'altra, verso il lavatoio. Scopre lo scrosciare delle acque che corrono via, soffermandosi un tanto, quello che possono, dentro  vasche ombrose. Corre via verso il mare, salta da una pietra all'altra, incontrando l'azzurro che ferisce,  per troppa luce e colore. Abbacina, stordisce, assopisce, in un limbo d'inedia.
Le pietre arroventano i sensi.
.
Ogni ritorno è come il primo.
Ogni saluto è come l'ultimo: denso, accorato.
Bisogno di partire, per poi tornare. Fuggire per poi ritrovare.
Il tempo ha corroso intanto pietre, rive, bruciato boschi, eruttato lava, ribollito acque nei mari. Ritornare a quella Ferita dell'Aprile.

giovedì 17 maggio 2012

Sez. Soap e sapone - Tema: Trauma da soap


Ciak, prima scena:
Dopo ore e ore di travaglio, febbrile attesa e discorsi frammentari, tra zaffate di fenolo e arabeschi di fumo sulle pareti di linoleum verde dell’ospedale, finalmente viene annunciato il lieto evento. In sala parto, si intravede un mucchietto di pieghe grinzose e bluastre appeso alla mano robusta dell’ostetrica. “Annuntio vobis gaudium magnum: è una femmina!!!” gioisce la levatrice, rivolgendosi al padre: un uomo sulla trentina, smilzo e allampanato dagli occhi grigio-verdi e un ciuffo nero sugli occhi. Per un attimo, il suo sguardo si colora di smeraldo, come attraversato da un lampo di sole. Ma subito dopo, viene riassorbito dai suoi pensieri  cupi e ossessivi, sotto la luce fredda e asettica dei neon. Al primo vagito della figlia, non sa far altro che accasciarsi su una sedia, già in preda alla depressione post-partum, lui! Da ore, non fa che recitare il suo mantra privato fatto di litanie senza senso, in uno stato catatonico. Cicca dopo cicca, le sue contorte spire di fumo si sono alzate lente e minacciose e già ghermiscono le piccole manine della neonata indifesa. Quale perfetta prolessi dell’imminente catastrofico legame che li avrebbe stritolati per tutta la vita. E questo non è che l’inizio. Ma passiamo oltre. L’idillio con l’esistenza può veramente durare lo spazio di un vagito.

lunedì 14 maggio 2012

Sez. Grandi Scrittori. Tema: Saul Bellow


Giacomino Leopardi diceva che le persone abituate a pensieri elevatissimi, le menti capaci di complicatissime operazioni mentali, si trovano poi a disagio nelle piccole cose pratiche. Tanto che, per determinate cose, è meglio essere uno scemo che un genio. Probabilmente un sofisma con cui il gobbetto di Recanati, morto vergine a 35 anni, voleva giustificare la propria inettitudine.
FedericoGuglielmo Nietzsche, da qualche parte, scrive che tra corpo e anima è sempre meglio scegliere il corpo. Per una semplice ragione: il “corpo”, nell’evoluzione umana, è nato prima della cosa chiamata “anima”. Lo spirito dunque non è altro che una ghiandoletta cresciuta dopo.
Una parte (meno evoluta, meno sviluppata) del tutto.
Nietzsche d’altronde col corpo non aveva un ottimo rapporto. Debole e malaticcio, congedato dall’università ad appena 35 anni, una pensioncina che gli permise la sua sfibrante vita contemplativa, doveva stare attento al clima e all’alimentazione per non essere affossato dal proprio organismo. Poi, chissà perchè, impazzì e morì dopo dieci anni di insania.
Negli ultimi tempi mi è capitato di leggere tre splendidi romanzi di Saul Bellow, romanziere ebreoamericano morto novantenne nel 2005. “Herzog”, “Il dono di Humbolt”, “Il pianeta di Mr. Sammler”. Tutte brillanti variazioni su un unico tema, su cui Bellow batte e ribatte con particolare insistenza. L’intellettuale nella società contemporanea.

Sez. Cartoni Animati - Tema: una caramellosa bambina


Mi piacevano i suoi capelli, raccolti da un nastro di seta o di raso giallo, che le scendevano sulle spalle e intorno al viso formando dei boccoli grossi e tutti uguali.
Avevano però un colore indefinito: andavano dall'arancione spento al rosa salmone, ma forse erano le prime tv a colori che ne falsavano il risultato. 
Eravamo ancora lontani anni luce dagli schermi ultrapiatti al Led con quattromilioninovecentoottantanovemilasettecentotrentadue pixels!
Erano appena gli anni '80! 

Lei aveva un fratello, scuro in volto, neanche fosse stato un mulatto; eppure erano americani ed io questi americani me li ero sempre immaginati biondi, con gli occhi azzurri e la pelle chiara, ma lui no, non era così. 
Lui era il suo fidato alleato ed insieme architettavano tranelli e congiure degne dei più spietati malvagi. E poi c'era lei, una piccola e adorabile bambina che subiva passivamente le angherie dei due perfidi fratelli senza proferire parola, senza alcuna reazione, inerme, ed io lì a rodermi il fegato per lei. Se fossi potuto entrare magicamente dentro la storia attraverso lo schermo avrei preso a calci e pugni quel ragazzino dagli occhi grandi e scuri. 
La sorella lo aizzava come un cane rabbioso contro la dolce bambina e lui le ringhiava come un molosso. Certo, sul finale della storia, lui fece introspezione e si accorse che tutto quell'odio verso quella deliziosa bambina altro non era che amore. Di sicuro il suo modo di amare era stato alquanto anomalo: e ora, dopo tutte quelle cattiverie, cosa poteva pretendere da quella soave bambina? 

giovedì 10 maggio 2012

Tema: La matematica e un'opinione (la mia).

Una volta la matematica era un’idea. Ora, certe volte, è un’opinione. Lo so che sembra la stessa cosa, ma non è così. Quando la maestra ci ha spiegato i numeri, prima ci ha fatto l’esempio delle caramelle, e i numeri erano caramelle. E se io prima ne avevo due e poi la mamma me ne dava altre due io ne avevo quattro. Poi quando eravamo più bravi e abbiamo studiato le frazioni, i numeri erano fette di torta. Non erano più caramelle, ma si potevano mangiare pure. Però lo sapevamo che era per finta, perché se ci li mangiavamo vero, poi i conti non tornavano più. Per questo era un’idea, perché il numero è un concetto - ci hanno insegnato - ma le regole sono regole e vanno rispettate, con rigore. Come le leggi, che io ho sentito dire che si applicano, ma che in certi posti invece si interpretano. E anche se io avevo il pallottoliere giallo portatile, con le palline colorate, poi volevamo fare tutti i conti con la calcolatrice, perché si faceva prima. Ora però, forse, non lo so se è perché non ho studiato bene, ma sono confusa. A Palermo ancora contano i voti. Cioè, siccome dovevano scegliere il sindaco nuovo, hanno votato, e siccome sono tanti che votano, ci sono 600 sezioni, tutti i posti dove si va a fare il segno della croce, che però non è come quello che si fa in Chiesa, perché questo si fa con la matita, ed è la crocetta della democrazia.

mercoledì 9 maggio 2012

Tema: Clifford Sabung


Clifford hai messo la crema?
Basta Hildred quante volte te lo devo dire: sono di San Francisco, non mi scotterò mai.
Ma tesoro siamo a Java, tu non sai che cosa ti puoi prendere con gli UVA.
S-a-b-un-g armonico perfetto alquanto strano per un rituale così dionisiaco.
Queste sono le cose che capitano ad essere antropologi, uno ti seduce con il fascino dell’antropologo. Poi Clifford con quei calzini bianchi e i sandali sei anti-sesso totalmente. È dura la vita degli antropologi.  
S-a-b-u-n-g la lingua di Clifford batte quattro volte sul palato. Diamine: Bali! Piume, uomini accovacciati, whisky a fiumi, gente che grida. Il sole taglia le risaie, nessuno nei campi. Dadi sulla terra nera.
Questi galli sono da tutte le parti e ogni indonesiano li cura meglio dei propri figli.
Hildred dove sei? È possibile che tu mi nasconda il diario di campo nella tua borsa?
Clifford sei proprio andato, è nella borsa della reflex.

Le risaie spesso abbagliano regalando rumori riflessi. Hildred ha le caviglie nell’acqua, lavora con le donne. Parla e coglie perle. Le donne balinesi sono gelose e riservate, non parlano se non vengono interpellate.
Gli uomini in questo periodo passano il tempo alla cura ossessiva dei galli. Lucidano le piume, tastano l'interno dei testicoli  si arrovellano sulla lunghezza giusta degli speroni.
Clifford li osserva: accovacciati nella terra parlano ai  ai galli come figli siamo a due giorni dalla lotta e tutto il villaggio è in fibrillazione. 
Quanta voglia e pazienza ci vuole per chiedere due cose in olandese. Beato nonno di Utrecht  che con i suoi diari mi ha fatto innamorare e  santo colonialismo. Non  capisco perché sia così difficile negoziare un’identità. 

domenica 6 maggio 2012

Tema: Bollenti spiriti


Ho sempre pensato che tutti i profumi si mescolino agli odori di ogni persona, di ogni pelle, di colli e capelli per poi essere immortalati nello spazio di un momento, di una circostanza. 
Un ricordo che continua a ripercuotere la sua eco attraverso la percezione olfattiva che accende i sensori del nostro cervello. Regalo comune, scontato, scelta resa complicata dal gran numero di fraganze e aromi esistenti. Io devo odorarli tutti, è fondamentale per me.
Non ci credo se non ci metto il naso!
E di naso si trattava..."Ecco prova questa!" Puntandola con gli occhi da pesce lesso gliela aveva messa davanti - sedativo sperimentale -.
Si trattava di una bomboletta, quella del suo ultimo deodorante: - Natural touch con minerali del Mar Morto -. 
Il gesto di lui era così pieno di speranza (prati verdi attraversavano la sua mente) . "Questo ti calmerà un pochino"- prima di passare al valium - "Provalo!"
(Aria compressa, palloncini che volavano in alto, farfalline allo stomaco ormai morte attraversavano la mente di lei)
Minerali del Mar Morto, capisco. Ora ogni cosa ha una sua luce.
Non sa scegliere! - qualità che ci accomuna, del resto -. 
Una musica interiore orchestrava " La cavalcata delle Valchirie" e mi faceva compagnia. Come si fa a scegliere una fraganza del genere? Pensavo.
L'uomo da sempre va alla ricerca del piacere; è un peccato farlo morire così. A che servono i minerali? E del Mar Morto per giunta!
Oggi, il mondo osanna le profumazioni adatte all'uomo cacciatore:
rivitalizzanti, energizzanti, tonificanti, pure senza alcool per non danneggiare la pelle. In versione elegant, sport, sprint, dinamic, eau de toilette, eau de parfum, eau...e lui mi cosa va a scegliere? Il Mar Morto!

sabato 5 maggio 2012

Tema: DG - Direzione Generale



" Sono le otto di martedì sedici Aprile, Dottore" dice mentre con un accenno di fiatone si dirige verso la finestra. Con le mani prende le due sopra tende in pesante velluto azzurro e le allarga. Dopo, con la mano destra, afferra un cordoncino dorato che scende dall’alto e lo tira con forza mentre due pannelli di lino bianco cominciano ad aprirsi come un sipario, lasciando che un fascio di luce colpisca il soffitto della stanza, anche se chiamarla stanza sarebbe alquanto riduttivo viste le sue dimensioni. Dall’ampia finestra si vede un cielo azzurro senza nessuna nuvola, di un azzurro accecante, volendo usare una tavola cromatica , color Wedgewood o Ceruleo Chiaro.

La stessa operazione la ripete alle altre finestre, fin quando la stanza non è completamente invasa dalla luce. Dal lettone, in fondo alla stanza, si cominciano a vedere i primi movimenti di un corpo sotto le coperte. Prima una gamba, poi l’altra, fino ad arrivare a metà del letto. Poi una mano sbuca dal copriletto e si poggia sul risvolto del lenzuolo. E' una mano molto grande, chiara, con lunghe dita e coperta da una folta peluria bianca.  Nonostante le sue dimensioni è una mano aggraziata. Si vede da come la poggia.
"L’attendono diversi appuntamenti per oggi" torna a dire il tipo con indosso uno strano abito, come uscito da un quadro del settecento, color celeste e avorio profilato d’oro. 


giovedì 3 maggio 2012

Sez. Soap & Sapone - Tema: Svaghi di una signora bene


La brezza spirava verso l’entroterra di Chioggia, e lei sedeva olimpica su una vecchia seggiolina pieghevole da campeggio in tessuto di plasticaccia pura; il suo viso sferzato dagli spruzzi della risacca dimostrava circa un’ottantina d’anni, aveva due occhioni neri vivi e intelligentissimi, la sua fisionomia era pervasa da una dolcezza antica mista a tristezza, come se il destino le avesse dato tutto ciò che desiderava ma giurando di farglielo rimpiangere. Lei amava passare le mattinate pescando piccoli molluschi negli anfratti delle pietre della diga, e poi li rivendeva, direttamente sul posto, ai turisti dicendo che le serviva per arrotondare, in realtà perché si sarebbe annoiata solo con le sue opere benefiche fatte col club delle pie dame: erano care donne, ma lei amava il contatto e lo scambio verbale con le persone, sempre diverse. Soprattutto amava raccontare la sua storia, ma lo faceva come per gioco: a chi avesse saputo trovare la domanda giusta avrebbe raccontato tutto, ma nessun segreto avrebbe oltrepassato la chiostra dei suoi dentini bianchi ancora perfetti se lei non avesse deciso che tu te lo meritavi. 

- Fio, vusto caparossoi? Mi chiese in uno sgangherato dialetto con inflessioni che non avevo mai udito. 
- No, grazie. Sono vegetariano.
- No ti magni gnanca pesse
- Signora, no. Anche il pesce ha una mamma e un papà, non crede? 
- Se è per quello ce li hanno anche le pantegane… siccome che non vuoi le mie vongole offrimi un caffè: oggi non s’è ancora visto nessuno, e ho una gran paura che sarai la sola anima ad avventurarsi in passeggio sulla diga.

mercoledì 2 maggio 2012

Tema: 4,7 secondi

Arrivare sino al bordo del marciapiede tutto sommato è stato facile, ma adesso?
Un fiume di asfalto malinconicamente grigio a temperatura da altoforno separa la sponda origine X  dalla sponda obiettivo Y.
Nessuna presenza di un semaforo pedonale, l’unico sostegno mi viene fornito da uno sfumato chiaro scuro vagamente regolare, strisce orizzontali che hanno timidamente preferito mimetizzarsi che apparire nella loro istituzionale presenza.
Le punte delle mie scarpe sono allineate al limite del marciapiede, i talloni dritti, le spalle rigide, collo e testa  protesi in avanti, un periscopio che si muove nervosamente a cercare indizi e tracce che mi permettano di scegliere l’attimo T1 in cui iniziare la mia traversata.
Delle braccia non so esattamente che farne, robuste mani che tanto mi sono state d’aiuto adesso sembrano avere perso qualsiasi utilità, timidamente tento un gesto di segnalazione della mia presenza, ma quello che viene fuori somiglia più a una resa incondizionata, i miei aguzzini rimangono insensibili e trovano più semplice ignorarmi, eliminando la mia fastidiosa presenza dal loro campo visivo premendo rabbiosamente sul pedale dell’acceleratore.