domenica 31 marzo 2013

Tema: Piastrelle con fiori

Svolgimento



I giochi sono finiti. Fine. Basta. Ciao a tutti. Adios amigos! Romeo, Paride mi ha ucciso mentre tu mi tenevi, sia la peste sulle vostre famiglie. Ricordatemi come una persona buona e tu, viandante, di’ agli amici del bar, che li terrò sempre nel mio cuore.
Il problema fondamentale di quando si fa una cazzata, una cazzata di livello standard, è che ci si accorge di averla fatta, solo un millisecondo dopo averla commessa, mai prima, quando si può ancora rimediare, sempre dopo. Come decidere di prendere un toro per le corna e poi, tutt’ad un tratto, mentre il toro è a un centimetro da noi, pensarci su un attimo e dire: “Ma che cazzo sto facendo?”.
Questa era la situazione in cui mi trovavo, mi ero condannato da solo, i carnefici non sapevano fare un nodo scorsoio da mettermi intorno al collo e io mi ero offerto gentilmente di fare quel nodo. 
Davanti a me c’era la mia compagna, bella e problematica come tutte le altre che c’erano state, questa forse un po’ di più, problematica intendo. Stava lì, di fronte a me, di fianco ad un ometto pelato e baffuto vestito tutto bene. Ognuno teneva in mano una piastrella di ceramica coi fiori, un iris, una margheritina, una rosa blu e dei ciclamini. Mi guardavano fisso negli occhi, ansiosi di una risposta, di un mio parere. Quale piastrella mettiamo in bagno?
Oh cielo! Oh cazzo! Oh dei! Cosa stavo facendo? Era un passo dannatamente più lungo della gamba. Ero veramente arrivato al punto di comprare insieme alla tipa le piastrelle del bagno? Aveva tutta l’aria di un fottuto punto di non ritorno. Io non volevo di certo oltrepassarlo.
Ad un certo punto di materializzò di fianco a me il buon Renton con le fattezze di Ewan McGregor, con i capelli rasati corti, una canottiera bianca, giubottino leggero e jeans strappati, praticamente il meglio della gioventù scozzese di un decennio fa. Renton\McGregor mi guardava e rideva e mi diceva: “Scegli un salotto... scegli una casa... scegli la lavastoviglie... scegli un divano... scegli una chiesa dove sposarti”. Che poi era il monologo iniziale del personaggio. Avrei preferito di gran lunga che la mia mente si focalizzasse su SickBoy, ma fa lo stesso. 
Scegliere le piastrelle è molto peggio che scegliere un divano. Se io e la tipa ci separavamo, il divano avremmo potuto tagliarlo a metà con una katana e ognuno se ne sarebbe preso un pezzo, ma una piastrella con i fiori da mettere nel bagno era un segno distintivo, un monito, un qualcosa di indelebile che veniva attaccato e impresso nel muro. Un “Pirati: attenti a voi” attaccato lungo le coste di qualche isola caraibica. 

sabato 30 marzo 2013

Tema: Il provino

Svolgimento

Rosalia La Placa detta Lia rimane immobile a fissare l'elegante signorina che le ha aperto la porta. I piedi sono ben fermi sullo zerbino, come se non ce la facesse a muoversi, ma gli occhi roteano in tutte le direzioni e il collo è allungato come quello di una gallina, per sbirciare dentro, senza dare troppo nell'occhio. Lei è una donna del popolo, la sua istruzione si è fermata troppo presto, travolta dalla fretta di crescere e di fare la fuitina con Tanino, quando già il piccolo Kevin era in dirittura di arrivo. Insomma è passato tanto di quel tempo che non ricorda più molto bene come si legge. E infatti la scritta sulla targa luccicante attaccata alla porta se l'è fatta leggere da sua figlia Jessica, o Giassica, come lo dice lei, la ragazzona accanto, giovanissima ma procace quel tanto che basta per sembrare la versione povera e meno furba di certe donnine moderne scappate dai lupanari per occupare persino le aule del potere “Prego signora si accomodi, il notaio la riceverà subito”, le dice la signorina elegante con voce flautata. Lia rimane per un attimo interdetta. La sua espressione tradisce il miscuglio di diffidenza e timore reverenziale che prova, il sentimento tipico delle persone semplici dinanzi ai “signori” che con i soldi sanno di poter comprare tutto. “ Si ma chi ci trasi u' nutaru?” (trad.:“ma che c’entra il notaio?”) chiede sottovoce a Jessica che nel frattempo continua a masticare una gomma con l'indifferenza fessa della mucca che va al macello. “Mamà ma che ne sooo !! Sulla porta c'è scritto Crapanzano e a' mmia mi rissiru (trad:“mi hanno detto”) che questo manager si chiama Crapanzano. Forse è un notaio, che ne sooo...!!” La noia rende la voce di “Giassica” ancora più strascicata di quanto non faccia già il suo marcato accento palermitano. Lia è perplessa. Si guarda attorno con quegli occhi mobili che sembrano lanciare saette in ogni direzione. “Certo che stu' Crapanzano, po' fari u nutaru o il managger (trad.: “può fare il notaio o il manager”), ma pi' essere ricco, è ricco ! Speriamo che ci piace a picciridda (trad.: “bambina”) mia e la piglia.. ” pensa Lia tra sé e sé, posando lo sguardo ora su un tappeto persiano che solo a vederlo pare fatto di soldi, ora su una sontuosa ciotola d'argento “tantu granni ca ti ci po' lavari a' facci” (trad.: “tanto grande che ci si può lavare il viso”), come riflette Lia con la sua impareggiabile saggezza da popolana. La stupisce un po' il fatto che non ci sia nessuna ragazza come la sua Jessica seduta in quella sala d'aspetto che trasuda ricchezza. Se si esclude la elegantissima signorina che le ha aperto la porta, ma che non deve essere certo in attesa di nulla, visto che è andata a sedersi dietro ad una scrivania. Sarà una specie di segretaria, anche se, a maggior ragione, allora, la stupisce pure che non le abbia chiesto niente, manco il nome. Oltretutto Lia nota che la suddetta signorina avrà più o meno l'età della sua bambina, anche se i suoi occhi colmi di amore materno la portano ad interpretare l'insuperabile classe e raffinatezza della ragazza come una copia sbiadita della sua esplosiva figliola. Comunque è arrivato il momento di entrare perché la signorina si sta rivolgendo a loro. Lia entra nella stanza del notaio, con il passo incerto e timido di chi non sa bene cosa stia facendo. Il signore molto distinto, seduto dietro una imponente scrivania di legno scuro, cogliendo forse il suo imbarazzo, la incoraggia “prego signora, entri pure, si accomodi!”. 

giovedì 28 marzo 2013

Tema: Vorrei trovare un tempo inusuale nel libro di Consolo: Le Pietre di Pantalica

Svolgimento 
Dialogo tra Euforbia e Acanto

Scavo e giro tra le pagine e le parole divenute giganti mi guardano dall'alto, mi sento osservata, giudicata. Le sento sussurrare: Che sfacciata!
E l'altra fa eco: Come osa! Viene qui a curiosare. Vorrebbe trovare il passato remoto e il verbo essere... 
- Di cosa poi?Il Maestro ha messo tutti i tempi e verbi nel giusto modo... e ...questa, questa qui, che è? Una ignorante presuntuosa è!!! …. Vuole …. vuole...sovvertire un così bell'ordine. 
- Insomma è anche vero che lui usava una scrittura al limite tra l'italiano e il dialetto. No, non era né l'uno né l'altro...sai? Ma certamente non usava il verbo avere come ausiliare dell'essere. E come avrebbe potuto del resto! 
Guarda me ad esempio? Dimenticata, desueta, in disuso... 
- Diciamo pure vetusta, rugosa, andata. Dimenticata. A lui il merito di averti riesumata. Nuovamente Lustro, Vigore, Profumo! 
- Si profumo, una ventata di primavera ha scosso Palermo e Siracusa, dalle rive del Tirreno a quelle del Mediterraneo. Capo d'Orlando e Pantalica. Si quelle grotte lassù, scavate nella roccia...che ancora contengono intatta la voce di un tempo, gli echi delle voci parlate, dei mugugni appena accennati che le braci degli occhi valevano a verbo incarnato. 
Non fare la civetta adesso. Sei solo una parolina antica...! 

mercoledì 27 marzo 2013

Tema: Preghiera della sera


Svolgimento
Un rumore nel cuore della notte, suona familiare ma non riesci a capire bene che cosa possa essere. 
Sembra il tramestio di un chiavistello, di una serratura di sicurezza fatta girare più e più volte. Ti sembra strano perché vivi in mezzo ai campi e il tuo vicino ha settant’anni: dove vuoi che vada alle quattro del mattino? E perché dovrebbe mettersi a giocare con i catenacci? Dai per assodato  che sia uomo alquanto strano, ma non è mica lo spettro di Jackob Marley, e d’altronde tu non sei Ebenezer Scrooge.  
Passano i minuti e il rumore ricomincia, per poi smettere di nuovo. Forse è meglio andare a vedere di che cosa si tratta, di soppiatto e senza accendere la luce per ogni buona misura. Nulla, nessuno cerca di forzare la porta, nessuno girovaga nel cortile o nei dintorni. L’unica cosa che si muove è la gattina nuova, Ortensia. È davanti al tavolino dell’altare e sta armeggiando con le statue: prende delicatamente in bocca la Tara Verde e la poggia per terra, lo ha già fatto con Kali-Ma e la Venere Callipigia. Poi sposta Bastet e Sekhmet al centro dell’altare e si siede davanti a loro, guardandole negli occhi. Trovi perfettamente normale che una gatta sterilizzata il giorno precedente chieda conforto alla dea dei gatti e a quella legata alla protezione e alla medicina; ti sorprende un po’ l’atteggiamento delicato e riverente che ha verso le immagini degli altri aspetti della Madre.

martedì 26 marzo 2013

Tema: Degnissimo padre

Svolgimento

Degnissimo padre,
in questi giorni, chiusa nella mia stanza, ancora dolorante per le cinghiate che mi avete inferto, mentre nella testa chissà perché invece dei vostri insulti, sempre gli stessi ogni volta che mi battete, risuonano come una giaculatoria che non riesco a fermare, le urla disperate di mia madre che assiste immobile a queste scene, gridando e basta, senza muovere un dito, col risultato ogni volta di amplificare la vostra ira nei miei confronti, in questi giorni io ferma immobile seduta per terra, senza lavarmi, senza pettinarmi, senza leggere nulla, senza alzarmi quasi mai da qui, io ho pensato.
Io sola qua dentro, aspettando due volte al giorno da mangiare senza nessun conforto tranne quello della Bibbia e delle altre letture che voi considerate adatte a una ragazza della mia età, ho pensato, se sia giusto infine sposarmi, così come voi desiderate per me, con un uomo che già detesto per il solo fatto che lo avete scelto voi, facendo infine cessare questa pratica di battermi ogni giorno per convincermi al matrimonio.

Tema: Vacche

Svolgimento


Stasera cucino io, preparo l’insalata. Sembra un piatto di ripiego, un po’ da tirchi è vero, per evitare di cucinare sul serio. Lavo lattuga e pomodori, li taglio con cura, sale olio origano, una bella mescolata, subito pronto. Preparo l’insalata, ma non per pigrizia. Mi è finita la bombola del gas proprio stamattina, nel momento preciso che il caffè nella moka cominciava a gorgogliare piano, come un topino con la tosse. La fiamma, commossa, si è indebolita, ha cambiato colore, poi ogni linguetta tremolante ha cominciato a rimpicciolire fino a quando tutto si è spento e il topolino è guarito. E io sono rimasto senza caffé. Per noi uomini medi che dipendiamo dalla caffeina più che dalla volontà, rimanere senza il primo caffé della mattina è una vera tragedia. Gli occhi si richiudono rassegnati e impediscono di ritornare sui tuoi passi, se non a tentoni. In questi casi ci si deve sedere sulla sedia di paglia della cucina, respirare profondamente, stropicciare gli occhi delusi, provare a rialzarsi, e siccome non sempre ci si riesce al primo tentativo, subentra il crollo psicologico. Cosa ti puoi attendere di peggio da una giornata che inizia così, sarai sicuramente licenziato senza giusta causa, ma non prima di avere preso una multa e di essere scivolato su una cacca di cane.
Comunque, la bombola del gas è finita. Nel paese dove abito non è ancora arrivato il metano, perché inspiegabilmente è stato tagliato fuori dal tracciato delle tubature, i tubi passano dritti collegando una città all’altra, ma quando arrivano vicino al mio paese disegnano un bel giro largo senza avvicinarsi troppo. Non conosco il motivo di questa cattiveria, forse si è trattato di un semplice errore di pianificazione, oppure l’incaricato quel giorno aveva dei problemi con la moglie e doveva sbrigare le cose in fretta per prendere i figli a scuola.


domenica 24 marzo 2013

Tema: Quanta notte si può sopportare?


Svolgimento

Io la notte non la voglio passare con uno scarafaggio, una zanzara e una falena: loro hanno le ali, io no. E non è giusto che io non abbia le ali. E' proprio in notti come queste che c'è mare e ci sono i lampioni al tungsteno. Che andrei in giro a pisciarci sotto che sembrerei cane. E mi griderebbero bastardo e farebbero anche bene. E' il mio sangue sporco e me lo voglio tenere dentro alle vene, stretto stretto, e nessuna siringa si avvicinerebbe al mio braccio. E neanche una stella si offrirebbe a farmi da guida, neanche quella che sembra i tuoi occhi quando mi guardi. Poi, da cane, mi girerei ringhiando e lo griderei in faccia all'uomo al balcone che fuma una sigaretta, lo griderei ringhiando e senza ululare: "Io sono la sola cosa che conta".
Io sono cinico e amo di lontano, a volte a tavolino con carta e penna. Ultimamente utilizzo anche fogli excel che conservo debitamente in hard disk esterni. Ho un cavallo a dondolo, si chiama Ludmilla e tutte le sere mi guarda coi suoi occhi neri neri e il suo muso rigido di legno e la pancia piena di paglia gialla, mi guarda che fumo e mi ricorda che la paglia piglia fuoco facilmente, e me lo dice sussurrando: "Attento alla paglia che tu sia uomo o cavallo a dondolo, che tu sia cinico o romantico".

Vito Bartucca

sabato 23 marzo 2013

Tema: Il Trasloco

Svolgimento

I camion dei traslochi sono partiti: Caterina si siede, stremata, e chiama un taxi per l’aeroporto. Ha poco tempo, si riposerà arrivata a destinazione. Il taxi arriva dopo pochi minuti, Caterina si accomoda, distende le gambe e si sfila le scarpe: un sollievo per i piedi doloranti. Si massaggia il collo, rigido dopo una giornata di tensione e guarda fuori dal finestrino: sta piovendo.
E’ ora di telefonare a Peter.

Se lo ricorda ancora quel giorno di sei mesi fa, quando Peter era arrivato a casa sorridente.
“Ho fatto un colloquio per un posto da direttore generale, credo che sia andato bene”
“Un colloquio? Per quale ditta? Perché non ne sapevo niente?”.“E’ una ditta americana, non la conosci. Ma non te ne avevo già parlato?” aveva risposto Peter, seduto sul divano con una sigaretta in mano.

giovedì 21 marzo 2013

Tema: Atletico Minaccia Football Club di Marco Marsullo, Einaudi editore

Sezione: Gli amici della Maestra  
Svolgimento

                                 


Come facesse a non schiodare il culo dalla sedia e dargliene di santa ragione a quel giornalista impettito era un enigma che non riusciva a svelare.
Io al suo posto gli avrei già tirato contro uno scaldabagno a un tipo così. E forse proprio per questo lui allenava il Real Madrid mentre io stavo spalmato sulla sdraio di tela a farmi sgranocchiare dalle zanzare, su quel terrazzino di Mondragone che profumava di mare e munnezza.
José Mourinho era, a mio (e a suo stesso) modesto parere, il più grande allenatore del mondo.
E non parlo solo di tattica. Era un genio della comunicazione e dell'intrattenimento; uno così, avesse fatto il presentatore televisivo, avrebbe cremato Pippo Baudo.
Riusciva a mantenere uno stoico self-control  di fronte alle incombenze dei giornalisti, nonostante la sua squadra avesse miseramente perso la Supercoppa di Spagna contro il loffio Betis Siviglia.

mercoledì 20 marzo 2013

Tema: Una fermata da Oscar

Svolgimento

Cercare una faccia da mettere addosso all’anima del mio personaggio è diventata, ormai da anni, la parte più difficile del mio lavoro, eppure quella ragazza aveva attirato la mia attenzione. L’avevo adocchiata non appena era salita sul metrò. 
Tra i musi lunghi del lunedì mattina le avevo incollato gli occhi addosso scrutandola da sotto la falda del mio Panama. Un Montecristi modello Ausin. Era scesa qualche fermata dopo, a Moscova. Le ero corso dietro. Era lei quella che volevo per il mio film. La sua bellezza sembrava sconfinare nella poesia ed io, alla ricerca di una faccia inedita, ero stato ipnotizzato da quel viso lì per lì diverso da tutti. 
Poi quel sorriso, un attimo di esitazione, ma alla fine la mia speranza si era spezzata, alla maniera un filo di spaghetti.  
Le avevo mostrato il mio biglietto da visita e l’avevo vista trasformarsi sotto i miei occhi. 
Il clichè era venuto fuori come ad uno schiocco di dita.
Gli occhi lucenti che avevo rincorso, anzi, inseguito, adesso erano increspati da un atteggiamento ammiccante. Io che detestavo cercare la mia attrice tra le attrici avevo davanti lei! Il prototipo omologato che non differisce dagli altri neppure in un battito di ciglia (ciglia nere e lunghissime). 
Aveva tirato su la schiena assumendo una postura quasi innaturale, impalando le spalle fino a fare sporgere i seni in un’offerta neppure tanto simbolica. Con l’indice e il pollice della sinistra ha tirato giù l’orlo della maglietta. Un gesto che crede io non abbia notato. La scollatura sprofonda nella fresca attaccatura del seno. Un seno pieno e rotondo, una quarta senza ritocchi. Ma noto, purtroppo, che la ragazza sa bene di essere bella, anzi bellissima. Ed ecco il sorriso. Mi è più facile definirlo una smorfia, la dice lunga sulla sua disponibilità. Senza riserve. 
Ancora l’offerta. Con le sue labbra piegate all’insù punta a rendere appetibile il prodotto, imita un sorriso da pubblicità. Continuo a guardarla, mentre assisto alla metamorfosi, l’evoluzione, o meglio, l’involuzione, da specie umana a merce da supermercato. 
Con la voce impostata vuol farmi notare che non ha alcuna inflessione, infatti, non intuisco da quale regione provenga. Peccato. Fosse stata pugliese mi sarebbero venuti in mente gli uliveti, fosse stata toscana, veneta o lombarda avrei potuto richiamare alla mente Firenze, Venezia, questa mia stessa Milano o percepire nell’aria l’odore di vini pregiati. Per il film l’avrei fatta doppiare senza problemi. Invece, il suo accento è da villaggio globale, risulta piatto ed anonimo come il mare delle fotografie (se non scrivi la località sul retro non sai più dove le hai scattate).

Tema: Linea Rossa

Svolgimento


Prendeva sempre il bus sbagliato, per distrazione, obliterava il biglietto, trovava un posto e si sedeva. Dopo un paio di minuti, sbirciando dal finestrino, non riconosceva più i palazzi consueti e si precipitava a suonare la prenotazione di fermata. Scendeva, allora, alla fermata successiva e guardava il busbagliato allontanarsi, due volte su tre si accorgeva di avere già stracciato il biglietto prima di scendere. Distratto e imbranato, un disastro. Arrivava trafelato al bar sotto l’ufficio, baciava tutti, non so perché, ordinando un cappuccino e una fetta di panettone.

Era aprile inoltrato e le rondini tracciavano archi tra i cornicioni, il panettone era solo per lui, quello del Natale precedente. Tre volte su quattro, faceva in modo che al primo affondo il cappuccino inondasse il piano in simil porfido del bancone, con schizzi sulla giacca e sui pantaloni, poi venivano le scuse e l’imbarazzo. Avvampava e inciampava nella sua stessa borsa da lavoro che lo aspettava in un angolo, rassegnata d’avere un padrone così goffo, baciava tutti e usciva, dopo tre minuti rientrava col fiatone, aveva dimenticato di pagare, e la borsa. E poi di corsa al lavoro, con una macchia vistosa di caffellatte appiccicoso.


martedì 19 marzo 2013

Tema: Quadrato Nero. L’utopia nelle lezioni di letteratura di Frisch

Svolgimento

«La letteratura produce (implicitamente) l’utopia secondo la quale la condizione umana potrebbe essere diversa». Sta tutto qui il senso di Quadrato nero. Due lezioni sulla letteratura, di Max Frisch. Si tratta di due celebri conferenze che il narratore, diarista e drammaturgo svizzero (1911-1991), tra i maggiori del Novecento, tenne (in inglese) al City College di New York il 2 e il 4 novembre del 1981, e che ora vengono proposte, per la prima volta in Italia, in un agile libretto edito da Gaffi, con una felice introduzione di Massimo Raffaeli. Che giustamente pone in risalto un libro decisivo per la formazione dell’autore di Stiller e Homo faber: La metamorfosi di Kafka, uno dei simboli più illuminanti dell’alienazione dell’uomo contemporaneo.
E fin dalle prime pagine si avverte tutta la forza testamentaria di Quadrato nero; dove Frisch magistralmente declina la parola-chiave dell’intera sua opera: quell’utopia che la letteratura custodisce per l’uomo. E non a caso queste lezioni sono sostanziate da una fitta retorica della citazione (in buona parte dalle stesse opere di Frisch, specie dagli scritti diaristici), a mostrare come la letteratura sia un «varco verso la genuina esperienza dell’esistenza umana», oltre e contro la lingua del potere, dei poteri, che tende a «scoraggiarci, per assicurarsi la nostra disponibilità». Una finzione, la letteratura, che smaschera altre finzioni.

lunedì 18 marzo 2013

Tema: Tutta colpa dei cornetti

Svolgimento

Vivo in una cittadina nella quale tutti sanno tutto di tutti. La noia la fa da padrona, e le giornate trascorrono tiepide e tranquille. E la gente “ammazza” il tempo sparlandosi a vicenda. Inverni con scoops piccanti, estati con vicende gelide da accapponare la pelle. Una frase come “è caduto un uovo” si trasforma necessariamente in “è caduto un uomo”. E chiunque sa dirti chi era l’uomo, come è caduto, da che altezza, cosa stava facendo nel mentre, com’era vestito, le ultime parole che ha gridato, quanto sangue c’era e fin dove era schizzato
Le occhiate sono ovunque. Un immenso e gigantesco grande fratello, con telecamere piantate nei bulbi oculari, anche in quelli dei bambini (che, per la cronaca, sono le spie più affidabili: passano inosservati come nessun altro). E le orecchie di tutti si sono trasformati in microfoni efficientissimi!
Così, quando quella domenica mattina in casa Bevilacqua le signore lasciarono la finestra della cucina aperta, il destino era già segnato.
Rosetta e Pinuzza si erano incontrate per preparare le zeppole. L’indomani era San Giuseppe ed avevano acquistato una quantità tale di farina, latte, uova, zucchero e amarene da far arricchire lo zio Pippino, quello dello spaccio (che aveva gli occhi strabici e che quando pagavi non sapevi bene dove indirizzare la mano coi soldi).
Siccome di farina e di altri ingredienti ne era avanzata parecchia, e Pinuzza aveva svariati panetti di burro in scadenza, avevano deciso di fare anche i cornetti, alcuni alla marmellata di fichi, altri con l’anice e l’arancia candita.


domenica 17 marzo 2013

Tema: Torta Emerita

Svolgimento

Era sempre stato così. Da bambina apriva l'armadio e rubava i miei vestiti, le mie sciarpe, i miei libri, prendeva tutte le mie cose. Mia sorella Giovanna non era una professionista del prestito, ma avevo deciso di coabitare con lei per avere una compagnia familiare.
Quella mattina ero raggiante che una bimba con le sue scarpette nuove non poteva essere più felice. Benedetto mi aveva proposto di fare una torta per la festa di saluto, dato che aveva deciso di lasciare il suo incarico.
Mi stava capitando un'occasione speciale, per la serie "Lassù qualcuno mi ama", una mia torta, pure lì, al Vaticano.
Ero davvero al settimo cielo. Mi avevano cercata direttamente da Roma; non mi aveva telefonato personalmente, ma non potevo di certo perdermi in questo dettaglio.
Mi avevano chiesto di preparare una torta per la giornata dell'addio, da degustare dopo la sua ultima udienza, insieme alle persone più intime, circa un centinaio.
Benedetto adora lo yogurt! O.K. perfetto!
So che torta preparare, che grande opportunità e quanta pubblicità, Silvia sarà costretta ad aprire tutte le porte dell'Arsenale ( posto dove tengo il mio laboratorio di torte).
Tantissime persone verranno per vedere e gustare la stessa torta che ho preparato per sua Santità.
La mia ricetta sarà stampata sull'agenda di Suor Germana e  in appendice sui libri di Catechismo e i bambini si divertiranno a rifarla insieme alla loro nonne.
Non avevo parlato con nessuno di questa grande occasione che mi si stava presentando. Era la chiara testimonianza che la vita ti chiude una porta e ti apre un portone.
Per una torta così importante ci volevano ingredienti di maggior pregio: farina selezionata e uova fresche di giornata ancora calde, quelle della Signora Ciccina, che tiene le galline sotto il tavolo e le alleva come figlie.
Farò una torta tutta bianca, ricoperta di yogurt: Il bianco è il colore della purezza e della creazione, giusto tema per evento e luogo.
"Userò yogurt greco, cremoso e profumato", avevo deciso così. Lo feci arrivare tramite un rappresentante direttamente da Atene.

venerdì 15 marzo 2013

tema: Opale

Svolgimento

Gli hipster di San Salvario, girano all’Astoria con il coktail in mano.
Sfoggiano malinconia: una per cubetto. Si mettono le camice a scacchi, i cardigan di due taglie più grandi, dimenticano ancora una volta che Torino non è proprio Londra.
Barbe incolte, i falsi boscaioli sussurrano baci alle barbie anoressiche.
Tutti amano la moda a suo modo, interi pomeriggi passati al Ballon stelline e sogni vintages.
I più puliti si vestono di nero. Non dovete dirmi come devo essere perché io lo sono già.
Il San Simone lo guarda dall’alto e mescola il fine febbraio.
Leonard, un mostro fantastico, fa un salto avanti nel tempo pensando la sua vita come un trentatregiri. Come i suoi anni.
A casa scrive curvo su un i- pad.
Bianca e soffice la carta da parati propone spesso nuove idee. Leonard legge note invernali su impressioni estive.
La rivoluzione oggi si fa seduti in comodi divani di velluto sintonizzati sul lo-fi.
In rifiuto della tecnologia, il vintage negli occhi.
Leonard vorrebbe essere scrittore ma si ritrova ad essere un dottorando di storia greca antica.
La sua passione ne trae sorrisi sornioni e il tempo scandito nelle tazze dei caffè giornalieri.
Non perdiamo troppo tempo, prende la cannuccia e rigira il cubetto, passa la mano sui baffi e controlla la bici.
Pedalare indietro forse è questa la soluzione.
Ho sognato di essere un vegetale urbano, il ritmo non era il solito.
Ti perdo. 



Gioca con la Maestra - i Vincitori

Ed eccoci alla conclusione del gioco dell'incipit. Un primo esperimento che ci pare ben riuscito. Sono arrivati dei pezzi molti belli. Il consiglio di classe ha faticato a scegliere il vincitore: si sono accapigliati (termine forte per molti di loro, ne convengo), hanno discusso, hanno protestato e giudicato. Arrivando così a questo verdetto. 


Si aggiudicano Gianduiotti e Gadgets, nonché la menzione speciale quali vincitori, 
anzi vincitrici


Noi ci siamo divertiti e credo anche voi a giudicare dalla risposta e dai numerosi messaggi anche su Facebook. Che dire dunque? Grazie a tutti. Avete fatto davvero un ottimo lavoro, inviandoci post molto interessanti. Ci riproviamo ad aprile, con un nuovo incipit e alcune nuove regole in via di definizione. 

giovedì 14 marzo 2013

Tema: Il nome giusto

Ultimo della Sezione Conclave, a papa eletto
Svolgimento

In una stanzetta un po' discosta dalla Cappella Sistina si stava discutendo una questione importante; la premessa era stata molto realistica, siamo allo sfacelo, aveva detto uno dei tre: facciamo acqua da tutte le parti, IOR, pedofilia, aborto, questione musulmana, questione morale (e con quest'ultima parola ritenne di aver espresso tutto). Ci vorrebbe un papa che veramente rinnovasse l'immagine di una Chiesa purulenta.
Dopodichè quello che aveva parlato rimase zitto.
Ci vorrebbe uno che esprimesse esattamente ciò che i cristiani cattolici si aspettano (e non solo loro): un papa buono, onesto, che divida i suoi beni con i poveri, che si preoccupi degli ultimi, degli emarginati, dei malati, degli oppressi, uno come san Francesco.. ma lì dentro manco a prendere un pezzo da una parte e uno da un'altra parte riusciresti a farne uno giusto.
Francesco.....


Tema: Il successore di pietra

Sez. Conclave
Svolgimento

Dio s’era messo in mezzo, mentre i due parlavano in latino, a bassa voce. 
Lì dentro, il latino, lo conoscevano tutti a menadito, dunque sperare che nessuno potesse capire i loro discorsi era davvero assurdo. Ma i due puntavano sul fatto che questa lingua, farfugliata sommessamente, diventa impossibile da tradurre. Poi confidavano nella durezza degli orecchi. Quelli che stanno in conclave, infatti, hanno la loro età e gli stessi acciacchi di tutti i poveri diavoli.
Dio, dicevamo, si era messo in mezzo a loro e girava la faccia ora da una parte ora dall’ altra, guardando ora questo, ora quello. 
Il Cardinale a destra, se eletto, si sarebbe fatto chiamare Papa Giovanni XXIV, quello a sinistra Papa Giovanni Paolo III. Si scambiavano consigli su questo. Puntavano sull’importanza del nome da assumere. Poi il discorso era scivolato sulla statua che li avrebbe raffigurati. Ognuno di loro si chiedeva a quale scultore avrebbero affidato quell’incarico eccellente. 
Neanche a dirlo, però, l’uno la immaginava più alta e più grande di quella dell’altro. 
La loro effige tramandata nei secoli dei secoli.
Dio ci sentiva benissimo e, nonostante il latino, non lo fregavano proprio. Si divertiva ad ascoltare quei discorsi, si divertiva a guardare i loro occhi dove, ognuno, aveva già la sua statua, bella e pronta per la celebrazione secolare. Scuoteva il capo Dio, e cercava di capire come mai, quei due, fossero finiti lì dentro, perché Lui, di certo, non ce li aveva mai mandati. 

mercoledì 13 marzo 2013

Tema: Il papa nero

Sez. Conclave
Svolgimento


Nel villaggio dov’era nata l’anagrafe non esisteva. Aveva vissuto tutta la vita perfettamente bene nonostante questo. Suo padre era il capotribù e l’amava, l’amava abbastanza da averla cresciuta come un guerriero, non c’erano state mutilazioni per lei, suo padre non l’avrebbe mai permesso, prima che crescesse troppo però l’aveva allontanata da lui. Era un capotribù potente, anche fuori dalla sua terra. E conosceva i potenti. Sapeva dove sua figlia avrebbe potuto avere la giusta educazione per quel che lui sognava. Padre Costantino, il missionario, le aveva insegnato fin dalla più tenera età la lingua dell’occidente, a leggerla, a scriverla e non smetteva mai di ripetere a suo padre quanto, un ragazzo intelligente come suo figlio, avrebbe potuto, frequentando le migliori scuole della chiesa, diventare in futuro un uomo potente anche se era nato in uno sconosciuto villaggio africano. E questo lei aveva fatto sin dalla più tenera età: aveva studiato per questo sogno. Aveva unito agli studi di teologia quelli di storia, filosofia ed economia, parlava correttamente cinque lingue più greco e latino. Mangiava poco e dormiva poco. Tutte le sue energie erano rivolte ad un unico fine. Cominciò la sua carriera in sordina, ma la sua erudizione e la sua modestia la portarono presto ad affermarsi, saltò velocemente tutti i gradini della lunga scala che doveva percorrere e infine, arrivò il giorno. Anticipatamente. Nessuno se lo sarebbe aspettato tanto presto. Ora o mai più, questo doveva essere il suo momento. Quando la grande porta si chiuse pesantemente dopo l’extra omnes, camminò dritta verso il suo posto come tutti gli altri, lei, il cardinale. Passarono un giorno e una notte, e un altro giorno ancora. A mezzogiorno del terzo dì, dal camino sopra la Sistina si sollevò un cappello bianco e denso sulla caligine della giornata. Dopo alcune ore, la finestra sulla piazza gremita si aprì. Rimase serena ad ascoltare le parole che aveva imparato a memoria quando aveva appena cinque anni, la gente acclamava, sollevava le braccia, gridava viva il papa, sventolava bandiere bianche e gialle. 


martedì 12 marzo 2013

Tema: A porte chiuse

Sez. Conclave
Svolgimento

Tutto quello che doveva fare era stare immobile, neanche movimenti piccoli con la testa – né tantomeno con il corpo - erano permessi, niente, e quando non riusciva più a stare in piedi dopo ore e ore di immobilità, doveva prima chiedere il permesso e se veniva accordato allora poteva spostarsi in bagno, e accontentarsi di chiudere senza chiave, per sciacquarsi il viso, placare l’ansia che quella situazione creava, oppure, a volte, chiedeva qualche minuto solo per allontanarsi dal rigore carcerario che le pareti sembravano creare. Era inutile, ogni volta che doveva presentarsi di fronte a tutti i cardinali, sentiva di non essere mai all’altezza, poi si ripeteva sempre che se si trovava lì, probabilmente, così era stato deciso dai piani superiori - quelli superiorissimi – amava dire, e nascondeva un sorriso appena accennato, in modo da non farsi vedere dai due uomini che si occupavano della vestitura.
Il vestito non era neanche così bello: la solita tunica bianca e sopra la mantella rossa ornata di pelo di ermellino, l’unica cosa che faceva la differenza erano le scarpe, l’elemento essenziale, le protagonista vere della scena; ormai erano tutti riuniti da giorni, da ogni parte del mondo si erano incontrati, le prime pagine di tutti i quotidiani di quelle giornate erano per loro.

lunedì 11 marzo 2013

Tema: Lui mai


Sez. Conclave
Svolgimento

Quando lui arrivò – uno degli ultimi, a dirla tutta – lo salutarono  affettuosamente e nell’affetto degli abbracci a tutti sembrò di sentirgli addosso quell’odore leggero di acqua di colonia che le mamme mettono ai bambini.
Lui era grato a tutti tutti, dieci anni prima il problema era stato risolto con il solito trasferimento di rito e lui aveva accettato come se fosse tutto previsto, le regole di un gioco dettate dalla consuetudine e sublimate una pacca sulla spalla. E quella pacca la sentiva addosso mentre si incamminava insieme a tutti i suoi amici di fede,  che i pensieri sono altri, ma soprattutto, perché Joseph ha rinunciato?, chiedendoselo ma sapendo bene, ognuno in cuor proprio, che certi inclinazioni non giovano all’immagine dell’istituzione, e che però si sa, non sono le inclinazioni che fanno girare il mondo – ci sarà di mezzo la banca, o qualcun altro  con la pretesa di un marmo sepolcrale in sant’Apollinare?
Si sarebbero riuniti tutti presto, solito rito, quello che aveva già visto ripetersi per l’elezione di fratello Joseph: i fogli su cui scrivere un nome, lo spoglio e poi la paglia umida per dare la notizia grande al mondo.

Tema: Bella

Svolgimento
Sez. Your fetish


Il mio seno prendeva forma , i capelli biondi, lunghi e morbidissimi, ormai pronti ad avvolgere chiunque. Ma nel mio mondo esisteva solo lui.  
Inizialmente per me fu solo odio e paura ma col tempo imparai a conoscerlo.  
Dovetti per forza ricavare una mia normalità in quegli anni sospesi, e i suoi occhi mi apparirono quasi gentili. Con lui diventai una donna. Ero sua e di nessun altro e per questo mi teneva segregata, nascosta da tutti.
In quella vita c’eravamo io e lui. Ricordo il primo paio di scarpe che mi regalò: vernice nera.
Un tacco dodici color argento che per la prima volta mi sollevò da terra, guardandomi allo specchio capii di essere cresciuta. Lui mi ammirava ancheggiare per il lunghissimo corridoio. Poi caddi e lui con me,  sopra di me, a scoprire come quei tacchi rendessero tutto più stuzzicante. 
Da quel momento arrivarono tante altre scarpe (aveva anche buon gusto) e il mio armadio si era ormai arricchito anche di abiti da sera e gioielli, non mi mancava niente. Sapeva come farmi sentire bella.
Il giorno in cui ebbe la febbre alta, io presi un camice trovato nello spogliatoio e mi sistemai proprio come una brava infermiera (lasciai ampia la scollatura). Lui mi adorava, vestita così ero ancora più bella, mi diceva, e passata la febbre mi sfilò quel camice bottone per bottone come a ringraziarmi. Ci riuscì. 
Tutto quello che ho imparato lo devo a lui, non avevamo televisore così mi raccontava tantissime cose. Leggevamo insieme libri, mai giornali, e guardavamo tantissimi film, tutto sotto il suo controllo. 
I suoi racconti svegliarono in me la curiosità per il mondo, sentivo che un giorno sarei andata via da lì.

venerdì 8 marzo 2013

Tema: Otto Marzo

Svolgimento

Non so perché mi chiamo così, l'ho chiesto più volte alle suore dell'orfanotrofio, ce n'è una grassa che non fa altro che infilarsi le dita nel naso di nascosto, io lo so perché la vedo da fuori, attraverso i vetri del finestrone che affaccia sul cortile, lei pensa di non essere vista, si aggiusta il velo, si guarda riflessa e poi si infila le dita nel naso. A me le suore non piacciono, non mi piace che mettano in coda a tutto quello che dicono una parola di rimprovero, che noi siamo sempre lì a fare peccati veniali e mortali, dobbiamo stare attenti perché ci finisce male, che loro sono le sole a rigar dritto e noi ragazzi tutte pecore nere da destinare all'inferno, e guai a chi si tocca in camerata o in bagno.
Otto Marzo, non lo so perché mi hanno chiamato così, dovrei avere un nonno o almeno un lontano ascendente di origine germanica, che possa giustificare il nome, o forse germanico era quel fornaio che mi ha trovato sulla cunetta accanto al marciapiede, o la moglie di lui, o un parente, oppure mi hanno chiamato così proprio perché non conoscevano nessuno che avesse un nome di derivazione germanica, o speravano che con un nome così un industriale tedesco mi avesse potuto adottare con facilità.


giovedì 7 marzo 2013

Tema: Come funziona ?

Svolgimento 


Come funziona?
Legare la  bici  adesso e  poi nel  tempo  non conta  cosa c’è  fuori ma la quotidianità di esso.
Siamo quello  che facciamo quante volte  è necessario ripeterlo?
Non si srotolano  più  i pensieri  nella grande  balena sventrata tutto è morto. I suoni  di una volta erano  solo ricordi lontani,  tuttalpiù si creavano nuovi spazi  abili danze nel  tempo.
Mi piace camminare per Torino. Certe sere vago senza meta. Frantumo i momenti rubo i baci egli innamorati la tristezza  degli ubriachi. Il mio amore non  compreso: lecco il cemento, sembra miele. A volte, per interi pomeriggi, senza meta precisa, né proprio a casaccio, né all’avventura, ma cercando di lasciarmi portare.  Prendo il primo autobus:  ferma! (non si possono più prendere gli autobus al volo). Oppure preparo accuratamente, sistematicamente un itinerario. Se ne avessi  il tempo, mi piacerebbe trovare un itinerario che, attraversando tutta Turin , passi soltanto per strade che cominciano per la lettera M.
Il vuoto si  sussegue al pieno ancora una volta.  Vetrocemento.  Città dormitorio  blu  poi azzurro sconfinato nel suo essere confinato.   I dettagli ogni mattina  lo disarmavano.
Vediamo  cose  che non  vogliamo  vedere e  viceversa.
Parco Dora, ancora il piede gratta ritmicamente  il girp  su e  giù un'armoniosa  danza.

mercoledì 6 marzo 2013

Tema: Le rose e il cotone

Svolgimento

Il sole caldo del pomeriggio era solo in parte schermato dalle tende di pesante velluto verde del salotto, dove Emma sedeva sul divano con un fare educatamente impettito; appariva rilassata con la tazza da tè in mano ma era solo la posa di una dama dabbene che cerca di far sentire tutta la gratitudine possibile alla padrona di casa per quale meravigliosa ospite lei sia. Emma era magnifica nel suo abito color zafferano chiaro, quello con le roselline che lei tanto amava; la sua interlocutrice era una donna di condizione più che agiata, moglie di un possidente terriero: un parvenu, rabbrividiva Emma pensandoci, e per di più irlandese. Lei, Elena, per lo meno era francese di nascita e aveva avuto la ventura di sposare un uomo che l’aveva portata in Georgia come signora di una ricca piantagione. 
Elena aspettava un bambino, e voleva farlo accudire da una donna europea, o meglio francese perché per quanto si potesse fidare delle schiave della tenuta non voleva affidarlo a loro. Aveva conosciuto Emma grazie ad amici dei quali era ospite da qualche giorno, e le era stato sussurrato quale vita sfortunata avesse avuto e come fosse venuta in America per cercare di ricominciare tutto come in un sogno. 
Conversavano in maniera molto affabile ma Elena desiderava scavare in quel passato che l’altra cercava di nascondere; tra un’allusione e un indizio riuscì a farsi un’idea abbastanza precisa del motivo che aveva fatto attraversare l’oceano alla signora Bovary: suo marito era un medico di provincia, e la tradiva con diverse sue pazienti; aveva persino dissipato tutta la sua dote per quelle donne, al punto che lei gli aveva chiesto la separazione. Lui gliela negò, dovendo garantirsi una rispettabilità nella sua condotta; disperata, dopo anni di angherie decise di fuggire, e una notte s’imbarcò di nascosto. Il marito inscenò un finto funerale, stilando un atto di decesso per avvelenamento da arsenico, mentre faceva anche circolare la diceria orribile di un patetico suicidio di Emma perché si era vista abbandonare dal suo ennesimo amante. 

martedì 5 marzo 2013

Tema: Descrivi la marcia contro la mafia del 26 febbraio 2013

Svolgimento



E lasciamo perdere che la marcia contro la mafia - trent’anni dopo – assolutamente non doveva essere una semplice torta inzuccarata con trenta candeline: no, questa marcia è ideologica e non commemorativa. Bene, io ci sto, tu ci stai? certo, mettiamo in rete le scuole, e che facciamo? Tutti davanti il Cirincione, si parte da lì che poi percorriamo la strada della memoria – sì, perché dai valloni De Spuches ci passavano le motociclette dei killer ai tempi del triangolo della morte, bene proprio di lì, poi arriviamo a Casteldaccia, giro del paese prima via Allò dove ammazzarono a don Michele Carollo, poi il furriato dove stavano gli affiliati di don PidduPannu, e quindi arrivo in piazza, tutti sotto la torre di Salaparuta. Nessuna carica politica farà discorsi, solo i ragazzi devono parlare dice Vito Lo Monaco, che di questa marcia è uno dei promotori.


domenica 3 marzo 2013

Tema: Nella vita studi filosofia? E da grande che farai, la filosofa?

Dagli Archivi della Maestra
Svolgimento

Scommetto che almeno una volta nella vita tutti abbiate sentito la definizione di filosofia come “quella cosa con la quale o senza quale tutto resta tale e quale” che perle di saggezza! Ma noi “filosofi” le perle le diamo ai porci! Ad ogni bravo studente di filosofia, infatti, sarà capitato un migliaio di volte  di rimanere vittima di gente, che dopo averti chiesto se sei fidanzato, quanti anni hai e quando ti sposi, ti pone la fatidica domanda: ” e cosa studi?”.
Dentro di te pensi: “Gesù ti prego salvami almeno questa volta, ti prometto che non guarderò più le puntate dei Simpson!”. Ma Gesù questa volta non può ascoltarti, perché in fondo non è un peccato mortale essere studenti  di filosofia, quindi non lascia passare per caso, nel bel mezzo della città, uno sciame d’api in allegria che decide di divorare il tuo interlocutore prima che tu possa dare una risposta! E così pronunci timidamente le semplici paroline che scateneranno strane reazioni un istante dopo : “io…studio…FILOSOFIA!”. I due minuti successivi saranno i più imbarazzanti della tua vita, assisterai a trasformazioni facciali che faranno invidia a The Mask, scene di disgusto, sguardi di compassione (come se gli avessi appena detto che sei un malato terminale) ed infine quando hanno finalmente elaborato il trauma, eccola arrivare, gloriosa a cavallo con tanto di rullo di tamburi e squillo di trombe, bella, trionfante e orgogliosa, lei, la mitica definizione : “ aaaah Si! La filosofia è quella cosa con la quale o senza la quale tutto resta tale e quale!!”. Cavoli! Aspettavano di poterla pronunciare dal giorno della nascita!
Come vorresti distruggere quel momento di gloria! E alla fine, tu, studente di filosofia che in quell’istante vorresti solo che un tirannosauro lo divorasse e gettasse le ossa ai cani,e urlargli: “stupido ignorante di merda!”, sei costretto a sopprimere i tuoi istinti assassini e a mostrare controvoglia un  sorrisetto ebete fingendo che la risposta ti sia piaciuta, altrimenti che filosofo sei? Poi ti fai la nomina di uno che non sa prendere la vita con filosofia! Ma noi studenti di filosofia ci siamo abituati, e li perdoniamo sempre, non basta questo a dissuaderci dall’amarla, la saggia signora Sofia.


venerdì 1 marzo 2013

Tema: Treno al volo

Svolgimento

Se prendi il treno, prendilo al volo. È infinitamente più pratico. Facciamo finta che sia una mia proposta, non dovrei, tu sei libero di non farlo, ma ci scommetto che l'hai sempre sognato. Dove l'hai visto fare, in un film forse, c'era l'attore protagonista che dal cavallo con un salto da scoiattolo arrivava sul predellino del vagone, poi da quello raggiungeva l'interno e si confondeva tra i passeggeri, e tu lo guardavi e pensavi un giorno di questi ci provo pure io. Adesso è arrivato quel giorno di questi, non puoi tirarti indietro, soprattutto in questo momento che ho deciso di scrivere un pezzo sulla tua impresa. Vabbè, continuiamo.
Procedi così. Decidi la sera prima quale treno prendere, annotane l’orario e il binario. Questo ti servirà a non rischiare di prendere un intercity di passaggio per il nord, quando tu dovresti percorrere soltanto trenta chilometri per andare al lavoro. Informati in via preventiva su cambiamenti di corse di orari o agitazioni sindacali che renderebbero strampalata e ridicola la tua impresa. La mattina seguente, all’ora stabilita, piazzati proprio all’estremità delle pensiline della stazione, senza badare troppo agli avvertimenti del capostazione. Cercherà in tutti i modi di farti rientrare nelle filepecore degli altri, stare al di qua della linea gialla, ma tu gentilmente farai finta di non avere sentito o capito. 
Un treno al volo è un'esperienza da provare, almeno una volta. È una cosa che non fa nessuno, eppure offre molti vantaggi, come per esempio evitare di affrettarsi tra sveglia doccia caffè in dieci minuti, per aspettare poi in stazione sul marciapiedi al freddo per venti minuti. Scongiura le chiacchiere con i compagni di attesa, la mattina è una cosa sempre un po’ scocciante che impedisce di concentrarsi sulla propria condizione di homo sonnolens.