lunedì 3 giugno 2013

Tema: Cane e pecore

Svolgimento


Il ragazzino che non vuole studiare, arranca, suda sui libri, addirittura sembra li legga e non li capisca, si sforza, più li sfoglia, più si svoglia. Dai libri non esce niente di buono per lui, la sua formazione scolastica è disorganica, incompleta, potrebbe fare di più ma non s’impegna, con una predisposizione notevole per il vagheggiamento, per lo sconfinamento oltre i margini dei libri, sempre teso a inseguire la forma delle nuvole. 
Il padre lo avvicina rare volte, soprattutto per rimproveri, sostenendo che siano la migliore arma in possesso del genitore, dopo la cintura di cuoio e la mano aperta. Questa volta è per dirgli che non lo manda più a scuola anzi, prima che riprenda sonno sul tavolo della cucina, ha già parlato con il vicino. 
Allevatore di pecore, pecore in gregge, cioè all’aperto, allo stesso modo che si usava nei tempi passati. Pecore felici impegnate a sconfinare oltre i limiti del prato, libere inseguitrici di nuvole. 
Il ragazzo è la prima volta che prova riconoscenza, guarda il padre e gli s’illuminano gli occhi. Non sa dire grazie, né altro, Questo voglio fare, pensa. Invece abbassa la testa e risponde Vabbé e subito dopo si gira a chiudere il libro sul tavolo. 
Un gregge tutto per lui, bastone, tracolla, scarponcini. Il primo giorno, solstizio d’estate. Niente ansia da storia e geografia, basta con l’angoscia del problema di aritmetica, finita la vergogna della lettura delle poesie in classe. Un gregge di animali ricciuti, che cammina sbandando ai lati della trazzera, raccogliendo germogli con le labbra e capolini spinosi con la lana. 
Quando svoltano la collina e si allontanano dal paese, il ragazzo conta le pietre che affiorano lungo la strada battuta, le conta e subito le dimentica. Salgono insieme lentamente verso il montagnone. 
C’è pure un cane in dotazione, ma la sua presenza si limita all’ansimare veloce vibrante della lingua canina. Non è mai riuscito a comunicare con le pecore, né con il suo padrone e questo lo rammarica molto, facendolo ansimare in continuazione, anche se non è stanco. Sta in posa come se avesse qualcosa da dire, proprio sulla punta della lingua umida, ma una pecora ogni tanto lo urta e gli fa dimenticare quello che stava per esporre. Ecco che subito ripiomba nella depressione dell’incomunicabilità, di certo questo cane è più triste delle pecore che accompagna. 

Il montagnone non è alto, ma la sua cima piatta non si vede da sotto. Ha le pareti ripide e spoglie, di roccia bianca calcarea, il sentiero l’avvolge tra le spire di un serpente e permette di raggiungere una specie di altopiano disseminato di pietroni tondi e tutto intorno una mancanza di sostegni che dà una mancanza di fiato. Però lì sopra di solito non si arriva, ci si ferma col gregge poco più in basso, dove i tornanti si allargano e offrono spazio all’erba, dove si può fare tappa per interi pomeriggi, nell’attesa che il cane trovi le parole.
Salgono lenti, ragazzo cane e pecore. C’è il sole caldo, le pecore ne sanno qualcosa e sul montagnone sembra esserci un cappello di nuvola, forse anche un po’ di frescura. Meglio salire ancora, e mentre sale il ragazzo si sente leggero, conta le pietre, le solleva di scatto e mette in fuga i centopiedi nascosti al fresco, tanto le pecore conoscono già la strada.
Poi quando alza gli occhi dalle traiettorie degli insetti terrestri cerca inutilmente con lo sguardo quelle speculari degli uccelli, li ripara dalla luce con il dorso della mano, li chiude e se li stropiccia di nuovo a lungo.
Sotto il sole di giugno non ci sono più gli animali, tranne il cane taciturno che ansima, lo guarda e vorrebbe scodinzolare, ma non ha la coda. 
Dove sono finite le pecore, dove sono? grida il ragazzo dentro la sua testa. L’unico impegno suo era quello di guardarle, gira veloce la testa destra sinistra, poi sente un belato in coro disarmonico, sopra di lui. Le sue pecore, tutte in fila stanno salendo, ma non seguono la strada a tornanti, salgono il muro verticale, non è così che funziona la legge di gravità, questo almeno lo aveva letto sul libro. Sembrano le pecorelle di plastica del presepe tenute dalla mano di un bambino, poi la lana delle pecore si confonde con le frange della nebbia e spariscono oltre il margine dell’altopiano, sotto gli occhi muti del ragazzino e del cane. Una cosa che se la racconta in paese non ci crede nessuno. 
Adesso corre con il cane appresso, in questo momento non contano più le pietre rotonde, inciampa e nemmeno le vede. Il primo giorno no, non deve succedere niente. Il padrone delle pecore si è raccomandato, Mi raccomando, gli ha detto, occhi aperti. Aperti, certo occhi aperti, sono così aperti che neanche riesce a tenerci dentro le lacrime, mentre corre in salita verso la cima del montagnone. Il cane lo raggiunge in pochi minuti, con la lingua di fuori anche lui, cercano fino ai margini senza fiato dello spiazzo, ma le pecore non ci sono.

Il ragazzo, arrivato a questo punto, non riesce a ricordare altro. Aggiunge soltanto che in quel momento preciso dalla nuvola è partito un gran tuono, Una specie di rutto, dice.
Tanto che anche il cane, senza una parola, se l’è data a gambe.  

Raimondo Quagliana

19 commenti:

  1. Il pezzo mi piace molto, lo trovo scritto molto bene, bravo Raimondo! Se uno è svagato ... è svagato! è capace di perdere, strada facendo, perfino una "mandria"! AhAhAh

    RispondiElimina
  2. Mi sento come il cane con uno stupore attonito sulla punta della lingua e una voglia immensa di rassicurare quel bimbo.
    Non ti disperare...Le pecorelle sono evaporate in cielo ma vedrai che tra poco ripiovono giù una a una come gocce di rugiada.

    Bellissimo e avvincente! Bravo Raimondo! :-)

    RispondiElimina
  3. Grilletto Salterino3 giugno 2013 alle ore 15:50

    RQ, pura poesia.

    RispondiElimina
  4. Ma povero ! Ma sto ragazzino è troppo sfigato, mandiamolo in viaggio a Lourdes che magari ritrova le pecore che si il bagno nell'acqua santa per rinvigorire la loro ricciola pelliccia :)
    Si sono blasfema.

    Quagliana ormai potrei riconoscerti tra 1000 scrittori pecora il tuo stile è inconfondibile come un marchio di fabbrica..speriamo non fallisca!

    ciau chiocciolone! Stasera sono di Salmone..

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Dimenticavo : il pezzo è Epico e Poetico non ha bisogno di ingrassature per scivolare via
      :)

      Elimina
    2. Wood, cosa vuol dire sono di Salmone (emoticon interrogativo), mi è sfuggito qualcosa.

      Elimina
    3. ma Raimondo
      dopo ALI non c'e' IL SALMONE IN SALSA AURORA??

      Elimina
    4. SALOMONE (emoticon esclamativo) non Salmone.
      e senza salsa, please.

      Elimina
    5. Ahahahahahahah, no vabbè, io leggo questi dialoghi e mi viene da piangere mentre rido! ahahahah
      RQ, che dirti del pezzo? La Wood ha ragione, il tuo stile è inconfondibile, mizza, cerca di non perderlo MAI!

      Elimina
    6. Non era nelle mie intenzioni far piangere FO, ma dimmi tu che c'entra la salsa Aurora. (emoticon salmonato)
      Sullo stile devo dire che avete ragione tutti e due, uno stile è sempre meglio trovarlo che perderlo.

      Elimina
    7. Hai ragione RQ, guarda, uno che dovrebbe perdere lo stile (ma anche tutto il resto) sai chi è? Dario Argento! Ho i miei motivi per dire questo..!

      Elimina
    8. Questa dovrai spiegarmela, ma comunque a me Dario Argento mi fa un sacco di paura. (emoticon cagon)

      Elimina
  5. Grazie di cuore a tutte, che mi fate sentire un po' in imbarazzo.
    Non è che io avevo intenzione di fare tutta questa poesia che dite, forse c'è qualcosa che non va, perché non mi rendo conto di quello che scrivo. (emoticon e pecore)

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grilletto Salterino4 giugno 2013 alle ore 21:03

      sai RQ magari son proprio le pecore che me l'hanno fatto sentire così intensamente... mentre leggevo mi sembrava di salire sulla Giara

      Elimina
  6. Risposte
    1. Grazie Adele (emoticon esclamativo).

      Elimina
  7. Bello, mi piacque assai: belle le immagini del ragazzino sfiigato e del di cane, più triste delle pecore perché non riesce a comunicare.
    Proprio perché sono una rompi ti scrivo che , secondo me, "sconfinamento e vagheggiamento " nella stessa frase la rendono un po' pesante, oltre all'assonanza.
    Ma é solo una mia pignoleria.. Magari dovuta all'ora tarda.
    ;-)

    RispondiElimina
  8. Mi hai fatto sognare e ricordare quando da bambina mi divertivo osservando le nuvole - ti confesso che lo faccio ancora -. Ci sono pecorelle, casette, macchinine, e una quantità industriale di zucchero filato celeste!
    Bravo Rai e grazie

    p.s. quel ragazzino distratto che perde le pecore ( non trova la M) mi ricorda qualcuno... che ne dici? ahahah

    Nina

    RispondiElimina
  9. Grazie Sabri. Grazie Nina.

    @Sabri, lo sconfinamento e il vagheggiamento mi sembravano due attività da svolgere in sequenza, prima sconfinare, poi vagheggiare e inseguire le nuvole, non so se appesantiscono la frase, forse si, in effetti ero tentato ad aggiungerne delle altre, per fortuna non sono riuscito a trovarne.

    @Nina, dedicarmi all'osservazione delle nuvole è un lavoro a cui ambisco sin dalla più tenera età, e adesso che tenero non sono, continuo anch'io a farlo di nascosto, che non si dica che ho la testa fra le nuvole e che sbaglio la M gigante.
    (emoticon cumulonembo)

    RispondiElimina