martedì 21 gennaio 2014

Tema: Il patto

Svolgimento

Claudia andava raramente nella casa grigio malattia, dove gli anziani si consumavano come fiori recisi succhiando avidamente quell’ultimo dito d’acqua ingiallita che puzzava come l’alito della loro vecchiaia.
Lei era troppo bella, alta, voluttuosa, snella, mano in guanto di cremisi velluto. La guardavi e se non eri troppo giovane, pensavi a Gilda la rossa se lo eri i pensieri erano decisamente altri. Sicuramente sporchi.
Lei si guardava attorno, ma non ti vedeva mai. Che noia quel luogo dove i tacchi restavano prigionieri tra le fughe dei mattoni in quel rettangolo di giardino all’esterno del grande edificio. Le prigioni non facevano per lei. La scelta era caduta su una casa di riposo un po’ fuori mano, ma meno crudele di altre che sarebbe stato più opportuno chiamare case di deposito e un mattino d’inganno aveva condotto la donna all’ultima stazione, al binario morto.  
Avevano stretto un patto o meglio Claudia si era piegata alla volontà della vecchia. Claudia era un turbine, la sua giovinezza quasi un affronto alla vecchiaia. L’altra era stata inflessibile come sempre. - “Non voglio essere un peso per te. Liberati di me prima d’odiarmi.” Non lasciare che cada su di me la pena e la tua frustrazione. Era questo un frutto inatteso e amarissimo.
Da mesi scacciava il pensiero di una visita. La situazione era precipitata. Non ci stava più del tutto con la testa, adesso faticava pure a riconoscerla. Quando la vedeva, le tirava contro qualsiasi cosa urlando: “Togliete quello specchio è infedele.” Poi a tratti la osservava sorridendo e diceva all’infermiera: “Come sono bella oggi.”
I momenti di lucidità erano sempre più rari, piccoli squarci in una tela divorata dal tarlo della demenza. Buchi sempre più grandi accompagnati da violenza e furia sempre meno controllabili.


Claudia odiava piangere, il trucco colorava le sue lacrime di nero sconforto e le scavava sul viso improbabili rughe, soffocava, non riusciva a muoversi. Rimaneva come una bella statua da giardino mentre la malerba le saliva addosso. Il pianto bruciava la pelle e i ricordi.
La telefonata aveva rotto l’equilibrio di un tiepido sogno. Le parole secche come foglie su marciapiedi ottobrini: “Venga. Se n’è andata nel sonno”.
Claudia aveva percorso la strada lentamente con la certezza della morte che mette fine a ogni urgenza e colora la vita di bianco sepolcro. 
“Questa è per lei. La signora appena arrivata, ci aveva consegnato questa busta da darle soltanto quando fosse deceduta.”
Claudia uscì si sedette sulla panchina, dove la trovava profumata e ben pettinata a ogni visita. Tolse lentamente le scarpe, saggiò con la punta dei piedi l’erba umida di rugiada. Lesse d’un fiato come usava sempre fare, poi rilesse ancora e si accorse che una lacrima colore del dolore aveva sbiadito la grafia bellissima e ingrandito i contorni delle lettere minute.
“Tieni a bada questo fuoco e il tuo sguardo non ho più bisogno che m’insegni come vivere. Si lo so, sono feroci le rughe, ma nessuno te le cala dall’alto come pazienti ragni sospesi. Appaiono al tuo risveglio e non basta un soffio a spazzarle via. Sono fili sottili, caparbi. 
Le mie palpebre adesso sono chiuse è crollato l’ultimo sostegno. Tu giovane donna hai negli occhi la fulminea condanna per la mia lentezza, ma sappi che è una conquista e nella tua incompiuta consapevolezza mentre avviti sulle dita capelli lucenti, stai già mutando. 
Grazie per aver rispettato il nostro patto, ti lascio andare con un bacio leggero quasi non ti accorgerai di camminare da sola. Io ho perdonato la tua giovinezza solo perché sono tua madre.”

Adele Musso

13 commenti:

  1. wow, questo è un post-one che mi riporta a Dicerie dell'untore, la punta più alta della prosa sicula.
    Il personaggio è credibile, la scrittura ha qualche caduta nell'aggettivazione posta prima del sostantivo (cremisi velluto?), in qualche soluzione facile (la morte della tipa), in qualche soluzione poco reticente (avrei preferito che la lettera, piuttosto che essere posta alla vista del lettore, fosse rimasta intima, tra il mittente e il destinatario; ci sono tanti modi per far conoscere un contenuto al lettore senza però infrangere quel patto segreto che dovrebbe legare i due soggetti di una comunicazione scritta).
    Al di là delle cose che ho scritto (e che dipendono da miei punti di vista sulla scrittura), il post è grandioso, il personaggio della signora potente.
    Giorgio D'Amato

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  2. Trovo il post veramente bello, forse solo qualche metafora di troppo (ben inteso tutte bellissime e calzanti a partire già dall'acqua gialla), ma mi è stato sempre insegnato che anche queste bisogna calibrarle. Un numero eccessivo ne sminuisce la bellezza. (Come dire: troppi gioielli appesantiscono). Detto questo ripeto a me è piaciuto molto, la personalità di Claudia affiora nitida e realistica. Ne approfitto per ringraziarti anche del tuo consenso sul mio pezzo.

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    1. Si è vero Adelaide ciò che tu dici sulle metafore, è difficile rinunciare alle parole sono per me tutte preziose, gioielli. E' che io sono un po' barocca. :-)
      Adele

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  3. Nonostante qualche critica che nasce appunto come dici da punti di vista soggettivi, il tuo commento è per me estremamente gratificante. Il mio intento era quello di mettere in evidenza la figura della madre che apparentemente sparisce ma riemerge in tutta la sua consistenza alla fine. Una contrapposizione tra essere e divenire. Grazie Giorgio per l'accostamento a Bufalino, arrossisco.
    Adele

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  4. “Tieni a bada questo fuoco e il tuo sguardo non ho più bisogno che m’insegni come vivere. Si lo so, sono feroci le rughe, ma nessuno te le cala dall’alto come pazienti ragni sospesi. Appaiono al tuo risveglio e non basta un soffio a spazzarle via. Sono fili sottili, caparbi.
    Le mie palpebre adesso sono chiuse è crollato l’ultimo sostegno. Tu giovane donna hai negli occhi la fulminea condanna per la mia lentezza, ma sappi che è una conquista e nella tua incompiuta consapevolezza mentre avviti sulle dita capelli lucenti, stai già mutando.
    Grazie per aver rispettato il nostro patto, ti lascio andare con un bacio leggero quasi non ti accorgerai di camminare da sola. Io ho perdonato la tua giovinezza solo perché sono tua madre.”

    la prima parte della lettera, in reticenza, potrebbe essere riassunta:
    Claudia si aspettava che sua madre avrebbe parlato di rughe e di quanto pesano e di come possano incidere sulla tua visione del mondo, che sono ragni o fili sottili etc etc etc.
    L'ultima frase, scritta con grafia tremolante, un sospiro d'inchiostro, le rimase addosso.
    "Grazie per aver rispettato il nostro patto, ti lascio andare con un bacio leggero quasi non ti accorgerai di camminare da sola. Io ho perdonato la tua giovinezza solo perché sono tua madre."


    Che ne dici di questa variante?
    gd

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    1. Non è affatto male come variante fa si che la figura della madre resti celata tra le righe e prenda forma e voce nella parte finale dove si rivela con la sua potenza rivendicando il suo ruolo che ne giustifica i comportamenti e gli eccessi.

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  5. Fino in fondo non si capisce che l'anziana donna sia la madre della giovane, e questa è la forza del racconto. L'attenzione del lettore viene anzi spostata su un forte antagonismo tra le due: la giovane bellissima e sensuale che si reca agli appuntamenti elegante e truccata, la vecchia che si rivolge a lei come a un'estranea, non riconoscendola, o forse fingendo, ma mostrando un certo risentimento per tutta quella bellezza ostentata. Sembrerebbe un rapporto impossibile da recuperare e alla fine, come in tutti i rapporti di odio e amore non vince nessuno: la madre muore ed esce di scena, la figlia si abbandona su una panchina con il suo bel trucco disfatto, a leggere una lettera che solo in apparenza è di amore. Quello della crudeltà tra madri e figlie è' un tema molto bello, che ha trovato in Irene Nemirovsky una delle sue voci più alte.

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    1. Si il mio intento era quello di non chiarire immediatamente i ruoli di entrambe. Creare un distacco apparente. La sofferenza che i mutamenti producono e come questi incidano profondamente nei rapporti tra madre e figlia. Come la vecchiaia possa essere una malattia che trasforma e avvelena. Come soltanto l'amore possa essere l'unico antidoto.
      Hai citato la Nemirovsky ho lettosia" suite francese" che" il vino..." non ricordo tutto il titolo e dici bene una narrazione perfetta che non si dimentica.

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    2. "Il vino della solitudine"

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  6. Adele, che bel post!
    Barocco quanto vuoi, pieno di metafore ... ma potente.
    Mi è piaciuta molto la tua scrittura in questo pezzo, io in genere scarnifico, vado dritta al punto, ma leggerti, così ricca di "gioielli", certamente raffinata ed estremamente elegante è stato piacevolissimo.
    Per me un si.
    L.I.

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    1. Grazie Lucia per il tuo "preziosissimo" si.

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  7. Complimenti per il post Adele, sia per l'argomento trattato, così pregnante di suggestioni, sia per la generosità con cui condividi le tue sperimentazioni nella scrittura: grazie, quindi, mi hai regalato parecchi spunti sui quali riflettere
    pat

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