sabato 4 gennaio 2014

Tema: La montagna di sughero

Svolgimento

«Dai Samir, basta con l’acqua, vieni a ballare per noi.» Con la mano, uno dei carovanieri sventolava un tessuto leggero e trasparente.
Samir stava riempiendo l’ennesimo otre. A quindici anni aveva trasportato più acqua che pensieri. 
A quella carovana di mercanti si erano aggregati alcuni filosofi, anch’essi diretti a Damasco.
In quella notte luminosa più del giorno, mi ritrovavo addosso tantissima gente. In cammino o accampati lungo i miei sentieri. 
Avevo già capito: quella era una notte strana. 
Dalla mia cima scorgevo il lago di Tiberiade, pescoso. I miei versanti, a quei tempi, erano tanto rigogliosi che adesso non si potrebbero nemmeno immaginare. 
Da allora sono stata attraversata da Turchi, Ottomani, Crociati e perfino Inglesi, ma quella notte non potrò mai dimenticarla.
«Dai Samir, vieni!»
Sparpagliati un po’ qua un po’ là, c’erano pecore e pastori, legnaioli, straccivendoli, suonatori… Gente che tornava a Betlemme dopo una dura giornata di lavoro.
«Facci divertire Samir, basta con l’acqua, balla per noi.» 
Samir conosceva il seguito delle serate. 
Io sentivo quelle voci risuonare in ogni mio anfratto. 
Su di me una variegata moltitudine di personaggi.
Potrei dire che ci fossi avvezza, ricordavo Davide, il Re nato alle mie pendici, ricordavo i seguaci di Baal, ma ciò che vedevo adesso era diverso.
I filosofi discutevano sul mondo che, con lo strapotere dei Romani, stava cambiando in modo radicale. Neanche loro disdegnavano Samir né il suo ballo né tutto il resto. Samir, invece, era incuriosito da quel bagliore inusuale che, invadendo il cielo, sembrava convergere con una lunga scia sopra una stalla malandata.
Ricordava le parole di un vecchio. Gli aveva raccontato di un certo Isaia, di un Dio e di un mondo nuovo che si sarebbe manifestato con una grande luce. Ricordava una frase in particolare, diceva che agli eunuchi, quel Dio avrebbe dato un posto migliore ai propri figli e alle proprie figlie. 
Sarebbe voluto fuggire Samir, perché stanco di essere bistrattato, sognava un posto bellissimo dove anche lui potesse essere felice. 
Samir amava ballare, si muoveva leggero come i tessuti che gli facevano indossare e quando danzava davanti al fuoco, assieme al tepore, riusciva ad assaporare quella felicità. 
Ma era una gioia fugace, gliela strappavano via subito, afferrandolo per un braccio: «Ora basta ballare Samir.» 



Eppure il ragazzo non si ribellava. Amava uno di loro, uno soltanto. Ed era l’unico modo per ricevere un suo abbraccio. 
Quell’altro non sapeva nulla, ma a Samir non importava. 
Lui amava.
E ciò che provava rendeva migliore ai suoi occhi anche quell’uomo. Per questo, non smetteva di sognare.
Amare era nella sua natura.  
Dei filosofi non si fidava molto, li sentiva ogni sera intorno alla brace, nei loro discorsi c’era troppa passione, ma per se stessi, per le proprie congetture.  Non gli pareva amassero “l’uomo” di cui sembravano curarsi. Forse amavano anche quello che Samir faceva per loro, ma di sicuro non amavano Samir. 
Era ancora al ruscello e l’acqua era limpida in quella notte chiara. Mai l’aveva vista così dopo il tramonto. Pensava a quanto sarebbe stato bello scoprire se le parole del vecchio erano vere. 
«Samir!» lo chiamarono ancora.
Riscuotendosi s’avviò.  
Intanto la gente scendeva a valle: «Andiamo alla stalla, andiamo alla stalla.» si dicevano l’un l’altro. Samir posato l’otre pensò di accodarsi. Ma il richiamo dei carovanieri si fece più forte. Poi l’idea di allontanarsi dal suo amato lo fece rabbrividire. Riprese l’otre e tornò al campo.
Da lì venivano voci concitate: «Fai presto Samir, qui sta accadendo qualcosa di strano, gli animali sono nervosi, non li senti? Dobbiamo sbaraccare e fuggire, ballerai domani.»

Mai dimenticherò quella notte, la gente, quel fulgore, l’agitazione.  

Io oggi sono di sughero, e reggo la memoria. Su di me scorre sempre un ruscello. È quello dove Samir si fermò a pensare. 

Isaia 56, III

Adelaide Jole Pellitteri

10 commenti:

  1. «Dai Samir, vieni!»
    Sparpagliati un po’ qua un po’ là, c’erano pecore e pastori, legnaioli, straccivendoli, suonatori… Gente che tornava a Betlemme dopo una dura giornata di lavoro.
    «Facci divertire Samir, basta con l’acqua, balla per noi.»
    Samir conosceva il seguito delle serate.

    Quest'ultima secondo me è una frase bellissima, ma non perchè venga utilizzato chissà quale altissimo linguaggio,no, è bella perchè il racconto potrebbe cominciare e finire con questa frase.
    Al momento sono molto affascinato da queste frasi, questi passaggi chiave.
    Brava, Jole.
    Meglio tardi che mai, ne vale proprio la pena.

    Federico

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    1. Grazie Fo a me la frase che piace è : Per questo non smetteva di sognare. Amare era nella sua natura,

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  2. Jole , abbi azienza ma questo post mi ha altamente confusa e credo di non aver capito nulla.Helpami dammi delle spiegazioni . Samir è un enuco innamorato di qualcuno che fa parte della carovana giusto? Lo cercano per ballare e poi pero' devono fuggire tutti ..perche'?? perche' nasce Gesu' e quindi non puo' stare li perche' è un enuco? ? E poi non capisco questa frase finale
    "Io oggi sono di sughero, e reggo la memoria. Su di me scorre sempre un ruscello. È quello dove Samir si fermò a pensare. "

    Aiutooooo!!

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  3. Risponderò alle tue domande (Preciso: sarò breve perché ho scritto due "romanzi" di risposte e mi si sono cancellati) Samir ama di un amore sincero, fino a sopportare l'insopportabile. Gli animali avvertono che sta per accadere qualcosa che "sconvolgerà" il mondo (loro sono sensibili ai terremoti) e per questo i carovanieri fuggono, temono un cataclisma. Samir non riesce a guardare oltre se stesso (l'idea di lasciare il corpo dell'amato lo terrorizza), non riesce ad accodarsi alla gente che andrà alla grotta. Noi siamo corpo e spirito se non riusciamo a manifestarci in entrambe le nostre nature rimaniamo degli esseri incompleti. Ho studiato parola per parola, ho misurato ogni cosa perfino l'età non intende riferirsi a minorenni, a quei tempi si era considerati già adulti. I filosofi sono coloro che da sempre si pongono domande sull'uomo, ma essendo uomini antepongono sempre se stessi, le loro sono solo idee, alcune si riveleranno esatte altre errate come fosse un gioco di casualità. E' sempre la montagna che racconta gli eventi accaduti su di lei. Nell'ultimo paragrafo faccio uno stacco che dovrebbe rappresentare un salto di duemila anni fino a diventare di sughero così come oggi è rappresentata nel presepe. Spero di esserti stata d'aiuto. Mi spiace aver fallito, di non essere arrivata dritta al bersaglio, ma non sempre si riesce ad essere chiari, farsi capire è una dote meravigliosa per uno scrittore, è su questo che dovrò ancora lavorare molto.

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  4. questo racconto di jole è veramente intenso, il punto di vista insolito ma ben condotto. Ip oggi sono di sughero e reggo la memoria mi pare una frase notevole, reggere la memoria è preoccupazione e obiettivo di chi scrive, jole e samir ci riescono raccontando in modo nuovo una storia vecchia.
    GD

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  5. grazie GD il tuo commento mi rincuora

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  6. Ciao Jole,
    a me è piaciuta l'intensità di questo racconto: ha un che di corposo che mi ha attratta. Anch'io però come la Sig.ra Wood mi sono un po' persa, poi leggendo la tua risposta al suo commento i pezzi si sono ricomposti.
    L.I.

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  7. Grazie lì anche se il test risulta più bello se non ha bisogno di spiegazioni Iole

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  8. Mi è piaciuto molto, Iole. Il modo in cui hai descritto, tutto, fa vivere in pieno sia la scena che il sentire di Samir. Sono d'accordo con Federico, iniziare il racconto con: «Facci divertire Samir, basta con l’acqua, balla per noi.» sarebbe stato proprio un tuffo in quella notte, ma come sempre sono punti di vista. Ancora complimenti!
    Annabella

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  9. Grazie Annabella, come vedi confrontarsi è utile, anzi necessario. Quando poi si è in sintonia i consigli sono dei veri fari antinebbia.

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