martedì 3 luglio 2012

Tema: Attorno allo zio moribondo

Di tutte le questioni alla fine non sarebbe rimasto che uno sguardo di sdegno e uno sputo non lanciato.

La famiglia era riunita attorno al letto dello zio senza figli, in ospedale l’aveva detto il dottore, quanto dura dura.  La zia era lì – che se ne deve fare lei delle proprietà, neanche nipoti dal lato di suo fratello ha; è giusto che la proprietà resti da questa parte della famiglia, ci sono i nipoti maschi che portano il cognome. Tutti attorno al letto, gesù giuseppe e maria, a guardare lo zio e la sua pelle sottile che copriva gli zigomi sporgenti, maria giuseppe e gesù, che malo colore: meglio sta, è sereno. Non mancava la cognata grassa, quelle che in seconde nozze aveva sposato il secondo fratello del moribondo: era stata la cameriera della prima moglie del suo futuro marito, forse già lo riveriva mentre la buonanima ancora boccheggiava; e c’era pure l’altra cognata, quella liricheggiante, ma no che cantava, non cantava per niente, liricheggiante perché se la vita è teatro lei era la prima attrice, destinata alle parti tragiche da declamare, arcuando la schiena all’indietro in una enfasi da cinema muto: pure lei era lì, a tirare il fiato al moribondo. La cognata che dicevano somigliasse a Lana Turner stava un po’ dietro, la scena era già occupata: dove stesse la somiglianza era il gran mistero di cotanto accostamento – bionde entrambe. Insomma, c’erano tutte attorno al letto, con i figli maschi allineati. I fratelli di lui no, stavano fuori: con tutte quelle femmine intorno al moribondo non si poteva stare: preferivano ricordare il fratello in vita, quando da piccoli tutti giocavano a tirarsi le pietre, o quando da grandicelli a questo gli fregavano i vestiti belli, perché lui ci teneva ad essere elegantone; per loro il fratello inerme sul letto era già morto. E poi ognuno di loro aveva la moglie appostata lì, appostata di guardia. Si controllavano a vicenda le cognate, che nessuna potesse approfittare, che nell’assenza delle altre una avesse pigliato qualche pezzo di carta per farglielo firmare al moribondo. Gesù giuseppe e maria, meglio sta, respira pulito, giuseppe maria e gesù, questo meglio di noi sta.



E quando lo zio la domenica si alzò dal letto e decise di mangiare a tavola, che volle la pasta col sugo e una fetta di carne, le cognate non si scoraggiarono. È arrivato il momento, tutti così fanno, pare che si ripigliano e poi crepano – questa cosa però la pensarono e guardandosi negli occhi si diedero ragione: bastarono altri tre giuseppe maria e gesù che,  infatti, lo zio esalò. Non ne poteva più di soffrire. Erano già quattro giorni che stava con un piede dentro e uno fuori.
Ora non soffre più. Si rassettò, si rasserenò.
Dall’armadio tirarono fuori il vestito bello, non quello del matrimonio, un altro. Che vestiti costosi, pensava la cognata cameriera. Gli mettiamo pure il cappello? disse. Si misero a ridere le altre due, ma il cappello ci fu, lo misero accanto le mani, non si sa mai gli potesse servire.


E poi ci fu la veglia, le cognate chiesero permesso per potersi vestire a nero. Tornarono abbigliate da dive del noir, soprattutto la liricheggiante che tirò fuori un cappello, le altre due un po’ meno per ovvi motivi. E poi ci fu il funerale, tutte in prima fila con lo sguardo affranto e la schiena dritta, da gran signore.
E dopo che il funerale fu finito la vedova sarebbe rimasta sola volentieri. Non era prudente, avrebbe potuto trovare il testamento e se non le fosse piaciuto magari lo avrebbe strappato: le cognate si piantarono nel salotto buono, non era conveniente lasciarla sola, poverina.
Ma lo zio niente ha scritto? disse il nipote più grande.
La vedova dove stava la questione l’aveva capito da tempo, solo che riteneva fosse offensivo dimostrarlo: guarda nella scrivania, o nell’armadio, lì lo zio teneva le sue carte.
E il nipote guardò, e tra le carte una busta c’era, e sulla busta lo zio l’aveva scritto grande: testamento.
Lo apriamo subito?
No, lo apriamo di pomeriggio che è pure giusto che prima pranziamo e facciamo pranzo. Ci vediamo dopo, alle cinque.
E la busta? La mettiamo qui, sotto chiave.
Alle cinque c’erano tutti, tutti in salotto in attesa della apertura della busta.  Se siamo tutti procediamo, disse il nipote più grande. Aprì la busta e cominciò a leggere.
Cara Francuccia, che dovessi andare via prima di te era scritto nel libro della vita; sei stata una moglie affettuosa, sempre premurosa, non avrei potuto desiderare di più del tuo gelo di anguria con il gelsomino o delle passeggiate d’estate tra i susini e gli albicocchi. Ti lascio l’usufrutto di tutti i beni, che la tua vita possa essere lunga e serena. La nuda proprietà la lascio ai due figli di mio fratello Giacomo, sono bambini, gli servirà per realizzarsi, che non si dica che uno della famiglia possa finire per strada.  Tuo per sempre.
Quella che assomigliava a Lana Turner sorrise, le altre due no. Si guardarono in faccia e realizzarono di avere perso tempo. Uscirono da quella casa salutando appena, senza bacio, solo sfiorandosi appena le guance, camminando a braccetto; e mai volsero lo sguardo all’indietro, forse per non guardare il palazzetto a due piani che era finito a quella faccia da pala di ficodindia.

GD

24 commenti:

  1. TRILOGIA del CIMITERO

    1)Edgar Allan Poe
    2) La cornice vuota
    3) Attorno allo zio moribondo


    Ci starebbe anche "la Bara vuota" e "La lapide scolpita" , ma magari potremmo inserirli nella prossima raccolta di racconti brevi.
    AMEN

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  2. eviterei facili battute al crisantemo.. Anna, non perdere tempo e piuttosto vai a scrivere qualcosa sul rigor mortis..ahahhahaha
    gd

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    1. Lasciamolo scrivere a Meis , mi sembra piu' preparato sull' argomento :)

      ps Qualcosa mi dice che questo bel post prendera' una brutta piega dritta..

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    2. malelingue!..già scrissi del rigor mortis eh eh

      http://svolgimento.blogspot.it/2012/05/sez-salone-del-libro-i-temi-proposti-da.html

      meis

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  3. Nonostante l'argomento lugubre... il racconto è divertentissimo: ho riso un sacco leggendo la descrizione e l'atteggiamento delle cognate.
    Molto realistico (gesù giuseppe e maria)!

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    1. non c'è matrimonio in cui non si piange e funerale in cui non si ride.... quando morì mio padre, un'amica di famiglia anzianotta del genere Paola Borboni, per alleviare la tristezza raccontò di quando, dovendo comprare il loculo, volle sapere com'era il vicinato....ahahaa
      gd

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  4. Ahahah, allora, devo rileggerlo in realtà (l'ho letto prima di avviarmi a fare un esame che alla fine non ho fatto), però si capisce che tutto quello raccontato è stato vissuto in prima persona! Ho rivisto un po' di personaggi della mia famiglia che conosco molto bene, mi chiedevo: "ma li facevano in serie, oppure è solo un caso che tutte le cognate/genitori/moribondi siano così?"

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    1. eheheh, funerali siculi... che contemplano anche la liberazione dal defunto (migna, non se ne poteva più, ci vollero tre mesi prima che si quietasse!)
      GD

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  5. Giorgio ripresi il pc anche con caldo per leggerti.
    Che dico come possono capire se non nascono in sicilia le malelingue che (tra parentesi) adoro, La Sicilia è volta alla morte e al caldo.
    Infatti se c'è caldo si dice: si muore di caldo.
    e se è divertente un tipo: fa morire delle risate.
    La morte è connessa con la Sicilia e ne fa parte fin dai tempi dei tempi.
    I testamenti degli zii sacri. Le loro morti provvidenziali.
    e siccome si campa di caldo e sole da avere già le membra infinitamente imbalsamate senza essere sul letto di morte ecco che il lascito è vita.
    E cotanta che se il benefattore ha provveduto è un morto beato. Se no è un morto cornuto
    E dopo queste semplici spiegazioni che rendono più facile la comprensione vado a dire: Bravo Giorgio tu si che te ne intendi!!
    Mi piacque. Mi piacque assai.
    Ma poi secondo te era giusto che lasciasse, lo zio, tutto a quella faccia di pala di ficodindia?
    Insomma ...( e qui si alimentano tutte le dicerie e i ricami da taglio e cucito di cortile) nel cortile svolgimento io non so che dire...
    Lo zio doveva riguardare tutti i nipoti, a meno che non meritassero alcuni e altri si.
    Baciamo le mani mister!!

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    1. signora Cla, sulla maldicenza c'è assai assai da dire, è il caldo, è il territorio che spinge le persone a interessarsi dei cabbasisi altrui,che tanto, ai propri ci pensano sempre gli altri!!!!
      GD

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  6. Il concetto di malalingua in sicilia non è così negativo come si possa pensare: lo spezzare ossa - modo simpatico per indicare il taglio e cucito - è una forma creativa, e c'è chi si limita a praticarlo per diffondere malvagità, e chi invece ci ricama così tanto che alla fine prevale l'opera ornamentale che non il fatto in sè.
    Sì, anche a me piace la maldicenza: che poi, le sparlate non è che durino tanto, quanto un morso di zanzara.
    GD

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    1. SI concordo sul caldo e sulla creatività dello spezzare ossa o del taglio e cucito (per chi non fosse siculo: pettegolare)
      La creatività è tutta del pettegolezzo. Usato in tutti i modi: per danneggiare, per puro diversivo, per allacciare alleanze, per il semplice bisogno di ridere degli altri.
      Il caldo contribuisce al pettegolezzo: perchè se a lavorare si suda a parlare sotto un albero di fico si prende fresco.
      Dunque meglio un pò di sano pettegolezzo che morire stecchito nell'orda del caldo...
      secondo fonti autorevoli e citerò Consolo, il caldo è l'origine del realismo magico siculo in comune ai sudamericani!!

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    2. senta, lei e Consolo avete un afflato che invidio...
      GD

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    3. Non devi. Non ne hai bisogno.

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  7. Apprezzo il protagonismo del cappello: non mero accessorio ma corredo della dipartita… e quanta solennità avrebbe aggiunto sul capo della cognata liricheggiante ad incorniciare quel viso tanto raffinato e gonfio di sincero dolore?? Un ritratto stupendo. Grazie come sempre.
    BG

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    1. ahahhaaa, il tuo punto di vista è sempre cerebrale! ahahaha
      gd

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  8. Lei mi sa che si immedesima troppo nei personaggi dei suoi post,so che è stato un po'allettato... che intenzioni ha?! Si è ripreso? AG

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    1. Non ci posso credere: un vegano allettato.
      smentisca la prego!

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    2. nahhhhhhh, mi figlio ha avuto 40 di febbre, io no, un vero vegano ha sempre la temperatura di un radicchio posto nel banco frigo dello SMA
      gd

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    3. ahhhhhhhh Filippo piccolo allora ;) Voi vegani siete tremendi, niente ci può! Va bè vado ad annullare il bando per le prefiche.... AG

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    4. ahahaha, le prefiche!!!! Aurelià, c'ho ripensato, questa cosa mi tenta molto.. vado a distendermi sul letto con la faccia infarinata. Con i capelli belli lunghi le voglio, arraggiate arraggiate!
      GD

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    5. ahahah spero che il riferimento ai capelli lunghi sia assolutamente casuale. Non sono abbastanza arraggiata io! Altrimenti taglio tutto!!
      Comunque NO!!! Devi raccontarci ancora tanto e scrivere ancora troppo!! Ne riparleremo tra un centinaio di anni!! ;)

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  9. Forse vi sarete accorti che la scrittura del vegano sta aumentando di tono mano a mano che calano i suoi globuli rossi. Questa è l'estate in cui il D'Amato spara parole belle assai. Mi piace, l'anemico scrittore di razza, mi piace parecchio.

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    1. ahahhaha, hai riconosciuto la figlia della Braciera? è quella con il cappello..
      (c'ho preso gusto a tirare fuori panni sporchi di famigghia)
      gd

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