giovedì 31 ottobre 2013

Halloween Writing Contest - Tema: RossOssessione

Halloween Writing Contest
Svolgimento

Marzo.
Ore 6 del mattino.
Stanza in penombra congestionata.
Lei si svegliava, mi guardava con occhi gonfi, e si pizzicava il labbro inferiore coi denti.
A forza di mordicchiare, sulla bocca le si apriva un taglietto colante, e così succhiava, mentre pennellava frasi in color fragola sul muro bianco.
Poi, leccandosi le ferite infiammate del mattino, finiva di gocciolare in bagno.
Tutto sempre uguale. 
Ogni giorno.

D'altronde, non aveva impegni particolari: gracile freak mangiauomini/nullafacente/solitaria, campata da un padre in carriera in qualche Milano del Nord.
Il nostro idillio è iniziato 10 anni fa, quando mi prendeva dalla mensola dello specchio di suo padre insudiciandomi di caldi sudori adolescenziali: sfilacciava per bene la sua frangia gothic-dark con la mia lama incrostata di fluidi e peluria raffermi e inerti su di lei... Lei, feticcio di un'attesa, di ricordi, di mai eseguiti e stra-accarezzati piani B.

La routine è iniziata l'anno scorso, dopo la teoria dei colori caldi di Goethe:
I colori non sono un puro fenomeno fisico, il rosso è PURA ENERGIA POSITIVA,
Evocatore della distruzione, dell'aggressività, 
Sommo rappresentante del sangue, delle passioni, della vita, dell'amore, dell'istinto, del desiderio, bla, bla e bla.
E allora smalto scarlatto a mani e piedi, mogano tra i capelli, versi vermigli tatuati quotidianamente sul muro, lenzuola amaranto; sul comò anelli-collane-bracciali rubino; sul collo henné ramatofloreale, indelebile.


Ovunque Divinità rosso-cromatiche da imbottigliare e tenere sotto il cuscino.
Però, più di tutto amava ME; la lucidità argentea della mia superficie fredda, scabra, semi-arruginita agli angoli, sorretta da un cilindretto metallico spesso e forte, capace di adattarsi a volti virili, gambe femminee, capelli violacei, e di fare sempre e comunque il suo dovere, come un operaio preciso e sempre disponibile.
Mi usava, e c'era della sensualità nei suoi sguardi attenti: un far l'amore mentale che non capivo dove l'avrebbe portata.

…Il 1° di Maggio notò che ero perfetto per raccogliere il suo rosso:
Solita penombra congestionata, da un lato vino rigorosamente rouge, dall'altro io, maneggiato con cura da ubriachi in mani sottili e smaltate.
Lentamente, mi infilò in bocca, morbida cavità vellutata, carmìnia tra denti bianchissimi; non potevo NON farle male, accarezzato da quella lingua curiosa e vorace.
Senza scomporsi, sputò liquidi sanguigni nel bicchiere del vino e ingurgitò con soddisfazione l'intruglio appena creato: iniziò a farlo dopo ogni notte angosciata, per succhiare da quei rossi elementi l'energia cannibale che le serviva.

Fu l'incipit di psicosi duali pelle-lama, lama-sangue, sangue-pelle.
L'OSSESSIONE DIVENNE QUESTA:
Si svegliava,
Tutto già pronto sul comodino dalla sera prima,
Accendeva lo stereo
Mi prendeva con dita sonnolenti
...e iniziava la sua personale sinfonia corporea.
Nella testa, antiche voci maschili: IDIOTA PUTTANA TROIA ADDIO.
Ognuna era un nuovo taglio, lama orizzontale o verticale, su e giù su braccia madide di amato rosso-dolore, pelle sfilacciata, sacrificata come pellicola trasparente, scarificata sotto le mie cesoie affilate affondate affamate.
Adesioni di guance su metalli, le mie piccole spade strisciavano lente su carni morbide, rigagnoli di sangue su lenzuola bianche e gambe scoperte; seni segnati di amato rosso-vita.
Marchi preziosi,
Abrasioni osservate lentamente, sensualmente;
Rimirate ogni mattina nei suoi specchi,
Pungolate per trarne rosso puro, stillato senza fretta, raccolto in boccette preziose da nascondere sotto il cuscino.
In attesa sul comò, il pennello per le sue parolefragola da muro, un piattino che usava come tavolozza, vino e un calice per un cocktail con cui aiutare la vita.
Smetteva di usarmi quando era soddisfatta dei suoi trofei liquidi e dei suoi ricami su pelle, squarci di future cicatrici carnali: forse vuoi controllare di esserCi ancora?

Avrei voluto chiederglielo, ma sapeva solo bersi e maneggiarmi a piacimento, con quei polpastrelli imbrattati e scivolosi di color tiziano scuro.
Lo straccio divenne un punto fisso sulla porta della stanza, color prugna indelebile di plasma rappreso.
Il parquet era intriso di strisce concentriche mal pulite, impiastricciate, in forma qui e lì di semplice goccia impastata a frammenti di frangia sempre più corta, sempre più corta, sempre meno donna. Percorso da me al muro, dal muro allo stereo con dentro "NOIA” dei CCCP. Ferretti gracchiava, mentre il pennello fulvo si intingeva in quelle sue boccette o direttamente sulle braccia aperte; e poi, schiaffato sul bianco, scriveva:
Apparentemente suicìdi, non ci era esente un tratto di follia,
Che ci avrebbe sognato, per sempre.
Lei sorrideva, pallida e bellissima: il suo sguardo vagava tra le pieghe di un corpo a brandelli, scarni e sanguinolenti brandelli.
In fondo, un corpo ferito dentro uno specchio dentro uno specchio dentro uno specchio dentro uno specchio... Si rimirava sul vetro lucido, cosparso di altre parole di rossetto, alla ricerca di nuovi spazi da incidere e succhiare via.
Poi, un giorno in cui non pensi, ma senti strazi e lo senti, guardi mani tremanti che non si fermano, ploc-ploc e 1 - 2 - 40 gocce rituali. Troppe croste sul braccio contuso e pochi spazi per le nuove; vodka & spezie piccanti per ignorare il sapore-odore-acre di vita dentro il solito bloody-wine. “Aggiungiamo anche questa, due di queste pastiglie e un’altra di questa qui".
L'orlo vermiglio delle labbra beve vorace, scorticato.
Tutto è meticolosamente tremante, tutto in un silenzio tagliente, graffiante. 
Necessario.
Scarti un Bacio Perugina, lo stringi, si scioglie ed è il tuo Calore nero, non più rosso, ma nero-torvo; ti specchi. Lacera bocca lecca adagio, prima del Clic.
Ti cade, strappato dalla gravità, il secondo bloody-drink della giornata, come un feto estirpato grondante dal grembo, e ridi, colante. …Come sempre, non avete capito.
Ed è il vuoto, zero pensieri, la mente in giravolte.
Perdi il tempo, lo ritrovi.

Un Cristo decomposto sulle braccia, piroette, le MIE lame Wilkinson arruginite, che in realtà non le vendono più, ma quelle erano state sufficiente per mesi.
Occhi offuscati, scivola sul suo stesso liquido, su di me.
Rotta,
Piove grondante sul parquet.
Non posso farci niente io, non ho mani, solo due lame.
E non c'è luce di rossi soli caldi o di lampade artificiose qui, all’improvviso.
C'è freddo Rosso Sangue in pozze di gocce, in pezzi di gocce.
E' andata.

Noemi Venturella

6 commenti:

  1. Terribile Noemi! Ma chi dorme stanotte ? Con la scorpacciata di racconti, che ho gli occhi che mi bruciano, penso che non farò sonni tranquilli. Questa cronostoria di autolesionismo e descritta in modo magistrale. Brava.

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  2. Esatto, Noemi riesce tirare fuori tante di quelle immagini mai banali che colorano sempre tutto. In questo racconto, ad esempio, tutto rosso, e inserito in un contesto teso che è meraviglioso.
    Brava!

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  3. Un racconto scritto in modo inusuale ! Molto strano ..molto.
    Il colore di fondo è il rosso ..
    questa frase mi è piaiuta : "Poi, un giorno in cui non pensi, ma senti strazi e lo senti, guardi mani tremanti che non si fermano, ploc-ploc e 1 - 2 - 40 gocce rituali "

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  4. Grazie ragazzi per la pubblicazione e i pareri. Questo pezzo appartiene a un'epoca al momento remota, ma ci sono molto affezionata, a lui ed alle sue emozioni. Il rosso me lo sento dentro, e me lo sono infatti anche tatuato. Ci sarà un motivo in queste parole, dunque.

    A prestissimo (:
    Noemi.

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  5. Mi piace molto come scrivi.
    Autolesionismo .. che idea!
    Brava Noemi.
    L.I.

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  6. Complimenti Noemi! E' vero, il racconto è scritto in modo inusuale, un modo che mi è piaciuto molto! Proprio come con le gocce che descrivi, fin dall'inizio il lettore si sente trascinato in uno stillicidio, una storia che non potrà che finire male.

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