mercoledì 16 ottobre 2013

Tema: Gita a Tindari


Svolgimento

Procedo dal mare azzurrino bistrato di viola che incontra tratti ancora più chiari e in fondo incontro l'indaco di Capo Milazzo.
Allungato come un rettile, interrotto dall'alternarsi delle ciminiere non ha niente a che spartire con Marinello, i laghi affioranti sulla striscia di sabbia sottratta al mare per miracolo.
Un miracolo voluto nelle atmosfere celesti tra schiere di angeli e cherubini, intorno al trono della Vergine.
I cherubini li immagino veloci e impressionanti come i cavalli alati dell'Orlando Furioso e accoglienti di tante ali a sorreggere i salvati. Forse così salvò l'infante.

Sfuggì alla madre. Salì la pellegrina al monte carico di limpido cielo, sulle pietre antiche affioranti posava il passo. Aveva il cuore gonfio e il grembiale carico di offerte, ceri e fiori. E frutta da mangiare dopo la visita al santuario della Vergine Nera.
Poco distante riposavano i fasti e le grida di attori, rimosse le maschere che ne avevano amplificato le voci.
Aleggiavano ancora i canti e i fumi di fuochi sacri, dionisiache, preghiere propiziatorie agli dei di eventi favorevoli, lì, nella città greca antica, poco distante.
Nell'aria carica di tanta umanità, l'immondo si fondeva al virtuoso, il piagato risanava al cospetto del Volto Santo, la Vergine Nera dal volto d'ebano che riluce sopra la tunica bianca ricoperta di stelle. L'officiante esalava tra l'incenso salmodie incomprensibili, ma la speme e l'ardore popolare sovrastava il salmodiare del prete.
La folla cominciò ad accalcarsi numerosa davanti alla Chiesa incapace a contenerla, ondeggiava in ceri accesi, ginocchia striscianti in gramaglie vedovili, medaglie d'osso e anelli al dito con impresse i darroghiti dei defunti. Ma anche in gonne gonfie sotto i corpetti, camicie a quadri e facce annerite dal sole tra rughe bianchissime e cesti, portati sulle teste, sopra la truscia arrotolata. Celano sotto il panno che li copre pane nero, ricotte, quel che serve per il dopo, quando inizierà la festa, la danza che scioglierà il popolo e lo riporterà verso il peccato e la promiscuità.
L'ardore e la speme di queste donne trasuda nei sentori che si mescolano e accumulano man mano che si ingrossa la massa umana, piangono in silenzio, ognuno il proprio personale dolore, bisogno, angustia, si stracciano le vesti al tuo cospetto, disperate.
La faccia d'ebano impassibile sfiora gli sguardi imploranti, mostrando il Figlio al Mondo.
La gente si agita in un moto d'onda e poi un grido.
  • L'infante!!!- Cascò, cascò.
    Segue un urlo disumano che ammutolisce ogni gola, coalizza ogni sguardo polarizzato, spinto da una forza fuori dal comune, verso la scogliera.
  • A figghia -
Il dirupo di rocce sul mare è una storia di mare che si infrange e flutti che inghiottono cristiani. Questo mare periglioso, che viene dal Nord, si carica delle procelle e dei venti raccolti oltre le isole del Vento, in filiera, al largo e le rimanda mutate verso le coste nostre.
La figghia mia, Madonna, salvami la figghia.
Si graffia la pelle fino a sanguinare e le braccia, corre come un'ossessa, si sporge. Ma mille braccia la tengono, pronta com'è alla tragedia.
Il vento tace, il fragore cessa, affiorano, prosciugate dal mare, sabbie umide. Il mare si ritira come pronto a rincalzare con onde mostruose.
Ma nulla accade.
In fondo un puntolino bianco di braccine, mentre già una catena umana corre a salvarla.

Madonna nera di Tindari e schiere di cherubini sorreggetemi mentre salto nel vuoto delle aspettative annichilita dal silenzio dei potenti, dal fuoco dell'attesa. Come in volo protesa contro questi scogli sorreggetemi. Salvami inconsapevole e innocente terra che accoglie il sacro dei secoli, il voto e la preghiera, il fuoco e l'offerta.

Clotilde Alizzi


38 commenti:

  1. ebbravissima CLA che ha elevato al millesimo piano il suo registro alto per scrivere una leggenda vera, quella della picciridda di Tindari che fu salvata dalla Madonna.
    questo pezzo mi pare riuscitissimo, bello bello bello: a voler cercare il pelo nell'uovo, non avrei ripetuto "infante" nel discorso diretto.
    GD

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  2. e per invece parlare di uovo (oltre che del pelo), oltre alla ricchezza di linguaggio, ho gradito anche l'archittetura del pezzo, le frasi sono strutturate e rimandano ad una molteplicità di livelli!
    Gd

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  3. Cla, come pochi, ha una scrittura inconfondibile. E' straordinaria nel linguaggio e le immagini che riesce a creare sono un continuo ondeggiare. Tra schiaffi e carezze non si può non subirne il fascino. Una scrittura intelligente,ma non stancante, ricca, ma non opulenta, Cla (non me ne voglia nessuno) sei un palmo sopra parecchi!!!!!

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  4. Un pezzo molto affascinante, seppure distante dalle mie corde, con un linguaggio ricercato, forse in alcuni casi eccessivo, ma sempre coinvolgente. Bello.
    Mi permetto un appunto pignolo: le foto antiche si chiamavano "dagherrotipi". Ciao Cla. (emoticon a mare)

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    1. Tecnicamente fino al 1855, con l'introduzione delle nuove tecniche al collodio umido e all'albumina, la dagherrotipia perse interesse. Naturalmente ti sei chiesto in che periodo è ambientato il racconto ( emoticon di appunto pignolo)

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    2. La leggenda è antica forse due tre secoli fa. Settecento Ottocento. La festa è di popolo, da sempre.

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  5. Sottoscrivo tutto quanto è già stato detto da GD e Jole! E' uno scritto incantevole che si fa bere d'un fiato e ti lascia la voglia di tornare a leggerlo per assaporarne meglio i dettagli.
    Accuratissimo lo scavo nella parola, per farne germogliare la polisemia...
    eppure, come in un ricamo, il lavorio rimane nascosto, scompare come è giusto che sia, e restano solo armonia ed equilibrio.
    Bravissima Cla!
    pat

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    1. Pat che meraviglia il tuo commento! Il lavorio rimane nascoso centra la mia ricerca nello scrivere. Un lavoro per lasciare andar via le parole per svelare lentamente il messaggio...
      Ciao a presto rileggerci.

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  6. Dico solo grazie. Grazie a Raimondo che mi ha fornito la corretta parola che ho cercato su tuti i dizionari disponibili. E chi se la dimentica più. Dagherrotipi. Mi ci sono arrovellata da pederci la memoria...grazie a Giorgio che mi bacchetta di solito (ma in privato) e mi esalta, che, malgrato tutto, ha accolto il mio registro altissimo (qui definito). Grazie a Jole che anche se sa quanto le voglio bene, non ho pagato per dire quanto ha detto di me. E svelo qui il segreto: è il racconto che ho inviato per il Concorso di Pesaro. Mi hanno già risposto che lo pubblicheranno. E dunque, svelato il segreto penso: Giorgio lo ha intuito. Ha troppo fine il naso da scegliere, su quattro in scaletta miei, proprio questo. Che è l'ultimo forse che ho postato. Raimondo lo ha pure intuito, perchè un pò più ricercato rispetto al tono del Blog. Jole non ha avuto dubbi: per l'affinità che le è propria con una scrittura curata. E dunque amici che dire...GRAZIE.

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    1. sì ma adesso scrivi un racconto di straccivendole che litigano per un pesce fituso lasciano per terra dal pescivendolo (accetti la sfida?)
      GD

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    2. veramente la decisione di pubblicarlo è di Federico e mia...ma ok :)
      Meis

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  7. Bravissima, brava.

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  8. E qui siamo alti. Ma alti assai

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  9. Bellissimo leggerti! Suprema desrizione, altissimo registro, stile sognante tra leggenda e storia, aria classicheggiante dove vola il tuo estro letterrario.
    Bravissima!

    Nina

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  10. Secondo me, invece, qui il registro è troppo alto e sottolineo troppo perchè stona, stona fortemente. Ci sono termini che non conoscevo nemmeno, tipo "speme" e "procella", termini che ho dovuto cercare e che ho scoperto appartenere al linguaggio poetico antico, per esempio in Petrarca: "Vissi di speme, or vivo pur di pianto" (Petrarca, Il Canzoniere, 332). A prescindere dalla storia narrata (che conoscevo poco, in realtà), secondo me il pezzo funzionerebbe meglio se venisse abbassato un po' di livello.
    Una cosa che mi è piaciuta, invece, è la parte finale che sembra una preghiera (sebbene eliminerei "annichilita"), quindi un componimento che con il "poetico" ha forti connessioni.
    Ciao!

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    1. Non sono in sintonia con la tua giovanissima età. Ma il Petrarca e l'Ariosto li amavo. Soprattutto l'ariosto con quella fantasia di unicorni e cavalli alati ha raccontato tutte le fantasie possibili. Mentre il boccaccio tutte le altre fantasie possibili in senso erotico, ma ti assicuro con così tanta eleganza...Perchè voi giovani dovete abolire il passato?

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    2. Ahahaha abolire il passato non è tra le mie priorità, Clo.

      Federico

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  11. Letto il pezzo, lontano dai miei registri, ma senz'altro alto, polisemico, poetico.
    Nonostante non avessi ancora scorto il tuo nome, ti ho subito riconosciuta!
    Bravissima Clotilde.
    L.I.

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  12. Salve docenti e scolari... come sempre son passato da queste parti per leggere il tema proposto. Stavolta, non so perché, sento la necessità impellente di infiltrare il mio modesto e inqualificato parere tra i vostri.

    L'Alessandro "cattivo" mi suggerisce che forse ci son troppi fronzoli, virtuosismi lessicali che rendono questo tema pericolosamente vicino al mero esercizio di stile.
    Quello "buono" (buono, certo, ma non abbonato a Famiglia Cristiana) pensa che, in fondo, non ha senso svilire l'arte della scrittura per abbassarsi ai canoni dello scrivere moderno e al livello di attenzione/disponibilità del lettore medio.

    In conclusione, penso che manderò a quel paese l'Alessandro "cattivo", almeno stavolta.

    Brava Clotilde, davvero.

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    1. Purtroppo non sono d'accordo.
      Perchè dobbiamo pensare che la scrittura moderna svilisca "l'arte della scrittura" (che non può essere considerata solo quella che utilizza termini aulici).
      Il livello di attenzione/disponibilità del lettore: tra lettore e scrittore esiste un legame che è, e deve essere, dettato dalla scrittura. Non è questione di registri solamente ma di tanti altri elementi messi insieme (come hanno sottolineato altri compagni di classe, esiste anche la struttura oltre al registro, ma gli elementi sono tanti).

      Federico

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    2. Federico, in parte son d'accordo con te.
      A mio avviso, la scrittura "moderna" (intendo soprattutto quella influenzata dal romanzo americano) è divenuta troppo cinematografica. Per usare un'espressione abusatissima, troppo mostrata.
      Se il barocchismo è nelle corde dell'autore, se si tratta di una vocazione spontanea e non di una forzatura dettata dalla voglia di mostrar di avercelo più lungo, credo debba essere ben accetto. In fondo sta al lettore scegliere se dedicarsi alla sintesi e alla verosimiglianza o trastullarsi nel suono di una prosa più estetica ;)

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    3. Ahahaah, è sempre bello confrontarsi in questo modo.
      Grazie, Alessandro C.

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  13. Ecco Clodilde, anch'io mi son combattuto come il caro amico di Obbrobrio :)
    ma in me ha vinto la parte cattiva...hai dato esempi migliori in passato dove la "bella scrittura" non pareva così "barocca"...io preferisco quella Clodilde là...meno tecnica e più emozione. Qui certi aggettivi restano come zavorra...non so...il mare bistrato ad esempio...proprio sull'incipit
    Meis

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    1. Anche io l'ho preferita in tante altre cose

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  14. Non mi convince l'incipit. La descrizione dei luoghi presenti per portare poi il lettore nella favola stranisce e per me è fuorviante.
    Lo avrei fatto partire da "sfuggì alla madre". Per il resto, è un tono da tragedia greca, pare di sentire le voci delle donne piangenti e in coro.
    Trasuda il calore dei corpi e l'ossessione delle menti, è una festa pagana che riporta alla terra e al mare.
    Chapeau.

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  15. Godo!!!
    Picciotti, non sono i registri che rendono moderni o antichi, il problema non è "speme" o altro, il punto è: questa scrittura determina "fascinazione"?
    Ti travolge, ti trascina sino alla fine o ti blocca al primo rigo e ti fa pensare "che palle!"?
    Il registro alto come quello basso possono essere oggetto di un esercizio di stile, nel caso di Clotilde sappiamo che questo registro (consoliano - al di là del basso e dell'alto) lo predilige a tanti altri e in questo brano, meglio che in altri, questo registro porta ad una narrazione che ha una sua originalità, non c'è manierismo.
    Clotilde sarebbe manierista se si limitasse ad infarcire di parole poco in uso e poi basta.
    Ma Clotilde fa altro, lavora di metafore e di figure analogiche, di immagini, esemplifico:
    1. Salì la pellegrina al monte carico di limpido cielo, sulle pietre antiche affioranti posava il passo
    2. La folla cominciò ad accalcarsi numerosa davanti alla Chiesa incapace a contenerla, ondeggiava in ceri accesi, ginocchia striscianti in gramaglie vedovili, medaglie d'osso e anelli al dito con impresse i dagherrotipi dei defunti.
    3.Il dirupo di rocce sul mare è una storia di mare che si infrange e flutti che inghiottono cristiani.

    In questa scrittura c'è potenza (sebbene si possa avere la tentazione di percepirla solo come "ornata").

    E' una scrittura consoliana: io letto un unico Consolo, Lo Spasimo di Palermo (e poi pezzi vari da altre cose).
    Comprai lo Spasimo dieci anni fa, lessi 10 pagine e lo riposi in librerie con un marchio: troppi aggettivi, in certi periodi addirittura 4 per ogni sostantivo.
    Riprovai a leggerlo tre anni dopo. Lo riposi con la stessa motivazione.
    Negli anni più volte ho riprovato.
    L'anno scorso ho ritentato e l'ho letto in unica botta. E mi è sembrato bellissimo nel suo modo di essere barocco. Ma è la Sicilia che ha bisogno di lingue barocche per rendere la sua natura, ma un barocco che unisce bellezza e orrore, ospitalità e agguato, limoni e bucrani.
    GD

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    1. C'è potenza in ciò che, come ho detto prima, può essere definito poetico. La parte finale infatti mi ha spiazzato, lì c'è armonia tra quello che viene raccontato e come viene raccontato, mi è sembrata una preghiera e della preghiera ha tutta l'aria.
      Per quanto riguarda il resto, quindi, non ci vedo molta Sicilia (a parte, appunto, negli abbassamenti di registro).
      Clotilde utilizza questo registro, è vero, ed è quello che più le si addice, infatti in altri pezzi ha dato veramente il massimo, in questo no, ho visto altro (chiamala forzatura, chiamala come vuoi).
      Non ho ancora letto Consolo, purtroppo, ma lo farò presto. L'espressione stessa "il monte carico di limpido cielo", mi stona ancora, troppo poetica (e ripeto, non è il poetico che non va, ma il troppo).

      Clotilde, sei stata grandissima nell'ultima parte, mi è piaciuta veramente tanto (anche perchè poi con la storia narrata la cosa diventa molto struggente e funziona), per il resto non mi hai entusiasmato troppo, ti preferisco in altri pezzi, più bassa, più radicata.
      Io non credo che la Sicilia abbia bisogno di lingue barocche per rendere la sua natura, la Sicilia è sì tradizione ma anche altro (infatti, come dici tu: bellezza e orrore, ospitalità e agguato, limoni e bucrani).
      Cla, comunque, sei riuscita a farci tirare fuori tutte queste riflessioni da un post, è una conquista!

      Federico

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    2. e non per contraddire a tutti i costi, ma l'incipit con il suo "procedo" e il rettile e le ciminiere.. ha una sua funzione caratterizzante: tiene ancorato al suolo un racconto che potrebbe sembrare fantastico. Tutto ciò che viene descritto succede in un mondo di fabbriche e di veleni, non in una riscrittura di un episodio del vangelo.

      Certametne questo tipo di lingua ho difficoltà ad immaginarlo nella descrizione di un operaio che non arriva a fine mese, ma in questo caso stiamo descrivendo una natura lussureggiante e una leggenda.
      GD

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  16. per quanto riguarda l'incipit, resto della mia idea. Per il resto pure :) ( Bellissimo)

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  17. Provo a dire la mia. La mia scrittura Consoliana mi consola, scusate il bisticcio. Incosapevolmente Consolo mi influenza, ma scrivevo così prima ancora che leggessi Consolo. Lui ha molto di più. E tuttavia mi rende convinta delle sue affermazioni: "non si nasce a caso in un luogo per non esserne influenzato". Lui lo disse, io lo sono, come lo fu lui stesso. Il pensiero di Giorgio relativamente alla natura stessa della Sicilia e di come sia svilita da una modernizzazione che penalizza luoghi di fascino selvaggio come quello di Marinello e di Capo Milazzo, sono una realtà recente e presente. Le ciminiere fanno parte di questa Sicilia, il mito e la leggenda di quella che fu. E la progressione dei pensieri è in questo ordine, per ritornare al presente. A questo presente, oddio, quanto amaro!
    Grazie di tutti i vostri giudizi. Ma sarò più leggera lo prometto. Già ho iniziato!

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  18. Quello che conta per uno scrittore è avere una "voce" personale ed questa la qualità principale di Cla. Lei riesce a descrivere la Sicilia con pennelli inconsueti (non conosco Consolo) anzi direi che riesce a farmi vedere la Sicilia in un modo che non avrei mai potuto immaginare. Se leggendo si ha la necessità di andare a cercare parole cadute in disuso tanto meglio. Anche a questo serve leggere ed uno scrittore che mi regala una parola "nuova" è un mio insegnante. Quando dico che Cla è un palmo sopra gli altri, tra questi altri ci sono anch'io, perché a tutt'oggi non completamente soddisfatta del mio modo di scrivere. A volte ho l'impressione che a volersi "adeguare" all'uso di scrivere moderno si perda un po' di se stessi; questo è proprio quello che non fa o (per fortuna) non riesce a fare Cla. Riconosco che un lungo romanzo risulterebbe ostico, e riconosco anche il fatto che non a tutti possa risultare piacevole questo tipo di scrittura. C'è il rischio che Cla possa rimanere una scrittrice di "nicchia" (anche se non lo credo fino in fondo, ha già ricevuto parecchi riconoscimenti, dunque...!)), ma sta di fatto che la sua personalità e il suo modo di scrivere la fanno uscire dal coro. Possiamo discutere all'infinito sull'incipit o altri particolari, ma non occorre che nessuno cambi idea, basta ascoltare. Come per gli impressionisti mi piace dire che di Cla si debba guardare l'insieme cromatico e non il dettaglio e 'insieme, per me è strepitoso.

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    1. Che critico sublime! Ma Jole tu mi hai superato in l'abbraccio verrà. E sai quanto prezioso sia!

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    2. Dovremmo chiederci cosa è lo stile moderno... esistono scritture sfronzolate che raggiungono vette di potenza pari ad altre scritture ricche. Vedi Carver.
      GD

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  19. Lo stile moderno è (anzi pare sia) la semplificazione dei concetti, La semplificazione del linguaggio, l'abbandono perfino dell'architettura della trama. Pare "tiri" più la letteratura che maggiormente si avvicina alla Tv trash (si vedano le varie sfumature). Si scrivono più fiction che veri testi letterari. Qualcuno non ci sta e alla fine "tira" lo stesso scrivendo cose eccellenti. L'evoluzione deve esistere è ovvio sarebbe inutile se non ridicolo continuare a cantare come Natalino Otto, Ciò non toglie che Gianni Celeste non è Zucchero (mamma mia! non me ne voglia Gianni Celeste, ma era per paragonare chi ha modernizzato la canzone e chi canta per la piazza.) Spero in non essermi impantanata.

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