giovedì 2 gennaio 2014

Tema: "Il palazzo " di Serena Iannicelli - Edizioni Memori, prefazione di Moni Ovadia

Sez. Amici della Maestra
Svolgimento



Il palazzo viveva. Grande e solido come un generale, era di mamo e ottoni. Di ferro e di vetro. Le porte lucide. Le guide, verdi in primavera e rosse d'inverno, riscaldavano un poco i vecchi scalini. L'ascensore partiva con un lamento e con un sospiro di sollievo si fermava ai piani.
Noi eravamo bambini, e lo abitavamo con le nostre famiglie. Prima di noi c'erano stati altri bambini, altri ne sarebbero venuti dopo. Il tempo e la memoria. Ma noi, allora, vivevamo un presente eterno e la memoria non ci insidiava. Non potevamo usare quell'ascensore, nè camminare sulle guide. Avevamo magliette a righe rosse e blu quando arrivava il caldo e cappotti troppo grandi quando c'era freddo. Molti di noi avevano scarpe alte e nere che dovevano dissuadere i nostri piedi dall'andare in dentro, o in fuori, o un po' di qua e un po' di là. Dovevano insegnarci a camminare dritti, insomma, "sulle strade della vita". Erano gli anni 50, c'era ancora da sognare.
Noi bambini facevamo parte di quel sogno delle nostre famiglie, ed eravamo destinati a deluderlo.
C'eravamo io, Daniela, Rosalba, Patrizia, Claudio, un Carlo che restò poco, Rocco, Maurizio, Riccardo e Rossana che erano i figli dei portieri, fratelli fusi insieme da un segreto banale, poi tragicamente svelato. Tutti avevano dei fratelli, tranne me. Non parlavamo di quello che ci succedeva a casa, ma il Cortile del Palazzo lo echeggiava, portando discussioni, risate o scapaccioni su dal primo piano fino all'ultimo e ritorno. I muri respiravano. I tubi erano vene. E quando, in tutte le case, alla stessa ora, si accendevano le luci, era come se il Palazzo avesse un brivido lungo la schiena.
A quell'ora si cenava, assonnati, con le gambe pendoloni. E "togli il gomito dalla tavola: che, ti pesa la testa?" era un ritornello per tutti. La minestra, lo stracchino, gli sfilatini nel cestino del pane, una mela. Noi bambini non si poteva parlare a tavola, e, se i Grandi ne avessero trovato il modo, non ci avrebbero neppure fatto ascoltare.
Non che ci fosse molto da imparare da quella generazione di padri preoccupati e madri afflitte, ma come pensavano che saremmo diventati intelligenti? E infatti molti di noi non lo sono diventati. Altri sì, ma per disperazione.

Dopo quel Carosello che ci avrebbe perseguitato per tutta la vita, diventando memoria di tutti e non solo nostra, come sarebbe stato giusto, si andava a letto. Con la mela sullo stomaco. Le case, le nostre case, a quei tempi erano monumenti alla nostalgia.
C'era un po' di tutto, perchè non si buttava nente.
C'erano spesso anche i nonni. Noi eravamo figli di gente "perbene", gente che poi avrebbe fatto un po' di soldi. Chi più chi meno. Avevamo salotti pomposi, freddi in ogni stagione, perchè non ci si entrava mai. Grandi divani a fiori, il pianoforte arrampicato sul muro e umiliato da ninnoli, lampadari tintinnanti, tappeti, austere marine alle pareti, ritratti di damine o pastorelle, trine sparse. Avevamo cucine grandi, con il tavolo dal piano di marmo e le sedie di legno. Avevamo lo scaldabagno a gas. Sicuro quanto una bomba a mano, ma lo sapevamo. Sapevamo che altri bambini, in altri Palazzi, si lavavano con l'acqua fredda. Al pensiero ne provavamo un brivido, immergendoci nel bagno caldo del sabato sera.
Così come rivolgevamo un pio pensiero ai bimbi poveri, spesso addentando la pastarella con la panna della domenica. Spesso si divideva la camera da letto con qualcuno della famiglia. I più fortunati avevano i fratelli, altri un nonno vedovo o una zia.
Ognuno di noi bambini pensava che la notte degli altri fosse assai migliore. Andavamo alle elementari e i nostri quaderni avevano un odore di buono di bambini puliti e di merenda. Andavamo tutti nella stessa scuola di suore dietro l'angolo, accompagnati dai nonni o dalle cameriere. I cappotti troppo grandi ci impedivano di correre, ma a quell'ora del mattino non ne avevamo neppure troppa voglia. Ancora calducci di letto arrancavamo appesi a mani nude. Quell'oggetto tessuto con sadismo che chiamavano "passamontagna" ci regalava l'aria paffuta e il mal di testa.



Dedica dell'autrice
Cara Maestra, stanotte ho fatto un sogno che, dopo aver fatto merenda, ti racconto... 


Serena Iannicelli

9 commenti:

  1. Questo romanzo è stato una piacevole sorpresa. Non conoscevo Serena, se non per la nostra amicizia virtuale su facebook e non sapevo niente di lei. Imparare ad apprezzarla attraverso il suo romanzo è stato fantastico. Una scrittura piena di vivacità, con moltissime invenzioni. Una galoppata attraverso il mondo dei bambini di un palazzo negli anni 50. Solo in apparenza felice, ricco di misteri, caotico nell'evoluzione dell'età, segnato da lacrime, piccoli traumi, grandi amori. Un palazzo mai vuoto. Lo consiglierei come testo a tutti gli alunni, specie a quelli del Laboratorio TCDM

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    1. Con i nostri libri " ci siamo" piacevolmente sorprese

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  2. Ho letto quest'incipit e mi ha ricordato due cose, L'amica geniale di Elena Ferrante e una cosa che ho scritto tanto tempo fa su un gruppo di ragazzini che vive in un condominio. Se uno scritto ne ricorda un altro per me è una gran cosa, perché lo leggi e si lega a tanti mondi (uno scritto brutto invece ti fa vedere solo le sue maglie sgranate). In un condominio i bambini sono sempre un po' indifesi, non so cosa succederà dopo in questo romanzo, ma i condomini li vedo come posti molto pericolosi. Di questo incipit mi piace molto la scelta del "noi narrante", è potente, già lascia intendere la presenza di una linea che divide due gruppi, il noi dei bambini e il voi/loro degli adulti, e se è vero che le nostre vite dipendano da ciò che ci coinvolge/sconvolge durante i primi dieci anni di vita, romanzi che prendono come argomento dei bambini di condominio allora possono dirci tanto sulle brutture del mondo.
    L'incipit mi incuriosisce, un libro che leggerei (e che leggerò - che magari riprendo anche io quel progetto di romanzo sepolto e lo riscrivo)
    Giorgio D'Amato

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  3. "Noi bambini facevamo parte di quel sogno delle nostre famiglie, ed eravamo destinati a deluderlo."

    Questa frase mi è piaciuta particolarmente, ti costringe a rimanere attaccato a leggere il resto. tira fuori tanti di quegli interrogativi da soddisfare solo leggendo tutto il romanzo.
    Auguroni, Serena, per questa tua pubblicazione
    e benvenuta in classe!

    Federico

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  4. Benvenuta Serena!
    Sono nata negli anni '60 ma ho ritrovato molto di me bambina tra le tue righe, mi hai fatta sentire di nuovo al sicuro, ho risentito gli odori e rivisto i colori di quel periodo.
    E' bello questo incipit e non posso non continuare la sua lettura :) ti avro'!!
    "I muri respiravano. I tubi erano vene." Stupenderrimo paragonare Il Palazzo ad una creatura vivente.. ora nelle vene dei nostri palazzi scorre l'indifferenza.

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  5. Incipit molto bello. Tante le cose che lo fanno sentire subito parte del nostro vissuto. Mi pace l'eco che porta tutte le notizie dal primo all'ultimo piano. I luoghi dove abbiamo vissuto conservano sempre un po' di noi. Questo palazzo sembra avete davvero tantissimo raccontate. Lo leggero'

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  6. Benvenuta, Serena, mi è piaciuto questo incipit, come ha detto qualcuno c'è qualcosa che non va, anche se non si dice cosa, e il lettore vuole sapere com'è che le cose non vanno a finire tanto bene. Il punto di vista dei bambini, secondo me, è reso più interessante dal fatto che è filtrato attraverso una voce narrante già adulta. Mi è piaciuta questa frase: "ma come pensavano che saremmo diventati intelligenti? E infatti molti di noi non lo sono diventati. Altri sì, ma per disperazione". Complimenti!!!

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  7. Grazie a tutti per le belle parole. Purtroppo il Palazzo fino a marzo si trova solo a Roma, nella libreria della Memori a via degli spagnoli 25, Nero su bianco. Poi sará distribuito ovunque e spero abbia la stessa accoglienza che ha avuto qui.

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    1. Puoi contarci!! Io l'ho cercato in una di quelle librerie altenative di Torino sperando di trovarlo ma Nisba!! aspettero'!

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