giovedì 9 maggio 2013

Tema: Closer

Svolgimento

"Don't come closer or I'll have to go
Holding me like gravity are places that pull
If ever there was someone to keep me at home
It would be you..."
Eddie Vedder - Guaranteed


Aeroporto Malpensa: una donna con il cappotto viola mi passa davanti inciampando sui miei piedi allungati - sono disteso e ho la testa appoggiata allo schienale - e questo riesce a distrarmi da quello che osservo da un momento imprecisato subito dopo aver superato i controlli; scusi, le dico, alzando una mano, o forse lo penso soltanto e glielo dico con gli occhi e non me ne rendo conto, dopotutto è lei quella distratta, perché dovrei scusarmi io, e poi è stata lei a fare in modo che mi distraessi da quello che stavo osservando con insistenza, sono felice di non averle chiesto scusa; comunque sia, lei si volta verso di me e non dice niente, non fa neanche una smorfia, un’espressione, qualcosa che mi faccia capire che è infastidita dalle mie gambe troppo distese, niente, e il nostro rapporto si conclude così, con uno sguardo distratto, indifferente,  ognuno può tornare a fare quello che stava facendo prima; ormai, però, ho perso il mio punto di riferimento (o forse non ne avevo uno), sono stanco, il viaggio da Madrid a Milano è stato lunghissimo, vuoto, come se avessi lasciato i miei pensieri su una poltrona della sala d’attesa dell’aeroporto spagnolo, che aspettavano il volo successivo al mio, magari arrivano da un momento all’altro, tornano al loro posto dentro la mia testa, tornano ad essere quelli di sempre. In ogni caso tornano a casa con me.
Dallo zaino tiro fuori il mio diario di viaggio, il secondo da quando sono partito sei mesi fa, e scrivo “Mi trovo a Malpensa, finalmente sono su suolo italiano!”, già, finalmente, e mentre lo scrivo mi rendo conto di non averlo detto per me ma per gli altri, per tutti quelli che mi chiederanno quali sono stati i pensieri arrivato in Italia – beh – risponderò - quando sono arrivato in Italia ho avuto uno shock: tutta questa ricchezza, i modi di fare delle persone, nessuno che mi guardava in maniera strana – chissà per quanto tempo ripeterò queste parole, e allora mi guarderanno e mi faranno un'altra domanda – sono più civili di noi, vero? – e io non risponderò. Confeziono questi discorsi da fare una volta tornato a casa, quando tirerò fuori foto e ricordi di fronte a parenti, amici, conoscenti di ogni tipo, e poi di fronte a domande risponderò con le solite parole – shock, ricchezza, diversità – in un circolo noioso e logorroico. 
Dal mio posto vedo la donna col cappotto viola indaffarata: prima parla al cellulare, si sposta fuori per fumare una sigaretta, rientra e si lascia cadere esausta su una poltrona. Tra le mani ho ancora il mio diario di viaggio, ho voglia di aprirlo e leggere tutto ciò che ho scritto durante i sei mesi passati, ho voglia di capire, cercare, sapere, vedere, rivivere. Sfoglio qualche pagina iniziale, leggo la prima frase di ogni giorno, salto qualche passaggio ancora troppo vivo per essere riletto subito, ignoro crisi emozionali, momenti di solitudine, pensieri altalenanti riportati su ogni pagina, scritti a matita oppure a penna – spesso di colori diversi – prima cinque, poi sei pagine alla volta, sfoglio sempre più rapidamente fino ad arrivare a metà e rileggo la frase appena scritta, tiro fuori una penna e copro la parola “finalmente”, poi ci ripenso e la riscrivo sopra lo scarabocchio appena fatto.


Guardo l’ora dal display del cellulare, le 15.30, in questo momento saranno tutti per strada per venire a prendermi direttamente in aeroporto, chissà se qualcuno di loro è cambiato, penso – e mi sembra quasi un pensiero obbligatorio, una domanda da farsi per non considerarsi del tutto un egocentrico – poi la testa continua a vagare da sola. Mando un sms a Mauro con scritto “non sono sicuro di voler tornare”, lui capirà, probabilmente è l’unico che si è reso conto del mio stato d’animo in questo momento (o forse nemmeno lui e a me piace solo pensarlo).

Mi rimetto a sedere tirando indietro le gambe - sono irrequieto –, poi mi alzo e mi avvicino al distributore, mi è sempre piaciuto guardare quello che i distributori hanno da offrire, premere il pulsante per controllare il prezzo dei prodotti, immaginare il percorso che trasforma un seme in un albero da frutta e poi, da questo, quello che fa arrivare la frutta ad essere succo e poi trovarsi lì, in vetrina, in attesa; ma adesso non sto guardando nessun prodotto in particolare, l’obiettivo è quello di pensare ad altro, quello di non sentirsi in un limbo, pensare di dover ricominciare, affrontare sguardi, e l’aeroporto stesso diventa quel limbo di pensieri che si accalcano: la sala d’attesa, la libreria, il viavai dai bagni, le poltrone scomode, i succhi di frutta omologati, il diario che finisce a metà, immagini che si scontrano e si schiacciano, si condensano in un cerchio attorno alla mia testa, probabilmente è solo il sonno accumulato in questi giorni, mi dico, e torno al mio posto dopo aver respirato profondamente l’aria di Malpensa e aver espulso affanno ed euforia. Mi rilasso e chiudo gli occhi, mi allungo nuovamente sulla poltrona e sento vibrare il cellulare dalla tasca dei jeans bucati (è la risposta di Mauro, “coglione”, mi dice) mentre una voce annuncia che hanno appena aperto l’imbarco del mio volo.  

Federico Orlando

22 commenti:

  1. Tornare è più difficile che partire. Sembra di fare un passo indietro e che quello che abbiamo vissuto venga cancellato e perda di significato. Federico che è andato lontano e ha fatto un grande ritorno lo sa e ce lo spiega bene, con una scrittura fotografica e senza orpelli, che quando ritorna a questi episodi riesce a dare il meglio di sé.

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    1. Argh, purtroppo si torna pieni di buoni propositi, di nuovi progetti, e poi alla fine ci si accorge che si deve riprendere la vita di sempre. Ma c'è una cosa che uno si porta dietro dopo un viaggio (più o meno lungo): nuovi occhi.

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  2. già...si fa un gran parlare e scrivere del "partire" eppure anch'io ho sempre "sofferto" e "trasfigurato" più il tornare...e in questa scrittura, senza orpelli come dice Roberta, c'è molta "trasfigurazione"...trasporto, emotività trasmessa in piccoli gesti...bravo FO

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  3. Bravo Fede, gran bel post! Hai gestito bene il "non luogo" sala d'attesa senza mai cadere nel banale. Nove e mezzo!!!
    Manubirba

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  4. Bravo FO, mi piace l'idea dei pensieri che prendolo l'aereo successivo, ma che in fin dei conti tornano a casa con te. Mi piace il fatto che non hai precisato la destinazione da Malpensa in poi(un posto vale l'altro). Mi piacciono le sensazioni che provi e quindi trasmetti. Mi lascia solo appena appena insoddisfatta non sapere cosa hai lasciato a Madrid di veramente concreto. Non capisco bene (problema mio) il vero motivo della tua "difficoltà" a tornare. Lo so il non detto e meglio del palesato, ma ... In ogni caso, belle immagini, atmosfera, gesti, si sente perfino il brusio della gente.

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    1. Volevo dire, ho come la sensazione che tu abbia magistralmente decritto l'effetto e non la causa.

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    2. Ok ho appena tradotto la frase in inglese (con il traduttore ) e se ho capito bene la soluzione era tutta lì. Non si vuol tornare perchè a "casa" non c'è il motivo per tornare! Giusto? Spero di aver capito, non mi aspettavo un rompicapo simile.
      Ciao e alla prossima.

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    3. Ciao Adelaide,
      speriamo che prima o poi si venga a sapere cosa ha lasciato il protagonista a Madrid (eheh...), allora!
      "A casa" c'è altro, c'è un'altra vita o magari la stessa di prima del viaggio; in ogni caso i motivi per tornare potrebbero pure esserci, ma siamo sicuri di non aver sbagliato strada? Boh, intanto il protagonista ha preso il volo per tornare...eheh
      Ciao,
      Grazie!

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  5. "guaranteed" per me sei tu ed è la tua scrittura quando metti dentro te stesso. Bellissimo!
    Io così vorrei un libro...
    AG

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    1. Ehi ehi ehi, calma..!
      eheheh, grazie

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    2. ^_^ Ho detto "guaranteed", ma non ho detto che non sei scaduto! :P

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  6. Bravo bravo bravo Federico. Migliori sempre di più.
    Questo pezzo è un concentrato dello scombussolamento che si prova al ritorno (sembra un po' la pubblicità della costa crociere). Il ritorno è traumatico sempre! Perchè sai già a cosa torni e sai già cosa ti aspetta.

    COMPLIMENTAZIONI :D

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    1. Esatto, hai detto le parole giuste: sai già cosa ti aspetta...!
      Grazie!

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  7. Grilletto Salterino9 maggio 2013 alle ore 17:37

    A me le scritture dentro dentro se stessi piacciono piacciono, bravo!
    P.S. Spero tu abbia recuperato i pensieri...

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    1. ahahahah, Grill, se li avessi recuperati non starei qui a scrivere...!
      Grazie!

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  8. Questo è un gran pezzo, sei riuscito a dire cose che nel momento in cui si provano -nel limbo degli scali areoportuali, ogni volta che si è in situazioni simili durante lunghi viaggi- sono troppo aggrumate e confuse per essere espresse, dopo sono già troppo lontane per essere riportate con esattezza. Mi fa impazzire la prima parte con la signora col cappotto viola, non so perché, sembrano cose senza senso eppure ce l'hanno.

    "Sai quando arrivi a quel punto della tua vita in cui ti rendi conto che la casa in cui sei cresciuto non è più casa tua... improvvisamente anche se hai un posto dove mettere le tue cose, l'idea di casa non esiste più... Come avere nostalgia di un posto che neanche esiste. Forse una famiglia è proprio questo, un gruppo di persone che hanno nostalgia di un posto immaginario".
    La mia vita a Garden State

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    1. e ora io che dico?
      ahahahahahah
      evvabbè, ti dico solo grazie di tutto!

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  9. Mizzica FO, che bel pezzo.
    Hai descritto uno stato d'animo in cui non è facile immedesimarsi, non mi sembra un semplice ritorno da un viaggio di vacanza, a cui tutti più o meno siamo abituati.
    Al posto dei pensieri io, comune mortale, di solito sono abituato ad aspettare/perdere i bagagli, ma tu con questo aereo sei volato molto in alto. (emoticon sviolinatore)

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    1. Eh, no...hai azzeccato, non è stata una semplice vacanza!
      Emoticon sviolinatore? ahahahah
      Grazie!

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  10. Questo è l'incipit perfetto per il libro che scriverai . Da questo punto puoi tornare indietro e raccontare tutto quello che ti ha portato ad essere a Malpensa nel momento in cui tu lo racconti.

    Nel tuo incipit c'e' tutto il libro.
    I "Maestri" della Holden spesso c'han fatto notare come negli incipit dei grandi scrittori ci fosse il racconto delle pagine sucessive. In pochi sono capaci di farlo e tu ci sei riuscito.

    Mi piacerebbe leggere il seguito, Ce lo devi a tutti!

    Braverrimo ti basta o vuoi anche 2 vegan gianduiotti ?

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