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venerdì 1 novembre 2013

Halloween Writing Contest - Tema: La stanza da letto

Halloween Writing Contest
Svolgimento


Entrai in camera e vidi il mio cadavere steso sul letto.
Indietreggiai mentre l’orrore mi irrigidiva, poi la ragione mi disse che doveva esserci un errore, una qualche falla nel mio cervello che mi dava un’immagine sbagliata, dovevo esaminarla per rendermene conto, ma i piedi si erano incollati al pavimento, non riuscivo ad avvicinarmi così sfrontatamente alla morte, non potevo, allora la ragione mi spinse con la sua mano enorme e calda in avanti e quando continuai a opporre resistenza mi prese a calci fino al letto, tanto che mi sbilanciai e rischiai di cadere e mi ritrovai a qualche millimetro dal mio naso di gesso, volevo urlare, ma ogni passaggio d’aria alla faringe sembrava interrotto, portai le mani alla gola, qualcuno mi aiuti, pensai, credetti di svenire, e invece un burattinaio sadico mi teneva vigile a fissarmi da morta, gli occhi aperti e velati che osservavano qualcosa a cui io non potevo volgere lo sguardo, le labbra viola, i capelli di un colore spento che non è il mio ai lati del viso, non sono io, ci deve essere un errore, pensavo mentre riconoscevo le mie mani, il mio corpo, i miei abiti, voltai le spalle all’evidenza e mi diressi verso la porta, volevo chiamare qualcuno, riprendere contatto con la realtà e trovare conforto, ma le dita che vengono a prendere nei loro letti quelli che hanno paura del buio mi afferrarono, una voce all’orecchio mi sussurrò: e tu, di cosa hai paura? Lasciami andare, la supplicai, e lei disse che non era lei a bloccarmi ma io stessa - non capisci, continuava, di cosa hai paura?

giovedì 1 novembre 2012

I Temi di Halloween: Sono morti tutti, mio caro

Svolgimento


Tutto comincia con una casa isolata in mezzo al bosco, trovata per pochissimi soldi, un vero affare; in più con pagamento alla fine del periodo di permanenza, soddisfatti o rimborsati: com'è possibile farsi scappare un'occasione del genere? 

Tutto finisce con litri di sangue ovunque.

Oggi tu, tipico ragazzo della provincia americana, sfigato studente di una qualunque università degli Stati Uniti, amante di videogiochi e Coca Cola, ti svegli convinto che una festa privata nel mezzo del nulla, durante la notte di Halloween, potrà farti avvicinare, anche soltanto per guardare, sotto la gonna della ragazza più in del tuo corso.
L'annuncio è illuminante e pensi che la casa in campagna creerà l'atmosfera giusta per fare in modo che lei si lasci andare al tuo fascino da intellettuale. Organizzi velocemente: uno squillo al tuo amico più figo (un'esca ci vuole sempre), la chiamata per chiedere informazioni sulla casa che ti fa scoprire che l'abitazione si trova lontana centodieci miglia dal primo villaggio senza telefono e almeno centocinquanta dal primo aggeggio che potrebbe salvarti la vita in caso di pericolo, qualche piccola fregatura ci dev'essere sempre, pensi mentre prenoti il fine settimana per cinque persone.
Prendiamo la videocamera, ti suggeriscono, e tu non ti rendi conto del cliché in cui stai per essere trascinato, e, inconsapevole di tutto, accetti di portare l'inutile oggetto con te; per fortuna nessuno ha suggerito di portare un coltello da cucina, un fucile, una motosega, una scorta di pillole e alcool, una corda, uno sparachiodi, un martello pneumatico, insomma, nessuno ha deciso di portare oggetti che possano spezzare le ossa con un colpo.
Vi mettete in macchina, allegri quanto mai, per raggiungere, prima che scenda la notte, il posto in mezzo al bosco, e – dopo avere sbagliato strada e aver girato invano per almeno due ore (giusto il tempo di fare buio), dopo aver superato con successo un ponte crollato al passaggio dell'auto, un fiume in piena, una pineta di alberi fitti e una strada sterrata che ha rovinato le ruote della macchina – arrivate alla casa crollante ma col fascino del cottage in montagna; giusto il tempo di scaricare dalla macchina le casse di birra, lo stereo e le luci di Natale per decorare l'ambiente, e vi ritrovate seduti attorno al camino per intraprendere dialoghi senza senso e aspettare che arrivi l'assassino. 


martedì 7 febbraio 2012

Tema: La conta delle gazzelle


 Svolgimento

Quella sera la giapponesina non aveva il solito sorriso che regalava indistintamente a tutti, anzi, si era intristita da quando aveva parlato con qualcuno su skype, forse qualche parente. Si era fatta fare le treccine tipiche africane - si nota lo scalpo – disse qualcuno quel giorno – vuole darsi un’aria esotica, che banalità!
Facevamo parte di un gruppo di volontari che si trovava in Mozambico, nell’Africa subsahariana. In casa eravamo circa sette tra giapponesi, italiani, spagnoli, brasiliani e ungheresi.
La sera chiesi ad Akiro quale fosse il problema, cosa le era successo, mentre lei era intenta a togliere gli elastici e ridare libertà alle ciocche di capelli. Stava piangendo.
Si tratta di mio nonno – disse – è morto ieri e adesso devo pregare per lui, non posso tenere le treccine da bambina – continuò la sua spiegazione ed io rimasi ad ascoltarla – mi dispiace – le dissi, poi tirai fuori discorsi sulla vita e la morte che nemmeno io riuscivo a seguire, senza testa né coda.
Ero l’ultimo arrivato in quella casa non abbastanza grande per tutti e quindi non avevo ancora una stanza personale o in comune, mi toccava dormire sul divano, in sala da pranzo, in attesa che qualcuno lasciasse il posto. Nessuno, a quanto pare, aveva intenzione di farlo, e il mio letto rimase lì, proprio vicino la porta d’ingresso.
Akiro mi raccontò di alcune credenze giapponesi secondo cui lo spirito del parente defunto vaga sulla terra per trenta giorni dalla morte, si prende il tempo di salutare i propri cari (se non ha avuto il tempo di farlo mentre era in vita) – verrà a trovarmi - disse con un sorriso. Io non riuscivo a capire inizialmente ma in definitiva aspettavamo la visita di un fantasma. Le tre sere successive non riuscii a chiudere occhio, e se il nonno avesse bussato alla porta? Che cosa potevo fare, dirgli - aspetta, che vado a chiamare tua nipote?
Le luci di tutti gli edifici venivano spente alle nove in punto, l’elettricità veniva fornita da un generatore che apparteneva alla scuola, dopo buio totale. Quando mi ritrovavo da solo chiudevo gli occhi sforzandomi di dormire, in quel momento non volevo trovarmi di fronte al nonno di nessuno, neanche al mio.