lunedì 12 marzo 2012

Sez. Favole - Tema: Placida terra.


Uscì quella mattina che sentiva ancora il sapore di caffè nella bocca e si leccava le labbra ancora calde della tazzina. E si aggiustò i baffi prima di tirare la sigaretta mattutina. Di lavoro ancora ce n’era e non poteva fermarsi. Certo due orette ancora poteva dormire ma c’era abituato lui a dormire poco. Tutte le aveva passate e la cicatrice sul braccio glielo ricordava ancora. Liberare le terre da quei crucchi bastardi non era stata una passeggiata. E non si fermava perché da liberare c’era ancora la sua di terra. Quella che calpestava sotto coi suoi piedi, che gliela avevano rubata a lui e alla sua gente. I Borboni furono, lui lo sapeva. E quella femmina nera, la draga, valeva più di tutti gli eserciti crucchi che poteva immaginare. Una mano che gli stringeva la gola era quello che sentiva ogni santissimo giorno della sua vita. La terra doveva essere coltivata, strappata di mano a quella femmina nera, nata perché lo Stato laggiù non c’era ancora stato e se c’era stato era per starsene con quella femmina nera, la draga. Neanche i colpi di mitra erano serviti per farlo calmare, con quei morti innocenti in quella vallata la prima mattina di maggio. Camminava ancora a testa alta attraversando la piazza e sputando ai piedi di quelli seduti alla villa. Quella villa, rideva solo quando ci pensava, sulle inferriate lo aveva appeso e lui di tutta risposta si presentò alla manifestazione e a colpi di mitra ne fece fuori un poco. Non propriamente lui che le mani non se le macchiava, aveva i suoi scagnozzi lui. Così imparava la lezione. Ma lui duro era, i crucchi li aveva cacciati e quella femmina nera, la draga,  pure se ne doveva andare. Se le terre erano abbandonate e nessuno le va a coltivare dovevano andare ai contadini. Con le zappe, mica coi fucili. Fame di pane c’era e non di potere. E sognava con la sua donna di vivere in una terra libera e di crescere tanti bambini in mezzo alle campagne che amavano. Tutti glielo dicevano di lasciare stare che tanto le cose non cambiano. Se li avesse ascoltati forse quei figli li avrebbe visti. Ma la femmina nera, la draga,  se lo mangiò una notte di primavera spuntando tre colpi nel buio tra le rocce. 
Il padre svegliò tutti quella notte e per sette giorni e sette notti correva per il paesino e gridava in faccia a tutti il nome della draga, ma nessuno sentiva, chiudevano le gelosie e tornavano alle loro case che tanto le cose non cambiano. Pure un bambino era scomparso perché diceva che l’aveva vista la femmina nera, la draga, mangiare quell’uomo. Che poi va a finire che la draga si mangia il drago, femmine voraci che succhiano sangue e fottono i loro figli. Passarono gli anni e chi doveva parlare parlò, con la forza, dentro alle mura della Vicaria Nova. Qualcuno diceva che sapeva dov'è che riposa adesso. Il bastardo della femmina nera nel frattempo pure la sua donna s’era presa, vigliacco fino alla fine fu. Lo Stato ci andò e se lo portò, ma quando era vecchio e non ci potevano fare niente. Nel frattempo tanto ancora altri ne arrivarono di figli della femmina nera e tutt'ora vanno girando anche se lo Stato dice che c’è stato in quella terra e che fa tante cose per combattere la draga, anche se ogni tanto gli piace allo Stato starci con la draga. Se questa fosse stata una favola di quelle belle arrivava un principe su un cavallo bianco a sconfiggere la draga e a liberare la terra. E di principi un poco ne vennero e la draga se li mangiò uno ad uno manco se fossero ciliegie che una tira l’altra. Ma questa non è una favola bella e un principe azzurro che uccide la draga non c’è mai stato. Ora però gli uomini che se lo ricordano sanno dove piangere Placido Rizzotto.


VB






8 commenti:

  1. C'è chi lotta pur sapendo di partire sconfitto, consapevole che è importante solo il gesto che lancia il testimone nella storia. Il testimone che nelle mani giuste può diventare la picca che spancia la draga, anche a distanza di secoli. Qui riconosco bene Placido Rizzotto,un uomo testimone di terra, di cui sapevo e ricordavo poco o niente.

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  2. Vito, sei grande! il post funziona e non solo per l'argomento (che è quello che è, forte di suo, commovente pure).
    Nell'Ars Dicendi Cicerone distingue tre registri: umile, medio e sublime (asseconda del fine che si propone l'oratore: documentare, dilettare, commuovere - picciotti, queste cose le ho freschissime che le feci studiare ieri a mia figghia).
    Nel commentare questo post ci si deve allontanare dall'argomento ed entrare nella scrittura immaginando per un attimo che Placido sia una invenzione di Vito.
    E questo farò, ma dopo.
    GD

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    1. allora, il tuo brano sicuramente commuove, raffinato nella scrittura (addirittura evita di usare la parola "mafia" e ne usa una più carica).
      Contesto - sotto il profilo argomentativo (ma la parola è grossa) -, l'assenza di maggiori riferimenti documentali, un cenno alle indagini e investigazioni che lui stava facendo e che lo misero nel mirino di Cosa nostra.

      Con riguardo alle parole usate, mi pare consunto e utopistico dire di "volere liberare la propria terra".. e, in generale, tutte le declinazioni di Libertà che sono presenti nel brano.
      Sarà che la vedo nera, ma l'atteggiamento generale mi pare quello - per niente utopistico - di chi, dovendo accettare una tirannia, incroci le dita sperando che il tiranno quanto meno sia un "illuminato".

      Riguardo al finale: se il racconto è tutto giocato sul movere/sublime, il finale un po' eccede, troppo carico da perdere leggerezza. Il racconto è stato scritto all'indomani del ritrovamento del cadavere - fatto che ha commosso tutti -, questo fatto forse meritava un rigo in più.
      L'importanza del ritrovamento di un cadavere... la tomba come luogo fisico dove si trova l'uomo ucciso... il valore che avrà la tomba ai fini di un atteggiamento antimafia da parte delle masse e delle istituzioni: Andreotti andrà mai a portargli un fiore? E Calogero Mannnino? E Totò Cuffaro?
      Avere una tomba permetterà di redigere la list di chi l'avrà onorata e la blacklist di chi l'avrà scansata. Ma noi siciliani siamo esperti: tutti siamo andati a piangere davanti all'albero di Falcone, avendo l'accortezza che ci fosse qualcuno a fotografarci.
      W Vito
      GD

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    2. grazie per il tuo contributo.
      ho inquadrato il tutto in una atmosfera da "realismo magico", il tutto è diafano e sfocato.

      1. non c'è nessun riferimento alle attività in senso stretto. la perizia documentaristica avrebbe dato al pezzo una concretezza che non cercavo. non mi piace documentare, ho più voglia di fare incuriosire il lettore e lasciarlo libero di fare le proprie ricerche, esattamente come ho fatto per Franca Florio.
      Volutamente ho ripescato la "Draga", figura mitologica protagonista di tante fiabe e favole della sicilia centro orientale. in realtà il mio riferimento a questa figura ha il preciso scopo di richiamare un'altra figura siciliana che ha una storia analoga a quella di Placido. Peppino Impastato, dai microfoni del suo programma radio sulla polemica riguardante la costruzione del porto di terrasini/cinisi, chiamava "Drago e Draga" le due città.

      2. Placido Rizzotto, in gioventù, prese parte alla Resistenza. ho preso quest'elemento per immaginarlo come il "liberatore". i tedeschi furono sul serio cacciati da suolo italiano, perchè in Sicilia non poté riuscirci? per indicare il suolo italiano ho scritto "terre". successivamente ho usato l'espressione "la sua di terra. Quella che calpestava sotto coi suoi piedi" a indicare un singolo appezzamento di terreno incolto o reso inutilizzabile. va inteso proprio in senso fisico e non allegorico o utopistico.

      3. volutamente ho solo toccato appena il ritrovamento e riconoscimento dei resti di Placido. credo che se avessi continuato con la solita polemica del "chi è colluso con chi" avrei reso il brano ridondante e scontato. lascio queste polemiche ai salotti televisivi. il mio giudizio l'ho seminato per tutto il post con le espressioni "Stato/stato, starci con la draga", allora come oggi.

      grazie per la stima e per il sostegno.
      VB

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    3. PS
      io non non sono capace di fare battaglie.
      voglio solo (essere capace di) elevare un canto.

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    4. Vito, la tua risposta mi piace molto, è coerentissima con la liricità che hanno i tuoi post. Tu "elevi canti", è vero... i dettagli lasciamoli al giornalismo!
      GD

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  3. Non ho niente da dire su questo post,Bartucca ha la capicita' di trasportare me e le mie amiche nelle atmosfere Siciliane in un lampo.

    Ho molto da dire sul fatto che ci sono persone che pensano di essere al pari di Rizzotto, Falcone,Fava,Borsellino etc e si fanno costruire dei bei programmi in TV per sentirsi i PALADINI che lottano contro la DRAGA, ma in realta' sono solo dei personaggiucoli bisognosi di fama soldi e successo.

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  4. .. . al solito: molto bello!
    matali

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