domenica 29 gennaio 2012

Sez - 8 Marzo - Tema: Sonata Kreutzer


Era nervosa Sof'ja. Nervose le dita che stringeva in quella mano destra, a scavare tra i solchi incalliti. Tutto quel tempo a scrivere, trascrivere, disumana passione che l'aveva ammazzata. Alla morte l'aveva portata, non sorrideva più. Guardava dalla finestra e non sorrideva da tempo. Solo le sopracciglia aggrottava e silente aspettava ancora che tornasse a casa quel disgraziato. L'aveva consumata, contessina a modo che era, tutti gli studi aveva fatto, un talento era. Tutti glielo dicevano. Libera era e tanto sveglia quanto quella stupida di sua madre. E c'era cascata pure lei, che tra quei modi garbati, che anche se gli mancavano i denti, parlava bene. Come parlava bene. Maledetta cretina quel maledetto giorno in cui avrebbe potuto serbarlo in seno quel racconto, tra le pieghe profumate dell'abito non l'avrebbe imbarazzata spedendola al manicomio tra gli elogi di lui. Ma che voleva? Aveva bruciato tutto Sof'ja. Al diavolo le sue manie passate che non l'avrebbero portata a nulla di buono. Non affermava né negava pentimento neanche quando quel porco le faceva leggere i suoi diari. Avrebbe dovuto capirlo, lo aveva capito già in quei pochi giorni di fidanzamento: una settimana angustiante, la madre, il corredo e la sua fretta. Perché quella fretta aveva lui? Quella smania di tormentarla. Non se lo chiedeva più e ripensava a quel terribile giorno della felicità degli altri. L'angoscia fino a quella casa, tanto bella da soffocare. Ringhiava ancora di rabbia a leggere di soppiatto i diari di quel maledetto porco. Pure un figlio da quella popolana, quell'incubo. A pezzi lo faceva, ma quanta amarezza ancora non le lasciava pace in notti turbolente di lavoro disperatissimo, niente a che fare con bambole e dissolutezze. Per lui, e chi altri? Grande, grande, maledetti all'inferno lui, la cuoca, i dispiaceri che dava alla vista quella maledetta trave che lo lusingava diceva. E lo aveva anche reso felice, gli aveva dato dei figli, vivi, morti, cosa importava più? Non gli bastava niente, insaziabile era, lo diceva lui, mentre lei rimaneva china e pettinata a correggere e cancellare, sederglisi ai piedi, piangere in silenzio mentre tutti li festeggiavano e cosa ne sapevano. Ricopiare e trascrivere. E lui e il popolo e le solitudini alle quali la legava. Che si fosse dedicato anche un poco alla famiglia quando nessuna costrizione era malsana se non per lei e Platone e Seneca che non avevano sollevato che un grugnito dal divano in cui giaceva, l'amore solo alle popolane e a chissà chi altri. Tutto il resto del mondo ai piedi come lei. Grugniva come il porco qual era. Altro che devozione. L'avrebbe ammazzato col veleno che lui l'accusava di tenere in corpo, che coraggio. Stringeva i pugni Son'ja dietro quella finestra fiammeggiava intorno, davanti e dietro. A diventar vessillo del femminismo di poi a seni in fuori e giornaletti glamour. Non era valso a niente, polvere sui tomi in biblioteca. Neanche a saperlo dire, maledette troie con le loro pillole contraccettive. Non lo sapeva dire lei che non ne aveva usate mai di quelle parole, solo serpi germogliavano tra le fiamme e anatemi sgraziati al frutto del suo seno e ancora avanti. Era viva l'alba accesa di cenere e contraddizione, come mai aveva voluto, un sorriso stanco si spense sulle sue vesti d'infamia.


CB

5 commenti:

  1. sette volte glielo fece ricopiare. 140.000 pagine a volta...

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  2. CB, io rimango impressionato dale cose che scrivi...
    GD

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  3. CB leggerti e shokkante, ma in senso positivo!

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  4. che poi trasformare Sonata in Sonata elidendo una "a".. azz, ci pensavo stanotte...
    CB for president!
    GD

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